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LE APPARECCHIATURE DI MEDICINA NUCLEARE
La PET
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LE APPARECCHIATURE DI MEDICINA NUCLEARE La PET
PET è l’acronimo di “Positron Emission Tomography”, cioè tomografia ad emissione di positroni, una tecnica che richiede l’impiego di radioisotopi che decadono emettendo, appunto, un positrone. Questi radioisotopi tipicamente di breve emivita vengono prodotti mediante il Ciclotrone e usati per marcare molecole di interesse. La molecola attualmente più utilizzata è l’ FDG (2-deossi-2-fluoro-D-glucosio), una molecola di glucosio usata come tracciante per indagini funzionali soprattutto in campo oncologico. Radionuclide Tempo di dimezzamento (minuti) Energia massima e (media) dei Positroni (KeV) C11 N13 O15 F18 Rb82 20.4 9.96 2.07 110 1.25 970 (390) 1190 (490) 1720 (740) 635 (250) 3356 (1532)
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I principi di funzionamento della PET Il principio fisico su cui si basa la PET è la rivelazione in coincidenza dei fotoni di annichilazione del positrone. Un positrone emesso a seguito del decadimento radioattivo di un radioisotopo, interagisce con gli atomi della materia, perdendo tutta la sua energia cinetica e infine fondersi con un elettrone atomico in un processo (annichilazione) nel quale la massa delle due particelle si converte in due fotoni di uguale energia (511 KeV) emessi lungo la stessa direzione ma in verso opposto.
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I principi di funzionamento della PET a) Per mezzo di due rivelatori è possibile individuare i due fotoni in coincidenza, ovvero entro un intervallo di tempo di ampiezza così ristretta da poter considerare la rivelazione simultanea, e questo permette di individuare una linea lungo la quale si trovava il nucleo originariamente emettitore del positrone, ovvero la linea di proiezione lungo la quale è possibile retroproiettare l’evento. In tal modo acquisendo dati per un numero di proiezioni sufficientemente elevato si possono ricostruire immagini della distribuzione del radionuclide che emette positroni. b) Poiché la direzione della retta che identifica i due fotoni dovuti all’annichilazione è casuale ne consegue la necessità di disporre un intero anello di rivelatori. Un singolo anello di rivelazione consente di analizzare una sola sezione del corpo di spessore pari alla dimensione dei rivelatori. c) Le tecniche di ricostruzione delle immagini tomografiche multiplanari sono sostanzialmente analoghe a quelle della TAC
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I limiti della risoluzione di un sistema PET dipendono da un insieme di fattori fisici dovuti al sistema di misura ma anche al decadimento del radionuclide emittente positroni e la loro interazione con la materia. Le principali componenti della risposta di una PET sono Le dimensioni degli elementi rivelatori; la non collinearità dei fotoni di annichilazione; Il range dei positroni nella materia .
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FWHM = Dimensione rivelatore / 2
Le apparecchiature di medicina nucleare – La PET Le dimensioni finite dei rivelatori non permettono di individuare una linea di proiezione, ma piuttosto un volume di proiezione FWHM = Dimensione rivelatore / 2
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Non collinearità dei fotoni di annichilazione; I fotoni possono risultare emessi con un angolo di separazione non esattamente di 180°. Infatti il centro di massa del sistema costituito dagli orbitali elettronici e dal positrone può non essere in quiete al momento della annichilazione e quindi per rispettare le leggi fondamentali di conservazione dell’energia e della quantità di moto ne deriva che l’angolo fra i due fotoni non sia esattamente di 180°. FWHM = * dS dS, espressa in mm, è la distanza fra elementi rivelatori contrapposti Range dei positroni nella materia; Un positrone, non annichila immediatamente ma percorre un certo range nella materia interagendo con gli elettroni del mezzo prima di annichilarsi. La distribuzione del range dei positroni dipende dalla loro energia massima e dal numero atomico medio del materiale in cui si propagano. Per i principali radionuclidi di interesse in diagnostica PET la FWHM dovuta al range dei positroni è dell’ordine di mm.
