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Blaise Pascal
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La sua vita Nato a Clermont nel 1623, ricevette la prima formazione scientifica e filosofica dal padre, magistrato, studioso di matematica e di fisica, amico di diversi scienziati del tempo. Pascal poté frequentare i circoli scientifici della capitale. Particolarmente dotato, a 16 anni pubblicò il Saggio sulle coniche (1639). Il 1646 segnò una svolta nella vita di Pascal, perché entrò in contatto con la corrente religiosa del giansenismo e ne fu affascinato dal loro rigore morale. In lui si fece forte il desiderio di seguire un ideale di vita morale e religiosa che lo spinse a dedicarsi alla meditazione filosofica e religiosa, presso i “solitari” di Port-Royal. Partecipò alla polemica contro i gesuiti pubblicando le Provinciali, una raccolta di lettere scritte a difesa della dottrina giansenista. Morì a Parigi nel 1662.
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Approfondimento La parabola si ottiene se il piano secante della conica è parallelo ad una generatrice. La circonferenza si ottiene se il piano secante è perpendicolare all’asse. L’ellisse si ottiene se il piano secante ha un inclinazione per cui l’intersezione interessa una sola falda del cono. L’iperbole si ottiene se il piano secante ha un’inclinazione per cui l’intersezione interessa entrambe le falde del cono.
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Giansenismo Intorno al monastero femminile di Port-Royal, nei pressi di Parigi, si raccolse alla metà del Seicento il cuore di un vasto movimento religioso interno al cattolicesimo romano, il giansenismo. Il movimento, che risaliva al teologo di origine olandese Cornelis Junsen, era incentrato sul rigore interiore della fede, sulla meditazione personale delle Scritture nel contesto di una vita religiosa vissuta con passione ed intensità, finendo per assumere posizioni vicine al calvinismo in tema di predestinazione, e mostrandosi fortemente ostinale alla visione controriformista dei gesuiti, accusata di scarso rigore morale. I giansenisti sostenevano la più rigorosa intransigenza sui principi morali, senza cercare di adattarli alle situazioni. Sotto Luigi XIV il giansenismo fu condannato ed il monastero di Port-Royal distrutto.
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Un Dio incomprensibile
“Incomprensibile che Dio esista e incomprensibile che non esista; che l’anima sia con il corpo e che noi non abbiamo anima; che il mondo sia creato e che non sia tale; che il peccato originale sia e che non sia. Se c’è un Dio, è infinitamente incomprensibile, perché, non avendo né parti né limiti, non ha nessun rapporto con noi. Siamo, dunque, incapaci di conoscere che cos’è né se esista.” B. Pascal, Pensieri, 161, 164 Queste sono le parole che Pascal scrive nell’opera i “Pensieri” dove si può trovare la netta affermazione dell’impossibilità per la mente di accedere razionalmente alla conoscenza di Dio. In questa opera leggiamo che è incomprensibile che Dio esista e altrettanto incomprensibile che non esista. Se pensiamo Dio come infinito e senza parti, dobbiamo tenere presente che possiamo pensare altre cose con le stesse caratteristiche.
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I pensieri di uno scienziato inquieto
La tesi centrale nell’opera i Pensieri è che una sfera della natura è preclusa al pensiero razionale: la sfera del senso delle cose, dell’uomo, di Dio, accostabile solo attraverso la fede. Le riflessioni filosofiche appartengono ad un registro diverso da quello dei filosofi del tempo, perché sono meditazioni sulla condizione umana, descrizioni di cui si ritiene che la ragione non possa venire a capo indicandone il senso, neppure se fosse possibile indicarne la geometria, come hanno tentato di fare Cartesio e Spinoza. Il materiale che compone i Pensieri fu ordinato dallo studioso francese Léon Brunschvicg che, nel presentare la sua edizione scrive: <<Non avevamo il diritto, né ci potevamo, senza arroganza, conferire il potere di portare a termine il tempio che Pascal ha lasciato incompiuto; d’altro canto avevamo il dovere di non abbandonare i materiali dell’opera in un caos inaccessibile. C’era un solo partito da prendere, dato che bisognava prenderne uno: procedere con i Pensieri di Pascal come si procede in un museo archeologico, dove, senza restauri né aggiunte, ci si preoccupa unicamente di restituire ad ogni pietra il suo significato ed il suo valore, di indicarne la provenienza, di accostarla alle altre in un raggruppamento metodico. Né disordine né ricostruzione: una semplice classificazione. La nostra unica – ma legittima – ambizione è presentare i frammenti di Pascal in modo tale che siano compresi dal lettore moderno, affinché questi possa seguire il pensiero dell’autore, lasciarsene conquistare, trarne il conveniente profitto>>.
