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Unilever’s “Path to Growth” strategy
Parte A Silvia Barone Chiara Basilico Angelo Bianca Luigi Bianchini Luigi Pietro Maria Calleia Valeria Lazzari
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“It (Path to Growth strategy) is all about how we can reshape ourselves for faster growth and expanded margins” [Niall FitzGerald, Co-chairman, Unilever’s group, february 2000]
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Indice Elementi chiave della strategia di diversificazione
Acquisizione di Slim Fast Problemi relativi all’acquisizione di SF Acquisizione di Ben & Jerry’s
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Obiettivi della strategia
Aumento delle vendite Aumento dei margini operativi Aumento dell’ EPS Migliorare la posizione competitiva a livello globale Economie di scala e di scopo
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Elementi chiave della strategia di diversificazione
Ridefinizione del portafoglio - dismissione no fit business - merger & migration - nuove acquisioni Riorganizzazione della struttura aziendale - concentrazione delle attività della CDV - struttura matriciale Innovazioni di prodotto Ridefinizione del portafoglio. Unilever si presentava con un ampio portafoglio difficilmente gestibile e composto da 1600 brands. I problemi principali erano il basso riconoscimento di alcuni di questi e le scarse performance. Unilever, infatti, decide di puntare su business ad alto margine attraverso la dismissione di brands che operavano in business dove la correlazione era scarsa, inoltre pianifica la fusione di più brands all’interno di quelli più riconosciuti e ad alto margine (merger&migration). Inoltre nella pianificazione strategica furono previste nuove acquisizioni, imprese operanti in business altamente attrattivi e correlati (Slim Fast, Ben&Jerry’s,Lipton, Myhome). Riorganizzazione della struttura aziendale. Una delle scelte più importanti riguardava la concentrazione di alcune attività della catena del valore sfruttando le interrelazioni esistenti a livello produttivo, R&S, approvvigionamenti e marketing. In questo modo, Unilever cerca di ottenere economie di scala e di scopo razionalizzando le risorse attraverso la riduzione di impianti, licenziamenti di dipendenti, condivisione di R&S. A fronte della ridefinizione della catena del valore è necessaria una contestuale ristrutturazione organizzativa. Infatti Unilever si struttura in due macrodivisioni: food e HPC assegnando ai due direttori della divisione la responsabilità dei profitti e della coerenza strategica a livello globale. Al loro interno le divisioni sono organizzate in forma matriciale in cui si prevedeva la presenza di un responsabile per ogni linea di prodotto e di un presidente per ogni area geografica. Questi ultimi insieme al direttore della divisione costituiscono il Comitato Esecutivo responsabile dei risultati di Unilever. Altro elemento chiave della riorganizzazione è la ridefinizione della R&S dove si prevedeva l’integrazione dell’attività a livello divisionale, allo stesso tempo era previsto un centro globale di innovazione che metteva in collegamento i centri divisionali di R&S. Obiettivo principale della riorganizzazione era ridurre la distanza tra strategia di brand e operations. Innovazione di prodotto. Unilever mirava ad intensificare l’innovazione dei suoi prodotti, coerentemente con la nuova strategia era necessario concentrare gli sforzi sia economici che tecnologici in quelle direzioni che avrebbero incrementato i margini di profitto sulle vendite e con l’intento di spingere l’azienda verso una crescita interna.
