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Lezione 13 La nuova era: il grande mutamento
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Immagini del grande cambiamento…
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Smog, ciminiere e fabbriche
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1700-1760: costruzione di un vero sistema economico.
Crescita di tutte le grandezze economiche del paese (grafico). Dopo secoli di incubazione si sta chiudendo il cerchio dell’accumulazione del capitale. L’Inghilterra raggiunge e supera la soglia del processo di industrializzazione. In rosso: cinghie in cuoio per la trasmissione dell’energia prodotta dalle macchine a vapore
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Macro indicatori dell’andamento economico, 1700-1760 (numeri indice)
Elementi del “successo” inglese 1) Integrazione mercati che produce aumento domanda interna. 2) Crescente specializzazione, che determina diminuzione costi produzione.
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Guadagni d’efficienza in agricoltura: migliorano potere d’acquisto e liberano manodopera, assorbita dalla manifattura. Aumento competizione su mercati liberi richiede maggiore competitività, circostanza che incentiva gli investimenti, specie in macchinari e motori a vapore. Si mette in movimento una serie di processi, che interagiscono l’uno con l’altro come gli elementi all’interno di un atomo.
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Innovazioni… che riducono tempi produzione, aumentano investimenti, riducono necessità di capitale circolante… Acquisto materie prime Capitale circolante Lavorazione Assemblaggio Invio ai mercati Vendita Capitale Ricavi Capitale circolante Investimenti Maggiore disponibilità denaro Profitto Macchina a vapore Organizzazione Tempi di trasporto Frecce verdi: fattori che accorciano tempi di produzione
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Grandi innovazioni tecniche nella manifattura tessile:
1) prima la filatura (filatoio idraulico di Arkwright, spinnig jenny di Hargreaves, mule di Crompton). 2) poi la tessitura (navetta volante di Kay). Rapida diffusione di telai semiautomatici e automatici in GB. Richard Arkwright, Waterframe, 1769 Samuel Crompton, Mule, James Hargreaves, Spinning Jenny, 1770
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Il primo telaio completamente meccanico
Edmund Cartwright, Power Loom,
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Prima metà ’800: PIL cresce di quasi 4 volte.
Londra 1851, prima Esposizione Universale: GB èil primo paese industriale della storia. Vi si estraggono i 2/3 del carbone usato in tutto il mondo; vi si produce la metà del ferro, il 70% dell’acciaio, il 40% delle macchine utensili e la metà di tutte le tele di cotone. : popolazione inglese passa da 11 a 21 milioni; crescita popolazione urbana e di quella occupata in settori ad alta produttività. 1831: agricoltura non è più il settore più importante nella formazione PIL. Prima metà ’800: PIL cresce di quasi 4 volte. Inghilterra, andamento demografico, Inghilterra, formazione del PIL, Affermazione del sistema di fabbrica con grandi aumenti di produttività: la fabbrica moderna ha i suoi ritmi…
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Prima parte dell’Ottocento: barriere all’ingresso molto basse.
Periodo che va dalla metà del Settecento agli anni Trenta dell’Ottocento: impiantare una fabbrica necessita di capitali modesti.
