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PubblicatoSansone Cecchini Modificato 9 anni fa
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ARTE MIGRANTE Studenti, lavoratori, migranti e “senza dimora” che condividono attività all’insegna dell’arte, dell’intercultura e dell’inclusione sociale.
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Cos’è Arte Migrante? Il gruppo Arte Migrante è nato prima a Latina nel 2012 e poi a Bologna nel 2014. Costituito da persone provenienti da diverse nazionalità e condizioni sociali. Lo scopo è quello di promuovere l’intercultura e l’inclusione sociale e contrastare l’indifferenza e il razzismo ancora molto diffusi nella nostra società. Immagine del gruppo ai suoi esordi
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Obiettivi La condivisione alla base del nostro agire: per creare un contesto d’accoglienza e scambio reciproco, di ascolto, d’amicizia e fraternità dove “tenere in giusto conto l’altro”. L’importanza dell’arte come “collante sociale” dove ognuno può essere considerato “artista” ed essere protagonista del “Palcoscenico di Arte Migrante” allo stesso livello. Un approccio interculturale che valorizzi la “diversità” non come mezzo di divisione ma come peculiarità preziosa da condividere con il prossimo.
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Attività del gruppo Il gruppo si incontra ogni mercoledì sera dalle 21 alle in via Massarenti 59 a Bologna. Gli incontri sono divisi in 4 fasi: presentazione iniziale; cena comune; performance artistiche e storie di vita; riflessione finale. Ogni 2 mesi il gruppo realizza grandi spettacoli delle arti presso alcuni locali o teatri di Bologna. Il gruppo realizza due venerdì al mese animazioni artistiche presso dormitori e campi rom del territorio. Ogni domenica si gioca a calcio con la squadra interculturale di Arte Migrante.
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Risultati Il gruppo in un anno di attività è passato da 20 a 70 partecipanti tra cui un consistente numero di migranti e senza dimora. Si sono realizzati 8 spettacoli artistici interculturali in collaborazione con diverse associazioni del territorio emiliano. Il gruppo ha un coordinamento di circa 20 membri. Arte Migrante dal 2014 ha vinto un progetto europeo per l’intercultura in partenariato con l’Ong italiana Lvia.
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Storie di vita Durante gli incontri del mercoledì spesso emergono frammenti profondi del vissuto dei partecipanti che vengono condivisi con il gruppo.
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Suleyman Interessante è la storia di Suleyman, ragazzo senegalese che ha lavorato a Rosarno, paese calabrese luogo di violenti scontri a sfondo razziale avvenuti tra il 7 e il 9 gennaio Gli scontri iniziarono dopo il ferimento di due immigrati africani da parte di sconosciuti con una carabina ad aria compressa. Si riporta di seguito una piccola intervista: Suleyman, so che hai lavorato 4 mesi a Rosarno, che tipo di esperienza hai fatto? <<Sono stati mesi molto duri. Prima di venire in Italia pensavo di trovare un lavoro facilmente. Ma ho scoperto che anche qui è difficile. Sono venuto qui per 2 interventi agli occhi costati 2800 euro. Io avevo una sartoria in Senegal, ho dovuto vendere tutto per pagare quelle cure in Italia, per questo sono rimasto qui in cerca di un lavoro. Dopo gli interventi un amico di mio zio senegalese mi ha chiamato e mi ha detto che potevo lavorare ad una raccolta di mandarini a Rosarno. Lui mi ha dato 50 euro per aiutarmi con i biglietti e sono andato. Ma l’amico di mio zio non è venuto ma è venuto un altro senegalese che mi è venuto a prendere alla stazione e mi ha portato in questo campo di mandarini.>> Dove dormivi, quali erano le tue condizioni di vita li? <<In una tendopoli di 288 posti letto, di cui ogni tendone con 6 letti gestita da un associazione chiamata “il mio amico jonatan” . In verità a lavorare al campo c’èrano più di 1000 africani, senegalesi ,maliani, marocchini, tunisini, ghanesi che si sono fabbricati un ghetto di baracche(una baraccopoli praticamente) dietro la tendopoli. L’acqua da noi ogni tanto non c’era e neanche la luce. E la notte faceva molto freddo. Io mettevo 2 giacche 3 pantaloni e 3 coperte per coprirmi, poi andavo nel ghetto a fare la doccia perché da noi i bagni erano rotti sporchi.>> Quali erano li le condizioni di lavoro in termini di orari e paga? <<Lavoravo nel campo a raccogliere mandarini ogni giorno dalle 8 di mattina alle 4 di pomeriggio, dal lunedì alla domenica, anche quando pioveva. Perché se tu non lavori loro ti mandano via e vanno a cercare un altro. Mi davano 25 euro al giorno (ovvero circa 3 euro l’ora). Io in realtà sono andato un mese prima che iniziasse la raccolta in quel campo, e ho lavorato in nero per un mese da un altro campo. Lavoravo dalle 8 fino alle 17 e mi pagavano ogni giorno 22 ,50.>> Come ti trovavi a Rosarno? <<A Rosarno c’’è razzismo. Una volta sono tornato di lavorare andavo con i piedi al campo e c’erano due ragazzi in motorino italiani che mi chiamavano. Io non ho risposto. Poi uno di loro è venuto da me e quando mi sono girato mi hanno detto “sei un cane!”, ma io non ho risposto e sono andato via. Anche tre africani sono morti nella strada con le loro bici. Li hanno investiti volontariamente. C’è anche un mio amico che è andato una volta nel bar per pagare un caffè e il barman gli ha dato un bicchiere di plastica e quando il barman glielo ha dato c’èrano altri italiani a cui ha invece dato un bicchiere di vetro. E lui non ha detto niente però ha guardato il barman negli occhi, gli ha dato un euro ed è andato via lasciando il caffè li, offeso da ciò che era accaduto. Li a Rosarno sono entrato poi nella “rete campagne in lotta” con italiani e africani insieme a lottare per i diritti dei lavoratori dei campi calabresi. Li mi sentivo veramente accolto. Anche qui ad Arte Migrante, quando sono tornato a Bologna, mi sono sentito accolto come un fratello. In questo gruppo non mi sento straniero, perché ci sono ragazzi e ragazze che hanno vissuto anche loro storie di emarginazione come me. Mi piace molto cantare, e sono contento di farlo perché vedo che anche gli altri del gruppo sono entusiasti di ascoltarmi! >>