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Esprit de géometrié ed esprit de finesse
L’esprit de géometrié e l’esprit de finesse sono forme di pensiero che non si escludono a vicenda, ma si integrano, perché è utile servirsene per oggetti diversi. Difficilmente l’individuo possiede entrambi gli spiriti, sia per una questione di propensione sia per l’abitudine che insorge nel ragionare in un modo o nell’altro. Che cosa debba intendersi con esprit de géometrié è intuitivamente detto dal richiamo alla geometria, modello per eccellenza del ragionamento logico. La mente dell’uomo può fare fatica a seguire la catena delle deduzioni, ma per la mente dello scienziato che si è abituata al rigore geometrico del pensiero nulla può risultare più chiaro. Quel che Pascal chiama esprit de finesse parte invece dall’esperienza del mondo che sta “sotto gli occhi di tutti” ; ma non è affatto facile osservare il mondo e comprenderlo partendo dai principi comuni dell’esperienza, perché sono moltissimi ed occorre quello che Pascal chiama <<uno sguardo fine>>. L’esprit de finesse è quindi lo sguardo penetrante dell’uomo profondo che sa andare a fondo delle cose intuendole più che deducendone le leggi mediante una sequenza di pensieri astratti: sentendo piuttosto che ragionando.
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I geometri e gli spiriti fini sono quindi persone che hanno sviluppato aspetti diversi della personalità. I primi sono rigorosi, a patto che sia possibile chiarire bene i principi di cui si tratta; altrimenti sono insopportabili, perché la loro mente si perde nelle molte sfumature della realtà, di fronte alle quali i secondi sono invece a loro agio, per perdersi a loro volta e infastidirsi di fronte al rigore di lunghi ragionamenti astratti che non richiedono sensibilità e intuizione nel loro trattamento. Si osservi che tanto l’esprit de géometrié quanto l’esprit de finesse sono forme della razionalità umana. Entrambe le forme sono (scientificamente) feconde e consentono un approccio corretto alla natura, ma ciascuna è adatta soltanto a certi tipi di oggetti di studio ed è inadatta ad altri. Il punto è che la realtà non è solo una macchina avendo aspetti molto più vari; se , per esempio, si indagano le passioni, la razionalità geometrica cartesiana è scientificamente poco feconda poiché ci sono ragioni del cuore che la ragione non può affatto sperare di comprendere.
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IL DIO dei filosofi Il Dio dei filosofi è per Pascal un concetto della mente. Afferma infatti che la fisica, e in generale l’interpretazione fisica del mondo, può fare a meno di questo Dio, in quanto è possibile descrivere matematicamente le leggi della natura considerandola un’immensa macchina, senza preoccuparsi del suo rapporto con Dio. Del resto questo Dio dei filosofi è secondo Pascal una costruzione arbitraria, perché non ben fondata razionalmente. Ed è per l’uomo una costruzione per nulla significativa perché l’anima di chi cerca Dio non trova nulla in un Dio geometra che consenta una vita spirituale profonda Dio della fede Dio dei filosofi
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La scommessa Non potendo dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio e posti di fronte al dilemma se credere o meno nella sua esistenza quale strada può scegliere l’uomo? Considerando che scegliendo di non credere si rischia di perdere la vita eterna, è meglio accettare la scommessa che Dio esista,giacché se pure Dio non esistesse, non si perderebbe nulla. Come già enunciato in precedenza il Dio dei filosofi è ritenuto incomprensibile, ma l’incomprensibilità non riguarda solo il Dio dei filosofi, ma anche il Dio della fede, come si osserva per il riferimento a nozioni importanti per la teologia cristiana come il peccato originale.
