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Dall’Universo al Pianeta azzurro
Tano Cavattoni, Fabio Fantini, Simona Monesi, Stefano Piazzini Dall’Universo al Pianeta azzurro
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Capitolo 11 La tettonica delle placche
Questa Terra, come il corpo di un animale, è logorata nello stesso momento in cui è ripristinata dall’azione del fuoco centrale, che produce terra solida. James Hutton Theory of the Earth, 1788
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Capitolo 11 La tettonica delle placche
Lezione 28 La tettonica delle placche § La teoria della tettonica delle placche § Margini divergenti § Margini convergenti e subduzione § Margini convergenti e orogenesi § Margini trascorrenti
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Capitolo 11 La tettonica delle placche
Lezione 29 Un pianeta in evoluzione § La deriva dei continenti § I supercontinenti § Il motore delle placche § Punti caldi §11.10 Il futuro del pianeta
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§11.1 La tettonica delle placche
La litosfera è suddivisa in placche, a diretto contatto tra loro, ma libere di muoversi le une rispetto alle altre.
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§11.1 La tettonica delle placche
Due placche litosferiche adiacenti possono: allontanarsi → margini divergenti (rosso); avvicinarsi → margini convergenti (verde); spostarsi lateralmente → margini trasformi (azzurro).
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§11.2 Margini divergenti I margini divergenti determinano la formazione degli oceani e la loro continua espansione. Il movimento di allontanamento delle placche porta alla creazione di nuova litosfera in corrispondenza delle dorsali oceaniche.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
Due placche che si spostano l’una contro l’altra entrano in collisione. La collisione può avvenire: tra due placche oceaniche (la più pesante delle due scorre sotto l’altra, si verifica il fenomeno della subduzione); tra una placca oceanica e una continentale (la placca oceanica va in subduzione); tra due placche continentali (non si ha subduzione).
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
La litosfera che scende in profondità esercita spinte e genera attriti, che producono terremoti. Tutta l’area è interessata da elevata sismicità. Gli ipocentri dei terremoti sono disposti lungo un piano inclinato, detto piano di Benioff, che rivela la posizione della placca in subduzione.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
Le fosse oceaniche sono la sede in cui avviene la subduzione. La litosfera in subduzione a una certa profondità inizia a fondere. Il materiale fuso è meno denso di quello circostante e tende perciò a salire, generando corpi plutonici e/o fenomeni vulcanici.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
A una certa distanza dalle fosse (100÷300 km) e parallelamente a esse si trovano allineamenti di vulcani, spesso disposti ad arco e perciò detti archi magmatici.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
Una delle due placche con litosfera oceanica va in subduzione sotto l’altra. La risalita di magma produce edifici vulcanici che spesso emergono in superficie formando un arcipelago di isole vulcaniche.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
La placca con litosfera oceanica, più densa, si immerge sotto la placca con litosfera continentale, meno densa, e va in subduzione. Lungo il bordo del continente si manifestano fenomeni vulcanici.
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§11.3 Margini convergenti e subduzione
Il più imponente allineamento di archi magmatici costituisce la cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico.
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§11.4 Margini convergenti e orogenesi
La convergenza di due margini di placca, dei quali almeno uno costituito da litosfera continentale, determina il fenomeno dell’orogenesi.
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§11.4 Margini convergenti e orogenesi
La convergenza tra le due placche porta alla subduzione della placca di destra, il cui margine è oceanico. Sul margine della placca di sinistra si forma un arco di rilievi vulcanici.
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§11.4 Margini convergenti e orogenesi
Il bacino oceanico si riduce progressivamente. Le spinte compressive portano alla frammentazione e all’accavallamento della litosfera. I sedimenti oceanici cominciano a subire deformazioni.
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§11.4 Margini convergenti e orogenesi
L’oceano è completamente chiuso e la collisione avviene tra i margini continentali. Il materiale di provenienza oceanica è sollevato, deformato e metamorfosato.
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§11.4 Margini convergenti e orogenesi
Le spinte compressive si esauriscono. L’intera regione si solleva per ristabilire l’equilibrio isostatico turbato dall’ispessimento e dallo sprofondamento della crosta. La collisione tra i margini convergenti ha prodotto una catena montuosa.
