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Johann Gottlieb Fichte
L’idealismo etico e soggettivo
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L’unico principio della filosofia
Fichte prende le mosse dalla filosofia kantiana, di cui è entusiastico sostenitore. Addirittura un suo scritto, il Saggio di una critica di ogni rivelazione, del 1792, venne considerato, poiché pubblicato anonimo, opera di Kant. Fu Kant stesso ad indicare in Fichte un nuovo astro nascente della filosofia. Ben presto, l’allievo giunse ad una piena autonomia teoretica. Di ciò abbiamo testimonianza innanzitutto dal suo sforzo di superare le aporie kantiane, anzitutto la MANCANZA DI UNITÀ del suo sistema. Come per il contemporaneo filosofo kantiano Reinhold, si tratta di trovare un principio unificatore delle tre critiche. ? ? CdRPr CdG CdRP
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Il nuovo principio non è la coscienza di Reinhold
INFATTI, Rehinold riteneva che la filosofia kantiana fosse esenzialmente uno studio della coscienza umana. Tuttavia ciò appare riduttivo perché LA COSCIENZA, come matrice dell’atto conoscitivo HA SOLO UN RILIEVO TEORETICO E NON PRATICO. Mentre è necessario che il nuovo principio dia conto sia degli aspetti conoscitivi, sia di quelli etico pratici del soggetto.
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Per Fichte È necessario, per giungere al vero principio unificatore della filosofia kantiana, anzitutto risolvere il problema della COSA IN SÉ
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LA COSA IN SÉ Il problema della cosa in sé coincide con quello dello STATUS della MATERIA SENSIBILE che Kant presenta come un DATO Cioè come qualcosa che ci è DATO prima di ogni intervento del soggetto.
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L’aporia della cosa in sé
Il problema, la difficoltà (aporia) connessa al concetto di cosa in sé si può riassumere nelle seguenti domande: Come possiamo “parlare” di una cosa in sé se essa sta completamente al di fuori della nostra coscienza? Come possiamo dire che essa ha la caratteristica di “stare al di fuori della nostra coscienza” se non possiamo dire NIENTE di essa? La rivoluzione copernicana è veramente tale se il soggetto si trova di fronte ad un oggetto che egli non può conoscere con le sue strutture a priori? E che dunque lo costringe a “girare” attorno a sé, seppure attraverso l’unica affermazione circa la sua esistenza? Se la cosa in sé è causa delle nostre rappresentazioni, poiché senza l’oggetto in sé non vi sarebbe nemmeno il fenomeno, non succede che noi lo stiamo già interpretando attraverso una categoria dell’intelletto (la causa) e quindi lo stiamo già conoscendo (Schulze)?
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tutta l’esperienza è un PRODOTTO dell’attività del soggetto
La soluzione di Fichte Fichte risolve queste aporie riportando tutta la conoscenza all’interno del soggetto. Anche il dato – la cosa in sé – va concepito come prodotto dal soggetto: tutta l’esperienza è un PRODOTTO dell’attività del soggetto
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Trasformazione dell’ IO PENSO
L’Io penso che in Kant era un semplice legislatore, cioè forniva le leggi FORMALI alla materia sensibile tramite le proprie categorie IN FICHTE Diventa CREATORE E PRODUTTORE di tutti i suoi contenuti cioè di tutta la realtà.
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Schema (KANT)
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Schema Fichte
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L’ io puro di Fichte L’io puro di Fichte è il principio unico dal quale derivare l’intera filosofia. INFATTI Viene colto come ATTIVITÀ: l’ IO è ATTIVITÀ pensa IO Produce gli oggetti del pensiero Pensare e produrre = AGIRE
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Dunque… Dall’Io puro derivano 1) Tutto il SAPERE (forma e contenuto)
2) Tutti i principi dell’AGIRE (in quanto l’io stesso è attività).
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L’intuizione intellettuale
L’io viene COLTO attraverso un’intuizione intellettuale. Ciò significa che negli individui empirici, in carne ed ossa, che noi stessi siamo coglie se stesso tramite un’intuizione intellettuale. Noi come individui empirici sentiamo, cogliamo immediatamente dentro di noi un’attività originaria che è SOGGETTO e PENSIERO TALE ATTIVITÀ è all’origine di tutta la realtà ed è autocoscienza, cioè coglie se stessa nell’atto di pensare e produrre la realtà.
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Ogni sapere, cioè ogni SCIENZA ha i suoi principi.
