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Comunicazione Interculturale e Multimediale
Università degli Studi di Pavia Corso di Laurea Interfacoltà in Comunicazione Interculturale e Multimediale Il Cinema allo specchio: il concetto di Autoriflessività Relatore: Professor Vincenzo Buccheri Correlatore: Professor Paolo Jachia Tesi di laurea di: Silvia Colella Anno
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Obiettivi Obiettivo Primo / Parte Prima:
Definire il concetto di Autoriflessività, dalle origini a oggi, anche dal punto di vista semiotico Rassegna di film di genere ed epoca differenti Obiettivo Secondo / Parte seconda: Analisi dell’ Autoriflessività Confronto tra cinema classico, moderno e postmoderno
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Le origini: sguardo al teatro
Bertolt Brecht teatro epico vs teatro classico Spettatore esterno al dramma educare uno spettatore attivo e pensante Spettatore coinvolto nel dramma identificazione con i personaggi Personaggio: espressione di volontà/desiderio individuale Personaggio: epifenomeno di un processo Sociale Il primo a parlare di autoriflessività è il drammaturgo tedesco Bertolt Brecht. Il teatro brechtiano respingeva il teatro classico (tradizionale o “aristotelico”). Mentre nel teatro epico lo spettatore doveva rimanere esterno al dramma, con lo scopo di educare uno spettatore pensante e attivo, nel teatro classico si cerca di assorbire completamente lo spettatore chiedendogli di identificarsi con i personaggi. Un’ altra differenza la si trova nel personaggio, da una parte è un epifenomeno di un processo sociale, dall’ altra è espressione di una volontà e di un desiderio individuale. Per quanto riguarda invece la strategia narrativa, in quello epico la dominante è di montaggio, una giustapposizione di unità indipendenti; in quello classico è uno sviluppo organico, l’ evoluzione di una struttura omogenea. Nel primo il modo è un’ argomentazione, nel secondo una rappresentazione. Brecht inoltre propone un’ assoluta autoriflessività che va a respingere l’ arte illusionistica del teatro classico. Strategia narrativa: montaggio Strategia narrativa: struttura omogenea Argomentazione Rappresentazione Autoriflessività Arte illusionistica
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Definizione di Autoriflessività
Principio secondo cui l’ arte rivela la propria costruzione: gli eventi finzionali non sono rielaborati ma accaduti Teatro brechtiano: Autoriflessività è quel principio secondo cui l’ arte rivela i criteri della propria costruzione, per evitare l’ inganno di suggerire che gli eventi finzionali non sono rielaborati ma semplicemente accaduti. Il teatro brechtiano, in questo spirito, mostrava non solo le fonti di illuminazione e l’ impalcatura delle scenografie ma anche i principi narrativi ed estetici sottesi al testo. fonti di illuminazione impalcatura scenografica principi narrativi ed estetici
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Dal Teatro al Cinema Film Medium che costruisce
L’ autoriflessività è il processo in cui si rappresenta il cinema nell’ atto stesso del suo farsi sotto gli occhi dello spettatore e del suo darsi Capacità del film di porre l’ attenzione su sè stesso come qualcosa che costruisce Film Medium che costruisce Applicata alla pratica audiovisiva, l’ autoriflessività si riferisce al processo in cui si rappresenta il cinema nell’ atto stesso del suo farsi e del suo darsi. E’ quella capacità del film di porre l’ attenzione sulla propria esistenza come qualcosa che costruisce. Ecco perché si può parlare del film come edium che costruisce. Il termine lo si può paragonare all’effetto realizzato tenendo uno specchio davanti un altro specchio, di modo che l’ immagine riflessa è duplicata su di sé, formante una galleria apparentemente infinita dei riflessi dello specchio. Metafora dello Specchio: Specchio davanti un altro specchio, l’immagine riflessa è duplicata su di sé, formante una galleria infinita di riflessi dello specchio
