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Stile di vita e malattie reumatiche

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Presentazione sul tema: "Stile di vita e malattie reumatiche"— Transcript della presentazione:

1 Stile di vita e malattie reumatiche
Chiara Tani U.O. Reumatologia, Pisa

2 Di cosa parleremo Che cosa si intende per “stile di vita”
Importanza degli stili di vita nello stato di salute Stili di vita nelle malattie reumatiche Lo stile di vita può determinare l’insorgenza di una malattia reumatica? Lo stile di vita influenza il decorso di una malattia reumatica?

3 SALUTE "Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità" OMS, 1948 “la capacità di adattarsi e autogestirsi” (2009) “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non una mera assenza di malattia o infermità”. Questa definizione di salute fu coniata all’atto della costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel luglio 1946 ed entrò in vigore il 7 aprile 1948, data in cui l’OMS entrò nell’orbita delle Nazioni Unite.
Una definizione ampia e generale, che rimosse il dualismo concettuale “salute-malattia” e offrì una visione dello “stato di benessere” di un individuo o di una popolazione non limitato alla componente somatica e non unicamente correlato con l’intervento sanitario. La salute è dunque concepita come il prodotto complessivo e coordinato di una serie di condizioni e azioni che fanno capo a vari settori della vita civile e sociale di un paese e di una comunità. Una visione moderna e veramente profetica, se si pensa a quando fu elaborata,  anticipando di quasi mezzo secolo il dibattito sui determinanti sociali di salute. Il dibattito verte soprattutto sull’aggettivo “completo” contenuto nella definizione di salute dell’OMS : l’aspirazione a una sorta di perfezione del benessere  appare un obiettivo troppo distante dalla realtà e di conseguenza difficilmente misurabile. Il fatto è che il quadro epidemiologico è profondamente mutato da quando fu concepita la definizione dell’OMS: erano gli anni quaranta del secolo scorso, la popolazione era “giovane”, prevalevano le malattie acute, iniziavano a diffondersi gli antibiotici e l’idea che lo scopo della medicina fosse principalmente quello di guarire e di portare alla “restitutio  ad integrum” era dominante e giustamente fondata. Oggi, con una popolazione sempre più “vecchia” e con un numero crescente di persone affette da una o più malattie croniche,  quell’aggettivo “completo” rende il “benessere” – cioè  la “salute” – una condizione poco realistica, addirittura astratta. La discussione degli esperti alla conferenza olandese ha portato ad un ampio consenso per lo spostamento dall’attuale formulazione statica verso una formulazione più dinamica basata sulla capacità di fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio equilibrio e senso di benessere. La visione preferita di salute è stata “la capacità di adattarsi e autogestirsi”. Concetti, a dir la verità, non del tutto nuovi. Nel 1943 un medico e filosofo francese, Georges Canguilhem, aveva pubblicato un libro dal titolo “Il Normale e il Patologico”, dove il concetto di salute è proprio associato alla capacità di adattarsi all’ambiente. “La salute non è un’entità fissa. Essa varia per ogni individuo in relazione alle circostanze.  La salute è definita non dal medico, ma dalla persona, in relazione ai suoi bisogni funzionali. Il ruolo del medico è quello di aiutare le persone ad adattarsi alle nuove condizioni.” È dunque il singolo paziente, non il medico, l’autorità legittimata a  definire i propri bisogni e il medico diventa un partner in questa operazione .  Avendo rimpiazzato la perfezione con l’adattamento noi ci avviciniamo a un programma per la medicina più comprensivo, solidale  e creativo, un programma al quale tutti noi possiamo contribuire. “Come dovremmo definire la salute? (How should we define health?)”