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Unilever: tra globalizzazione e mercati locali
Multicountry Globale Sensibilità locale; Attività di marketing - ricerche di mercato - accordi distributivi; Attività produttive; Reclutamento; Regional President. Forte coordinamento delle attività localizzate; R&S Attività infrastrutturali; Responsabile di prodotto a livello mondiale. Analizzando le attività di Unilever, si riscontra un’elevata sensibilità sulle preferenze dei consumatori locali, grazie all’attività di marketing focalizzata sugli elementi distintivi dei diversi mercati. A fronte dell’autonomia del management locale, si rende necessario un’azione di coordinamento da parte del comitato esecutivo a livello divisionale (food & HPC) responsabile dei risultati e della coerenza strategica. GLOCALIZZAZIONE
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Struttura Matriciale UNILEVER FOOD HPC Europa Europa USA USA Asia Asia
Responsabile profitti e strategia Responsabile profitti e strategia Prod A Prod B Prod C Prod A Prod B Prod C Europa Europa Unilever persegue una strategia di glocalizzazione ricercando un equilibrio tra la necessità di concentrazione e l’adattabilità locale. Per bilanciare un’integrazione globale e la diversificazione locale, Unilever deve adattarsi ai differenti requisiti di prodotto, funzioni e dei mercati locali. Dunque, in considerazione della diversa tipologia di prodotto, l’attenzione si sposterà dalla concentrazione all’adattabilità. La diversificazione geografica e broad –based nel cibo, nel personal care e nei prodotti per la casa, ha reso necessaria una struttura organizzativa complessa di tipo matriciale, che da un lato conferisce potere ai manager locali per focalizzarsi sulle peculiarità del consumo locale e dall’altro rende possibile un forte coordinamento divisionale a livello globale. USA USA Asia Asia Africa Africa
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Processo di acquisizione
Nel febbraio del 2000 Unilever acquisisce SlimFast: → azienda produttrice di prodotti alimentari dietetici →Valore delle attività pari a $160,000 milioni →costo acquisizione: $2,3 miliardi E’ STATA PAGATA TROPPO?
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→ Test dell’attrattività
Prodotto innovativo Potenziale domanda in espansione Successo del prodotto negli Stati Uniti Al momento dell’acquisizione SlimFast era leader del settore con il 45% di quota di mercato negli Stati Uniti grazie ai suoi prodotti innovativi. Le performance conseguite nel mercato statunitense evidenziavano la possibilità di successo dei prodotti SlimFast anche nei mercati dei paesi industrializzati. La forte crescita (20%) che caratterizzava il mercato statunitense e gli studi degli analisti che sostenevano che il mercato, una volta globalizzato, sarebbe cresciuto fino a 31.7 miliardi di $ con un tasso annuo di crescita dell’11,3%, evidenziavano una forte attrattività dello stesso. Il basso livello di concorrenza (assenza di prodotti sostitutivi), gli ottimi risultati dei test clinici (prodotto naturale che controllava il senso di fame), e un numero sempre maggiore di persone afflitte da sovrappeso e obesità (dagli studi della World Health Organization), rappresentavano una grande opportunità per Unilever di diventare leader nel settore dei “diet foods”.
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→ Costo d’entrata Previsioni INVESTIMENTO 2,3 miliardi $ Q.M. 15%
3 ANNI BASSA INVESTIMENTO 2,3 miliardi $ Q.M. 25% T.R. 2 ANNI MEDIA Nel febbraio del 2000 Unilever acquisisce Slim Fast, azienda con un attivo pari a 160 milioni di $ e con una quota di mercato (U.S.A.) del 45%, per 2,3 miliardi di dollari. Le previsioni degli analisti indipendenti erano: mercato potenziale di 31,7 miliardi di dollari con un tasso di crescita annuo del 11,3%. Partendo da questi dati, abbiamo cercato di prevedere i possibili scenari che si presenterebbero ad Unilever in seguito all’investimento: ( Profitti= EBIT % x ricavi vendite; Ricavi vendite= fatturato atteso x quota di mercato) Nella prima ipotesi abbiamo considerato che Unilever potesse ottenere una quota di mercato su base mondiale del 15% e considerando un EBIT (%) del 20% (dato del 1999), avrebbe ottenuto profitti nei primi tre anni rispettivamente di: 0,95- 1,05- 1,2 miliardi di dollari, sommando quindi i valori dei profitti dei tre anni si otterrebbe un risultato di 3,2 miliardi recuperando l’investimento prima dei 3 anni. Nella seconda abbiamo invece considerato una quota di mercato del 25%, tenendo invariati tutti gli altri dati abbiamo ottenuto, seguendo le medesime operazioni, un tempo di recupero dell’investimento di 2 anni. Nella terza ed ultima ipotesi prevedendo una quota di mercato del 45%, abbiamo invece ottenuto un tempo di recupero di 1 anno. ALTA Q.M. 45% T.R. 1 ANNO - Q.M.: quota di mercato T.R.: tempo di recupero