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Nella scommessa due indicazioni iniziali (espresse dai termini infinito e nulla) devono orientare la lettura di un brano, indicando per Pascal la contrapposizione di fondo tra l’idea di uomo e l’idea di Dio. La contrapposizione non è retorica: l’uomo è davvero un nulla rispetto all’infinito, anzi il nulla, se non c’è Dio a garantire la salvezza eterna, è il suo destino. La scommessa è quindi rappresentata come argomentazione razionale non sull’esistenza di Dio, ma sul fatto che accogliere il messaggio cristiano è, di fronte alla ragione, cosa dotata di senso.
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Un commento alla scommessa
Romano Guardini, uno dei teologi del XX secolo che hanno guardato con molta attenzione alla filosofia, ricostruisce il percorso della scommessa pascaliana e ne conclude che non si tratta di una dimostrazione, ma comunque di <<qualcosa di serio>>. Questa serietà è insita nella tesi pascaliana che non siamo affatto liberi di scegliere tra l’esistenza o la non esistenza di Dio: non possiamo astenerci. È in gioco qualcosa di troppo importante per noi stessi. Questo punto va sottolineato perché questa non-libertà sarà ripresa più volte dalla storia della filosofia successiva, in particolare nel Novecento. Questo teologo si pone in una certa posizione nei confronti della scommessa di Pascal, cioè quella di essere a favore dell’esistenza di Dio perché <<le probabilità in favore sono più forti di quelle contrarie; che, in ultima analisi, il rapporto tra le une e le altre è pari al rapporto tra l’infinito ed il nulla>>. Di conseguenza l’unica cosa ragionevole è il rischio <<in favore>>. Probabilità in favore Probabilità contrarie
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Dio esiste o non esiste? La ragione non può determinare quale sia la verità e qualsiasi critica razionale a chi sceglie di credere è ingiustificata perché l’uomo non sa nulla di Dio, né che esiste né che non esiste. C’è una terza possibilità,ed è quella di non scegliere affatto, ma Pascal nega che sia praticabile, poiché l’uomo è di fatto impegnato nella scelta, non ha libertà di non scegliere. Conviene comunque scegliere che Dio esiste se scegliendo che Dio esiste non si rischia di commettere un errore maggiore che se si sceglie che non esiste, sul piano della felicità eterna c’è un notevole guadagno. Infatti, se Dio non esiste non si perde nulla, perché non c’era nulla da guadagnare; se Dio esiste, c’è tutto da guadagnare, ovvero la vita eterna, e la si guadagna avendo scommesso per la sua esistenza. La scommessa di Pascal non è quindi una prova dell’esistenza di Dio,ma una motivazione razionale per ammettere che Dio esiste: non si tratta del Dio dei filosofi, di cui nulla possiamo dire perché non entra nel gioco della felicità umana e della vita eterna, ma del Dio della fede, in cui è riposta per il credente la speranza di salvezza eterna.
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La grandezza e la miseria dell’uomo
Nei pensieri Pascal ha lasciato una lunga serie di riflessioni e di analisi sulla natura umana, che ne fanno un testo d’indagine sulle passioni dell’uomo tra i più influenti sulla filosofia, soprattutto a partire dall’Ottocento.
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Chi è Romano Guardini? Romano Guardini ( ) nasce a Verona e studia teologia in Germania, dove ottiene la cittadinanza tedesca nel 1911 per insegnare nelle scuole ecclesiastiche. Nella prima metà degli anni Venti insegna Filosofia della religione nelle Università di Bonn e di Berlino, ma durante la seconda guerra mondiale è allontanato dall’insegnamento, che riprende nel dopoguerra nelle Università di Tubinga e di Monaco di Baviera. Autore di numerosi saggi di teologia, tra il 1935 ed il 1939 dedica importanti monografie a Pascal, Agostino, Dostoevskij e Holderlin.
