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Biologia.

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Presentazione sul tema: "Biologia."— Transcript della presentazione:

1 Biologia

2 Lamarckiana o trasformazionale Darwiniana o variazionale
L’evoluzione L’evoluzione rappresenta quel processo che ha come conseguenza la trasformazione degli individui con la comparsa di nuovi caratteri . Risalgono intorno al 1800 le due teorie evoluzionistiche sicuramente più rilevanti. Concettualmente diverse, sono accomunate dall’ipotesi che la specie è mutata. Lamarckiana o trasformazionale Darwiniana o variazionale Si basa sulla concezione secondo la quale i caratteri ottenuti durante la vita dell'individuo possono essere trasmessi ai discendenti; tuttavia questa teoria è stata abbandonata, perché non ha trovato verifiche sperimentali convincenti Il punto critico della teoria di Lamarck era l’ereditabilità delle trasformazioni indotte Infatti un carattere acquistato da un individuo durante la sua esistenza (es. una coda tagliata) non può essere tramandato ai suoi discendenti perché l’espressione di quel carattere non viene memorizzata da nessuna cellula, tanto meno dalle cellule sessuali. Ciò che deve essere modificato è soltanto il codice genetico situato in queste cellule. Possiede basi scientifiche di maggiore validità, e prevede che l’ambiente non determina la comparsa di nuovi caratteri , ma favorisce la selezione naturale cioè la selezione degli individui più adatti alla sopravvivenza . Gli individui meglio dotati (grazie a variazioni casuali) di caratteri adatti alle condizioni ambientali sopravvivono più facilmente, perciò le generazioni successive cumuleranno tali caratteri in modo sempre più rilevante, fino a perfezionare il loro adattamento all'ambiente(es. giraffa collo lungo/corto).

3 La giraffa secondo l’ipotesi darwiniana

4 Cause che determinano variabilità genetica
All’interno della popolazione di cui fanno parte i vari individui, esiste variabilità genetica, in quanto le variazioni sono legate al gene nel corredo cromosomico. Cause che determinano variabilità genetica mutazioni sono cambiamenti improvvisi che avvengono a livello del materiale ereditario, cioè del DNA. A seconda della quantità di materiale genetico coinvolto dall’evento, le mutazioni si dividono in: geniche cromosomiche genomiche interessano un gene sono mutazioni che alterano un singolo gene Possono essere riscontrate solo tramite analisi genetiche e possono essere di varia natura interessano la struttura dei cromosomi interessano il numero dei cromosomi

5 Mutazione significativa Mutazione non significativa
geniche puntiformi Ovvero la mutazione di un solo codone (sequenza di 3 nucleotidi ) Mutazione significativa Mutazione non significativa comportano un eventuale cambiamento della tripletta, ma non dell’aminoacido codificato La proteina (il significato) non cambia. prevedono la sostituzione all’interno di un codone che comporta il cambiamento dell’aminoacido codificato e di conseguenza la lettura del messaggio. Una malattia che rientra in questa categoria è l’anemia falciforme, legata ad un allele mutato dell’emoglobina.. In posizione 6 della catena beta presenta un aminoacido idrofilo, l’acido glutamminico, sostituito con la valina (idrofobo). In questo modo ne risulta una proteina anomala che causa gravi danni ai globuli rossi e a carico di altri organi, si ha così una produzione di globuli rossi a forma di falce che contengono emoglobina con catena beta anomala. Se nell’individuo il carattere è omozigote si determina una grave anemia poiché i globuli rossi anomali verranno eliminati dal sistema immunitario dell’individuo che li considera estranei. Poiché la sostituzione non può avvenire se non con i globuli rossi anomali, si avrà una iperattività del midollo osseo: i globuli rossi a falce si impilano l’uno sull’altro ostacolando il flusso di sangue causando gravi danni a tutti gli organi.

6 Lungo qualsiasi punto del DNA possono implicare la sostituzione di un codone senso e di un codone non senso. Dunque l’acido desossiribonucleico perde la sua funzionalità È il caso dell’’ ALBINISMO una patologia che interessa un enzima, la quale comporta la mancanza di pigmenti da non consentire alla pelle e all’iride chiare l’esposizione al sole. Si tratta di una malattia recessiva, dal momento che compare soltanto in condizione di omozigosi. Nel trascritto in questo caso la lettura del messaggio avviene in regioni di DNA denominate “promotori”. mutazioni geniche Nell’RNA durante lo splicing ovvero quel processo che permette l’eliminazione degli introni (tratti non codificanti appartenenti ai geni) dando origine ad una molecola di mRNA maturo che presenta all’inizio e alla fine una sequenza di nucleotidi che fungono da cappuccio e da coda protettivi. Questa situazione si verifica nelle malattie ereditarie come la Fibrosi cistica, un’altra patologia recessiva (manifestandosi pienamente soltanto negli omozigoti e con nessuna sintomatologia clinica negli eterozigoti) che interessa la fluidità dei liquidi biologici che risultano essere viscosi. Causa una cattiva ossigenazione dei tessuti e gli spermatozoi vengono intrappolati nelle maglie del coagulo del liquido seminale, causando infertilità.