. Questo il titolo di un articolo sul BMJ[1] pubblicato a fine luglio dello scorso anno e forse per questo passato quasi inosservato, a causa della stagione estiva, pur avendo meritato l’editoriale di apertura del direttore Fiona Godlee[2]. Gli autori  (Machteld Huber e colleghi, tutti olandesi) riportano i concetti sviluppati nel corso dei lavori di una Conferenza Internazionale (“Invitational Conference ‘Is health a state or an ability? Towards a dynamic concept of health.”) svoltasi a L’Aia (Olanda) il 10 e 11 dicembre 2009[3]. In estrema sintesi, l’articolo di BMJ sostiene che la definizione di salute dell’OMS formulata nel 1948, che vede la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non semplicemente assenza di malattia o infermità”, non è più adatta allo scopo, considerato il radicale cambiamento del quadro nosologico, caratterizzato dal dominio delle malattie croniche.  La proposta è quella di sostituire la storica definizione di salute con: “la capacità di adattarsi e autogestirsi”. Riportiamo i brani più significativi dell’articolo (in corsivo, tra virgolette) con alcuni nostri brevi commenti. Nel primo paragrafo dell’articolo sono trattate le limitazioni della definizione WHO. “La maggior parte delle critiche alla definizione dell’OMS riguarda l’assolutezza del termine ‘completo’ in relazione al benessere. Il primo problema è che esso contribuisce involontariamente alla medicalizzazione della società. Il requisito per una salute completa “lascerebbe malati la maggior parte di noi per la maggior parte del tempo.”  Tutto ciò da forza alle spinte della tecnologia medica e delle industrie farmaceutiche, in collaborazione con le organizzazioni professionali, a ridefinire le malattie, ampliando così gli ambiti del sistema sanitario. Le nuove tecnologie di screening rilevano anomalie a livelli che non potrebbero  provocare malattie e le aziende farmaceutiche producono farmaci per ‘condizioni’ che precedentemente non venivano definite come problemi di salute.” Personalmente ci troviamo per molti versi d’accordo con queste affermazioni, e più volte Salute Internazionale ha sottolineato l’attuale forte condizionamento del “mercato delle malattie” ad opera delle aziende e dell’industria (Vedi il tag salute e mercato).  È  anche esperienza comune constatare che effettivamente l’aspirazione “alla salute perfetta-completa” ha comportato in molti casi l’esasperata ricerca di un “diritto assoluto”; questo in realtà si è tradotto in un’affannosa e sempre insoddisfatta ricerca di risposte in sempre più ampie sommatorie di prestazioni mediche (soprattutto, nei sistemi in cui sono tutto sommato di accesso non difficile, anche per costi e prezzi fino a poco tempo fa sopportabili dagli utenti  e dai sistemi pubblici). L’articolo prosegue elencando un secondo e terzo problema legati alla vecchia definizione. “Il secondo problema è che dal 1948 la demografia delle popolazioni e la natura della malattia sono cambiate notevolmente. Nel 1948 le malattie acute presentavano il peso principale della malattia e le malattie croniche portavano alla morte precoce. In tale contesto l’OMS aveva  messo in campo un’aspirazione rassicurante . I modelli di malattia sono cambiati, insieme con gli indicatori di sanità pubblica, come  migliori nutrizione, igiene, servizi igienico-sanitari e con interventi assistenziali più potenti. Il numero di persone affette da malattie croniche è in aumento in tutto il mondo; persino negli slum dell’India  il modello di mortalità è sempre più gravato da malattie croniche. Invecchiare con malattie croniche è diventato la norma, e le malattie croniche rappresentano la maggior parte delle spese del sistema sanitario, mettendo pressione sulla sua sostenibilità. In questo contesto la definizione WHO diventa controproducente, in quanto dichiara ammalate in modo definitivo le persone affette da malattie croniche e disabilità. Minimizza, inoltre, il ruolo della capacità umana di fronteggiare in modo autonomo le sfide fisiche, emotive e sociali di una vita in continuo cambiamento e di funzionare in modo soddisfacente e con  la percezione di stare bene pur in presenza di una malattia cronica o di una  disabilità. Il terzo problema è come rendere operativa la definizione. L’OMS ha sviluppato diversi sistemi per classificare le malattie e descrivere gli aspetti della salute, della disabilità, del funzionamento e della qualità della vita. Eppure, a causa del riferimento ad una condizione assoluta, la definizione rimane “impraticabile: perché ‘assoluta’ non è né operativa né misurabile.” Poste queste premesse, gli autori trattano poi della necessità di riformulazione. “Varie proposte sono state presentate per adattare la