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Bogdan Bogdan è un ragazzo rumeno, tra i fondatori e coordinatori del gruppo Arte Migrante. A causa della dipendenza dal gioco d’azzardo ha perso tutto (famiglia, relazioni, soldi) ed è finito in strada. Grazie al gruppo Arte Migrante ha trovato poi una via di riscatto. Ora vive e lavora nellla comunità d’accoglienza della parrocchia Sant’Antonio di Savena, dove gli incontri hanno sede. Mi piacerebbe sapere un po’ di più sulla tua vita di strada. Spesso succede che non avevo un posto dove dormire, e la sera cerchi il primo luogo dove puoi riposare di notte anche due ore, come ad esempio in stazione, imitavo un po’ la gente di strada. Cercavo anche di capire se in quel posto mi potevo fidare. A Verona i primi giorni ero a dormire in un parco, mi sono svegliato che qualcuno gridava aiuto aiuto e mi sono accorto che 10 ragazzi picchiavano 2 barboni che anche dormivano. Li picchiavano con pezzi di legno e quei ragazzi che picchiavano erano rumeni. Lo facevano solo per divertimento per finire la loro serata di sballi, allora ho cominciato a stufarmi e ad avere paura di tutti e a non fidarmi facilmente. Come ti sei sentito quando hai visto i tuoi connazionali compiere delle simili violenze sul senza tetto? Io avevo paura di me, sentivo una forza che mi portava e volevo andare la e picchiare quei dieci rumeni, sgridare e litigare. Però sapevo che era un coraggio da matti e pensavo che devo vivere per lottare un altro giorno. Ho cominciato a sentire che avevo anche un 6°senso, a percepire a capire anche oltre le cose. La paura mi faceva guardare più attento tutto, analizzare dieci volte e non avere paura. Se facevo delle cazzate sicuramente finivo male e il mio sogno era non finire male, non finire morto o in galera, non finire come un cretino. Mi sai dire qualcos’altro sulla “guerra tra poveri” che c’è tra italiani e stranieri nel mondo dei senza dimora? C’è più razzismo nella vita di strada, perché tanti si alzano, italiani senza tetto, arrabbiati con i marocchini e gli stranieri che vivono per strada che vivono meglio di loro. Loro pensano che non riescono a mangiare a dormire per colpa loro. Tutti vivono con questo sentimento di “sopravvivere” e questo ti permettere di vivere, non conta lo scopo, non conta il modo con quale lo fai, conta il risultato. Quanto l’esperienza come senza dimora incide sui valori e sul senso della vita? Si, chi vive tanti anni strada poi ad un certo punto pensa che può ammazzare una persona, che tanto peggio di così la mia vita come può andare e posso fare un fuoco, rubare, in certi momenti anche io pensavo cosi. Ci sono tanti italiani razzisti, ci sono persone però in generale che a causa dell’esperienza che hanno di vita sono diventai razzisti. Però ci sono anche persone che sono molto aperte che sono credenti e laici che sono capaci di accettare l’altro e ti guardano con rispetto e con pietà, e guardano “che uomo, che forte, che giovane è arrivato per strada, che sfiga da matti che ha avuto!!” anche senza conoscere la mia storia. Però il razzismo c’è in Italia come in Grecia. Secondo me non è diventato razzismo per rumeni per negri ma è un razzismo che guarda “per colpa di questo negro o rumeno, io non riesco ad avere un lavoro o una donna, è un razzismo diverso. “Guarda quella ragazza bella italiana che sta con quel negro, io ho un lavoro ho tutto, ho soldi in tasca e guarda lui bruttissimo!” E’ un razzismo di invidia, gelosia, legato ai soldi. Questo è il razzismo che ho visto io, “guarda i rumeni sono ladri vengono qui a fare solo casini a violentare le donne e ancora vanno avanti, noi perdiamo tutto a causa loro” pensano alcuni italiani. Io avendo questa vita agitata, vivendo per strada ho trovato la semplicità delle cose ho trovato il valore di un uomo di una persona, guadagnandomi il rispetto degli altri ho cominciato a rispettare a me di più. E ho visto che in un gruppo di Arte Migrante, dove tanti che rispettano insieme a te valori di semplicità, tanti che stanno bene hanno un lavoro una casa studiano la loro vita è un po’ sistemata. Non credo tanto che Arte Migrante cambierà adesso c’è bisogno di tempo per cambiare ma sono tanti che vivono per strada e hanno conosciuto il razzismo e hanno bisogno di essere guardati in un altro modo. Ad Arte Migrante incontrano invece persone che li guardano in un altro modo.
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Conclusioni Il gruppo Arte Migrante cerca dunque di creare occasioni di incontro tra persone di diversa nazionalità e provenienza sociale con il fine di creare un mondo diverso. Un mondo caratterizzato dall’incontro e dall’accoglienza reciproca usando l’arte e la relazione come forze unificanti e creative.
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