7 mutazioni cromosomiche
Delezione La delezione si origina in seguito a una rottura in uno dei bracci di un cromosoma, il quale perde un pezzo. Quest’ultimo può rimanere staccato rispetto alla posizione originaria oppure, in caso contrario, può traslocare, cioè riagganciarsi su un altro cromosoma. È il caso di una forma alternativa della sindrome di down, che interessa il cromosoma 21, il quale invece di apparire sottoforma di coppia si presenta sottoforma di tripletta (per cui si parla di TRISOMIA 21) ed ha come causa la non disgiunzione dei cromosomi della coppia 21. Un’altra fase di trisomia 21 è data dalla fusione di un braccio del cromosoma 21 con un cromosoma acro centrico (generalmente il cromosoma 14). La delezione non sempre però è accompagnata da una traslocazione, dal momento che molto spesso il tratto di cromosoma che si stacca rimane libero all’interno del nucleo. Questa condizione è associata alla forma di leucemia in cui è deleto il cromosoma 9, più comunemente definito “cromosoma Philadelphia”, così chiamato in onore della città dove per la prima volta è stato osservato. mutazioni cromosomiche Duplicazioni du un pezzo di cromosoma Traslocazione di un pezzo deleto Inversione

8 La trisomia 21 o sindrome di Down è l'esempio di una mutazione genomica non letale.
La sindrome di Turner è una sindrome legata ad un‘anomalia citogenetica, principalmente di tipo X0 =>(44 + X0) La sindrome di Klinefelter è una condizione caratterizzata dalla presenza di un cromosoma sessuale X in più nei soggetti di sesso maschile => (44+ XXY) mutazioni genomiche La sindrome della superfemmina è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma X sovrannumerario nella coppia di cromosmi sessuali =>(44 + XXX) La sindrome del supermaschio è caratterizzata dalla presenza di un cromosoma Y di troppo nella coppia di cromosmi sessuali => (44 + XYY) Sono tutte situazioni in cui i soggetti sono sterili per cui sono esclusi dalla fase riproduttiva.

9 Oltre alle mutazioni creano variabilità genetica:
riproduzione sessuale ,perché comporta un rimescolamento dei geni. crossing-over è quel processo appartenente alla prima divisione meiotica in cui i vari esemplari delle coppie cromosomiche si avvicinano tra di loro e possono scambiarsi pezzi di cromosomi. Lo scambio può avvenire tra cromatidi della stessa coppia non fratelli. I punti di contatto prendono il nome di chiasmi. la terza legge di Mendel (assortimento indipendente dei caratteri). è legata alla variabilità genetica. Quanti più geni vengono presi in considerazione più elevato è il tasso di combinazioni possibili. Consideriamo i geni dell’uomo, ognuno dei quali ha due alleli. Sono possibili combinazioni con un altro soggetto che ha combinazioni possibili. Pertanto all’interno della popolazione umana non è possibile incontrare due individui uguali, a meno che non siano gemelli omozigoti. Il riarrangiamento degli esoni permette non solo la formazione di proteine con funzioni diverse dalle preesistenti ma anche l’affinamento del processo dello splicing nel senso di una maggiore precisione ed efficienza. Duplicazione ancestrale dei geni. È il caso dei geni del mais ( i trasposoni) ;Si definiscono trasposoni alcuni elementi genetici presenti nei cromosomi capaci di spostarsi da una posizione all'altra del genoma. La diversa colorazione delle cariossidi di questa spiga di mais è il risultato dell'azione dei trasposoni. I trasposoni, che vennero individuati negli anni ’90 inizialmente studiando le cariossidi (i chicchi) del mais, sono presenti in tutti gli esseri viventi, sia in quelli più sviluppati, come l‘uomo, sia nei batteri. I trasposoni si spostano all'interno di uno stesso cromosoma nel caso dei batteri oppure da un cromosoma ad un altro: per fare ciò hanno bisogno dell‘enzima trasposasi, che viene codificato da geni presenti sui trasposoni stessi.