definizione di salute. La più conosciuta è la Carta di Ottawa che sottolinea l’importanza delle risorse sociali e personali quanto la funzione fisica. Tuttavia, l’OMS non ha raccolto nessuna di queste proposte. Nonostante ciò, i limiti dell’attuale definizione sempre più influenzano la politica sanitaria. Per esempio, nei programmi di prevenzione e assistenza sanitaria la definizione di salute determina le misure di esito: il guadagno di salute misurato in anni di sopravvivenza può essere meno rilevante della partecipazione sociale, ed un aumento della capacità di affrontare e gestire  (coping) può essere più rilevante e realistico rispetto al recupero completo. Ridefinire la salute è un obiettivo ambizioso e complesso, molti aspetti devono essere considerati, molte parti interessate e consultate, molte culture approfondite, e si deve anche tener conto di futuri progressi scientifici e tecnologici. La discussione degli esperti alla conferenza olandese, tuttavia, ha portato ad un ampio supporto per lo spostamento dall’attuale formulazione statica verso una formulazione più dinamica basata sulla resilienza o sulla capacità di fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio equilibrio e senso di benessere. La visione preferita di salute è stata “la capacità di adattarsi e autogestirsi”. I partecipanti hanno preferito che la definizione venisse sostituita da un concetto o quadro concettuale di salute. Il primo passo verso l’utilizzo del concetto di “salute come capacità di adattarsi e di autogestirsi” è quello di identificarlo e caratterizzarlo per i tre dominii  della salute: fisico, mentale e sociale.” Rimandiamo al testo originale la descrizione dei tre ambiti, e riportiamo per esigenze di spazio  la frase conclusiva dei tre paragrafi dedicati agli aspetti fisici, mentali e sociali della salute. “Se le persone sono in grado di sviluppare strategie di successo per fronteggiare (coping) le compromissioni del funzionamento (età correlate), la qualità percepita della vita non cambia sostanzialmente, un fenomeno noto come il paradosso della disabilità.” Tutto questo palesemente riecheggia la filosofia ICF, e ci richiama anche alla mente l’accattivante parte del PSN in cui si parlava di “convivere attivamente con la cronicità”, obiettivo e azione che ancora oggi permangono attualissimi e presenti in modo insufficiente nelle idee ed azioni degli operatori. Siamo rimasti particolarmente affascinati dalla logica che lega le premesse e lo sviluppo del ragionamento, che ci sembra coerente e ben articolato. L’ultima parte dell’articolo tratta di come misurare la salute. Sempre per brevità, ne riportiamo brevi citazioni; quelle che a noi sembrano maggiormente rilevanti. “Gli strumenti di misurazione dovrebbero riguardare la salute come la capacità di adattarsi e di gestire se stessi. I primi buoni strumenti operativi comprendono i metodi esistenti per valutare lo stato funzionale, misurare la qualità della vita ed il benessere. L’OMS ha sviluppato molti sistemi di classificazione che misurano le graduazioni della salute. Questi valutano aspetti come la disabilità, il funzionamento, la qualità percepita della vita ed il benessere. Ci sono ancora pochi strumenti per misurare aspetti della salute come la capacità dell’individuo a far fronte (coping) ed adattarsi, o per misurare la forza della resilienza fisiologica di una persona. Una nuova formulazione di salute potrebbe stimolare la ricerca su questo proposito.” Gli autori si avviano poi alle conclusioni, che riportiamo per esteso. “Come gli scienziati dell’ambiente descrivono la salute della terra come la capacità di un sistema complesso di mantenere un ambiente stabile all’interno di un range relativamente ristretto, noiproponiamo la definizione della salute come la capacità di adattarsi ed autogestirsi.  Questo potrebbe essere un punto di partenza per un’altrettanta nuova via del XXI secolo di concettualizzare la salute umana con una serie di caratteristiche dinamiche e dimensioni che possano essere misurate. La discussione su questo dovrebbe continuare e coinvolgere altri stakeholders (portatori di interesse), inclusi i pazienti e membri laici dell’opinione pubblica.”  capacità di fronteggiare, mantenere e ripristinare la propria integrità, il proprio equilibrio e senso di benessere

