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PubblicatoLazzaro Lorenzi Modificato 10 anni fa
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Capitolo 9: Dalla crisi dello stato liberale al fascismo
Mussolini arringa le folle Mussolini socialista La fine di Mussolini Per un inquadramento generale sulla storia del fascismo puoi vedere su youtube “La grande storia. Dittatura” (sono otto puntate di circa un quarto d’ora ciascuna)
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Il dopoguerra: il malcontento sociale
Inflazione Disoccupazione Disagi per lavoratori dipendenti (operai, impiegati, contadini) Tensione e proteste sociali Gli operai scioperano e manifestano I contadini occupano le terre
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Il dopoguerra: il malcontento sociale
Scioperi nelle fabbriche da parte di operai per protestare contro la crescita dei prezzi e per chiedere aumenti salariali e diminuzione dell’orario di lavoro I contadini occupano le terre per ottenere la riforma agraria e contratti di lavoro migliori
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Il dopoguerra: il malcontento sociale
Prezzi dei generi di maggior consumo in Italia Anni Alimentari Abbigliamento 1913 100 1918 285 501 1920 443 990 La tabella mostra quanto siano aumentati i prezzi tra il 1913 (prima della guerra) e il 1920 (dopo la guerra). Ipotizziamo che i prodotti costino 100 nel Gli stipendi non aumentano certamente in maniera proporzionale ai prezzi dei prodotti, quindi la situazione economica di chi percepisce uno stipendio fisso tende a peggiorare decisamente
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Il dopoguerra: la situazione politica
Totale 100,00 508
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Il dopoguerra: la situazione politica
Il Partito socialista era il più votato dagli operai e da una parte dei contadini, e si era rafforzato a seguito dei movimenti di protesta del dopoguerra. Il successo della rivoluzione russa aveva diffuso ancora di più l’idea socialista tra le classi popolari
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Il dopoguerra: la situazione politica
Riformisti: guidati da Filippo Turati, pensavano che si potessero introdurre miglioramenti nelle condizioni dei lavoratori con riforme e senza dover ricorrere alla rivoluzione Il Partito socialista è diviso al suo interno in due correnti principali: Massimalisti: costituivano la maggioranza del partito, e prendevano come modello la rivoluzione russa
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Il dopoguerra: la situazione politica
Il Partito popolare, fondato dal sacerdote Luigi Sturzo, si ispirava alla dottrina sociale cattolica, e quindi era favorevole a riforme che migliorassero le condizioni delle classi più povere, da realizzare con l’accordo tra le diverse classi sociali I nazionalisti avevano mobilitato la popolazione a favore dell’entrata dell’Italia in guerra, e aveva tra le sue figure di riferimento il poeta e scrittore Gabriele D’Annunzio. I nazionalisti nel dopoguerra ritenevano che quella dell’Italia fosse una «vittoria mutilata», e ritenevano che all’Italia (che pur aveva ottenuto con i trattati di pace Trento, Trieste, l’Alto Adige e l’Istria) dovessero spettare anche la città di Fiume e una parte della Dalmazia
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Il dopoguerra: la situazione politica
Partiti Obiettivi Partito socialista Instaurazione del socialismo attraverso la rivoluzione (massimalisti) o progressivi miglioramenti delle condizioni dei lavoratori (riformisti) Partito popolare Realizzazione della dottrina sociale cattolica Partito nazionalista Modifica dei trattati a favore dell’Italia, e politica imperialista
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Il «biennio rosso» Tra il 1919 e 1920 le lotte degli operai e dei contadini, organizzate specialmente dal sindacato e dal Partito socialista, raggiunsero il massimo dell’intensità (tale biennio fu ricordato come il «biennio rosso») La protesta più clamorosa fu l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai, dopo che i proprietari delle fabbriche avevano rifiutato di concedere aumenti di stipendio. In quel periodo ci fu chi sperò (e chi contemporaneamente temette) che si fosse prossimi a una rivoluzione socialista, come era avvenuta in Russia nel 1917
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Il «biennio rosso» Capo del governo, per un breve periodo dopo la guerra, fu di nuovo Giovanni Giolitti, ormai anziano e privo di quella energia che aveva caratterizzato la sua azione di governo nella cosiddetta età giolittiana Ai proprietari delle fabbriche che invocavano l’intervento dell’esercito, Giolitti si oppose con decisione, convinto che le proteste si sarebbero spente da sole e che non avrebbero avuto come sbocco politico la rivoluzione. I fatti gli diedero ragione