10 Questa agirebbe sulla variabilità dei soggetti più adatti.
Il meccanismo che secondo Darwin favorisce la sopravvivenza degli organismi prende il nome di selezione naturale Questa agirebbe sulla variabilità dei soggetti più adatti. La selezione in tempi recenti è stata studiata sui caratteri continui (ovvero quei caratteri che cambiano in modo continuo all’interno della popolazione come peso ed altezza) che si distinguono dai caratteri discontinui (emoglobina normale o patologica, in cui non c’è una via di mezzo). Sui caratteri continui sono stati studiati i meccanismi di selezione naturale. Il campione, in questo caso la popolazione, è suddiviso in classi di appartenenza, come possiamo vedere dal grafico: 10 7 6 “curva gaussiana” 3 2 Questa è la distribuzione che caratterizza tutti i caratteri continui: il picco della distribuzione però si può trovare al centro della campana, in uno dei due estremi o può avere due picchi in contemporaneo.

11 stabilizzante direzionale divergente =>
In relazione alla posizione dei picchi delle curve si distinguono tre tipi di selezione. stabilizzante direzionale divergente Nel caso in cui prevale un estremo dei due. È il caso dei giaguari, i quali anticamente arrivavano a pesare addirittura circa kg. Attualmente il loro peso massimo raggiunge gli kg. Pertanto si può affermare che la selezione ha favorito un peso più leggero dell’animale ed una maggiore velocità in modo tale da non avere difficoltà nella conquista della preda. Questa popolazione è molto fragile dal punto di vista genetico, dal momento che è cambiata la frequenza dei geni e la conseguente diminuzione della variabilità. Nel caso in cui prevalgono entrambi gli estremi. Cioè la popolazione tende ad evolversi su due linee, tende a diversificarsi e ad andare in direzioni opposte, (peso dell’elefante marino, specie caratterizzata dalla grande differenza tra i due sessi). Nel caso di un picco centrale. È questo il caso del peso dei neonati in cui la natura ha favorito un peso medio. Infatti un peso troppo alto recherebbe problemi alla madre durante il parto ed un peso troppo basso causerebbe problemi di sopravvivenza al pargolo stesso. => Una volta individuati i meccanismi di selezione che agiscono secondo una determinata scadenza, ossia in tempi abbastanza lunghi, è necessario capire se una determinata popolazione è soggetta a evoluzione, e quindi a cambiamenti. Consideriamo un gene che presenta due forme alternative: => P, q sono denominate “frequenze”. La somma sei due parametri deve dare la totalità, vale a dire 1. Pertanto le combinazioni possibili all’interno della popolazione sono : AA, Aa, aA, aa AA, 2Aa, aa => relazione tra due alleli e lo stesso gene = (0,16 + 2x0,4x0,6 + 0,36) = 1

12 Legge di Hardy e Weinberg
G. H. Hardy e W. Weinberg definirono "popolazione in equilibrio" una popolazione all´interno della quale né le frequenze alleliche né la distribuzione dei genotipi mutano col succedersi delle diverse generazioni. Senza la modifica delle frequenze degli alleli, non si ha, pertanto, evoluzione. Una popolazione all' equilibrio è un entità astratta, non soggetta a evoluzione. Una popolazione resta in equilibrio solo se in essa si verificano alcune condizioni restrittive: non devono verificarsi mutazioni; non deve verificarsi un flusso di geni tra popolazioni, cioè non deve esserci una migrazione netta di alleli verso l´interno della popolazione (immigrazione) o verso l´esterno (emigrazione); la popolazione deve essere ampia (teoricamente infinita); non si deve verificare selezione naturale, vale a dire tutti i genotipi devono possedere le stesse capacità adattative e riproduttive. Soddisfatte queste condizioni, le frequenze alleliche entro una certa popolazione rimarranno costanti per un periodo di tempo indefinito. Un meccanismo che determina una situazione di cambiamento negli alleli per fenomeni accidentali è la “deriva genetica”, la quale si suddivide in: effetto del fondatore => Il secondo effetto si ha quando un gruppo di individui si stacca dal gruppo iniziale formando una nuova colonia. Per esempio la popolazione ebraica circa 2000 anni fa è stata costretta ad emigrare in seguito alla conquista dei Romani della Terra d’Israele. Dato che soggetti appartenenti a uguale gruppo tendono a sposarsi tra di loro, perché si creano campioni di persone che cercano di mantenere i propri usi e costumi, aumenta la possibilità dell’insorgere di malattie. Quella riguardante il sistema nervoso centrale che comporta la demenza senile perché altera la trasmissione dell’impulso nervoso è il tay-sachs. Quest’ultima è legata ad un allele recessivo per cui è conclamata in condizioni di omozigosi mentre è meno evidente in condizioni di eterozigosi. Quindi è legata alla dominanza incompleta. L’accoppiamento preferenziale aumenta nei campioni la frequenza dell’allele recessivo legato alla malattia, e quindi altera l’equilibrio. effetto collo a bottiglia => Grazie al primo effetto una popolazione subisce variazioni come quelle avvenute nei ghepardi. Anticamente codesti animali arrivavano a pesare addirittura circa kg. Attualmente il loro peso massimo raggiunge gli kg. Pertanto si può affermare che la selezione ha favorito un peso più leggero dell’animale ed una maggiore velocità in modo tale da non avere difficoltà nella conquista della preda. Questa popolazione è molto fragile dal punto di vista genetico, dal momento che è cambiata la frequenza dei geni e la conseguente diminuzione della variabilità. Quindi vi è il rischio d’estinzione. Infatti in assenza di variabilità genetica è maggiore la possibilità di nascita malattie autosomiche recessive ossia letali per l’assenza dell’allele normale.