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A partire dalla sua introduzione la strumentazione PET si è sensibilmente evoluta : sono stati sviluppati nuovi materiali rivelatori, notevoli progressi si sono avuti nella componentistica elettronica, nel campo dei sistemi di elaborazione e nella filosofia costruttiva, per cui attualmente sono disponibili diverse tipologie di apparecchiature.
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L’energia elevata dei fotoni (511 KeV ) richiede materiali a più elevato numero atomico efficace rispetto alla SPECT, o di maggior spessore e questo rende particolarmente interessanti i cristalli scintillatori. La necessità di rilevare gli eventi in coincidenza pone dei requisiti in merito alla velocità di emissione della luce a seguito di una interazione. Fra i materiali scintillatori utilizzati come rivelatori vanno segnalati: Lo Ioduro di Sodio attivato al Talio –( NaI(Tl) ) Il Germanato Ossido di Bismuto ( BGO ) L’Ortosilicato di Lutezio ( LSO )
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I materiali rivelatori
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I Tomografi dedicati 2D/3D Impiegano come rivelatori un alto numero di cristalli BGO di dimensioni circa 4mm in senso trasversale, fra 4 e 8mm in senso assiale e spessore di 30 mm. I cristalli sono organizzati in blocchi per esempio 6x6 o 8x8; ogni blocco è visto da un gruppo di fotomoltiplicatori, tipicamente 4. I blocchi circa un centinaio sono organizzati per formare anelli completi, di diametro cm. Il numero di anelli completi determina il numero di piani di vista acquisibili e le dimensioni assiali del campo di vista.
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I Tomografi dedicati 2D/3D Nei moderni tomografi si hanno 3-4 anelli di blocchi per un totale Nr di anelli di cristalli, ovvero da a singoli cristalli che permettono di acquisire 2Nr-1 piani transassiali simultaneamente (da 35 a 63 piani di circa 4 o 8mm di spessore). In 2D nel ristretto spazio fra gli anelli di rivelatori possono essere posizionati setti assorbitori di tungsteno (1mm) che permettono di definire in senso assiale i piani di immagine e ridurre lo scatter. I setti possono essere poi ritratti per acquisire in modalità 3D. In 2D con un numero Nr di anelli rivelatori si possono definire 2Nr-1 piani, quelli diretti fra elementi appartenenti allo stesso anello e quelli incrociati definiti dai rivelatori appartenenti ad anelli contigui di conseguenza in 2D l’efficienza dei diversi piani di rivelazione risulta differente per piani diretti e incrociati.
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I Tomografi dedicati 2D/3D In 2D un singolo elemento rivelatore ha una risposta che in senso assiale è limitata dai setti interplani mentre in senso transassiale ha una risposta a fan beam. Questo spiega la elevata efficienza dei sistemi PET rispetto all’imaging a fotone singolo, poiché ogni singolo elemento rivelatore vede linee di coincidenza con un numero elevato di elementi rivelatori contrapposti
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I Tomografi dedicati 2D/3D In modalità 3D, operando con i setti interplani retratti, la risposta fan beam si ha sia in senso transassiale che assiale, si ha quindi una efficienza notevolmente superiore rispetto al caso 2D, ma al tempo stesso si ha un incremento degli eventi di scatter. In presenza di efficienti tecniche di correzione per lo scatter e di opportuni algoritmi di ricostruzione la tecnica 3D dovrebbe garantire un miglioramento del rapporto Segnale/Rumore.
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I moderni tomografi si avvicinano molto ai limiti di risoluzione teorici, ciò almeno in senso transassiale. In senso assiale la maggior parte degli apparecchi ha risoluzione lievemente peggiore a causa di un campionamento in tale senso inferiore a quello possibile nel piano di vista.
