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E’ INUTILE, TANTO NON CI RIESCO!
Riflessioni e suggerimenti per aumentare l’autostima degli adolescenti Dott.ssa Elisa Papa – albo n° 5343 del 3/3/2008 Associazione MeC Educational
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Cos’è l’autostima? L’autostima deriva dai sentimenti che una persona ha nei confronti di se stessa in senso globale, è legata al sentirsi degni d’amore e al sentirsi capaci.
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La stima di sé è qualcosa che tocca gli aspetti più profondi e intimi della nostra persona, essendo connessa sia al percepirsi come individui competenti sia come persone degne di essere amate.
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L’autostima rappresenta un fattore di primaria importanza nella costruzione e nel mantenimento del benessere sociale ed emotivo, essa determinerà una migliore qualità della vita. Un bambino con un livello di autostima sano riuscirà più facilmente a sfruttare le sue potenzialità e a formare delle relazioni positive rispetto ad un bambino che soffre di profondi sentimenti di scarso valore personale.
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Le persone infatti sviluppano un’idea di sé, o quantomeno tendono a rafforzare il proprio copione, sulla base di come sono viste o trattate dagli altri. Gli altri sono il nostro specchio, ci rimandano l’immagine che hanno di noi. Quindi l’immagine che ci restituiscono diventa pian piano sempre più nostra. C’è da dire però che gli altri sono altrettanto influenzati dal giudizio che abbiamo di noi stessi e tendono a vederci come noi ci vediamo (profezia che si autoavvera).
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Se noi abbiamo una bassa autostima e di conseguenza ci svalutiamo e denigriamo, se non crediamo nelle nostre capacità, potenzialità e risorse e quant’altro può esserci di positivo in un individuo, perché dovrebbero crederci gli altri?
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Un bambino, quando viene al mondo, non ha né un passato né esperienze da cui trarre indicazioni per gestire se stesso, nessuna scala grazie a cui giudicare le sue capacità. Deve basarsi sulle esperienze che ha con le persone che gli stanno intorno e sui messaggi che esse gli inviano riguardo al suo valore come persona (Satir, 1972).
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Lo sviluppo dell’autostima inizia sin da neonati e va coltivato e nutrito negli anni dell’età evolutiva e in adolescenza. Il senso dell’autostima nel bambino viene alimentato da due esperienze: 1) quando una persona per lui importante «lo vede»; 2) quando sente di essere riconosciuto e apprezzato dagli altri per quello che è e non per le sue azioni.
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«Essere visto» per un bambino significa essere preso in considerazione e ricevere conferma della propria esperienza ed esistenza. Essere riconosciuti ed apprezzati per come si è, significa avere la certezza di essere amati solo per il fatto di esistere indipendentemente dalle azioni e dai risultati raggiunti; è ciò che dà dignità all’essere della persona.
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L’autostima dipende: da fattori interni, ossia dagli schemi cognitivi della persona, dalla sua soggettiva visione della realtà e di sé stessa da fattori esterni, come i riconoscimenti che otteniamo e la qualità dei messaggi che riceviamo dagli altri.
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L’autostima “se non è suffragata da una solida base di conquiste e di successi, rimane priva di significato” (Giorgio Nardone, Modelli di Famiglia, TEA, 2006), essa “si conquista anche attraverso le esperienze personali, non può esserci data da altri … è attraverso l’esperienza di ostacoli superati che si struttura la fiducia nelle proprie risorse ed il proprio equilibrio psicologico”.
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L’autostima è sicuramente la condizione necessaria per combattere le gravi forme di disagio, l’emarginazione scolastica e molte forme di devianza giovanile. Formarsi un solido senso di autostima è fondamentale per tutti gli individui, e soprattutto per gli studenti in situazioni di disagio (emotivo, socio-affettivo e relazionale) che spesso sono responsabili di prestazioni scolastiche carenti e di comportamenti inaccettabili.
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Perché l’autostima è importante?