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Dal Teatro al Cinema Capacità di un mezzo di comunicazione di citare il proprio background Film che si ripiegano su sè stessi (etimologia: latino reflexio/reflectere, “ripiegarsi su”) Film che parlano di loro stessi (enunciati) Film che svelano il processo produzione-enunciazione Film che metacomunicano il loro codice Espressione della mise en abyme, forma più denotativa dell’ autoriflessività Con altre parole autoriflessività è la capacità di un mezzo di comunicazione di citare il proprio background e il proprio universo medilogico. Si tratta di film che si ripiegano su sé stessi, ovvero parlano di loro stessi in quanto enunciati, svelano il loro processo di produzione-enunciazione e infine di film che metacomunicano il loro codice. Sono espressione della Mise en abyme, la forma più denotativa dell’ autoriflessività. E’ la cosiddetta costruzione in abisso, che significa un film dentro un film, ovvero quel processo in cui i testi mettono primo piano il loro farsi, la propria autorialità e produzione, processi testuali e la ricezione. “Costruzione in abisso” un film dentro un film: processo in cui i testi mettono in primo piano il loro farsi, la propria autorialità, produzione, processi testuali e ricezione
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Autoriflessività e Semiotica
Approccio semiotico un’ opera autoriflessiva è un testo che mostra i codici della propria costruzione spettatori consapevoli dei codici Film: enunciazione evento in sé stesso atto linguistico Dal punto di vista semiotico un’ opera autoriflessiva è un testo che mostra apertamente i codici della propria costruzione. Un requisito preliminare per un’ opera da interpretare autoriflessiva è che anche i relativi spettatori devono mostrare una consapevolezza dei codici. Il film comincia ad essere considerato un’ enunciazione (consente ad un film di prender forma, di palesarsi, di autorispecchiarsi), un atto linguistico (processo che dà corpo e modella un film: scrittura e produzione), non la raffigurazione di fatti ma piuttosto un evento in sé stesso; un evento che partecipa alla costruzione di un determinato tipo di soggetto. Vero centro di interesse diventa il film come testo filmico. Incisiva l’ affermazione di Bartes, secondo il quale il testo è una produzione in fieri che assorbe allo stesso modo lo scrittore e il lettore. “…produzione in fieri che assorbe scrittore e lettore” (R. Barthes) Film Testo Filmico
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Forme di Autoriflessività
Diretta Il cinema rappresenta sé stesso nei vari momenti della propria esistenza (dall’ ideazione e dalle riprese sul set alla proiezione in sala ) Film sull’ occhio meccanico cinematografico Film dentro il film Indiretta Il cinema rappresenta le altre arti (pittura, teatro, letteratura) Il cinema da quando è nato ha cominciato a parlare di se stesso, ha quindi una vocazione autoriflessiva più spiccata rispetto alle altri arti. Ci sono due forme di autoriflessività: quella diretta, dove il cinema rappresenta sé stesso nei vari momenti della propria esistenza: dal’ ideazione e dalle riprese sul set alla proiezione in sala. All’interno dell’ autoriflessività diretta due delle tipologie da me analizzate ci sono: film sull’occhio meccanico cinematografico e film dentro il film. L’ altra forma di autoriflessività è quella indiretta, dove il cinema non rappresenta il cinema ma le altri arti,come la pittura, il teatro e la letteratura. Si autoriflette l’ artista nel suo essere artista, i meccanismi con cui un’opera d’arte si crea e soprattutto il rapporto che si instaura tra l’artista e la sua opra. Due tipologie: film sul teatro e film sulla rappresentazione pittorica. Si autoriflette l’artista nel suo essere artista, i meccanismi con cui un’ opera d’ arte si crea e il rapporto che si instaura tra l’ artista e la sua opera Film sul teatro Film sulla rappresentazione pittorica
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Autoriflessività Diretta