13 cavallo asina asino cavalla
La speciazione Quando Darwin ha formulato la teoria sull’evoluzione ha definito anche il concetto di speciazione: “due individui appartengono alla stessa specie se incrociandosi tra di loro danno origine ad una prole feconda”. Si può spiegare il motivo per cui il cavallo e l’asino sono esseri viventi differenti, in quanto il loro accoppiamento produce ibridi sterili. Infatti la sterilità è legata a incompatibilità tra i corredi cromosomici delle specie da cui entrambi gli animali provengono. cavallo asina asino cavalla bardotto mulo la formazione di nuove specie è legata all’isolamento geografico, cioè all’impossibilità da parte di gruppi di individui della stessa popolazione di scambiarsi materiale genetico. Dunque l’isolamento geografico comporta anche un isolamento di tipo riproduttivo. In base alla tipologia di isolamento si distinguono le seguenti speciazioni: La speciazione allopatrica comporta la formazione di nuove specie in territori diversi, tanto da comportare la divisione di una popolazione in due sottogruppi. Ad esempio l’okapi e la giraffa hanno la stessa parentela, in quanto derivano dal progenitore comune, il preokapi. La speciazione simpatrica avviene nello stesso territorio, ma è legata a comportamenti diversi di gruppi di individui che abitano nella stessa nicchia ecologica. Ne è un esempio il pavone: è evidente la differenziazione sessuale tra il maschio e la femmina, in quanto il primo presenta una coda variamente colorata che rappresenta un richiamo per le seconde, che operano una selezione. La speciazione parapatrica si verifica invece su due territori differenti, ma appartenenti ad un'unica zona molto vasta. La conseguenza potrebbe alla fine consistere nella separazione delle razze in due nuove specie, in quanto una terra immensa non è favorevole all’incrocio.

14 La struttura del corpo umano
la natura vivente è caratterizzata dall’essere costituita da cellule, le quali sono organizzate a formare dei tessuti. Più tessuti formano organi, più organi formano apparati e/o sistemi, e più apparati e/o sistemi formano gli individui nella loro struttura. Esiste anche un’organizzazione esterna a questi ultimi, in quanto in gruppo di individui appartenenti alla stessa specie costituiscono una popolazione. Più popolazioni creano una comunità, e più comunità un ecosistema. L’insieme di tutti gli ecosistemi rappresentano la totalità delle parti del pianeta terra abitate dagli organismi viventi, più comunemente chiamata BIOSFERA. Nel dettaglio, si possono distinguere due tipi di cellule: le procariote (senza nucleo e compartimenti) le eucariote (con nucleo), che a differenza delle prime sono compartimentate.

15 Composti o pluristratificati
I tessuti Più cellule svolgenti la stessa funzione rappresentano un tessuto. Esso può essere catalogato come: nervoso muscolare epiteliale connettivo che si distingue in: epitelio => riveste cavità comunicanti con l’esterno come quella esofagea. endotelio => ricopre cavità che NON comunicano con l’esterno come quelle cardiache. ha la funzione di mettere in comunicazione con l’esterno. Si suddivide in: Tessuto connettivo propriamente detto (cartilagine) A funzione trofica (sangue e linfa) A funzione mista (tessuto adiposo) Gli epiteli possono essere classificati in: Semplici o monostratificati Composti o pluristratificati (come uno strato cellulare): Tessuto pavimentoso Tessuto cilindrico => apparato bronchiale, a cui sono associate anche delle appendici cellulari che prendono il nome di CIGLIA. (come l’epidermide).

