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DESTRA E SINISTRA hegeliana
La scuola del maestro
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La scuola di Hegel Hegel muore nel 1831, al culmine della sua fama filosofica. Dal 1827 i suoi seguaci hanno fondato gli «Annali della critica scientifica» in cui l’hegelismo diventa un criterio guida per lo studio di tutte le scienze allo scopo di creare quel compiuto sistema delle scienze o del sapere che è il grande obiettivo dello sforzo filosofico del professore di Stoccarda.
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La spaccatura Tuttavia ben presto i seguaci di Hegel si dividono. Complice di tale divisione è il complicato periodo storico che stanno vivendo, con una Francia protagonista di una nuova rivoluzione borghese (1830) e una Prussia di Federico Guglielmo III Hohenzoellern ( ) che invece mostra di farsi paladina della tradizionale monarchia assoluta legittimata da un riferimento fondativo alla religione cristiana. È ben sulla questione religiosa e sui suoi riflessi politici che matura il distacco degli allievi cosiddetti di destra e di quelli cosiddetti di sinistra.
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Destra e sinistra La classificazione che vede distinguersi una destra da una sinistra hegeliana è dovuta a David Strauss, il quale prende per essa spunto dalla divisione interna al parlamento rivoluzionario di Parigi. Destra sarebbe la parte più politicamente conservatrice mentre sinistra quella progressista e «aperta». Ma la tematica iniziale è appunto pre-politica cioè religiosa.
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David Strauss A partire dalla sua Vita di Gesù, Strauss elabora un’interpretazione «liberale» dei Vangeli, nei quali Gesù non è altro che il riflesso delle aspirazioni e dei modi di vedere il mondo delle prime comunità cristiane che ne hanno fatto il criterio di come dovrebbe essere l’uomo perfettamente realizzato in ogni suo aspetto. Sono queste comunità ad avere espresso i Vangeli e ad aver prodotto la loro ideologia, facendo di Gesù una sorta di simbolo della ricerca di una umanità affratellata e pacificata, che connota in generale il cammino di tutti gli uomini e la speranza dei primi cristiani. Così nel Cristo si assommano tutti i più alti ideali di virtù, compreso quello di una straordinaria capacità di affrontare la calunnia, l’ignominia e la morte a beneficio di tutti gli altri uomini. Ogni elemento di trascendenza è confinato nel mitologico, come forma letteraria il coi contenuto è in realtà esclusivamente morale.
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La polemica Una così ardita interpretazione che destituisce i Vangeli di ogni consistenza storica e Gesù di ogni trascendenza suscita una vasta polemica. Da un lato i sostenitori di Strauss che si collocano a sinistra e vedono nell’opera del collega un viatico al generale e definitivo superamento della religione, dall’altro i suoi detrattori di destra che vedono in essa un tradimento dell’autentico spirito hegeliano.
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La questione della religione e del cristianesimo
Le posizioni in campo si contrappongono in base ad una diversa interpretazione del maestro. Come si sa, la religione è in Hegel la penultima tappa nel cammino della coscienza verso il sapere assoluto. Essa si oppone all’arte, che è intuizione sensibile del vero, e coincide invece con una rappresentazione interiore e «narrata» della stessa verità. La filosofia tuttavia, costituendo il terzo superiore rispetto a detta antitesi, nega la religione e la supera nel concetto, che è il luogo di conciliazione delle precedenti visioni unilaterali.
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L’Aufhebung hegeliana di arte e religione
Il problema è che l’Aufhebung hegeliana, cioè il terzo momento della dialettica, è al tempo stesso superamento e negazione, da un lato, e mantenimento e conciliazione, dall’altro. Orbene la sinistra insiste nel sostenere che superare significa negare e passare ad altro, cioè ad una completa deteologizzazione della filosofia, mentre la destra ritiene che nella filosofia i dogmi religiosi cristiani vengano mantenuti e giustificati sul piano razionale.
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Secolarizzare o scoprire l’origine teologica dei concetti filosofici?
Bruno Bauer, noto esponente della sinistra Hegeliana rileva nel suo La tromba del giudizio universale contro Hegel ateo e anticristo. Un ultimatum (1841), che i concetti filosofici nel pensiero hegeliano assumono connotati estremamente differenti rispetto alla loro corrispondente origine teologica. La Trinità, per esempio, è reinterpretata come lo sviluppo dialettico immanente alla storia. Lo Spirito è la stessa realtà riconciliatasi dopo essersi scissa e alienata, così come il Padre si è scisso e alienato nel Figlio. Così la storia sacra, da cui i concetti teologici sono evinti, non è altro che la narrazione mitologica e fiabesca del cammino dell’autocoscienza, una narrazione di cui l’uomo giunto alla maggiore età della filosofia non ha più bisogno. La religione pertanto subisce un processo di secolarizzazione filosofica che rappresenta un definitivo progresso e il presupposto per il suo abbandono.
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Teologia e filosofia in G. A. Gabler
Gli esponenti più noti della destra sono Karl Rosenkeranz, autore di una monumentale biografia filosofica del maestro uscita nel 1844, i filosofi G. A. Gabler, F. W, Carové e gli storici della filosofia K. L. Michelet e J. E. Erdmann. Gabler in particolare, nella prolusione De verae philosophiae erga religionem Christianam pietate, con cui inaugura il suo insegnamento alla cattedra berlinese di filosofia che era stata di Hegel, sostiene che la filosofia non può prescindere dalla religione.