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La risposta in termini di efficienza dipende dalla posizione assiale di una sorgente, in figura è evidenziata la non uniformità delle efficienze tra piani diretti e incrociati in modalità 2D e la maggiore efficienza della modalità 3D
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Componenti della risposta di un tomografo In un sistema di rivelazione PET non vengono registrati solo gli eventi di coincidenze veri ma anche eventi spuri. Il conteggio di un rivelatore PET può essere espresso come: P = T + S + R ovvero l’insieme di tutti gli eventi di coincidenza rivelati, indicato con P per eventi “pronti” è dato dall’insieme delle coincidenze vere T (trues) sommato a quelle di scatter S ed a quelle casuali o random R.
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Coincidenze Casuali L’apertura della finestra temporale di coincidenza è influenzata dal materiale rivelatore, e viene regolata in modo da accettare la maggior quantità del segnale luminoso d’altra parte ciò consente che fotoni non correlati fra loro producano interazioni che risultano accidentalmente entro la finestra di coincidenza che vengono definite: Coincidenze Casuali o Random. Il rateo di coincidenze casuali per ogni data coppia di rivelatori è dato da: Rc12 = 2·ε ·R1 ·R2 dove Rn è il rateo di conteggio registrato da ciascun rivelatore; ε la finestra temporale. Nei moderni sistemi PET ε è dell’ordine di ns, aperture minori comportano una diminuzione del segnale raccolto, mentre una apertura maggiore incrementa le coincidenze casuali. Nei sistemi che permettono di registrare la frequenza di conteggio di ciascun rivelatore la correzione per le coincidenze Random viene fatta sulla base della relazione sopra riportata, in alternativa viene utilizzato il metodo della misura ritardata (delayed window), cioè si imposta una seconda finestra temporale ritardata in modo tale che non possano essere rivelate in essa coincidenze vere ma solo coincidenze random. Quest’ultime possono così essere sottratte dalle coincidenze vere più quelle casuali misurate dalla finestra pronta.
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Coincidenze di scatter In acqua e in tessuti leggeri i fotoni da 511 Kev hanno interazioni principalmente per effetto compton. Per cui a causa della risoluzione energetica dei cristalli rivelatori eventi del tipo : (Assorbimento totale – Scatter) oppure (Scatter – Scatter) possono venir registrati come una coincidenza , questi eventi, relativi a fotoni diffusi, non mantengono la corretta informazione spaziale , contribuiscono ad un aumento della statistica di conteggio e determinano un detrimento della risoluzione spaziale. Nei tomografi 2D tale problema è contenuto attraverso L’uso dei setti delimitatori. Per i tomografi 3D è necessario ricorrere a tecniche di correzione specifiche: la più interessante è quella che prevede una seconda finestra energetica in acquisizione allo scopo di campionare la distribuzione delle radiazioni diffuse nello spettro energetico. Nei moderni tomografi 2D lo scatter residuo è del % mentre in 3D può, in assenza di correzioni specifiche è di circa il %.
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Il tempo morto Dipende dall’architettura del sistema oltre che dalle frequenze di conteggio degli eventi singoli e quelli di coincidenza. Nei tomografi dedicati,dotati di numerosi cristalli di BGO (fino a ), non sono i rivelatori ad essere la prima causa del tempo morto, poiché il rateo di conteggio incidente sul singolo elemento rivelatore ( valutabile in circa conts / sec per una indagine standard con 370 MBq di F18) non è tale da produrre un elevato periodo di inattività. In tali sistemi non si ha in genere un circuito di coincidenza accoppiato ad ogni cristallo, ma vengono usati circuiti ( multiplexer ) atti a permettere l’utilizzo di un singolo circuito di coincidenza da parte di un blocco di rivelatori. Quindi il multiplexer diventa il collo di bottiglia che rallenta gli impulsi di coincidenza in modo che si può determinare l’impilamento dei segnali;tali impulsi impilati finiranno per essere scartati. Altro fattore che influenza il tempo morto è quello dovuto al tempo di trasferimento in una memoria temporanea dei dati registrati. In un moderno tomografo che opera in modalità 2D le perdite di conteggio dovute ai tempi morti del sistema possono essere comprese fra il 5% e 10%.