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La nuova società dei fatti…
“Ora, quel che voglio sono Fatti. Solo Fatti dovete insegnare a questi ragazzi. Nella vita non c’è bisogno che di Fatti. Piantate Fatti e sradicate tutto il resto. La mente d’un animale che ragione si può plasmare solo coi Fatti; null’altro gli sarà mai di alcuna utilità. Con questo principio educo i miei figli e con lo stesso principio educo questi ragazzi. Attenetevi ai Fatti, signore!” La scena si svolgeva in un’aula scolastica, un androne spoglio, severo, uggioso, e per dare rilievo alle sue osservazioni l’oratore sottolineava ogni frase tracciando con l’indice squadrato una riga sulla manica del maestro. A dare enfasi contribuiva anche la sua fronte, una parete squadrata con le sopracciglia per base e gli occhi confortevolmente sistemati in due antri oscuri, all’ombra della parete stessa […]. Ogni cosa, insomma, contribuiva a dare enfasi: il rigido contegno dell’oratore, la giacca squadrata, le gambe e le spalle squadrate, e persino la cravatta, annodata quasi a serrargli la gola in una stretta implacabili, da quel fatto ostinato che era. “Nella vita ci servono solo Fatti, null’altro che Fatti!” A questo punto l’oratore, il maestro e il terzo adulto presente indietreggiarono un poco, passando in rassegna con lo sguardo i piccoli recipienti, rigorosamente allineati, in attesa d’esser colmati fino all’orlo con galloni e galloni di fatti. Charles Dickens, Tempi difficili, 1854
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Coketown… la città dell’industria moderna…
Coketown, verso la quale il signor Gradgrind e il signor Bounderby si stavano dirigendo, era un trionfo del fatto, una città completamente immune […] dalla fantasia […]. Era una città di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero consentito. Stando così le cose era invece una città di un rosso e nero innaturale, come la faccia dipinta di un selvaggio; una città piena di macchinari e di alte ciminiere dalle quali uscivano senza tregua interminabili serpenti di fumo, che si snodavano nell’aria senza mai sciogliere le loro spire. C’era un canale di acque nere e un fiume reso violaceo da tinture maleodoranti e vasti agglomerati di edifici pieni di finestre scossi per tutto il giorno da un frastuono e un tremito incessanti, dove gli stantuffi delle macchine a vapore si alzavano e si abbassavano monotoni come teste di elefanti in preda a una malinconica follia. C’erano parecchie grandi strade, tutte uguali, e un gran numero di viuzze ancora più uguali, abitate da persone anch’esse uguali che entravano e uscivano alla stessa ora, con il medesimo scalpiccio sul medesimo selciato, per recarsi a svolgere il medesimo lavoro e per le quali oggi era identico a ieri e a domani e ogni anno la replica di quello passato e di quello a venire. Tali attributi erano in gran parte inseparabili dall’industria che dava da vivere a Coketown; su questo sfondo, in contrasto , c’erano gli agi del vivere che si diffondevano in tutto il mondo […]. Le altre caratteristiche di Coketown […] avevano qualcosa di più spontaneo. Non c’era nulla a Coketown che non ricordasse la severa disciplina del lavoro. […] In città tutte le insegne pubbliche erano dipinte con gli stessi austeri caratteri bianchi e neri. La prigione avrebbe potuto essere l’ospedale, l’ospedale la prigione, il municipio l’uno o l’altra indifferentemente, oppure tutti e due insieme, o qualsiasi altra cosa, visto che nessun particolare architettonico ne indicava il contrario. Fatti, fatti, nient’altro che fatti: ovunque fatti, nell’aspetto materiale della città come in quello immateriale. Era un fatto […] la scuola di disegno, e come lo erano i rapporti fra padrone e operaio; solo fatti c’erano fra l’ospedale in cui si nasceva e il cimitero, mentre tutto quello che non si poteva valutare in cifre, né si poteva comprare al prezzo più basso per rivenderlo al più alto, non esisteva e non sarebbe mai esistito, nei secoli dei secoli, e così via. Charles Dickens, Tempi difficili, 1854
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fine della presentazione
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Era una città di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero consentito…
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… una città piena di macchinari e di alte ciminiere dalle quali uscivano senza tregua interminabili serpenti di fumo, che si snodavano nell’aria senza mai sciogliere le loro spire.
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… persone anch’esse uguali che entravano e uscivano alla stessa ora, con il medesimo scalpiccio sul medesimo selciato…
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… per recarsi a svolgere il medesimo lavoro e per le quali oggi era identico a ieri e a domani e ogni anno la replica di quello passato e di quello a venire…
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Telai semiautomatici e automatici in Gran Bretagna, 1813-1850.
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