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→ “Better-off” test (individuazione dei fit strategici)
Management Slim Fast Marketing Canali di distribuzione Approvvigionamenti Altre attività infrastrutturali L’acquisizione di SlimFast costituirebbe per la Unilever una buona opportunità tenendo conto delle correlazioni esistenti con questa. In particolare, Unilever vedeva nell’introduzione di SlimFast in Europa, Australia e negli altri paesi industrializzati l’opportunità di sfruttare la convergenza delle strategia delle due società ed in particolare le correlazioni realizzabili a livello commerciale derivanti dagli sforzi sostenuti da entrambi nel marketing (coerenza rispetto la strategia), oltre alla naturale domanda in espansione. Inoltre, Unilever pensava di poter ottenere ulteriori benefici dall’acquisizione in quanto il team management di SlimFast era considerato forte e fonte di competenze distintive. I canali di distribuzione, invece, rappresentano un duplice vantaggio competitivo. Per SlimFast sfruttare la catena di distribuzione della Unilever, estesa a livello globale, significava poter accedere a nuovi mercati potenzialmente attrattivi. Un altro fit strategico riguarda le forniture, un opzione potrebbe essere quella di commissionare la fornitura di packaging per i prodotti Slim Fast ai fornitori esistenti razionalizzando in questo modo gli investimenti e incrementando l’efficienza gestionale. Non bisogna sottovalutare la possibiltà di sfruttare le interrelazioni a livello strutturale facendo leva sulle sinergie potenziali:sistemi di pianificazione e controllo, sistemi informativi, risorse finanziarie e umane.
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“Unilever did not pay too much!”
La media dei profitti previsti per i primi tre anni (alta, media, bassa) è di 5,77 miliardi di dollari. Quindi l’investimento di 2,3 miliardi di dollari di Unilever per acquisire SlimFast, tenendo conto del test dell’attrattività effettuato, dell’analisi delle sinergie (better-off test) e delle previsioni svolte, è finanziariamente adeguato anche se è evidente uno squilibrio tra il valore degli assets di SlimFast prima dell’acquisizione (160 milioni di dollari) e il prezzo pagato (2,3 miliardi di dollari). Quindi la differenza è giustificata considerando le prospettive di crescita dell’azienda acquisita.
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2003: post acquisizione → vendite in picchiata PERCHE’?
Rallentamento delle vendite del 9% Entrata di nuovi concorrenti Diffusione di prodotti sostitutivi Domanda instabile COSA AVREBBE POTUTO FARE UNILEVER? Barriere all’entrata Innovazione Politiche di prezzo predatorie Bundling Distribuzione Perchè. Dopo due anni dall’acquisizione di Slim Fast si notava un rallentamento delle vendite del circa il 9% , fino a cadere completamente nel Dopo un primo periodo di presidio nel mercato come first mover, si assisteva all’entrata di nuovi concorrenti con prodotti sostitutivi, invogliata dal crescente interesse dei consumatori verso i prodotti “diet foods”. La situazione competitiva caratterizzata dalla presenza di molti concorrenti, aveva come fattore critico di successo non solo le caratteristiche peculiari del prodotto stesso ma soprattutto il potere contrattuale nei confronti dei distributori per poter usufruire di maggiore visibilità nei loro spazi. Un ulteriore elemento da prendere in considerazione è costituito dall’instabilità della domanda caratterizzata da trend temporanei che influiscono sul successo di un prodotto. Cosa avrebbe potuto fare Unilever. Unilever avrebbe potuto adottare una politica competitiva che tenesse conto dell’eventuale entrata di new comers con prodotti sostitutivi, cercando di presidiare in modo più efficace il