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Normalizzazione dei tomografi 2D a cristalli di BGO A causa della geometria dei sistemi la sensitività delle coppie di rivelatori non è uniforme entro il campo di vista ciò contrasta con le richieste degli algoritmi di ricostruzione che di norma si aspettano tale uniformità. Si deve quindi procedere a rimuovere queste differenze prima della ricostruzione,per fare ciò occorre irraggiare ogni coppia di rivelatori in modo uniforme, misurarne la risposta e quindi ricavare dei coefficienti di normalizzazione per uniformare la risposta. Ciò è cono-sciuto come Normalizzazione Diretta. Poiché i dati di interesse sono le coincidenze vere, questo processo deve avvenire in modo da : Acquisire in assenza di scatter o di scatter minimo; Evitare effetti di non linearità; Correggere i dati per le coincidenze random; Nei sistemi moderni la normalizzazione viene effettuata per mezzo di una sorgente lineare orbitante o di alcune sorgenti puntiformi, anch’esse orbitanti, in modo che tutti i rivelatori siano irraggiati dalla stessa sorgente in condizioni geometriche costanti. Tali sorgenti possono essere utilizzate per le acquisizioni trasmissive al fine della correzione per l’attenuazione.
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Normalizzazione dei tomografi 3D a cristalli di BGO Nei sistemi a 3D, dove i rivelatori sono operanti in blocchi, la normalizzazione diretta non è applicabile per una serie d motivi. In primo luogo per l’alta efficienza di conteggio dei sistemi 3D occorre operare con sorgenti di attività cosi bassa da rendere lunghi i tempi di acquisizione. Inoltre poiché lo scatter è maggiore rispetto ai sistemi 2D bisogna tener conto che i fattori di normalizzazione non sono in generale gli stessi per le coincidenze vere e quelle di scatter, rendendo inapplicabile la normalizzazione diretta. Infine poiché si ha un ampio range di variabilità delle frequenze di conteggio, ne seguono effetti di distorsione nel posizionamento degli eventi a causa di problemi di impilamento degli impulsi e questo non può essere risolto da una normalizzazione diretta che prevede frequenze di conteggio uniformi. Per tali motivi si sono sviluppati processi di normalizzazione specifici detti di normalizzazione per componenti in cui la risposta dei rivelatori è analizzata appunto nelle sue componenti e i fattori di normalizzazione sono ricavati come il prodotto di fattori specifici per i diversi effetti che contribuiscono alla non uniforme sensitività dei rivelatori.
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Normalizzazione dei tomografi 3D a cristalli di BGO I fattori che influenzano la non uniforme sensitività dei rivelatori sono: Efficienza intrinseca dei cristalli; Posizione radiale dei rivelatori; Posizione assiale del rivelatore; Sincronizzazione temporale delle finestre. La determinazione di fattori di correzione specifici per ognuno di tali effetti può richiedere anche più di una misura di normalizzazione; in particolare,possono rendersi necessarie acquisizioni di normalizzazione sia in condizioni di scatter trascurabile con sorgenti a bassa attività ( miranti a determinare fattori di correzione per la posizione radiale,la sincronizzazione temporale e l’efficienza intrinseca ) sia acquisizioni di scatter controllato come per esempio usando un fantoccio ( un cilindro di 20 cm di diametro) riempito con una soluzione uniforme di F18 di variabili livelli di attività per valutare i fattori correttivi dovuti alla posizione assiale e le variazioni di efficienza entro i blocchi di rivelatori.
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Correzione per l’attenuazione Affinchè una coincidenza sia rivelata, entrambi i fotoni di annichilazione devono raggiungere i rivelatori senza essere assorbiti nel volume in studio. Nell’ipotesi che il coefficiente di attenuazione lineare sia costante in tutto il volume in studio, la probabilità che entrambi i fotoni raggiungano i rivelatori è data da: Pd1,d2= e-μd1·e- μd2 = e-μ(d1+d2) = e-μD dove d1 ed2 sono le distanze fra il punto di emissione e la superficie esterna del corpo per entrambi i fotoni di annichilazione emessi in direzioni opposte; la loro somma D è lo spessore del corpo lungo la linea di ricostruzione di interesse. L’equazione mostra che l’attenuazione non dipende dalla posizione del punto di emissione fra i due rivelatori ma solo dallo spessore del corpo lungo quella linea . Diverse linee incontreranno diversi spessori e l’attenuazione varierà di conseguenza. Quindi per calcolare i corrispondenti fattori di correzione occorrerà conoscere il contorno del corpo all’interno dell’anello di rivelazione nell’ipotesi che il valore di μ sia costante e conosciuto. Questa condizione però non è assolutamente approssimabile negli studi sul torace per cui è necessario ricorrere ad altre soluzioni.