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La filosofia non può prescindere dalla religione
«Ac verum est quod iam Hegelius pronuntiavit, cum Germanam sive Christianam philosophiam toto genere disiungens ab antiqua haec fere diceret: «Quod ita in generis humani consuetudinem evaluisset, ut omnium conscientiam teneret, sensus omnes atque animus repleret, vita hominum publice privatimque regeret, ingenia, mores, cogitationes formaret, ab eo nec philosophiam ita potuisse recedere, ut aliud sequeretur aliudque vel insitum sibi vel subiectum haberet».
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L’identità di filosofia e religione quanto ai concetti e al contenuto
La filosofia, trattando delle cose più importanti della vita umana, non può prescindere dalla religione che queste cose ha sempre approfondito. Ciò avviene in modo tale che, se ci badiamo, la filosofia finisce coll’esibire la radice interamente teologica dei propri concetti - si veda in special modo quello hegeliano di Spirito - e col coincidere con una più estesa esposizione delle sue verità.
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La questione politica: Hegel
Così come in religione, anche in politica, si riproduce un vivace dibattito. Il problema è se accettare l’ordine politico esistente. C’è stata anche qui una certa ambiguità nella riflessione del maestro, che ha consacrato la monarchia costituzionale prussiana come la più alta forma di governo, da un lato, e dall’altro ha dimostrato simpatia verso quel movimento rivoluzionario che ha impresso da Parigi nel 1789 una svolta alla storia dell’umanità e un’accelerazione del tutto coerente con il principio della storia come processo di continuo rinnovamento e divenire delle forme, anche politiche.
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Dialettica e conservazione
Peraltro l’ambiguità potrebbe essere notata nel profondo della riflessione hegeliana. Infatti se si concepisce anzitutto la dialettica come dinamica che conduce alla conciliazione e pacificazione degli opposti, si avranno dottrine che politicamente saranno inclini a considerare l’esistente come la condizione ottimale della società. Quindi si otterrà, come esito, una prospettiva conservatrice.
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Dialettica e rivoluzione
Viceversa, se si considera la dialettica come fluidificazione di ogni staticità, come negazione dinamica dell’essere per produrre moti e cambiamenti, si otterrà una posizione politica tendenzialmente rivoluzionaria. Così avviene nel caso di Arnold Ruge ( ). Egli arriva a determinare in Hegel la contraddizione tra metodo dialettico e sistema. Il metodo dialettico è ritrovare nella realtà una logica del divenire che la apre continuamente verso nuove configurazioni. Dialettica è allora negazione dell’esistente e fondamento di una critica rivoluzionaria alla società contemporanea. Essa implica la dissoluzione di ogni sistema chiuso, fosse anche la chiusura cui si perviene con la conciliazione degli opposti.
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La conciliazione a venire
In effetti la conciliazione e l’identità hegeliana di reale e razionale non vanno in questa logica considerati come la giustificazione dello stato presente delle cose. Infatti razionale non è il reale così come si presenta qui ed ora, ma «il nocciolo sostanziale di ciò che è» (Strauss), cioè la meta che lo sviluppo vuole conseguire, la verità verso cui tende lo sviluppo. Così la conciliazione non è un riposarsi sugli allori di ciò che è di volta in volta raggiunto, ma cogliere la contraddizione dello stato presente - per esempio le ingiustizie, le sperequazioni, le istituzioni oppressive – per vedere la necessità di un loro superamento. Dialettica vuol dire lottare per il superamento futuro delle contraddizioni che si dà solo nella trasformazione rivoluzionaria della realtà.
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Destra e sinistra un’opposizione epocale
Se la destra hegeliana va esaurendosi in una scolastica sostanzialmente infeconda, essa tuttavia rimane importante per ricordare il cattivo infinito secolarizzato e nichilista in cui il rivoluzionarismo della sinistra rischia di cadere. Una rivoluzione che attinge all’energia anti-adattiva nascosta nelle pieghe della stessa razionalità storica, e che rappresenta una straordinaria potenza modellatrice dei tempi – come dimostreranno Marx, ma anche Gentile – rischia nondimeno di dare sfogo ad una «tracotanza» contro lo spirituale e l’ideale che finiscono per trascinare l’uomo nelle spire di una concezione puramente biologica e tecnica della vita. A forza di liberare, a forza di negare si giunge a quella furia del dileguare che è la cifra dell’odierno capitalismo, contro il quale non la laïcité di sinistra, ma la ferma religiosità della destra risulta veramente efficace. L’una e l’altra risultano essere al tempo stesso ricche e unilaterali: ricca di energia propulsiva la sinistra ma povera quanto a concezione antropologica; ricca di trascendenza e energia spirituale la destra, ma storicamente acquiescente e politicamente statica la destra. Se dunque l’opposizione di destra e sinistra molto ha influito sulla storia europea del 8-900, sovrapponendosi all’omonima dicotomia politica, è perché ha il carattere di qualcosa di profondamente radicato nello spirito del nostro tempo. Nel suo superamento sta forse il segreto per uscire dalla sua crisi e dalla sclerosi delle sue istituzioni.
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