Film sull’ occhio meccanico cinematografico La palla numero 13 (Shrlock Junior, B. Keaton, 1925) Operatore di cabina, aspira a diventare detective, si addormenta durante la proiezione e sogna di entrare nel film analogia sogno/film magia del montaggio Fondamento illusorio della macchina-cinema m. d. p. Un primo esempio di film autoriflessivo è la palla numero 13 di Keaton del Un operatore di cabina, che aspira a diventare un detective, si addormenta durante la proiezione e sogna di entrare nel film che sta vedendo il pubblico di un cinema. Questo film offre una riflessione sull’analogia sogno/film e a livello autoriflessivo pone l’ attenzione sulla magia del montaggio: Il personaggio, infatti, si trova ad attraversare, a essere sballottato tra gli spazi discontinui e imprevedibili che crea il montaggio (da un deserto a un mare in burrasca, nel mezzo del traffico della città fino all’estremità di un precipizio roccioso) Keaton denuncia le convenzioni del linguaggio delle immagini, in particolare del montaggio, come a suggerire il fondamento illusorio della macchina-cinema. La m.d.p. è un occhio che conosce e fa conoscere la realtà, il suo compito è quello di trasformare le cose in una fantasia. Quindi il cinema come macchina per stampare il sogno. Occhio meccanico che conosce e fa conoscere la realtà, trasforma le cose in una fantasia “macchina per stampare il sogno”
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Autoriflessività Diretta
Film dentro il film Effetto Notte (La nuit amèricaine,F. Truffaut, 1973) A Nizza, negli stabilimenti di La Vittorine, il regista Ferrand gira “Vi presento Pamela” amore per il cinema = amore per la vita problemi della lavorazione rapporti personali tra i vari componenti della troupe storia del film nel film Un film dentro un film invece è effetto notte di Truffaut del A nizza il regista Ferrand gira un film vi presento pamela. E’ un film traboccante d’amore per il cinema, che nell’autore coincide con l’amore per la vita. Dal primo all’ultimo giorno delle riprese i problemi della lavorazione si alternano con i rapporti personali tra i vari componenti dell troupe e con la storia del film nel film. Ad emergere è la figura del regista cinematografico, il suo lavoro e le sue funzioni che sono assai complesse. Nel corso del film il regista Ferrand, interpretato dallo stesso Truffaut ad un certo punto dice: Che cos’è un regista?un regista è un tale al quale vengono poste in continuazione domande, domande su tutto. emerge la figura del regista cinematografico, il suo lavoro e le sue funzioni “Che cos’ è un regista?Un regista è un tale al quale vengono poste in continuazione domande, domande su tutto” (F. Truffaut)
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Autoriflessività Indiretta
Film sul teatro Shakespeare in love (J. Madden 1593) Ambientato a Londra nel 1593, Will Shakespeare è in crisi creativa. Incontra Lady Viola, nella quale trova la sua musa ispiratrice e finisce il suo dramma d’amore, Romeo and Juliet. Shakespeare è raccontato come sceneggiatore del ‘900, commediografo, attore, impresario e regista. Per la tipologia film sul teatro ho esaminato Shakespeare in love. Ambientato a Londra nell’ estate del 1593, will shakespeare è in crisi creativa. Trova la sua musa ispiratrice in Lady Viola e riesce a finire il suo dramma d’amore romeo and juliet. Shakespeare è raccontato come un sceneggiatore del ‘900, poeta borghese, commediografo, attore, impresario e regista. E’ un film che tende al gioco metalinguistico: nella cornice della storia d’ amore tra lo scrittore e la giovanissima Lady Viola, che si intreccia con l’ opera d’arte, si intesse una trama di citazioni. Gioco metalinguistico Nella cornice di una storia d’ amore che si intreccia con l’ opera d’arte, si intesse una trama di citazioni
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Autoriflessività Indiretta