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Correzione per l’attenuazione nei tomografi 2D La soluzione del problema consiste nell’acquisire uno studio trasmissivo del paziente sotto indagine che permetta di determinare gli integrali di linea e-μD dell’assorbimento per tutte le linee di ricostruzione ( LOR ) campionate. Ciò è possibile per mezzo di una sorgente lineare di 68Ge fatta orbitare nel campo di vista, ad un raggio intermedio fra quello occupato dal paziente e l’anello dei rivelatori, acquisendo una misura in bianco senza paziente ed uno studio trasmissivo con un paziente posto entro il campo di vista. Ricordando la legge di attenuazione I = I0· e-μx il rapporto delle due misure I/I0 è uguale proprio all’integrale di linea dell’assorbimento, che ci fornisce i coefficienti di correzione per l’attenuazione.
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Correzione per l’attenuazione nei tomografi 2D L’acquisizione dei fattori di correzione per l’attenuazione con sorgenti lineari di 68Ge in modalità 2D è facilitata dalla geometria che permette di imporre delle condizioni sugli eventi rivelati; infatti si può condizionare l’accettazione delle coincidenze alla collinearità di tre punti, ovvero i due punti di rivelazione misurati sui cristalli e la posizione della sorgente. L’acquisizione di uno studio trasmissivo determina però un sostanziale incremento dei tempi necessari per una indagine in particolare per indagini del corpo intero. Per ovviare a questo inconveniente sono state cercate diverse possibili soluzioni. Poiché la conoscenza accurata della posizione della sorgente orbitante permetteva di distinguere le coincidenze dovute ai fotoni da questa emessi da quelli emessi dal radiofarmaco si sono potute realizzare tecniche simultanee Trasmissive - emissive o meglio delle tecniche intercalate nelle quali ad un tempo di acquisizione emissivo, per un dato campo di vista, faceva seguito una acquisizione trasmissiva per lo stesso campo di vista. L’utilizzo di tecniche a segmentazione a ulteriormente permesso di ridurre i tempi di indagine. viene eseguito uno studio trasmissivo di breve durata accumulando una statistica modesta, che permette, utilizzando appunto una tecnica di segmentazione, di separare le principali componenti anatomiche presenti nelle immagini. Si può al limite accontentarsi di individuare 2 o 3 componenti cioè (muscolo – polmone ) o (muscolo – polmone- osso).
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Correzione per l’attenuazione nei tomografi 3D I sistemi 3D si prestano all’impiego delle tecniche trasmissive usate in 2D e di tecniche specifiche basate sull’impiego di sorgenti emittenti di fotone singolo derivate da tecniche impiegate nella SPECT. Si fa uso di una sorgente puntiforme orbitante collimata di 137Cs che emette fotoni da 662 KeV, superiore a quella dei fotoni di annichilazione per cui i relativi eventi possono essere discriminati con una opportuna finestra energetica, mentre la linea di ricostruzione è definita sulla base della posizione del punto di interazione misurato dal rivelatore e delle coordinate della sorgente orbitante. L’acquisizione trasmissiva viene effettuata indipendentemente dallo studio emissivo, prima o dopo la somministrazione,ad esempio subito prima o subito dopo l’acquisizione emissiva in modo che non è necessario riposizionare il paziente. In tal modo non è necessario eseguire una correzione per l’interferenza ( down scatter ) dei fotoni della sorgente trasmissiva, mentre durante l’acquisizione trasmissiva la finestra di coincidenza è disabilitata. La sorgente di 137Cs oltre ad essere poco costosa e con T/2 elevato ha il vantaggio di poter consentire elevate frequenze di conteggio. Negli studi trasmissivi la tecnica a coincidenza ha come fattore limitante la frequenza di conteggio sul rivelatore vicino alla sorgente, nel conteggio di fotoni singoli invece il limite di frequenza di conteggio è dato dal rivelatore che si trova in posizione opposta che è anche parzialmente schermato dal paziente. La principale limitazione è dovuta alla presenza elevata di scatter che produce immagini trasmissive poco accurate se non corrette per lo scatter. Anche in questo caso per superare l’ostacolo si ricorre alla tecnica di segmentazione delle immagini non corrette, attribuendo alle componenti separate valori noti a priori dei coefficienti di attenuazione lineare dei tessuti.