16 Il tessuto connettivo fibroblasti fibroclasti condroblasti
Il tessuto connettivo è caratterizzato dalla presenza di una matrice proteica chiamata collagene. Le cellule presenti in esso sono chiamate fibrociti, i quali possono essere suddivisi in: fibroblasti fibroclasti che sintetizzano il collagene. che modellano il collagene. la cartilagine è un esempio del suddetto tessuto, caratterizzata da una spiccata elasticità, perché è costituita esclusivamente da una matrice proteica. È situata all’estremità delle ossa lunghe e ne determina l’allungamento durante l’accrescimento corporeo grazie all’azione dell’ormone della crescita (GH = “growth hormone), prodotto dall’adenoipofisi. Le cellule immerse in essa sono: condroblasti condroclasti che la producono. che la modellano. Inoltre la cartilagine è il principale componente delle articolazioni le quali vengono classificate in: sinartrosi anfiartrosi diartrosi mobili. sono fisse, e sono localizzate tra le ossa del cranio, saldandole in maniera compatta. sono semimobili. Quando due ossa articolate sono staccate sono dette “discontinue”. La fermezza dell’articolazione è garantita dai legamenti.

17 L’epidermide è costituita da sei strati di cellule sovrapposti.
Il tessuto epiteliale Il tessuto epiteliale più facilmente osservabile è la pelle, formata da tre strati: L’epidermide è costituita da sei strati di cellule sovrapposti. quello situato in maggiore profondità prende il nome di “strato germinativo” il più superficiale è chiamato “strato corneo”, formato da cellule cheratinizzate che desquamano perché sono cellule morte. Queste ultime sono sostituite continuamente da cellule che provengono da uno strato profondo, e caratterizzate da una capacità replicativa. Ciò è possibile in quanto una delle funzioni fondamentali dell’epidermide è quella protettiva, e dunque è necessario che rimanga integra per tutelare in miglior maniera l’organismo dall’aggressione degli agenti esterni. L’epidermide è un esempio di immunità aspecifica, perché rivolta contro tutti i patogeni. La parte sottostante è il derma, composta da tessuto adiposo che funge da isolante. Fondamentalmente ha la funzione di sostegno e nutrimento della cute. Nel suo interno si trovano vasi sanguigni. Ancora più in profondità vi è l’ipoderma, che ha funzione di cuscinetto, di isolante ed è una riserva di calorie per i periodi di digiuno. La pelle è ricca di capillari, la cui contrazione e dilatazione regola la dispersione di calore. Ad essa sono associati annessi cutanei come unghie, peli e aggregati cellulari specializzati rappresentati dalle ghiandole esocrine. Peli: strutture filamentose costituiti da cheratina, come le unghie. La loro funzione è quella di garantire protezione contro la perdita di calore. Le ciglia e le sopracciglia - peli specializzati - proteggono gli occhi. Il colore della pelle è determinato dalla quantità e dal tipo di pigmento, MELANINA, nella pelle, situata nel derma; la quantità e il tipo di melanina sono determinati geneticamente. L’albinismo è un’anomalia congenita ereditaria causata dall'assenza dell'enzima indispensabile per la sintesi delle melanine.

18 Le ghiandole Ghiandole esocrine Ghiandole endocrine
L’epitelio può differenziarsi per un’attività specifica, la secrezione, e in tal caso si parla di ghiandole. Esse sono strutture specializzate nella produzione e secrezione di sostanze: ormoni proteici materiale cereo (es. ghiandole del canale uditivo) latte, combinazione di proteine, lipidi e carboidrati (es. la ghiandola mammaria) le ghiandole si originano da cellule epiteliali che migrano nel connettivo. A seconda delle modalità di rilascio del prodotto si distinguono: Ghiandole esocrine Ghiandole endocrine rilasciano il prodotto di secrezione per mezzo di dotti sulla superficie epiteliale prive di dotti, riversano il loro secreto, ovvero l’ormone, nel sangue o nella linfa.

19 Le ghiandole esocrine il dotto escretore la porzione secernente
Le ghiandole esocrine rilasciano il prodotto di secrezione per mezzo di dotti sulla superficie epiteliale La ghiandola esocrina è formata da due porzioni: il dotto escretore la porzione secernente Distinguiamo principalmente quattro tipi di ghiandole esocrine: sebacee, il cui prodotto di rilascio è il grasso, che impedisce la disidratazione del corpo. sudoripare, il cui secreto è il sudore, la cui funzione è quella di eliminare sostanze tossiche. Tali ghiandole sono situate prevalentemente sui palmi delle mani e sotto le ascelle. Queste ultime possono essere chiamate anche “sottoascellari”. mucipare, che producono muco, ossia una sostanza che lubrifica e impedisce l’ingresso di microrganismi. Aggregati ghiandolari di questo tipo si trovano nella cavità nasale, nell’esofago e nell’intestino. salivari, localizzate al di sotto della lingua e per questo definite “sottolinguali”. le “sottomandibolari” sono quelle ghiandole che sono situate sotto la mandibola. le “parotidi” si trovano nell’orecchio. Se le loro dimensioni aumentano causano la malattia degli orecchioni, la quale in fase adolescenziale non crea alcun problema. Se si riscontra in età adulta, invece,potrebbe provocare delle condizioni spiacevoli come l’infertilità o il diabete. Infatti il virus si localizza anche nelle cellule langeras. Tuttavia per evitare ciò è possibile vaccinarsi. Un altro tipo di ghiandola a secrezione esterna è rappresentata dalla ghiandola mammaria, la quale è atrofica nel maschio, mentre nella femmina è composta dal secreto prodotto durante la fase dell’ allattamento, la quale a sua volta è prodotta da un ormone ipofisario chiamato “prolattina”.