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Approfondimento I filosofi del Seicento si sono per lo più interessati di questioni teologiche, proponendo in molti casi una teologia razionale, così come era nella tradizione filosofica precedente. In alcuni casi la loro teologia razionale ha un significato per la visione fisica del mondo, perché a Dio è assegnato un preciso posto nell’ordine delle forze e delle leggi che regolano la natura. Nel suo tempo, Pascal si è posto in netta controtendenza. Lo sottolinea la riflessione di Giorgio Brianese sulla netta distinzione tra teologia e scienza a proposito del dominio e del metodo. Dalla riflessione di Brianese si può constatare che tra il metodo scientifico e la teologia c’è una netta separazione costituita sia dall’”autorità”, termine di riferimento delle discipline storiche e teologiche, sia dalla “ragione” il fondamento delle discipline che hanno per oggetto <<ciò che cade sotto i sensi o sotto il ragionamento>>, discipline nelle quali il ricorso all’auctoritas risulta inutile.
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La miseria dell’uomo Pascal ha vissuto alternando la vita ritirata dello scienziato dedito alle sue ricerche, alla frequentazione dei salotti parigini e dei conventi. Le sue descrizioni dell’animo umano derivano dall’osservazione diretta di donne e uomini, essendo fortemente attratto dalle loro passioni, follie e grandezze, tratti che appartengono tutti anche alla sua anima. In un celebre passo sulla distrazione Pascal osserva che l’uomo non riesce a vivere in pace nel chiuso della propria stanza. E allora si compie ogni sforzo per impegnarsi in qualcosa, cioè per distrarsi, ma da che cosa? Dalla condizione umana, dal fatto che la vita non basta a se stessa. La tranquillità infatti genera la noia. La miseria dell’uomo è proprio l’inquietudine di stare in tranquillità. Come potrebbe non essere così?
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Distrazione Il brano sulla distrazione fa parte di una sezione dei Pensieri che affronta ciò che Pascal chiama la miseria dell’uomo,cioè l’insieme delle difficoltà esistenziali del vivere di fronte alla propria finitezza o, in altri termini, al nulla. Come abbiamo già detto prima l’uomo tende ad essere sempre in movimento. La causa del continuo essere in movimento per raggiungere una meta o del continuo cercare e desiderare qualcosa risiede nella paura di fermarsi a contemplare l’infelicità della condizione umana.
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La grandezza dell’uomo
La condizione umana non si lascia però imbrigliare in una sola dimensione, poiché la mente ha altre dimensioni: pensa. Un celebre testo ricorda che l’uomo somiglia a una canna, che è mossa dal vento senza che possa far altro; ma l’uomo è una canna che pensa. L’universo materiale lo fa nascere e lo distrugge, guidato dalle sue inesorabili leggi, tuttavia l’universo non sa nulla di ciò di cui è causa; l’uomo invece attraverso la sua mente può pensare l’universo, può comprenderne le leggi. Il pensiero, in cui risiede la grandezza dell’uomo,non riscatta il suo nulla. Ma il suo nulla non rende nulla la sua grandezza. Questa, per Pascal, è la condizione umana.
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Pascal e il cartesianesimo
La formazione scientifica di Pascal fu improntata al cartesianesimo del quale accettò la distinzione tra spirito e materia e la concezione dell’universo-macchina, tuttavia si allontanò dalla fisica cartesiana collocandosi nella scia della ricerca galileiana. In opposizione a Cartesio, dimostrò sperimentalmente l’esistenza del vuoto, minando uno dei pilastri della sua teoria fisica. Gli studi di Pascal sulla condizione umana, sulle forme della mente, sull’uomo come essere di natura spirituale vanno comunque inquadrati in una concezione dualistica radicale del mondo: lo spirito non è materia, la materia non è spirito, e la scienza della natura non ha nulla a che vedere con la fede. Ma la scienza in realtà nulla può dirci di ciò che più conta per l’uomo. È un bellissimo mestiere; ma non più che un mestiere.