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Le apparecchiature di medicina nucleare – La PET Correzione per l’attenuazione nei tomografi 3D
Fra le più recenti innovazioni proposte vi sono i sistemi che per lo studio trasmissivo impiegano invece di una sorgente radioattiva, un tubo radiogeno contrapposto ad un adeguato sistema di rivelazione. Tali sistemi sono in sostanza ibridi PET-CT. Attualmente è possibile disporre apparecchiature che consentono di ottenere immagini trasmissive di elevata qualità utilizzabili anche per scopi diagnostici e terapeutici.
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La PET La PET (tomografia ad emissione di positroni) è una diagnostica non invasiva di imaging funzionale basata sull’impiego di particolari traccianti radioattivi da somministrare al paziente in esame. E’ utilizzata in: Oncologia Neurologia Cardiologia Necessita di radiofarmaci iniettabili con BREVE EMIVITA. Radionuclide Emivita (minuti) 11C 20,38 18F 109,7 13N 9,97 15O 2,04
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Produzione radiofarmaci
Necessità di produrre radiofarmaci in loco. A tale scopo possono essere usati acceleratori di particelle: Le particelle accelerate vengono inviate a collidere contro un bersaglio in modo da produrre le reazioni nucleari desiderate Occorre accelerare particelle cariche fino a valori di energia cinetica di Mev. Per questo motivo: L’uso di acceleratori lineari non è praticabile a causa delle grandi dimensioni richieste Sono indicati i CICLOTRONI per le loro dimensioni contenute
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Linee di forza del campo magnetico
Il ciclotrone Il ciclotrone fù realizzato da Lorentz e Livingstone a Berkeley nel 1932 e accelerava protoni fino a MeV. E’ costituito da: Un elettromagnete a sezione trapezoidale tra i poli del quale vi è un campo magnetico uniforme Una camera a vuoto spinto (10-6 torr) Due elettrodi cavi semicircolari a forma di D (Dees) a cui è applicata una differenza di potenziale alternata Un sorgente di particelle cariche (protoni) al centro delle dees Ferro Bobina Linee di forza del campo magnetico Camera a vuoto Dees
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Moto di una particella carica in un campo magnetico
Una particella carica q e massa m con velocità in un campo magnetico è soggetta alla forza di Lorents Da questo segue che: l’energia cinetica della particella non cambia ma può cambiare solo la direzione della velocità La velocità è ortogonale al campo La potenza della forza è Per una particella che si muove in un campo magnetico uniforme la velocità può essere espressa come Le equazioni del moto per le due componenti della velocità si scrivono : La particella avanza lungo il campo magnetico e si muove su una circonferenza di raggio R nel piano formato da e da Il periodo di rivoluzione e quindi la frequenza (frequenza di ciclotrone) è indipendente dalla velocità v e dal raggio di rotazione della particella
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Gli elettrodi cavi (Dees)
Si tratta di due elettrodi cavi semicircolari a forma di D, posti all’interno della camera a vuoto, tra le espansioni polari dell’elettromagnete. Ai dees viene applicata una differenza di potenziale alternata (valore massimo di tensione 200 kV, frequenza di oscillazione dell’ordine di 5 MHz) Al centro nella zona di separazione dei due dees vi è una sorgente di ioni che inietta particelle cariche Le particelle prodotte si trovano sotto l’azione del campo elettrico che le accelera verso l’elettrodo dee del segno opportuno Poichè nei dees non c’è campo elettrico, le particelle percorrono un arco di circonferenza Imponendo la foscillatore = fciclotrone il campo elettrico cambia segno nel momento in cui le particelle arrivano tra i due dees con il risultato che le particelle vengono accelerate Giunte al raggio massimo di rotazione le particelle vengono estratte dal fascio interno ed indirizzate verso un bersaglio esterno