20 semplici composte le tubulari le acinose le alveolari
A seconda della loro struttura, le ghiandole esocrine possono essere suddivise in: semplici composte costituite da cellule secernenti che immettono il loro secreto in un dotto che comunica con l’esterno. Sono classificabili in base alla forma: sono formate da più ghiandole semplici, (e dunque i dotti si ramificano). le tubulari possiedono una struttura allungata. le acinose hanno la forma di un acino (cilindro) oppure di una sfera cava. le alveolari hanno una forma sferica o cava. Ma le ghiandole esocrine possono essere catalogate anche in base alle modalità di eliminazione del secreto. le olocrine, si autodistruggono emettendo tutto il contenuto cellulare (es. gh. sebacea); le apocrine, se con il secreto viene distrutta anche la parte apicale delle cellule (es gh. Mammaria in allattamento); le merocrine se secernono i prodotti mantenendo la loro integrità (es. gh. Paratiroide);

21 Il pancreas Il pancreas è un organo che si trova nella cavità addominale nella parte superiore del corpo ed è strettamente collegato tramite il suo dotto escretore con il primo tratto del duodeno. Strutturalmente ha una forma allungata, con una testa inserita nell’ansa duodenale. La maggior parte del pancreas ha funzione esocrina, cioè elabora enzimi che completano la digestione degli elementi. Tali enzimi costituiscono il succo pancreatico, e sono catalogati in: Cellule α (alpha) => Sintetizzano l’ormone glucagone, che ha un’azione antagonista a quella dell’insulina, perché consente di scindere il glicogeno in glucosio e di richiamare in circolo quest’ultimo. Gli enzimi pancreatici completano la digestione che in parte è avvenuta nella bocca e nello stomaco. I costituenti delle macromolecole biologiche possono essere così assorbiti dalla parete intestinale ed entrare in circolo. La parte endocrina del pancreas è composta da raggruppamenti cellulari sparsi in tutto l’organo i quali costituiscono le isole di langherans. Il tessuto insulare è costituito fondamentalmente da due tipi di cellule: maltasi pancreatica, che scinde il maltosio in due molecole di glucosio; amilasi pancreatica, che demolisce l’amido parzialmente digerito nella bocca; proteasi, che demolisce le proteine; nucleasi, che digerisce gli acidi nucleici; Cellule β (beta) => Sintetizzano l’ormone insulina, che abbassando la quantità di zuccheri nel sangue, consente al glucosio di entrare nelle cellule e di accumularsi in esse sottoforma di glicogeno.

22 Il fegato Tra tutte le ghiandole esocrine, quella di maggiore importanza è sicuramente il fegato. Tra le tante funzioni che esso svolge troviamo la capacità di sintetizzare la bile, che attraverso le vie biliari, versa in un sacchetto posizionato sulla sua faccia inferiore, chiamato colecisti o cistifellea. Dalla colecisti la bile, attraverso un condotto detto coledoco, arriva nella prima parte dell’intestino, detta duodeno, di forma curva, nel dettaglio simile ad una “C”. è opportuno precisare che la bile è una soluzione composta da: La sua funzione è principalmente quella di favorire la digestione dei grassi. Il suo colore giallognolo è dovuto alla presenza della bilirubina precedentemente citata, derivata dal catabolismo dell’ emoglobina. Se vi sono patologie del fegato che ne fanno aumentare la quantità, essa si riversa in circolo provocando l’ittero, la colorazione giallastra della cute e delle sclere. L’ittero può essere di due tipi: Un’ulteriore funzione della bile è quella di emulsionare i grassi, cioè di ridurli in piccole gocce in modo tale che essi possano essere più facilmente “aggrediti” dagli enzimi pancreatici. Acqua; Colesterolo; Lecitina; Acidi biliari (acido taurocolico); Pigmenti biliari (bilirubina), fisiologico, se compare alla nascita, spesso dopo un parto prematuro. In questi casi infatti il fegato del neonato non ha ovviamente tutte le sue funzioni metaboliche. patologico,se compare come conseguenza di una malattia del fegato (epatite virale o tossica, ostruzione delle vie biliari da parte di calcoli).