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La nascita del fascismo
Ideologia nazionalista Organizzazione di tipo militare Pratica sistematica della violenza contro gli avversari politici
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La nascita del fascismo
Nel 1919 Benito Mussolini, che fino al 1914 era stato uno dei capi del Partito socialista (da cui era stato espulso per le sue posizioni interventiste nella Prima guerra mondiale) fondò i Fasci di combattimento
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La nascita del fascismo
Inizialmente il programma dei fascisti era confuso e contraddittorio, e mescolava aspetti «di sinistra» e aspetti nazionalisti. Ben presto il movimento si orientò decisamente a destra, e si propose come il principale avversario del movimento socialista, opponendo alla lotta di classe l’esaltazione della patria, dell’ordine e dell’autorità
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La nascita del fascismo
Nel 1921 il movimento fascista divenne un vero e proprio partito, con il nome di Partito nazionale fascista, e nel 1923 si fuse con il Partito nazionalista
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La nascita del fascismo
I fascisti praticavano sistematicamente la violenza contro gli avversari politici, in particolare contro i socialisti e i lavoratori che protestavano
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Il fascismo prende il potere
I sostenitori del fascismo e le loro motivazioni Classi sociali Motivi del sostegno al fascismo Ceto medio Rifiuto delle proteste di operai e contadini e odio per il socialismo Proprietari terrieri Rifiuto delle rivendicazioni dei contadini, paura della rivoluzione Industriali Paura della rivoluzione, sfiducia nei confronti di Giolitti Il fascismo era inoltre sostenuto da molti esponenti delle istituzioni (militari, poliziotti, magistrati); persino all’interno della corte molti simpatizzavano per il fascismo. Inoltre il fascismo raccolse una certa benevolenza, e quindi non fu ostacolato nella sua ascesa da liberali e una parte dei cattolici, i quali speravano che il partito di Mussolini potesse fermare le forze di sinistra
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Il fascismo prende il potere
Anche le scissioni all’interno della Sinistra favorirono l’ascesa al potere di Mussolini e del suo partito Partito comunista d’Italia 1921 Partito socialista Partito socialista unitario 1922
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Il fascismo prende il potere
Il 28 ottobre 1922 Mussolini, alla guida delle squadre fasciste, organizzò una «marcia su Roma». Anziché proclamare lo stato d’assedio e inviare l’esercito per bloccare l’azione eversiva, il re Vittorio Emanuele III, il 29 ottobre, nominò Mussolini capo del governo Marcia su Roma Marcia su Roma 2
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Il fascismo prende il potere
Ricevuto l’incarico di formare il governo, Mussolini tenne, il 16 novembre 1922, alla Camera un discorso carico di minaccia, passato alla storia come il «discorso del bivacco» Discorso del bivacco
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I primi anni del governo fascista
Chi pensava che il fascismo, una volta al potere, avrebbe rispettato la legge e abbandonato le violenze, si sbagliava. Il Paese iniziò a trasformarsi progressivamente in una dittatura Fu creata una polizia privata del capo del fascismo (la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale) Furono abolite tutte le leggi introdotte da Giolitti per favorire i lavoratori Furono accresciuti i poteri del capo del governo
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I primi anni del governo fascista
Nel 1924 si tennero nuove elezioni, che vennero vinte dai fascisti, anche grazie a una legge elettorale la quale prevedeva, per la lista che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti, i due terzi dei seggi. Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti, in parlamento, denunciò le irregolarità e le violenze compiute contro gli antifascisti in campagna elettorale Discorso Matteotti Il 10 giugno 1924 Matteotti fu rapito da alcuni fascisti, e venne ritrovato cadavere il 10 agosto 1924
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I primi anni del governo fascista