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Energia cinetica delle particelle accelerate
Considerato uno ione di numero di massa A e numero atomico Z, ci si può chiedere qual’è l’energia cinetica massima che si può ottenere dato un certo R (raggio delle dees) e un certo B ? L’energia delle particelle accelerate può essere ottenuta dalla relazione: Si nota che: L’energia Emax non dipende dalla carica di ionizzazione Gli elettroni aggiuntivi necessari per rendere negativi gli ioni non incide su Emax
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Le particelle accelerate
Nei ciclotroni di tipo più moderno ad essere accelerate non sono direttamente i protoni o i deutoni, ma ioni negativi di idrogeno. Al momento dell’estrazione, il fascio viene fatto passare attraverso sottili spessori di carbonio, che catturando gli elettroni orbitali di tali ioni, producono effettivamente una corrente di ioni positivi solo nel fascio esterno. Ciò consente diversi vantaggi: fascio esterno (ioni positivi) Si ha una minore attivazione delle strutture interne del ciclotrone (ciò favorisce una migliore accessibilità per le operazioni di manutenzione) Con il sistema a ioni negativi il meccanismo di estrazione è più semplice ed efficiente rispetto al sistema a ioni positivi (si raggiunge un’efficienza prossima al 100 % contro valori del % tipici dei sistemi a ioni positivi) foglio di carbonio fascio interno (ioni negativi)
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Attivazione e decadimento dei radionuclidi
Si vuole ricavare l’equazione che descrive la produzione di radionuclidi da un fascio di alta energia che incide su un bersaglio. Si cosideri un target laminare che contenga una densità areale di nuclei n [nuclei per cm2] e un flusso j [particelle·cm-2·s] di particelle che lo irraggia. Il rateo di attivazione dei nuovi nuclei radioattivi N è dato da: target nucleo bersaglio dove s è la sezione d’urto di attivazione. Durante l’irraggiamento i radionuclidi prodotti decadono secondo la loro costante di decadimento l: j
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Equazione per N e sua integrazione
Quindi la variazione del numero N di nuclei radioattivi durante l’irraggiamento è dato dall’insieme dei fenomeni di produzione e decadimento: soluzione Al termine di un irraggiamento durato un tempo T si avranno N0 nuclei radioattivi: dopodichè si avrà il solo decadimento dei nuclei esistenti:
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Il target I moderni ciclotroni utilizzati per la produzione di radionuclidi per impiego medico possono alloggiare diversi target specifici per la produzione dei diversi nuclidi di interesse. Il materiale bersaglio è in generale in forma liquida o gassosa e viene alloggiato entro una camera di metallo (argento, titanio e alluminio). Il volume del materiale bersaglio è molto contenuto (≈ 1cm3 per target liquidi, 50 cm3 per target gassosi) Il materiale bersaglio è contenuto entro un corpo target raffreddato da flussi di gas elio e di acqua. contenitore del materiale bersaglio flangia di raffreddamento condotti di alimentazione dei gas di raffreddamento
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La produzione di 18F Il 18F è il più importante radionuclide per la diagnostica PET. Fra i diversi radiofarmaci su di esso basato, il più importante è il 18F-fluorodeossiglucosio (FDG) impiegato come tracciante nel metabolismo del glucosio. Il 18F è prodotto con il ciclotrone nel modo seguente: si produce lo ione fluoruro 18F- in soluzione acquosa attraverso la reazione nucleare: 18O(p,n)18F bombardando con protoni da 19 MeV un bersaglio liquido di H218O, ovvero acqua con ossigeno arricchito nell’isotopo stabile 18.
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