L’io puro come principio di tutto quello che posso sapere 1794: Sul concetto della dottrina della scienza; Fondamenti dell’intera dottrina della scienza Come si arriva a giustificare razionalmente la necessità dell’IO puro? Si parte dalla ricerca dei principi del sapere Infatti Ogni sapere, cioè ogni SCIENZA ha i suoi principi.
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Principi della scienza 1
I principi della geometria euclidea 1) Fra due punti qualsiasi si può tracciare una linea retta; 2) Ogni linea retta finita può essere prolungata indefinitamente; 3) Assegnati un punto qualunque e una distanza qualunque è possibile tracciare una circonferenza avente il punto dato come centro e la distanza come raggio; 4) Tutti gli angoli retti sono uguali fra di loro; 5) Se due linee rette sono tagliate mediante una terza e formano da una stessa parte angoli interni la cui somma è minore di due angoli retti e se sono prolungate da tale parte allora esse si incontrano.
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I principi della scienza 2
I principi della fisica (dinamica): Inerzia ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che sia costretto a mutare tale stato da forze impresse (esterne). Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, a meno che sia costretto a mutare tale stato da forze impresse (esterne). Proporzionalità un punto materiale (cioè un corpo di dimensioni trascurabili rispetto al sistema di riferimento in esame e contemporaneamente dotato di massa) al quale sia applicata una forza, varia la quantità di moto in misura proporzionale alla forza, e lungo la direzione della stessa. Azione reazione Ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria. Quindi le mutue azioni fra due corpi sono sempre uguali e dirette in senso contrario. Basilari nella fisica sono anche le definizioni di corpo, massa, forza etc.
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Principi della scienza 3
Principi della matematica: assiomi di Peano: Esiste un numero naturale, 0 (o 1). Ogni numero naturale ha un numero naturale successore. Numeri diversi hanno successori diversi. 0 (o 1) non è il successore di alcun numero naturale. Ogni insieme di numeri naturali che contenga lo zero (o l'uno) e il successore di ogni proprio elemento coincide con l'intero insieme dei numeri naturali (assioma dell'induzione).
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La giustificazione dei principi
Le singole scienze, dice Fichte, non sono in grado di giustificare i loro principi. Cioè di rendere pienamente ragione dei loro concetti fondamentali e dei loro postulati. TALE COMPITO APPARTIENE ALLA FILOSOFIA.
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DOTTRINA DELLA SCIENZA
Dunque in questo senso la filosofia si caratterizza come DOTTRINA DELLA SCIENZA, cioè disciplina che studia la validità razionale dei fondamenti di ogni scienza e di ogni sapere.
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Il principio della filosofia
La filosofia ha a sua volta un principio che deve essere autofondato e autoevidente. Questo principio potrebbe coincidere con il principio di identità e non contraddizione: A=A e ¬(A Λ ¬A) ("A è anche non-A" è falso) La prima parte del quale è quella di primaria importanza: A=A
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Infatti Tutto ciò che possiamo dire, di qualsiasi oggetto di conoscenza, cioè di qualsiasi oggetto divenga un contenuto della nostra coscienza conoscente, si fonda su un principio fondamentale grazie al quale ogni cosa che diciamo ha un significato e non un altro. Esso è appunto il principio di identità: una cosa è uguale a se stessa e non è un’altra: A=A.
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Dunque il principio di ogni sapere è l’IO.
MA… Tale principio di identità si deve in realtà leggere nella sua forma ipotetica (se A è, allora A=A, cioè se esiste, se è posto A, allora A è uguale a se stesso). E in tale forma è evidente che per giungere al principio di identità v’è bisogno che A sia posto. Chi pone A? L’ IO Dunque il principio di ogni sapere è l’IO.
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IL soggetto alla base di tutto
Così viene portata a compimento la rivoluzione copernicana: Il soggetto è il FONDAMENTO, la base di tutto ciò che posso sapere, di tutto ciò che posso conoscere. È il soggetto, come attività, pensiero che produce ogni possibile oggetto di conoscenza, a fungere da architrave per ogni mio sapere. Infatti nulla può essere detto e pensato DA NESSUNO e ogni affermazione di un qualche valore presuppone una coscienza che la dica e la stabilisca proprio nel modo in cui è detta e stabilita.
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LA DOMANDA Ma a questo punto può sorgere la domanda: CHI PONE L’IO?
Cioè Da dove si origina questa forza capace di stabilire qualcosa, di dare esistenza a qualche contenuto di sapere?