mercato. Unilever avrebbe dovuto innalzare le barriere all’entrata con forti investimenti in pubblicità e promozione, innalzando i costi in entrata (forti economie di scala e di scopo, capacità produttiva). Inoltre poteva investire in una strategie efficace di innovazione semplificando l’utilizzo del prodotto mantenendone le stesse funzionalità, in grado di mantenere SlimFast come impresa leader nel settore “diet foods”. A nostro avviso, avrebbe potuto esercitare il suo potere di mercato attraverso due forti strumenti: le politiche di prezzo predatorie che avrebbero permesso a SlimFast di utilizzare le capacità finanziarie di Unilever che aveva a disposizione per spostare la competizione sui prezzi ricorrendo a sussidi incrociati. In questo modo avrebbe potuto prevalere sui new comers specializzati o provando a spingerli fuori dal mercato. La diversificazione poteva permettere a Unilever di migliorare la propria posizione nel mercato diet food attraverso politiche di bundling (vendita congiunta di due prodotti come ad esempio un prodotto “diet foods” e uno “no diet foods” in un unico pacchetto). Uniliver infine avrebbe potuto sfruttare il proprio potere contrattuale nei confronti della distribuzione per poter ottenere una maggiore visibilità, fattore critico per il successo nel settore.
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Cosa fare di SlimFast? è stato un ERRORE? Acquisizione SlimFast
NON è stato un ERRORE? VENDO NON vendo A nostro avviso, riprendendo l’analisi già effettuata attraverso i tre test di Porter l’acquisizione di SlimFast non è stato un errore. Alla luce dei problemi verificatisi dopo l’acquisizione, Unilever si trova di fronte ad una scelta tra se continuare il business o dismettere le attività. Secondo noi, è consigliabile non vendere partendo dal presupposto che la vendita di SlimFast comporterebbe una perdita per Unilever, infatti il valore di mercato è sicuramente minore rispetto al costo storico. Inoltre, i fit strategici emersi dal better-off test, le competenze manageriali di SlimFast e la possibilità di introdurre innovazioni di prodotto sono buoni punti di partenza per rilanciare il brand e cercare di recuperare le quote di mercato perse. Valore di mercato < costo storico Correlazione dei business Management Possibile innovazione costo d’entrata attrattività del settore better-off test
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Processo di acquisizione
Nell’aprile 2000 Unilever acquisisce Ben & Jerry’s: → azienda produttrice di “superpremium ice creams” →Valore delle attività pari a $150 milioni →costo acquisizione: $326 milioni E’ STATA PAGATA TROPPO?
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→ Test dell’attrattività
Prodotto differenziato Vendite in crescita Brand forte Concentrazione dell’offerta Prodotto differenziato: prodotto naturale e di alta qualità, alta varietà di gusti, continua innovazione del prodotto (yogurt, low-fat frozen yogurt….), packaging accattivante. Grazie a questa acquisizione Unilever può presidiare il segmento dei gelati super-premium consolidando la propria posizione come produttore di gelati. Vendite in crescita: dai dati finanziari emerge che le vendite di Ben & v Jerry’s dal ‘94 al ’99 sono aumentate del 59% e che i profitti, il risultato lordo industriale (gross profit) aumenta nello stesso periodo del 135%. Inoltre a tali dati si accompagna la prospettiva di una crescita dei profitti con l’inizio nel 1999 di un processo di internazionalizzazione : franchising scoop shop (Libano, Perù, Israele, Canada, Olanda) accordo con 7 Eleven per la disribuzione in Giappone. Brand forte: Ben & Jerry’s con l’implementazione di una politica sociale, produttiva ed economica etica, con un forte impegno sociale soprattutto nei confronti della comunità locale, ha imposto il proprio brand come unico e distintivo. Questo potrebbe rivelarsi un asset intangibile per Unilever ma allo stesso tempo potrebbe essere causa di incompatibilità culturali. Concentrazione dell’offerta: la concentrazione dell’offerta nelle mani di pochi competitors nel segmento dei gelati superpremium può costituire sia un vantaggio nel momento in cui si devono valutare le mosse dei concorrenti, mentre può costituire uno svantaggio in quanto questi attori sono competitor globali dotati di grandi risorse.