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Un po’ di storia
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Per poter comprendere meglio in quale periodo storico si ritrova il nostro Pascal e le condizioni che lo spinsero a desiderare ardentemente di essere un giansenista, bisogna ricostruire il contesto storico-culturale: L’opera di accentramento politico di Luigi XIV passa anche attraverso la pacificazione religiosa, ottenuta e imposta in vari modi, ma soprattutto con l’eliminazione delle minoranze, quella ugonotta e quella giansenista. Il fenomeno protestante aveva avuto in Francia un rilievo importante, al punto da indurre la monarchia all’emanazione dell’editto di Nantes, con il quale si concedevano diverse libertà agli ugonotti. Ma con Richelieu, Mazarino, e Luigi XIV si disputò una lotta contro il dissenso religioso ed è proprio questo uno dei tratti rilevanti della politica interna francese. Questa politica elimina anche il giansenismo. Guerra ugonotta Editto di Nantes
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Nella sua opera più nota, Augustinus, Giansenio interpreta il pensiero agostiniano in senso predestinazionistico. Il giansenismo francese più che il tema della predestinazione, sottolinea la necessità di un rinnovamento interiore, che faccia della fede una scelta di vita, tale da coinvolgere ogni aspetto dell’esistenza e del pensiero del credente. Viene posto in primo piano il rapporto diretto con Dio e la struttura ecclesiastica assume un ruolo marginale: la grazia non viene concessa e amministrata dalla Chiesa, ma direttamente da Dio al singolo individuo.
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L’Augustinus viene condannato dalla Chiesa fin dalla sua pubblicazione, e i giansenisti francesi vengono attaccati con forza dai gesuiti. È lo scontro tra due modi opposti di intendere il cristianesimo: come fatto di tradizione e di costume, diffuso in tutti gli strati sociali perché conciliabile sia con la religiosità popolare, sia con lo stile di vita di una borghesia pratica e intraprendente; o al contrario come scelta esistenziale, che trasforma l’individuo ed il suo modo di vedere il mondo. Nel 1656 i gesuiti ottengono dal re che sia posto termine all’attività educativa delle monache e dei <<Solitari di Port-Royal>>. Contro questa decisione interviene Blaise Pascal, mettendo in ridicolo la morale gesuitica con le sue Lettere provinciali. Le Provinciali figurano scritte da un parigino che si rivolge ad un amico che vive in provincia,mettendolo al corrente delle novità parigine in materia di religione. L’intervento di Pascal non evita la condanna e la dispersione del gruppo dei <<solitari di Port-Royal>> per l’accentramento monarchico di Luigi XIV che non tollera la loro indipendenza dalla gerarchia ecclesiastica, posta sotto il suo diretto controllo.
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Risposta esistenziale
Il progetto di riordinamento lasciato da Pascal evidenzia un modo di concepire l’apologetica molto diverso da quello tradizionale. Pascal vuole mostrare la ragionevolezza del cristianesimo e,soprattutto, quello di far sentire la sua stretta relazione con le condizione umana. Il cristianesimo è inteso quindi come risposta esistenziale piuttosto che come argomentazione razionale. Risposta esistenziale
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Lo stesso Pascal non intendeva probabilmente dare all’opera un ordinamento sistematico e rigoroso. Il suo discorso muove dalla condizione umana, dall’esistenza, cioè da qualcosa che sfugge a ogni sistematicità, all’interno della quale nessun ordine è dimostrabile. Il discorso di Pascal è una ricerca, un itinerario, un invito a riflettere sulla propria esperienza particolare, per individuarvi quei tratti della condizione umana che ne evidenziano la contraddittorietà. Il significato è quello di evidenziare la precarietà e il carattere paradossale e contraddittorio dell’uomo. Raggiunto questo fine il percorso diventa lineare, perché solo alla luce del cristianesimo la condizione umana perde la propria contraddittorietà e diviene comprensibile.
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Esprit de géometrié ed esprit de finesse individuano rispettivamente l’ambito della ragione deduttiva e quello dell’intuizione. Le due espressioni possono essere tradotte come <<mentalità matematica>> e <<mentalità intuitiva>>, e sono usate da Pascal per indicare due atteggiamenti diversi di fronte alla conoscenza. L’esprit de géometrié individua il procedimento deduttivo che muove da princìpi certi e ne ricava le conoscenze particolari. Relativamente all’oggetto della conoscenza, l’esprit de géometrié ha come ulteriore limite quello di essere applicabile soltanto ad alcuni aspetti della realtà, quelli analizzabili scientificamente. Esso non riesce a comprendere da un lato Dio e la religione, dall’altro l’uomo e l’esperienza individuale, come invece riesce a fare l’esprit de finesse. Questo è infatti correlato con il <<cuore>>, che indica il sentimento mediante il quale intuiamo la religione e i princìpi morali senza dedurli da verità astratte.