4 I DETERMINANTI della SALUTE
La gamma di fattori personali, socioeconomici e ambientali che determinano lo stato di salute delle singole persone e delle popolazioni Dahlgren G e Whitehead M (1991)

5 I DETERMINANTI della SALUTE
Accesso alle cure 10% Fattori genetici 20% Ambiente Stili di vita 50%

6 Gli stili di vita nelle malattie reumatiche
Alimentazione sana Fumo di sigaretta Attività fisica regolare Eccesso di alcool Mantenimento del giusto peso corporeo Obesità/magrezza Eccesso di caffè Esposizione solare Vita sedentaria Aderenza alle indicazioni terapeutiche Misure di economia articolare Stress fisici e psichici “ascoltare il proprio corpo”

7 Attività fisica

8 Attività fisica e Salute (fisica e mentale)
“.. Non si può mantenersi in salute basandosi soltanto sul tipo di alimentazione, ma a questa bisogna affiancare anche degli esercizi fisici” Ippocrate: “il regime” (IV sec. a.C.)

9 Effetti benefici dell’attività fisica sullo stato di salute
patologie cardiovascolari dislipidemie e obesità ipertensione diabete e complicanze diabetiche decadimento mentale e depressione alcuni tumori (colon, mammella) Malattie reumatiche

10 RACCOMANDAZIONI SULL’ ATTIVITA’ FISICA PER LA SALUTE - OMS 2010
per bambini e ragazzi (5 – 17 anni):  almeno 60 minuti al giorno di attività moderata–vigorosa, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi per la forza che possono consistere in giochi di movimento o attività sportive per gli adulti ( anni):  almeno 150 minuti alla settimana di attività moderata o 75 di attività vigorosa in sessioni di almeno 10 minuti per volta, con rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari da svolgere almeno 2 volte alla settimana per gli anziani (dai 65 anni in poi):  le indicazioni sono le stesse degli adulti, con l’avvertenza di svolgere anche attività orientate all’equilibrio per prevenire le cadute.

11 Quali obiettivi nelle malattie reumatiche?
Miglioramento della motilità articolare Aumento del tono muscolare Miglioramento della qualità di vita Effetti benefici sull’evoluzione in deformità articolari Effetti benefici sul tono dell’umore Nella gestione delle malattie reumatiche, sia flogistiche che degenerative, l’esercizio, negli ultimi anni, ha sostituito l’immobilizzazione e il riposo che venivano prescritti in passato, sia a letto, sia mediante l’utilizzo di busti e ingessature, che comportavano riduzione della motilità articolare, fino a indurre sviluppo dell’anchilosi e diminuzione della forza muscolare, della densità minerale ossea e della funzione cardiorespiratoria (2-4). L’ipotrofia e l’ipostenia muscolare sono di comune riscontro nei pazienti affetti da artriti infiammatorie croniche e sono causate non solamente dalla ridotta attività fisica e dalla terapia steroidea, ma anche dall’aumento del catabolismo proteico indotto da alcune citochine, tra cui il tumor necrosis factor a (TNFa) (10).

12 Principi generali L’esercizio fisico deve adattarsi costantemente alle caratteristiche di ogni singolo paziente ed essere assiduo, continuativo ed immediatamente interrotto qualora causi dolore Tener conto dell’attività di malattia, delle deformità articolari, delle manifestazioni extra-articolari, delle inclinazioni del paziente Prediligere attività fisica con approccio “globale” Ginnastica dolce effetto positivo sullo stato emotivo e sul dolore Nelle malattie reumatiche flogistiche, le singolari proprietà fisiche dell’acqua permettono l’esecuzione di molti esercizi in scarico completo anche nelle fasi acute di malattia coinvolgendo, oltre alla sfera sensoriale e motoria, anche quella intellettiva e psicologica del paziente con AR e SA che riferisce, oltre a benefici, seppure temporanei, sul dolore e sulla funzione, un notevole benessere generale. Le attività fisiche con approccio globale sono di notevole utilità nelle malattie reumatiche flogistiche nel migliorare la postura, correggendo gli atteggiamenti viziati dovuti agli aggiustamenti posturali e gestuali di compenso e nell’evitare la comparsa e l’aggravamento di compromissioni articolari in altre sedi (18). In particolare, le ginnastiche dolci hanno un effetto positivo anche sullo stato emotivo del paziente, con conseguente riduzione dei meccanismi di potenziamento del dolore provocati dal disagio psicologico, frequente nei malati reumatici (25) e consentono al paziente di svolgere un ruolo attivo e responsabile in tutto il percorso dell’attività fisica, permettendo che i benefici dell’esercizio possano esprimersi nelle loro piene potenzialità