23 Lo scheletro

24 Il tessuto osseo è il componente fondamentale dello scheletro, vale a dire l’insieme delle ossa che costituiscono l’impalcatura e il modellamento dell’individuo. A seconda dei loro diametri, queste ultime possono essere classificate in: piatte => hanno uno spessore limitato, e assumono una forma laminare. Tali sono le ossa della volta del cranio. lunghe => hanno una lunghezza maggiore dello spessore e della larghezza prevalgono nello scheletro degli arti e formano le leve più importanti per i nostri movimenti. Risultano composte da: le epifisi, ossia due estremità, ordinariamente voluminose la diafisi, una porzione mediana cilindrica corte => di forma cuboide irregolare, hanno una larghezza maggiore dello spessore e della lunghezza. Appartengono a questa tipologia di ossa il carpo e il tarso. Lo scheletro umano si compone all’incirca di 208 ossa il cui peso complessivo non va oltre i 7 o 9 chilogrammi. È notoriamente divisibile in due parti principali: Scheletro assile, cioè la parte portante rappresentata da cranio, gabbia toracica e colonna vertebrale; Scheletro appendicolare, costituito dagli arti superiori e inferiori. Lo scheletro appendicolare è congiunto con l’assile mediante gli arti. Nel dettaglio: gli arti superiori sono ancorati alla gabbia toracica con il cinto scapolare , articolazione della spalla. Esso è costituito da due tipi di ossa: La clavicola, che è a forma di “S” La scapola, osso posteriore a forma triangolare.

25 Entrambe delimitano una cavità definita “glenoidea” in cui alloggia la testa dell’omero che rappresenta l’osso del braccio. Gli arti inferiori invece sono connessi alla gabbia toracica con il cinto pelvico, che corrisponde al bacino. È costituito dalle due ossa delle anche, che si articolano anteriormente tra di loro e posteriormente con l’osso sacro. Quest’ultimo è costituito da tre ossa fondamentali: l’ischio, l’ileo e il pube.

26 lo scheletro del capo Nello scheletro del capo si possono distinguere due porzioni principali: il neurocranio o cranio celebrale costituisce una scatola ossea, destinata a contenere e proteggere l’encefalo, rappresentato dall’insieme del cervello, del cervelletto e della midolla allungata. Lo splancnocranio o cranio viscerale costituisce, invece, lo scheletro della faccia.

27 Il neurocranio Le ossa del neurocranio sono divisibili in:
Pari, che comprendono: Le due ossa parietali, posti sui lati del neurocranio, formano buona parte della volta cranica. La coppia di ossa temporali è localizzata nella parte laterale ed inferiore del cranio, sotto alle parietali. Dispari, che sono rappresentate invece da: L’osso frontale, vale a dire lo scheletro della fronte, protegge anteriormente e posteriormente la testa. Al confine con la faccia delimita le arcate sopraccigliari e la volta delle cavità orbitali. L’osso occipitale, è situato nella regione posteriore del capo. Per mezzo di esso il cranio si articola con la colonna vertebrale. Alla sua base presenta un grande foro denominato “foro occipitale”, attraverso il quale passa la midolla allungata con i suoi involucri e l’arteria vertebrale destinata all’encefalo. Sui lati di tale foro si trovano due sporgenze, i còndili, per mezzo dei quali il cranio si articola con la prima vertebra cervicale.

28 Lo sfenoide è localizzato nella parte media della base cranica
Lo sfenoide è localizzato nella parte media della base cranica. Risulta di: una porzione centrale, il corpo, dotato di un incavo, la sella turcica in cui si accoglie l’ipofisi, per questo definita anche “fossetta ipofisaria”; quattro prolungamenti, le ali, che si dipartono da ogni lato del corpo e si dirigono in fuori. Si suddividono in: Due anteriori => le piccole ali Due posteriori voluminose => le grandi ali L’etmoide, delicato e leggero, è situato davanti al corpo dello sfenoide, al di sotto del frontale.

29 Lo splancnocranio Lo splancnocranio è formato da 14 ossa, di cui 12 (sei coppie) pari e 2 dispari. Pari, che comprendono: Due ossa mascellari, che costituiscono la porzione principale del massiccio facciale. Esse contribuiscono alla formazione del pavimento dell’orbita e della parete laterale delle cavità nasali. Due ossa zigomatiche, che formano quei caratteristici rilievi noti sotto il nome di zigomi Due ossa nasali, piccole e sottili compongono la volta ossea del naso. Due ossa lacrimali, situate sulla parete mediale dell’orbita, e adibite alla protezione del sacco lacrimale. I cornetti inferiori o turbinati che sono due lamine sottili situate nelle cavità nasali. Le due ossa palatine, che contribuiscono a formare posteriormente la volta del palato. Dispari, che sono rappresentate da: Il vomere, situato sulla linea mediana, al di sotto della lamina perpendicolare dell’etmoide, con la quale costituisce il setto nasale. La mandibola, sul cui margine si impiantano i denti inferiori, che insieme ai mascellari limita l’apertura della bocca.