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§11.5 Margini trascorrenti
I margini trascorrenti sono caratterizzati dalla frizione tra le masse rocciose delle placche adiacenti, che scorrono l’una contro l’altra in senso orizzontale. Non si verificano fenomeni vulcanici.
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§11.6 La deriva dei continenti
Nel 1912 Alfred Wegener enunciò un’innovativa teoria secondo la quale: i continenti possono muoversi in senso orizzontale; lo spostamento delle masse continentali determina fenomeni sismici e vulcanici; i continenti subiscono l’attrito con gli strati sottostanti e sul loro fronte di avanzamento si innalzano le catene montuose.
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§11.6 La deriva dei continenti
La complementarità delle coste atlantiche meridionali, ma soprattutto la continuità delle formazioni che caratterizzano le strutture crostali di Africa e Sudamerica, spinsero A. Wegener verso l’idea che in passato i due continenti fossero uniti.
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§11.7 I supercontinenti Secondo Wegener, i continenti circa 250 milioni di anni fa erano uniti fra loro a formare un unico supercontinente, la Pangea, circondato da un grande oceano, Panthalassa. Dalla divisione di Pangea si arrivò all’attuale posizione e forma dei continenti.
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§11.7 I supercontinenti
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§11.7 I supercontinenti Oggi si ipotizza che la formazione e la disgregazione di un «supercontinente» come Pangea possa essere avvenuta ciclicamente più volte durante la lunga storia del nostro pianeta (ciclo di Wilson). Sono stati raccolti dati sull’esistenza di un supercontinente, Rodinia, formatosi circa 1 miliardo di anni fa per una serie di collisioni tra continenti, che rimase unito per almeno 250 milioni di anni.
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§11.7 I supercontinenti
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§11.8 Il motore delle placche
I moti convettivi nel mantello, sostenuti dal flusso di calore interno, provocano il movimento delle placche litosferiche sovrastanti. I rami ascendenti dei moti convettivi generano le dorsali oceaniche, mentre le fosse oceaniche segnano la posizione dei rami discendenti.
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§11.8 Il motore delle placche
Varie ipotesi tentano di spiegare i possibili meccanismi alla base del movimento delle placche, ma nessuna per ora è avallata da dati certi: (1) la placca avanza, spinta dal peso del materiale eruttato dalla dorsale; (2) la placca è trascinata passivamente, per attrito, dalla corrente convettiva; (3) la placca raggiunge la superficie perché è la parte superficiale, fredda e rigida, di una grande cella convettiva.
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§11.8 Il motore delle placche
La teoria della tettonica delle placche, che ha «messo in moto» la Terra solida, ci aiuta a pensare al nostro pianeta come un unico sistema, nel quale interagiscono diverse componenti, attivate dall’energia solare e da quella proveniente dall’interno del pianeta.
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§11.8 Il motore delle placche
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§11.9 Punti caldi Quasi tutta l’attività vulcanica e sismica è limitata ai margini delle placche. Sono chiamati punti caldi (hot spot) i centri vulcanici isolati, posti all’interno di una placca. I punti caldi sono caratterizzati da un elevato flusso termico e da una intensa attività.
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§11.9 Punti caldi Quasi tutti i punti caldi sono zone di vasto sollevamento della crosta; la loro origine va ricercata sotto le placche, nel mantello, dove si trovano i pennacchi. I pennacchi sono correnti cilindriche ascensionali di materiale incandescente del mantello. Se i punti caldi rimangono sempre attivi e immobili nei tempi geologici, il passaggio di una placca litosferica sopra un punto caldo lascia come traccia una fila di vulcani.
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§11.9 Punti caldi In una placca oceanica, in corrispondenza di un punto caldo si hanno grandi vulcani sottomarini, che formano isole. Queste si spostano insieme alla placca litosferica di cui fanno parte, allontanandosi dal punto caldo. La litosfera si raffredda e le isole diventano vulcani spenti e, successivamente, montagne sottomarine dalla cima piatta (guyot).
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§ Il futuro del pianeta Ecco come potrebbe risultare la Terra tra 50 milioni di anni, se il movimento delle placche continuasse con le stesse velocità e direzioni attuali.
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L’area mediterranea come potrebbe essere tra 2 (A) e
§ Il futuro del pianeta A L’area mediterranea come potrebbe essere tra 2 (A) e 5 (B) milioni di anni. B
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