13 Attività fisica e fasi di malattia nell’AR
Fase acuta:esercizi isometrici e di stretching per mantenere il tono e il trofismo muscolare ed impedire la comparsa di atteggiamenti viziati Fase subacuta: mobilizzazione passiva per evitare la rigidità articolare; mobilizzazione attiva per mantenere ed incrementare la motilità articolare Fase di remissione: mobilizzazione attiva, con o senza resistenza, per rinforzare ed equilibrare l’apparato muscolo-tendineo Nella fase acuta si possono prescrivere esercizi isometrici e di stretching per mantenere il tono e il trofismo muscolare ed impedire la comparsa di atteggiamenti viziati che preludono alle deformità articolari; nella fase subacuta dovrà essere prescritta una mobilizzazione passiva (da eseguire senza mai forzare le articolazioni) per evitare la rigidità articolare, mentre per mantenere ed incrementare la motilità articolare, la mobilizzazione dovrà essere attiva, con l’utilizzo di esercizi senza carico, che non provochino dolore né stanchezza; nella fase di remissione deve essere prescritta una mobilizzazione attiva, con o senza resistenza, per rinforzare ed equilibrare l’apparato muscolo-tendineo.

14 Attività fisica nel LES
L’esercizio aerobico migliora le prestazioni cardiovascolari la tolleranza e la resistenza all’esercizio la stanchezza la funzione cognitiva Il tono dell’umore e il ritmo sonno-veglia l’obesità, la sindrome metabolica, il diabete, il rischio cardiovascolare Non influenza l’attività di malattia Consigliato soprattutto nelle fasi di remissione di malattia

15 Attività fisica ed Osteoporosi
L’immobilizzazione può avere degli effetti deleteri sul tessuto minerale scheletrico, un’attività motoria regolare con carico riduce la perdita annua di massa ossea l’attività motoria con carico scheletrico (camminate, ginnastica) è preferibile almeno 30 minuti di passeggiata tutti i giorni, all’aria aperta (favorevole anche per la produzione di vitamina D!) Da scoraggiare l’attività fisica esasperata

16 Fumo di tabacco

17 Fumo di tabacco Fattore di rischio per tumori del polmone della bocca
dell’esofago della vescica della mammella malattie cardiovascolari aumento colesterolo osteoporosi invecchiamento pelle ingiallimento unghie-denti alitosi alterazioni alvo emicrania

18 Il Fumo è un fattore di rischio per malattie reumatiche?
Maggior rischio di sviluppare artrite psoriasica (3.3 volte per chi fuma >20 sigarette/di) 40% di rischio in più di sviluppare AR in soggetti predisposti (dose dipendente) Maggior rischio di sviluppare LES, in particolare delle manifestazioni cutanee “Sostanzialmente le sostanze tossiche delle sigarette nei bronchi attivano particolari enzimi che degradano alcune proteine e le scompongono in aminoacidi, un processo chiamato ‘citrullinazione’ tipico dei tessuti infiammati e che induce la formazione di anticorpi nei confronti di questa sostanza presente proprio nelle articolazioni”, chiarisce lo specialista. The added risk of tobacco smoking seems to wane 10 years after cessation, as indicated by the Iowa Women’s Health Study.27

19 Sviluppo dell’artrite
Fattori ambientali Predisposizione genetica “citrullinazione” delle proteine Fase pre-clinica Sviluppo dell’artrite Fase clinica McInnes, N ENG J MED, 2011

20 Il fumo peggiora il decorso delle malattie reumatiche?
Peggioramento dei sintomi assiali nella spondilite Nell’ artrite reumatoide il fumo è responsabile di una malattia persistentemente attiva, rapida progressione del danno articolare, peggiore risposta al MTX e agli anti-TNFalfa “Sostanzialmente le sostanze tossiche delle sigarette nei bronchi attivano particolari enzimi che degradano alcune proteine e le scompongono in aminoacidi, un processo chiamato ‘citrullinazione’ tipico dei tessuti infiammati e che induce la formazione di anticorpi nei confronti di questa sostanza presente proprio nelle articolazioni”, chiarisce lo specialista.

