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Gli anni della strategia della tensione in Italia
da Piazza Fontana all’omicidio Calabresi
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I fatti Il 12 dicembre 1969, al termine di una stagione di scioperi e lotte operaie, scoppia a Milano, nella sede della Banca dell’Agricoltura, una bomba che uccide 17 persone; due giorni dopo la polizia arresta un anarchico, Pietro Valpreda, che i giornali presentano all’opinione pubblica come l’autore dell’attentato;
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il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, convocato nella notte del 12 dicembre in questura per accertamenti e trattenuto per tre giorni, la notte del 15 dicembre precipita dall’ufficio della finestra del commissario Luigi Calabresi: del fatto si daranno ben tre versioni diverse. Pinelli muore poco dopo il ricovero all’ospedale;
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sopra: Pietro Valpreda (1933-2002) a ds: Giuseppe Pinelli (1928-1969)
sopra: Pietro Valpreda ( ) a ds: Giuseppe Pinelli ( )
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17maggio 1972: Calabresi viene ucciso con due colpi di pistola sotto il portone di casa. Nel 1990 Adriano Sofri, leader di Lotta Continua, viene condannato come il mandante dell’omicidio. Adriano Sofri (1942) Luigi Calabresi
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Gli antefatti Come si arrivò alla stagione delle bombe e degli attentati? La risposta sta negli anni immediatamente precedenti, un periodo di grande fermento sociale, la più grande stagione di azione collettiva nella storia d’Italia…
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a) la rivolta degli studenti
Gli anni ’60 videro esplodere la protesta nelle università italiane: l’istruzione di massa causò l’aumento degli iscritti alle università italiane, ma questa liberalizzazione dell’accesso al sistema universitario mise in luce alcune gravi disfunzioni di carattere materiale: inadeguatezza delle strutture ad accogliere decine di migliaia di studenti; pochi professori, raramente presenti (52 ore annue!!!);
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basi ideologiche della rivolta, di significato ben più importante:
mancanza totale di contatti tra docenti e studenti; difficoltà di seguire i corsi per gli studenti-lavoratori; selezione classista del sistema universitario. Ma vi erano anche basi ideologiche della rivolta, di significato ben più importante:
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gli studenti contestarono anche i valori del consumismo e del boom economico e i pregiudizi di classe del sistema scolastico italiano; vi fu la rinascita del pensiero marxista per analizzare la nuova situazione italiana (sviluppo, industrializzazione, etc.); il pontificato di Giovanni XXIII aveva insistito sulla necessità di maggiore giustizia sociale, senso di collettività e solidarietà;
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Il ’68 fu una rivolta etica, un tentativo di rovesciare
l’antiautoritarismo dei giovani si indirizzò contro qualsiasi centro di potere o gerarchia, ivi comprese le forze dell’ordine, la famiglia, i partiti tradizionali. Il ’68 fu una rivolta etica, un tentativo di rovesciare i valori dominanti di un’epoca.
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Alcune immagini scattate durante le assemblee degli studenti alla facoltà di Architettura di Roma (febb.1968)
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Tra il novembre ’67 e la primavera del ’68 ebbe luogo l’esplosione del movimento studentesco: prima a Trento (facoltà di sociologia), poi a Milano (università cattolica), Torino, infine a Roma le occupazioni e le assemblee si susseguivano senza sosta. Obiettivo comune: respingere il tentativo di riforma del Ministero della P.I. di reinserire alcuni limiti di accesso. A Roma si ebbe la svolta: tra polizia e studenti si verificarono scontri violenti e il movimento perse il suo carattere pacifico.
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Roma, febbraio 1968: gli scontri a Valle Giulia
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Pier Paolo Pasolini ( ), vicino al PCI, espresse la propria posizione nei confronti degli studenti con una celebre poesia, che fece molto scalpore:
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Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi quelli delle televisioni) vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio delle Università) il culo. Io no, amici. Avete facce di figli di papà. […] Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati […] Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
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b) l’ autunno caldo. Nel corso di tutti gli anni ’60 c’erano già state tensioni tra operai e forze dell’ordine. Alla fine del decennio l’emigrazione dal meridione d’Italia verso il nord industrializzato era aumentata con serie conseguenze: difficoltà di inserimento nelle fabbriche; difficoltà di integrazione nel tessuto urbano;
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maggiore livello di consapevolezza degli operai grazie all’aumento di opportunità nel campo dell’istruzione; nascita di gruppi rivoluzionari che volevano creare una vasta coscienza anti-capitalista e rivoluzionaria tra la classe operaia (LC, PO, Il Manifesto, etc.) e che non rifiutavano l’uso della violenza. Le lotte operaie portarono nelle piazze circa operai che ottennero un nuovo e più vantaggioso contratto nazionale di lavoro.