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→ Costo d’entrata ANNO Mkt mondiale (Mld) QM unilever (8,15%) QM unilever e B&J (9,25%) (Mld) RIC incrementali (Mln) PROFITTI incrementali (Mln) 2000 52,7 4,3 --- 2001 54,5 4,4 5 600 90 2002 55,4 4,51 5,12 610 91.5 2003 56,78 4,62 5,25 630 94.5 2004 58,19 4,74 5,38 640 96 Per prevedere il tempo di recupero dell’investimento di Unilever (acquisizione di B&J per 326 milioni di dollari), siamo partiti da questi dati: il fatturato di Unilever nel settore dei gelati prima dell’acquisizione è 4,3 miliardi di euro, poiché il mercato mondiale nel 2002 era di 52,7 miliardi di euro (partendo dal dato del 2002 di 55,4 mld e tenendo conto del tasso di crescita del 2,5%) Unilever possedeva una quota di mercato dell’8,15%. Nel 2001, dopo l’acquisizione, il fatturato sale a 5 mld che rispetto al mercato mondiale di 54,5 mld (52,7+2,5% di crescita) rappresenta una quota di mercato del 9,25%. Partendo quindi da questi dati andiamo a valutare anno per anno i profitti incrementali: nel 2001 il fatturato dopo l’acquisizione è di 5 miliardi (quota di mercato 9,25%) che rispetto a 4,4 mld (quota di mercato dell’8,15% di 54,5 mld) indica l’esistenza di ricavi incrementali per 600 milioni. Considerando che il BEIA % di Unilever nel mercato dei gelati è intorno al 15% abbiamo dei profitti incrementali per 90 milioni. Utilizzando lo stesso meccanismo per gli anni 2002, 2003, 2004 (profitti incrementali di 90,73 – 94,5- 95,7) Unilever inizia ad avere un ritorno sull’investimento sin dal 4° anno. La nostra valutazione non considera la possibilità di ridurre l’impatto dei costi indiretti sui risultati economici, infatti fit strategici risultati dall’acquisizione sono una fonte di efficienza incrementale (economie di scala ed economie di scopo). Quindi detti risultati rappresentano una stima prudenziale.
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→ “Better-off” test (individuazione dei fit strategici)
Canali distributivi Supply chain Forza del brand Altre attività infrastruttura Canali distributivi: attraverso l’acquisizione B&J può sfruttare i canali distributivi di Unilever, tipici di una grande multinazionale, per poter entrare con successo nei mercati mondiali e aumentare di conseguenza i propri profitti. Supply chain: miglioramento dell’efficienza grazie al maggiore potere contrattuale di Unilever (economie di scala) potere contrattuale dei fornitori. Forza del Brand: negli USA Unilever può sfruttare la forza del brand di B&J, riconosciuto come produttore di qualità e con una mission etica. Allo stesso modo Unilever può migliorare la propria quota nei mercati come quello europeo, presidiando anche il segmento dei gelati superpremium e sfruttando l’opportunità di racchiudere i suoi 10 brand in un unico logo. Altre attività infrastrutturali: necessità di implementare un sistema unico di Information Tecnology per ridurre i costi e per una migliore gestione delle operations (semplificazione dei processi attraverso l’utilizzo di programmi come Erp e Sap); condivisione delle risorse finanziarie e del rischio; gestione strategica delle risorse umane; attività di ricerca e sviluppo centralizzata; stessi sistemi di pianificazione e controllo. → Unilever had the largest and most prifitable ice cream business of any company in the world !
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“Unilever did not pay too much!”