21 Il fumo peggiora il decorso delle malattie reumatiche?
Minore efficacia dell’Idrossiclorochina nel LES; Maggior rischio di eventi cardiovascolari, insufficienza renale terminale Nella Sclerosi sistemica, maggior rischio di ulcere digitali (>3-4 volte) Nella sindrome da anticorpi anti fosfolipidi aumenta il rischio di trombosi “Sostanzialmente le sostanze tossiche delle sigarette nei bronchi attivano particolari enzimi che degradano alcune proteine e le scompongono in aminoacidi, un processo chiamato ‘citrullinazione’ tipico dei tessuti infiammati e che induce la formazione di anticorpi nei confronti di questa sostanza presente proprio nelle articolazioni”, chiarisce lo specialista.

22 Obesità e sovrappeso

23 Esiste un legame tra malattie reumatiche ed obesità?
There is mounting evidence to support the concept that obesity represents a form of a low-grade inflammatory state. As tissues become unresponsive to insulin, the pancreas compensates by secreting more insulin, yet these tissues become more resistant.4 In some animal models of obesity, insulin resistance could be induced in vitro by exposing fat cells to tumor necrosis factor (TNF) α. Conversely, obese strains of mice could be protected from insulin resistance by knocking out the genes for either TNF-α or for TNF-α receptors We know from the bedside that when caloric intake is severely restricted, patients become anergic. Simply stated, a starving immune system must conserve energy. Before the advent of corticosteroid therapy, starvation was used to treat clinically active lupus. How might it work at the molecular level? During fasting, there is a dramatic reduction in the circulating levels of leptin, an adipokine with proinflammatory effects. A recent study of a murine model of lupus demonstrated that leptin inhibits regulatory T cells, which are important drivers of peripheral immune tolerance.9 Regardless of the data, starvation therapy is unlikely to draw many adherents. Might there be more palatable measures to effectively reduce the burden of obesity-related inflammation? In the last decades, autoimmune diseases have experienced a dramatic increase in Western countries. The involvement of environmental factors is strongly suspected to explain this rise. Particularly, over the same period, obesity has followed the same outbreak. Since the exciting discovery of the secretory properties of adipose tissue, the relationship between obesity and autoimmunity and the understanding of the underlying mechanisms have become of major interest. Indeed, the fat tissue has been found to produce a wide variety of “adipokines”, involved in the regulation of numerous physiological functions, including the immune response

24 Obesità come fattore di rischio
Il sovrappeso in età adolescenziale è un fattore di rischio per lo sviluppo di AR Obesità rischio di artrite psoriasica The growing body of evidence recognizing the adipose tissue (AT) as an active endocrine organ secreting bioactive mediators involved in metabolic and inflammatory disorders, together with the global epidemic of overweight and obesity, rise obesity as a hot topic of current research. The chronic state of low-grade inflammation present in the obese condition and the multiple pleiotropic effects of adipokines on the immune system has been implicated in the pathogenesis of several inflammatory conditions including rheumatic autoimmune and inflammatory diseases Moreover, white adipose tissue (WAT) has emerged as an active endocrine organ, playing a role not only on metabolism but also on immune and inflammatory processes by releasing a plethora of adipocytokines and pro-inflammatory mediators, among which TNF-α, IL-6, adiponectin, leptin, resistin, visfatin, and C-reactive protein (2). Of particular interest and of crucial clinical relevance is the effect of weight loss on inflammation and disease outcome. The few studies evaluating interventions aiming at lowering the body weight showed significant improvement of psoriasis or PsA severity, as well as the cardiovascular risk profile in both diseases. Weight reduction was also associated with improved response to treatment with TNFα blockers (108–110).