Film sulla rappresentazione pittorica Il mistero Picasso (Le mistère Picasso, Clouzot, 1955) Il regista registra direttamente la genesi di un quadro che nasce sotto gli occhi dello spettatore Picasso non viene spiegato ma mostrato “vedere un artista al lavoro dà la chiave della sua arte” (Clouzot) Film sulla rappresentazione pittorica è Il mistero Picasso dove il regista registra direttamente la genesi di un quadro che così nasce poco a poco sotto gli occhi dello spettatore. Il film di Clouzot non spiega Picasso ma lo mostra, come dice lo stesso regista, vedere un artista al lavoro può dare la chiave della sua arte. Ciò che viene rivelato è come il pittore è arrivato a fare del suo quadro quello che è. Il mistero picasso è costruito sulla contemplazione dell’opera in creazione, del work in progress: letteralmente non succede nulla, nient’altro che la durata della pittura del quadro. Viene rivelato come il pittore è arrivato a fare del suo quadro quello che è Cotemplazione dell’ opera in creazione (“work in progress”)
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Autoriflessività a confronto
Cinema Classico Cantando sotto la pioggia (Singing’ in the rain, S. Donen e G. Kelly, 1952) Ambientato ad Hollywood negli anni ’10, in un’ industria cinematografica alla vigilia del sonoro. Storia del passaggio dal cinema muto al sonoro raccontata attraverso le disavventure di due star. Invenzione del doppiaggio Riflessione del film come fabbrica di sogni La seconda parte del mio lavoro verte sull’ analisi dell’ autoriflessvità, dove ho messo a confronto tale concetto nelle tre epoche storiche del cinema, rispettivamente classico, moderno e postmoderno. Per il cinema classico ho preso ad esempio cantando sotto la pioggia. Ambientato ad Hollywood durante gli anni ’10, in un’ industria cinematografica alla vigilia della rivoluzione del sonoro. L’ idea centrale del film è la storia del passaggio del cinema muto al sonoro raccontata attraverso le disavventure di sue star. Fra le tante invenzioni apportate dal sonoro c’è il doppiaggio: una vera e brava cantante infatti darà la sua voce alla diva. Appaiono inoltre a breve distanza una riflessione sul cinema come fabbrica dei sogni, nella sequenza in cui Don, il protagonista fa la sua dichiarazione d’amore a Kathy nello studio hollywoodiano, che viene preparato dallo stesso Don come se fosse per un film. e in forma autoriflessiva invece l’ identificazione del sonoro con il musical, nella sequenza del maestro di dizione. Identificazione sonora con il musical Sequenza del maestro di dizione
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Autoriflessività a confronto
Cinema Moderno La bella scontrosa (La belle noiseuse,J. Rivette, 1981) Quando gli arriva in casa la bella Marianne, Frenhofer, pittore in crisi d'ispirazione, la prende a modella per un quadro che sia sintesi e traguardo finale di una vita intera. Artista Opera Opera Ciò che rappresenta Soggetto Oggetto Per quanto riguarda il cinema moderno, un esempio è la bella scontrosa che racconta di un pittore in crisi, che ritrova l’ ispirazione quando gli arriva in casa la bella Marianne, la prende come modella per un quadro che sia sintesi e traguardo finale di una vita intera. Questo film è la fine dell’ unione piena tra l’ artista e l’ opera, tra l’ opera e ciò che rappresenta , tra soggetto e oggetto, tra uomo e donna. Inoltre il rapporto ambiguo tra l’ artista e la modella è la trasparente metafora della relazione di un regista con i suoi attori. In entrambi i casi si odiano i compromessi e si è estremamente esigenti nella ricerca della verità artitica. Uomo Donna Il rapporto ambiguo tra l’ artista e la modella è la trasparente metafora della relazione di un regista con i suoi attori Ricerca della verità artistica
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Autoriflessività a confronto
