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La comunicazione
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Cinquantamila anni fa…
50.ooo a.C. … l’uomo ha iniziato a parlare! Unico tra le creature può esprimere e dare forma ai suoi pensieri, ai suoi desideri, alle sue emozioni attraverso il linguaggio.
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Che cosa vuol dire “comunicare”?
Dal latino communico, cioè mettere in comune un dono: comunicare vuol dire accogliere qualcosa dell’altro e lasciare all’altro qualcosa di sé.
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L’uomo ha bisogno di comunicare
Comunicare significa entrare in relazione con un altro per trasmettergli un messaggio dotato di senso.
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Il paese dei silenzi “Ciascuno cercava invano di comunicare con parole e gesti, ma erano cose incomprensibili per gli altri. Così, pian piano, era sceso il silenzio e ognuno se ne stava in disparte intento alle proprie faccende. Anna era triste: aveva tante cose belle nella testa, ma, senza le parole per dirle, le sembravano tutte inutili.”
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Come si comunica? non verbale verbale Comunicazione
L’uomo può esprimersi utilizzando diversi canali: l’espressione del viso, un gesto, un brano musicale possono essere strumenti per comunicare un messaggio. Le parole sono lo strumento più utilizzato nella comunicazione, in forma orale o scritta.
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il sistema delle parole e delle regole per usarle
Bastano le parole? Le parole non sono solo un suono materiale: esse devono essere strumento per trasmettere un significato. Perché avvenga la comunicazione occorre utilizzare un codice, chiamato lingua il sistema delle parole e delle regole per usarle
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“Dare un nome alle cose”
Genesi 2, Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.
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Genesi 2, Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche
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Dare un nome alle cose significa attribuire loro un’identità.
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«Ci resta un’ultima cosa da fare, adesso, ragazzo: darti un nome
«Ci resta un’ultima cosa da fare, adesso, ragazzo: darti un nome. Sei qualcuno, ora: non sei più il ragazzetto cieco assetato di racconti, di incantesimi di dèi e di eroi. Tu sei un maestro, ora. Hai il privilegio di sceglierti da te il tuo nome.» Da Il ragazzo con la cetra
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Di fronte alle cose che contano vogliamo saper dare un nome, per conoscerle e farle nostre: le persone, gli oggetti, i ricordi, i progetti, i desideri. Dando un nome alle cose le “addomestichiamo” e le rendiamo parte di noi: il nome è una chiave per accedere alla conoscenza della realtà.
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Chi comunica? Perché avvenga un atto comunicativo ci voglio almeno due persone: un mittente e un destinatario. Mittente (dal latino mittere = mandare) chi produce un messaggio Destinatario (dal latino destinare = assegnare) colui al quale è rivolto il messaggio
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La comunicazione verbale
Un messaggio formato da parole e dotato di senso compiuto si chiama testo. Può essere orale o scritto. Un testo orale è formato da fonemi, un testo scritto è formato da grafemi.
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Fonemi e grafemi I fonemi sono le più piccole unità sonore distintive di una lingua. Se in una parola un fonema è cambiato con un altro, cambia anche il significato della parola (pelle/belle). I grafemi sono i segni utilizzati per trascrivere i fonemi. Non c’è corrispondenza esatta tra fonemi e grafemi: c/g possono avere suono duro (casa/gara) o dolce (cena/giro) e/o possono essere suoni chiusi (pésca, bótte) o aperti (pèsca/bòtte) s/z possono avere suono aspro (santo/azione) o dolce (asola/zanzara)
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