Dopo il delitto Matteotti, ci furono alcune critiche a Mussolini da parte di uomini politici e giornali che, pur non fascisti, avevano appoggiato Mussolini. Superato questo momento di sbandamento, Mussolini prese direttamente l’iniziativa sulla strada dell’abolizione di ogni residua forma di democrazia, trasformando il suo governo in una vera e propria dittatura. Questo nuovo corso fu inaugurato con il discorso al parlamento del 3 gennaio 1925, in cui si assunse la responsabilità politica del delitto Matteotti Discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925
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La dittatura totalitaria fascista
Tra il 1925 e il 1926 Mussolini introdusse alcune leggi che instaurarono una vera e propria dittatura: Abolizione della libertà di stampa Partiti antifascisti dichiarati fuorilegge Lo sciopero fu proibito per legge Una nuova legge elettorale prevedeva che per le elezioni della Camera fosse prevista un’unica lista e che il voto non fosse più segreto Tutti i dipendenti pubblici (insegnanti, magistrati, impiegati) erano obbligati a iscriversi al Partito Nazionale Fascista, altrimenti sarebbero stati licenziati
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La dittatura totalitaria fascista
Totalitarismo fascista Repressione di ogni forma di opposizione Costruzione del consenso Contributo dei mezzi di comunicazione di massa Interventi nella vita quotidiana della popolazione Manipolazione della gioventù Ideologia antidemocratica, nazionalista e razzista
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La dittatura totalitaria fascista
Nel 1929, con i Patti lateranensi (o Concordato), lo Stato e la Chiesa cattolica ponevano fine ai contrasti che risalivano al 1870, anno della presa di Roma. Grazie ai Patti, il cattolicesimo veniva riconosciuto religione di Stato, e l’insegnamento della religione cattolica divenne obbligatorio nelle scuole
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La dittatura totalitaria fascista
Dopo la presa del potere il fascismo definì meglio la propria ideologia; essa aveva un carattere fortemente nazionalista ed esaltava la guerra e la stirpe italiana, di cui sottolineava il legame con l’antica civiltà romana. Molti simboli del fascismo facevano riferimento alla Roma antica
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La dittatura totalitaria fascista
L’ideologia assunse, a partire dalla metà degli anni trenta, un carattere esplicitamente razzista. Nel 1938 furono introdotte leggi che penalizzavano e discriminavano pesantemente i cittadini italiani di religione ebraica La vita è bella – razza ariana La vita è bella – vietato l’ingresso ai ragni e ai visigoti
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Il conformismo Alcune vittime del fascismo, i cui nomi si trovano nelle vie e nelle piazze delle nostre città Piero Gobetti Antonio Gramsci Giovanni Amendola Giovanni Minzoni Nello e Carlo Rosselli
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Politica economica ed estera del fascismo
Tra le varie misure prese dal regime fascista per favorire la crescita della produzione agricola, di rilievo furono la «battaglia del grano» (che aveva l’obiettivo di diminuire le importazioni), e la bonifica di molte aree incolte e paludose Mussolini e la campagna del grano
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Politica economica ed estera del fascismo
A partire dagli anni trenta la politica estera di Mussolini divenne più aggressiva; l’obiettivo di Mussolini era di espandere l’Italia in Africa. A questa politica era spinto da: Considerazioni economiche Ideologia fascista (che esaltava la guerra e l’imperialismo) Necessità di accrescere il consenso al regime in un momento di difficoltà economiche
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Politica economica ed estera del fascismo
La guerra d’Etiopia iniziò nel 1935 e si concluse nel Per sconfiggere la resistenza etiopica furono utilizzati gas asfissianti (proibiti) e vennero effettuate stragi di civili. La più grave fu quella che, nel 1937, colpì il convento di Debrà Libanos, in cui furono massacrati almeno 1400 monaci. Discorsi di Mussolini sulla guerra d’Etiopia. Video I resti del massacro di Debrà Libanòs
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Politica economica ed estera del fascismo
La Società delle Nazioni non approvò la conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia, tuttavia decise timide sanzioni economiche nei confronti dell’Italia, che non furono applicate. Nel 1936 l’Italia firmò un trattato di alleanza con la Germania (l’Asse Roma-Berlino), a cui seguì, nel 1939, il «Patto d’acciaio», che impegnava ciascuno dei due Paesi a entrare in guerra qualora l’altro avesse deciso di farlo
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