Cinema Postmoderno Barton Fik (Barton Fink-E’ successo a Hollywood, Coen, 1991) 1941: un giovane commediografo ebreo di New York chiamato a Hollywood per scrivere la sceneggiatura di un film ma è in preda a un blocco creativo. Ricostruzione della Hollywood del 1941 (difficile è la vita per un autore a Hollywood) Problemi legati ai meccanismi della ispirazione in un autore Un esempio di cinema postmoderno è barton fink. Nel 1941 un giovane commediografo ebreo di New York è chiamato a Hollywood per scrivere la sceneggiatura di un film ma è in preda a un blocco creativo. In questo film si dipanano e si incrociano due storie, due linee direttrici: la prima è quella della ricostruzione della Hollywood del 1941, dove Barton si trova a sperimentare in prima persona quanto sia difficile la vita per un autore a Hollywood. L’ altra tocca i problemi legati ai meccanismi della ispirazione in un autore, che si trasformano nel terrore della pagina bianca, l’angoscia di non riuscire a formulare un soggetto, di essere divenuti quindi sterili di fantasia. Barton fermo davanto alla macchina per scrivere fissa il foglio bianco e la parete. Da sottolineare è la dimensione dell’assurdo che attraversa l’intero film. Terrore della pagina bianca Sterili di fantasia Dimensione dell’ assurdo
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Conclusioni Autoriflessività Classica Autoriflessività Moderna
Stile trasparente-neutro (oggetto guardato) Coinvolgimento emotivo dello spettatore AUTORIFLESSIVITA’ FITTIZIA: si accontenta di uno spettatore passivo che si lascia attraversare dall’ opera Autoriflessività Moderna Stile opaco-metalinguistico (l’ io che guarda) Uso di procedimenti stranianti Analizzati i tre esmpi di film, rispettivamente di epoca classica, moderna e postmoderna e avendo confrontato le diverse tipologie di scrittura del testo filmico, si può concludere che: Nell’ autoriflessività classica lo stile è trasparente-neutro, funzionale al racconto, la centralità è posta sull’oggetto guardato; si cerca di ottenere un coinvolgimento emotivo dello spettatore, che si annulla nella storia. Si può parlare quindi di un autoriflessività fittizia, ovvero si intende che ci si accontenta di uno spettatore passivo che si lascia attraversare dall’ opera. Nell’ autoriflessività moderna, lo stilo è opaco-metalinguistico, la centralità è posta sull’ io che guarda. Si fa largo uso di procedimenti stranianti e di esibizioni dell’artificio: allo spettatore non si chiede di annullarsi nella storia bensì di essere presenta e conservare un certo distacco, interpretando ed elaborando quel che vede. Esiste cioè la volontà di far capire che ciò che si sta guardando è una costruzione, una messa in scena. Ne consegue quindi una partecipazione attiva dello spettatore. Distacco dello spettatore, che interpreta ed elabora quel che vede Esibizioni dell’ artificio Volontà di far capire che ciò che si sta guardando è una costruzione, finzione Partecipazione attiva dello spettatore
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Conclusioni Autoriflessività Postmoderna
Contaminazione di stili diversi (atto stesso del guardare) L ‘illusione è consapevole, denunciata, messa in scena Lo spettatore viene sedotto AUTORIFLESSIVITA’ AUTENTICA: elegge uno spettatore attivo e pensante «Dunque un mezzo ha la facoltà di guardarsi allo specchio solo quando si è già affermato e sa di poter contare sulla complicità del proprio pubblico, o per meglio dire, quando è consapevole di avere di fronte un fruitore che gode non solo ingenuamente del dispositivo semantico del testo, ma è in grado di valutare criticamente le intenzioni dell’opera». (A. Grasso) Da ultimo, nell’autoriflessività postmoderna è presenta una contaminazione di stili diversi: si passa dall’oggetto guardato(classico), all’io che guarda(moderno), all’ atto stesso del guardare. Qui l’illusione è consapevole, denunciata, messa in scena. Lo spettatore viene sedotto grazie ad una costante messa in scena. Si può parlare di autoriflessività autentica, che elegge uno spettatore attivo e pensante, che è chiamato a riflettere sulla propria condizione spettatoriale. Mi sembra doveroso concludere con le parole di Aldo Grasso che definiscono quando un mezzo è in grado di autoriflettersi, quando quindi può guardarsi allo specchio. Un mezzo ha la facoltà di guardarsi allo specchio solo quando si è già affermato e da di poter contare sulla complicità del prorio pubblico, quando è consapevole quindi di avere di fronte un fruitore che gode non solo ingenuamente del dispositivo semantico del testo, ma è in grado di valutare criticamente le intenzioni dell’opera.
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