30 La gabbia toracica La restante parte dello scheletro assile è rappresentata dalla gabbia toracica che è delimitata anteriormente da un osso lungo chiamato sterno. Di quest’ultimo possiamo distinguere una parte superiore breve e slargata che si chiama manubrio una parte media allungata e più stretta definita corpo una parte inferiore detta appendice xifoide, che sporge nell’angolo formato dai due archi costali.

31 Posteriormente la gabbia toracica è delimitata dalla colonna vertebrale costituita da 33 o 34 ossa definite “vertebre” divisibili in : 7 vertebre cervicali 12 vertebre toraciche 5 vertebre lombari parzialmente fuse tra di loro 5 vertebre sacrali 4 o 5 vertebre coccigee Le ultime due vertebre costituiscono il cosiddetto “osso sacro”. Fra ogni vertebra vi sono dei dischi cartilaginei che permettono il movimento. La colonna non è rettilinea; vi si riscontrano quattro curve, che hanno un rapporto con la stazione eretta: Due a convessità anteriore (nella regione cervicale e lombare) Due a convessità posteriore (nella regione toracica e sacrale) Dal corpo spiccano due peduncoli, che dirigendosi indietro, si saldano sulla linea mediana, dando così origine ad un grosso arco osseo. Insieme al corpo stesso delimita un foro vertebrale. Le vertebre impilate l’una sull’altra formano il canale vertebrale attraverso il quale passa il midollo spinale. La prima vertebra è detta atlante e differisce dalle altre visto che è formata da un doppio arco osseo.

32 Lateralmente alle 12 vertebre dorsali sono ancorate 12 paia di costole che delimitano la gabbia toracica. Le prime 7 paia sono dette “coste vere” e si legano posteriormente con le prime 7 vertebre dorsali, e anteriormente direttamente con lo sterno. Le successive 3 paia sono definite “coste false” e si legano con le rispettive vertebre dorsali, ma si formano in un’unica cartilagine prima di legarsi con lo sterno. Le ultime due paia sono denominate invece “fluttuanti” o “asternali” perché possiedono un’estremità libera dal momento che non arrivano allo sterno.

33 Gli arti Gli arti superiori sono attaccati alla gabbia toracica grazie al cinto scapolare. Il primo tratto di arto è l’omero. Il successivo segmento che segue al braccio è rappresentato da due ossa, ovvero il radio e l’ulna. Il terzo segmento è la mano che però è composta da: carpo (polso), metacarpo (palmo o dorso della mano) ossa delle dita definite come: falange falangina => il pollice essendo opponibile non presenta tale struttura. falangetta Gli arti inferiori sono suddivisi come quelli superiori in tre segmenti: coscia, il cui osso è il femore, nonché il più lungo di tutto lo scheletro gamba,collegata alla coscia grazie alla rotula e rappresentata da: tibia perone piede, diviso in: tarso, ossia il calcagno dove è anche presente il tendine d’Achille metatarso, vale a dire il dorso del piede falangi composte da tre piccole ossa quali: falange falangina falangetta

34 La differenza fondamentale tra mani e piedi nel corpo umano è l’alluce, che non è opponibile come lo era anticamente quello delle scimmie. Nel dettaglio, i nomi delle dita dei piedi sono rispettivamente:

35 I denti La dentatura di ogni individuo generalmente presenta 32 denti, la quale in età puerile è costituita da 20 denti. In particolar modo, per ogni arcata vi sono: 4 incisivi centrali (8 incisivi) 2 canini (4 canini) 2 premolari (4 premolari) 2 molari (4 molari) La suddetta dentatura, denominata anche “da latte”, compare al 6° mese di vita e si completa intorno ai 2 anni. Dal 6° anno in poi si verifica una mutazione, per cui i denti da latte vengono dunque sostituiti dalla dentatura definitiva grazie alla formazione di 6 molari per arcata, di cui gli ultimi due sono detti “molari del giudizio”, dal momento che compaiono intorno ai 18 anni di età. La forma dei denti è diversa a seconda della funzione che essi svolgono: Gli incisivi sono necessari per addentare. I canini servono per strappare. I molari invece per triturare.

36 Ogni dente è caratterizzato dal presentare una superficie ricoperta da una sostanza che prende il nome di smalto che rende il dente più resistente. Strutturalmente il dente presenta: un corpo che fuoriesce dalle arcate dentarie chiamato corona, un colletto che è il punto di contatto con la gengiva una radice attraverso la quale penetrano vasi sanguigni che danno nutrimento al dente vasi nervosi che gli danno sensibilità.


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