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L’io pone se stesso L’Io pone se stesso, questa è la risposta di Fichte. L’Io, essendo attività (non essere, cioè non qualcosa, ma pura azione senza che ancora vi sia un qualcuno e un qualcosa che agisce), dà luogo a se stessa. Il concetto di un azione pura si può pensare togliendo alle sostanze, cioè agli esseri che noi comunemente vediamo agire, la loro sostanzialità, e lasciando solo l’evento che tali oggetti agiscono (per es. non penso al cuoco ma al solo cucinare, non penso al corridore ma al solo correre, etc.).
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IM ANFANG WAR DIE TAT (Gv 1,1)
Se io tolgo all’ atleta che corre la sostanza “atleta”, mi rimane il CORRERE; Se io tolgo al cuoco che cucina la sostanza “cuoco”, mi rimane il CUCINARE; Se io tolgo ad ogni azione la sostanza dell’ente che la compie, mi rimane l’AGIRE. Esso è il principio di tutto: “In principio era l’azione”, così Goethe, nel medesimo spirito di Fichte, traduce il primo versetto del Vangelo di Giovanni (“In principio era il Verbo”, secondo la traduzione corrente).
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L’io pone se stesso (2) L’attività originaria dell’Io è dunque
AUTOFONDATA INCONDIZIONATA ASSOLUTA “L’io pone se stesso” è il primo principio della filosofia fichtiana
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Che cosa è l’attività? L’io è attività originaria, assoluta, autofondata, incondizionata e autocosciente, ma che cosa implica il concetto di “ATTIVITÀ”? Implica sempre un agire che si riferisce a qualcosa che è oggetto dell’azione, implica sempre un “andare da….a…”. L’agire ha cioè un suo dinamismo che comporta la presenza non solo di un soggetto agente, ma anche di un oggetto che è il termine dell’azione.
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Questo è il secondo principio della filosofia fichtiana.
L’IO pone il non-IO Quindi l’attività originaria dell’io dà vita, dà luogo, PONE il suo stesso oggetto, il quale prima di questa attività, ovviamente, non c’era. L’IO PONE IO IL non-IO Questo è il secondo principio della filosofia fichtiana.
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“ciò-che-sta-di-fronte”
IL non-IO Il non-io è tutto ciò che noi possiamo considerare oggetto, Gegenstand, dal tedesco: “ciò-che-sta-di-fronte” Ciò che è opposto al soggetto che lo vede, lo pensa, lo conosce, lo crea. In una parola tutto ciò che è NATURA, oggettività, termine dell’azione conoscitiva e creativa dell’Io.
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non.-IO, NATURA-OGGETTO
Schema IO ATTIVITÀ-SOGGETTO non.-IO, NATURA-OGGETTO
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Esse sequitur operari Da questa concezione si evince che non c’è prima l’essere e poi l’azione cioè l’ente che agisce : operari sequitur esse, l’operare segue – viene dopo - l’essere Bensì Esse sequitur operari: L’essere segue – viene dopo – l’operare, ossia prima vi è la pura azione dell’Io, poi tale azione dà luogo al suo oggetto, l’essere.
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L’Io e il non-Io si limitano a vicenda
L’attività, essendo orginaria e anteriore all’essere, è infinita, ma producendo un oggetto, un non–io si autolimita. Dacché ha prodotto il suo oggetto l’attività dell’Io trova di fronte a sé un non-Io che la limita e la ostacola: limite Prima (logicamente) Dopo (logicamente)
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Terzo principio della filosofia fichtiana
“L’Io oppone, nell’Io, ad un io divisibile un non io divisibile”. Ciò significa che l’io produce il non-io e si limita: limitandosi si frammenta, si divide nei singoli enti della realtà. In particolare ciò è importante perché dei singoli enti della realtà fanno parte anche gli IO empirici, cioè noi in quanto soggetti limitati, plurali, reali, fisici, in carne e ossa.
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Esempio naïf (non di Fichte e ad usum delphini)
Dobbiamo pensare questa frammentazione dell’Io nei singoli io empirici come una sorta di incontro di due elementi insolubili (per es. olio e acqua) e alla loro commistione. I due elementi produrranno un’emulsione, cioè troveremo nell’acqua miriadi di goccioline di olio, di quell’olio che prima era omogeneo come l’acqua. L’io incontra il non IO e produce gli io empirici come l’olio incontra l’acqua e produce l’emulsione, cioè la presenza nell’acqua di miriadi di goccioline d’olio. Così l’Attività incontra l’Essere e al tempo stesso, interagendo e limitandosi, Attività ed Essere producono gli enti molteplici e circoscritti che vediamo nella nostra vita quotidiana.