25 Obesità influenza il decorso di malattia
Nell’AR, l’obesità si associa a maggiore attività di malattia ed ad una minore risposta ai farmaci, peggiore funzione fisica, disabilità e peggiore qualità della vita Nelle spondiloartriti minore risposta ai farmaci Nel LES fattore di rischio di ipertensione, dislipidemia, diabete e complicanze cardiovascolari The growing body of evidence recognizing the adipose tissue (AT) as an active endocrine organ secreting bioactive mediators involved in metabolic and inflammatory disorders, together with the global epidemic of overweight and obesity, rise obesity as a hot topic of current research. The chronic state of low-grade inflammation present in the obese condition and the multiple pleiotropic effects of adipokines on the immune system has been implicated in the pathogenesis of several inflammatory conditions including rheumatic autoimmune and inflammatory diseases Moreover, white adipose tissue (WAT) has emerged as an active endocrine organ, playing a role not only on metabolism but also on immune and inflammatory processes by releasing a plethora of adipocytokines and pro-inflammatory mediators, among which TNF-α, IL-6, adiponectin, leptin, resistin, visfatin, and C-reactive protein (2). Of particular interest and of crucial clinical relevance is the effect of weight loss on inflammation and disease outcome. The few studies evaluating interventions aiming at lowering the body weight showed significant improvement of psoriasis or PsA severity, as well as the cardiovascular risk profile in both diseases. Weight reduction was also associated with improved response to treatment with TNFα blockers (108–110).

26 Esposizione solare

27 Esposizione solare e malattie reumatiche
Nella popolazione generale l’eccessiva esposizione solare si associa a tumori cutanei ed invecchiamento precoce Indispensabile per la produzione di vitamina D Raccomandazioni diverse nelle diverse malattie reumatiche Attenzione ai farmaci fotosensibilizzanti

28 Esposizione solare e LES
Scatena la malattia? In pazienti con lupus può causare fotosensibilità, peggioramento delle lesioni cutanee o sintomi sistemici UV-B exposure is responsible for sunburn and skin damage and may lead to worsened photosensitivity, skin rashes, and even flare of systemic disease in patients with pre-existing SLE

29 Raccomandazioni generali
Evitare di esporsi nelle ore centrali della giornata (11-16) Utilizzare schermi solari ad ampio spettro (UVA e UVB) Applicare lo schermo almeno 20’ prima dell’esposizione e rinnovare l’applicazione frequentemente Schermi “fisici”: ossido di zinco, biossido di titanio Cappelli, magliette, ombrellone Antiossidanti (vitamina E, flavonoidi) la protezione dei tessili è tanto maggiore quanto più l'intreccio è fitto; le fibre sintetiche (poliestere) proteggono meglio delle fibre naturali(cotone o lino); i vestiti scuri proteggono meglio di quelli bianchi o color pastello; i tessuti bagnati o dilatati sono più permeabili ai raggi UV (a eccezione di abbigliamento funzionale specifico) Vestiti con protezione UV Un ombrellone con un tessuto di cotone chiaro produce ombra, però la maggior parte della radiazione UV - non visibile dall'occhio - lo attraversa. La miglior protezione è data da tessuti specifici in poliestere a trama fitta dai colori intensi. Comunque, sotto un ombrellone si è protetti dalla radiazione UV diretta, ma non da quella dispersa che penetra dai lati né da quella riflessa, per esempio dalla sabbia, dal cementro e dalla neve.

30 Paziente 1(giorno 18) Paziente 2 (giorno 4) UVA UVB UVA UVB
Sostanza inerte Filtro solare Nessun trattamento Kuhn et al. J Am Acad Dermatol (2011)

31 Messaggi da portare a casa
Abitudini di vita giocano un ruolo chiave nello sviluppo e nel decorso delle malattie reumatiche Uno stile di vita sano è parte integrante del piano terapeutico delle malattie reumatiche Ciascun paziente dovrebbe conoscere, condividere e mettere in pratica uno stile di vita adatto al proprio stato di salute

32 Grazie per l’attenzione


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