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L’uomo di fronte all’infinito
L’uomo vede davanti a sé due infiniti che si sottraggono ad ogni analisi deduttiva: l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo.
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L’uomo diviene intermedio tra due realtà che lo superano e sono incomprensibili. L’uomo rinascimentale lascia il posto in Pascal all’uomo problematico della società moderna, consapevole di un infinito che non può dominare. È l’uomo che cerca nuovi punti di riferimento. La scienza non può comprendere l’universo. Pasca si pone, per questo aspetto, in un’ottica galileiana, consapevole delle possibilità ma anche dei limiti della ragione. All’infinità dell’universo corrisponde infatti l’inesauribilità della conoscenza, che non può mai raggiungere né l’infinitamente grande né l’infinitamente piccolo, né il tutto né il nulla. Il punto di riferimento di Galilei è l’umanità, quello di Pascal è l’individuo di fronte a Dio o l’individuo di fronte ai propri limiti.
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I limiti della conoscenza si traducono per l’individuo in inquietudine esistenziale, perché egli aspira alla verità e alla certezza. Pascal fa dell’inesauribilità della conoscenza uno stimolo per conoscere sé stessi, la propria interiorità, il proprio essere. La vera condizione dell’uomo è l’individuo di fronte all’infinito e all’eternità. La ragione non ci aiuta a comprendere la nostra condizione e dobbiamo accettarne i limiti.
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Il cristianesimo come spiegazione
L’uomo si sente misero perché è stato grande, avverte l’insufficienza e la precarietà del proprio stato presente perché ha in sé il ricordo di una diversa condizione. La duplicità della natura umana e il contrasto tra il suo essere e le sue aspirazioni testimoniano che quella attuale non è la vera natura dell’uomo né l’unica esistenza che gli è propria. L’uomo è un <<re decaduto>>, consapevole della propria origine ma anche della propria miseria attuale. Questo contrasto ne costituisce il sentimento distintivo.
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La miseria dell’uomo non può essere opera della creazione divina, ma può essere spiegata soltanto dalla colpa, dal peccato originale. La contraddittorietà dell’esistenza rimane problematica e irrisolta, e proprio per questo, se inquadrata al di fuori della fede, è paradossale e tragica.
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La risposta esistenziale data dal cristianesimo
La condizione umana appare paradossale, e la ragione non è più in grado di spiegarla. Tra le varie filosofie e religioni, soltanto in cristianesimo può offrire un’interpretazione e una risposta valide. È questo l’argomento centrale dell’Apologia: il cristianesimo non è dimostrabile , ma è, quasi in senso matematico, il postulato che occorre presupporre perché la vita umana mostri un senso al di là delle apparenti contraddizioni. L’uomo, creato santo e innocente, ha commesso il peccato originale, che ne ha determinato la caduta e la miseria attuale. Abbruttito dal peccato, egli conserva però l’impulso a riconquistare la condizione originaria. Il cristianesimo si impone come risposta alle contraddizioni dell’esistenza. Contradditorietà dell'esitenza Cristianesimo VS
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La fede Per accettare la veridicità delle Sacre Scritture occorre innanzitutto avere fede, e dunque il percorso biblico non può essere assunto come dimostrazione della condizione di peccaminosità dell’uomo. Il procedimento di Pascal segue piuttosto l’itinerario opposto: lo stato attuale dell’uomo, caratterizzato dalla contraddizione tra la propria miseria e l’aspirazione alla grandezza è comprensibile soltanto ammettendo la verità del cristianesimo. L’uomo è un paradosso che soltanto la fede riesce a spiegare.
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Il Dio nascosto All’accettazione del cristianesimo e di Dio si può arrivare soltanto sulla base delle <<ragioni del cuore>>, sentendo la consonanza tra quanto scritto nelle Scritture e la nostra situazione esistenziale. Ma una volta raggiunta la verità, troviamo innumerevoli segni, nella natura e nella storia, che la confermano. Dio, secondo la celebre metafora di Pascal, <<giuoca a nascondino>> con l’uomo, si rivela e si cela, non si mostra mai apertamente, ma non è mai del tutto invisibile.
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Lavoro eseguito da Torre Maria Elena
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