Conseguenze nella scelta delle attività: Autostima debole: - Scelta di attività“facili” Scelta di obiettivi bassi Autostima forte: Scelta di attività“difficili” Scelta di obiettivi ambiziosi Comportamenti utili per raggiungere la meta
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Reazioni a compiti difficili
Autostima debole: Evitamento/insuccesso Vissuto di pericolo (stress e ansia) Concentrazione su propri limiti, possibili ostacoli, possibili conseguenze negative Ripiego su compiti soggettivamente più facili (depressione)
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Reazioni a compiti difficili
Autostima forte: Approccio/successo Vissuto di “sfida da vincere” Interesse intrinseco, impegno forte e costante, e concentrazione sul compito Senso di controllo (euforia)
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Reazioni a insuccessi Autostima debole:
Attribuzione interna a un fattore incontrollabile: “non sono portato/a” Calo di autoefficacia e recupero lento Autostima forte: Attribuzione interna a un fattore controllabile: “Non mi sono impegnato abbastanza”, “Devo solo acquisire conoscenze/abilità” Recupero veloce dell’autoefficacia
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L’autostima dei genitori è la premessa per quella dei figli.
Genitori con buona autostima si sentono maggiormente efficaci coi figli, sanno porre confini chiari, tollerano la frustrazione, promuovono l’autonomia e l’individualità del bambino e, infine, sono da esempio per i bambini.
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Coopersmith ha rilevato l’esistenza di tre condizioni nell’ambiente familiare di bambini con alta autostima: 1. accettazione e sviluppo di un sano senso di appartenenza alla famiglia 2. aspettative di comportamento adeguate all’età dei figli; limiti e regole ragionevoli, chiare, non rigide né arbitrarie
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3. viene riconosciuta l’individualità dei figli, la loro unicità e il pensiero autonomo.
Di fondamentale importanza sono anche il saper ascoltare i propri figli, l’incoraggiare in loro l’espressione dei sentimenti negativi e saper fare apprezzamenti realistici immediati e specifici.
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Promuovere l’autostima
Per cercare di aiutare un bambino a promuovere la sua autostima i genitori possono fare molto. 1) Innanzi tutto è necessario sostenere lo sviluppo della sua autonomia. Ovvero è necessario spronare il ragazzo/a a fare da solo le cose, a confrontarsi in prima persona con i suoi compiti e i suoi impegni. È sconsigliabile sovrapporsi a lui nel fare le cose, ma è necessario essere pronti a sostenerlo, consolarlo e incoraggiarlo davanti agli insuccessi;
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2) Di fronte alle difficoltà, essere di conforto e sollievo, cercando insieme una soluzione per promuovere i punti di forza e combattere i punti deboli; 3) Assecondare le inclinazioni naturali di vostro figlio e rispettarne il carattere. Lui è esattamente come deve essere, noi non lo dobbiamo cambiare; dobbiamo aiutarlo a tirare fuori il meglio di quello che può esprimere;
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4) Ascoltarlo, mostrare interesse verso quello che dice, prenderlo sul serio. Tante volte, per stanchezza o pigrizia, facciamo fatica ad ascoltare quello che ci raccontano. È importante sapere dedicare anche a questi aspetti la giusta attenzione, perché rappresentano un modo per parlare di sé, delle sue emozioni e delle sue esperienze;
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5) Gioire insieme a lui in modo sincero per i suoi primi piccoli/grandi successi;
6) Avere aspettative ragionevoli e commisurate all’età; 7) Educarlo alle emozioni, in modo che le sappia gestire e sappia convivere anche con quelle negative senza esserne sopraffatto. 8) la comunicazione con loro sia chiara, non ambigua, non giudicante e incondizionata.
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Come favorire l’autostima?
Assegnare delle responsabilità Incoraggiare e lodare Riconoscere le capacità Descrivere azioni (non etichettare comportamenti) Avere fiducia Essere flessibili Avere aspettative realistiche Accettare e rispettare Festeggiare i risultati
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Entrare in empatia Porre dei confini Risolvere assieme dei problemi Fornire obiettivi - stimolanti - specifici - alla portata della persona e di difficoltà crescenti Favorire esperienze di successo - numerose - con e senza aiuti - con compiti diversificati - in vari contesti
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Ricorda! I messaggi negativi sono più efficaci di quelli positivi
Quelli positivi devono essere realistici. Bisognerebbe persuadere della capacità di apprendere, più che di quella di riuscire subito nell’attività in questione. I feedback positivi dovrebbero evidenziare i successi ottenuti in passato e il cammino fatto più che la distanza da colmare. Ricordate spesso che avete fiducia in ciascuno di loro.
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Quando i genitori fanno troppo per i loro figli,
i figli non faranno abbastanza per sé stessi. Elbert Hubbard, The Notebook, 1927 (postumo)
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