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La gestione dell’acquisizione tra Unilever e Ben & Jerry’s
Differenze tra Unilever e Ben and Jerry’s: Origini, obiettivi, storia, cultura Difficoltà nella gestione dell’acquisizione Le due organizzazioni si differenziano già dalle loro origini: mentre Ben & Jerry’s era un’impresa fortemente radicata nel suo luogo d’origine, Vermont; Unilever invece nasce per esercitare a livello globale acquisendo compagnie e brand in tutto il mondo. Le peculiarità della cultura aziendale di Ben & Jerry’s sono: una forte integrazione locale e l’obiettivo di creare valore per la comunità, attenzione per gli azionisti e soprattutto per i lavoratori che avevano l’opportunità di accrescere il proprio salario e di partecipare alle decisioni aziendali; esisteva inoltre una mission sociale con la decisione di devolvere il 7,5% del risultato ante-imposte (circa 1,1 milioni di dollari nel 1999) per supportare varie iniziative di solidarietà. Al contrario Unilever al momento della definizione della strategia “Path to Growt” licenziò circa 25 mila dipendenti (il 10% della forza lavoro della multinazionale) chiudendo circa 100 stabilimenti; ciò poneva enfasi sulla mission di Unilever, prettamente incentrata a creare valore per i suoi stakeholders. Al tempo dell’acquisizione poi alcuni clienti di Ben & Jerry’s minacciavano di boicottare i suoi prodotti nel momento in cui l’impresa fosse stata ceduta ad una grande corporation. Uno dei punti di contrasto più evidenti era il fatto che Ben & Jerry’s rappresentasse lo stato del Vermont in America e nel resto del mondo, la multinazionale che operava a livello globale con l’acquisizione avrebbe snaturato i suoi segni distintivi. Per tutte queste ragioni riteniamo notevoli le differenze tra le culture delle due imprese e quindi oggettive difficoltà nella gestione dell’acquisizione.
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Integrazione dell’acquisizione
Necessità di interdipendenza strategica Bassa Alta Conservazione Simbiosi (Holding) Assorbimento Alta Unilever & Ben&Jerry’s Necessità di autonomia organizzativa Da un’ analisi basata su un piano teorico riteniamo opportuno classificare l’acquisizione tra Unilever e Ben & Jerry’s come un’acquisizione per simbiosi: la necessità fondamentale è di mantenere intatta la fonte dei benefici che vengono acquisiti. Infatti coesistono due tipi di esigenze: conservare la cultura della società acquisita e incoraggiare l’interdipendenza necessaria per poter soddisfare l’obiettivo dell’acquisizione stessa. Ben & Jerry’ s può quindi mantenere la propria cultura non convenzionale e solidale, puntando però ad integrarsi gradualmente con la struttura e gli obiettivi di Unilever. Bassa
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“I want to be... Couette” Svantaggi: Vantaggi: I WOULD LIKE TO BE
Sfida stimolante; Azienda dinamica e non convenzionale; Gestione della mission sociale. Svantaggi: Gestione delle differenze culturali; Gestione dei problemi sindacali Ostilità del target di B&J Vivere nel Vermont Vantaggi: Essere il CEO di una piccola azienda dinamica con grandi prospettive di crescita, com’è B&J dopo l’acquisizione di Unilever, sarebbe una sfida per qualunque manager. Inoltre, la vocazione sociale dell’azienda rappresenta un elemento di non convenzionalità che potrebbe rendere la sfida gestionale ancora più complicata, ma allo stesso tempo potrebbe essere stimolante. Svantaggi: Le enormi differenze culturali esistenti tra unilever e B&J, potrebbero rapprentare un ostacolo per l’attività di un nuovo CEO. Inoltre l’esperienza internazionale di Couette, rappresenta sicuramente un vantaggio nella nuova prospettiva gestionale di B&J, ma potrebbe di contro rivelarsi un ostacolo rispetto alla necessità d’integrazione del nuovo CEO nella realtà locale del Vermont. Bisogno poi tener conto degli innumerevoli segnali che arrivano dei clienti di B&J , l’ostilità di questi, infatti, potrebbe essere un problema non facilmente risolvibile da parte del management scelto da Unilever per B&J. I WOULD LIKE TO BE
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