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La strategia della tensione
Di fronte a questi cambiamenti epocali nella società italiana, una “mano invisibile” tentò di impedire la trasformazione politico-sociale del nostro paese, inaugurando una stagione di sangue i cui responsabili sono ancora impuniti e che ha ritardato la crescita democratica dell’Italia, oltre che screditare un intero sistema politico accusato di usare lo stragismo come strategia di dominio.
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In realtà, la stagione delle stragi di stato si fa iniziare vent’anni prima, con l’eccidio di Portella delle Ginestre il 1 maggio 1947, quando il bandito Salvatore Giuliano, per conto della mafia, dei latifondisti e (forse?) di agenti americani (preoccupati dall’avanzata della sinistra in Italia), sparò sulla folla di contadini del Blocco del Popolo che festeggiavano la Festa dei Lavoratori. 11 morti e 65 feriti: i mandanti politici della strage non furono mai processati.
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L’episodio di Portella si inserisce nel quadro più ampio della guerra fredda e della contrapposizione tra i blocchi: in marzo era stata resa nota la dottrina Truman e gli americani manifestavano la loro preoccupazione per una possibile ascesa delle sinistre in Italia: vendita di armi moderne all’Italia a prezzo simbolico; richiamo a De Gasperi affinché governasse senza l’appoggio dei comunisti.
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Dopo l’arresto di Valpreda (prosciolto da ogni accusa solo nel 1985) e la morte di Pinelli (le cui vere cause sono ancora oggi ignote) iniziò a farsi strada un’ipotesi più allarmante: le indagini portarono a due neofascisti, Freda e Ventura, in stretti rapporti con un agente del SID (Servizio Informazioni Difesa), Giannettini (simpatizzante del MSI)…
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Giovanni Ventura ( ) Franco Freda (1941)
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…emerse, insomma, un quadro inquietante sui rapporti tra organi segreti di stato fuori da ogni controllo istituzionale e eversione neofascista: SI STAVA TRAMANDO UN COMPLOTTO AI DANNI DELLA DEMOCRAZIA, FACENDO SI’ CHE UNA SERIE DI ATTENTATI E DI ALTRI CRIMINI PROPAGASSERO PANICO E INCERTEZZA, CREANDO LE CONDIZIONI PER UN COLPO DI STATO AUTORITARIO O, ALMENO, PER UNA SVOLTA A DESTRA DELLA POLITICA ITALIANA.
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Nonostante le insistenze della stampa e dell’opposizione politica affinché si aprisse un’inchiesta sull’attività dei servizi segreti italiani, ai magistrati inquirenti venne impedito l’accesso ai documenti del SID sulle attività di Giannettini con il pretesto del “segreto di stato” e della “sicurezza nazionale”. Dopo 7 processi e 38 anni, nel 2005 sono stati assolti definitivamente gli ultimi indagati: nessuna condanna per la strage è mai stata emessa.
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Pur avendo messo in luce le responsabilità di gruppi eversivi dell’estrema destra, le inchieste non hanno mai portato a conclusioni certe; le complicità dei servizi segreti non sono mai state del tutto provate: la strategia della tensione ha anche gravemente compromesso l’immagine della giustizia, poiché i magistrati non hanno potuto, saputo o voluto indagare su un ceto politico che inquinava la vita democratica del nostro paese.
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A Milano, così come in Sicilia, e nel resto d’Italia negli anni successivi, si intrecciarono l’eredità della dittatura fascista, strutture paramilitari volute dagli americani nell’ambito della guerra fredda, servizi segreti italiani e stranieri “deviati”, terroristi, mafiosi, logge massoniche deviate, interessi politici ed economici minacciati dai conflitti sociali esplosi in quegli anni.
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La strategia della tensione ha rappresentato il “lato oscuro” della politica italiana, disposta all’uso del terrore pur di fermare l’avversario…
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E non finisce qui: 17 maggio 1973: strage alla Questura di Milano (4 morti)*; 28 maggio 1974: strage di Brescia (8 morti); 4 agosto 1974: strage sul treno Italicus a S.Benedetto Val di Sambro (12 morti); 2 agosto 1980: strage alla stazione di Bologna (85 morti)*; 23 dicembre 1984: strage sul treno rapido 904 a S.Benedetto Val di Sambro (17 morti)*
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