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I tre momenti dell’Io e le categorie kantiane
L’io pone se stesso – tesi – cat. AFFERMAZIONE (qualità) L’io pone il non-io – antitesi – cat. NEGAZIONE (qualità) L’io oppone nell’io, all’io divisibile un non-io divisibile – sintesi – cat. LIMITAZIONE (qualità) Dal terzo principio: QUANTITÀ: unità pluralità, totalità; RELAZIONE: sostanza, causa, azione reciproca
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Attività conoscitiva Come spiegare l’attività conoscitiva propria dell’io empirico, a partire dallo sfondo trascendentale che abbiamo appena delineato? Quando una qualsiasi persona conosce qualcosa è come se subisse l’urto di un oggetto esterno. Questo urto della cosa con i nostri sensi e le nostre facoltà intellettuali genera la rappresentazione mentale della cosa. Di qui l’idea REALIASTA che noi conosciamo qualcosa di esterno a noi .
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Oltre il realismo: l’idealismo
Ma l’io trova di fronte a sé degli oggetti che, tramite la sua facoltà trascendentale dell’immaginazione produttiva, è stato lui stesso a porre (seppur inconsciamente). Infatti ogni realtà, in base al primo principio, deriva dall’attività originaria dell’Io, quell’attività che diventa nel soggetto empirico la responsabile della produzione degli oggetti che l’Io poi conosce come esterni.
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L’attività pratica Perché l’Io produce gli oggetti? Essi sono il correlato dell’attività dell’Io. L’Io pone il non-Io. Il non-Io rappresenta un ostacolo nei confronti dell’Io. L’attività dell’Io però continua, superando, riappropriandosi degli oggetti che ha posto come oggetti propri e in questo modo LIBERANDOSI di ogni ostacolo. Questa è la sua attività: autoporsi liberamente e liberarsi di ogni ostacolo che via via l’Io oppone a sé. L’Io è LIBERTÀ.
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l’Io-libertà determina il non-IO
In noi agiscono entrambe queste forze, la forza che pone gli oggetti e quella che li supera. L’attività pratica si manifesta negli atti volti a riappropriarsi del mondo, a plasmare il mondo secondo le mie forme, in modo che qui espressamente l’IO DETERMINA IL NON IO. Ciò che nell’attività conoscitiva si raggiunge indirettamente, perché a prima vista appare che l’Io sia determinato dal non-Io nella rappresentazione, nell’attività pratica si coglie direttamente come il soggetto che plasma, si riappropria, modella e supera l’ostacolo rappresentato dall’oggetto.
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Libertà infinita Ma questa liberazione non può mai giungere a compimento, in quanto l’attività produttiva dell’Io troverà sempre incessantemente di fronte a sé un non-IO, una natura da superare. L’attività dell’Io dentro di noi ci pone continuamente il compito di realizzare infinitamente la liberazione stessa del nostro Io. Così l’essere finito dell’uomo si avvicinerà sempre di più all’infinita libertà, benché non potrà mai raggiungerla.
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Idealismo etico L’azione in Fichte dunque non solo precede l’essere, ma anche il conoscere: noi conosciamo perché siamo destinati ad agire, e il conoscere non è nient’altro che una parte del nostro compito infinito, un mezzo attraverso cui noi realizziamo quel nostro “riprenderci il mondo” in cui consiste la nostra vocazione originaria.
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Il male e la pigrizia Ogni inattività, ogni inerzia significa rinuncia alla libertà, cioè rinuncia a quel dovere che noi sentiamo dentro noi stessi come imperativo categorico originario: sii libero! Questo è il male Solo nell’attività sta per Fichte la realizzazione dell’umanità dell’uomo, ogni sua gioia e godimento
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Dogmatismo e idealismo
Dogmatico è colui che si rende passivo nei confronti delle cose arrendendosi alla concezione per cui sono le cose che determinano dall’esterno il nostro pensiero e la nostra conoscenza. Così l’uomo diventa schiavo di una realtà esterna che non potrà mai possedere veramente. L’idealista è colui che ha accettato il grande compito della libertà a partire dall’idea per cui tutta la realtà dipende dal Soggetto-Attività-Spirito, il quale va realizzato nella sua infinità con un continuo SFORZO di autosuperamento e di riappropriazione-rimodellamento-reimpossessamento del mondo.
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