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PubblicatoMario Tonelli Modificato 9 anni fa
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Croccanti se cotte sulla graticola o farinose se bollite in una pentola d’acqua, le castagne conservano il gusto dei sapori antichi, delle tradizioni di una volta.
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Del resto, il castagno era un albero tenuto in grandissima considerazione, perché da esso si ricavava dell’ottima legna e soprattutto le castagne, che per diversi mesi all’anno servivano ad integrare la povera alimentazione delle famiglie contadine. Le castagne erano considerate un vero e proprio «pane del bosco».
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Gli anziani sapevano distinguere le diverse varietà di castagne, che maturavano in momenti differenti: c’erano le ostàne o ostanèle (cioè agostana, che si raccoglievano per prime), le balestrere (dalla caratteristica buccia rossa), le doaöle, le careàne. I castagneti venivano curati come giardini, si tagliava regolarmente l’erba e non si facevano crescere i rovi.
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Insomma, nella castagna c’è un po’ di storia bergamasca, di quelle tradizioni che si vorrebbe conservare e che oggi rivivono a fatica in poche fiere e sagre di paese. Come a Casale di Albino, in Valle del Lujo, da secoli terra di elezione delle castagne, dove il Gruppo Culturale «Amici di Casale» promuove da tempo il recupero e la valorizzazione della castagna, organizzando la «Sagra delle boröle»,
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la «Sagra dei Biligòcc», convegni e mostre tematiche sulla castagna, ma anche istituendo l’«area protetta del castagno», per la salvaguardia di un antico castagneto.
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LAVORAZIONE DEI BILIGOCC
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Sovente tecnologie avanzate e necessità mutano costume e habitat del nostro vivere, allontanando usi e tradizioni, obbligandoci a faticose ricerche e a non sempre facili e veritieri recuperi delle nostre radici. Ma fortunatamente per quanto andiamo a descrivere (castagneti e biligòcc della Valle del Lujo) non mancano attendibili documentazioni.
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Dal catasto Austriaco (1850 circa) rileviamo che se discreta era la quantità dei “castagni da frutto” sul lato destro del Serio e del Lujo perché integrati con altre culture, sul lato sinistro, alle pendici del Misma, del Pizzo, del Pranzà, notevole si presentava la copertura Sovente tecnologie avanzate e necessità mutano costume e habitat del nostro
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Dal catasto Austriaco (1850 circa) rileviamo che se discreta era la quantità dei “castagni da frutto” sul lato destro del Serio e del Lujo perché integrati con altre culture, sul lato sinistro, alle pendici del Misma, del Pizzo, del Pranzà, notevole si presentava la copertura.
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L’industrializzazione ha trasformato il territorio, migliorando sicuramente le condizioni di vita degli abitanti, ma ha inevitabilmente ridotto l’attività agricola della valle, trascurando sovente la cura dei boschi.
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E se delle castagne ne abbiamo perso il consumo, vediamo di ricordarle per nomi e specie diversificandole in careàne (le più grosse), balestrere (di consumo più comune), ostane, rosere, beline e doaole. Non tutte le qualità si prestano all’”operazione biligòcc”, secondo gli esperti le migliori sono le “ostane” e le “careàne”careànebalestrereostanerosere belinedoaole
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Ma vediamone storia e trasformazione iniziando da Poscante, patria dei biligòcc. E’ in questa piccola località della Valle Brembana, nonché frazione del comune di Zogno che, secondo alcuni appassionati di storia antica, affonda la sue radici la secolare tradizione orobica.
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Racconta a tale proposito che nel medioevo un contadino di “Poscantum” (Poscante) (la denominazione appare in un atto del 1249) volle sperimentare un procedimento per poter gustare la fragranza di questi frutti anche fuori stagione
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Quanto ci sia di vero in questo singolare racconto non lo sappiamo ma è certa la prima citazione (1490) di Giovanni Bressani, poeta vernacolo, che scrive:
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Gne con tal desideri Sant’Antoni Per vèend biligòcc, pom e castegni pesti, Da Poltranga a Surisel specie i doni Gne ai desidera ch’as faghi di festi.
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