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Storia ed evoluzione della tecnica del Salto in Alto
Unità didattica di Fersini Antonio classe 29a/30a corso A, V ciclo SSIS Bari Storia ed evoluzione della tecnica del Salto in Alto Migliorare l’approccio a questa disciplina attraverso la conoscenza dell’evoluzione storica della sua tecnica
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Il salto in alto si è evoluto nel tempo
Evoluzione storica della tecnica di salto Progresso della performance grazie a l’utilizzo di principi della fisica Il fosbury come tecnica rivoluzionaria e più facile da attuare ed efficace nei risultati.
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Introduzione A differenza di altre specialità dell'atletica leggera, il salto in alto ha origini relativamente recenti: non si hanno notizie, infatti, di esercizi neppure vagamente simili a quello attuale se non dalla seconda metà del secolo scorso in poi. E prima di essi sappiamo solo di esercizi di salto verticale più sotto forma di volteggio che di salto vero e proprio: in particolare ci riferiamo per lo più ad esercizi di addestramento militare o a giochi in fiere paesane (come il salto del muro o staccionata). Le prime notizie di un salto in piena regola (rincorsa, stacco su di un piede ecc.) risalgono intorno al 1860 e provengono dalle isole Britanniche. Le prime tecniche utilizzate erano sicuramente molto rudimentali: si superava l'ostacolo con un breve rincorsa e raccogliendo le ginocchia al petto con una posizione non tanto conveniente. Si comprese ben presto che occorreva disporsi diversamente per realizzare prestazioni superiori con lo stesso impulso verticale. E da quel momento in poi l'evoluzione della tecnica della specialità sarà legata proprio alla ricerca di posizioni ed atteggiamenti per oltrepassare l'asticella, sempre più economici. Era chiaro, infatti, che il superamento di altezze sempre più elevate, era legata, non solo alle capacità di stacco ma anche all'abilità dell'atleta di posizionarsi in modo conveniente sull'asticella per poterla superare senza abbatterla.
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Storia della tecnica del salto L’importanza di uno approccio scientifico
Le prime tecniche di salto in alto prevedevano una rincorsa perpendicolare al piano dei ritti ed un superamento dell'asticella a gambe rannicchiate "frontale",tecnica non molto economica, tuttavia Marshall Brooks, scozzese, ottenne una misura di mm. prima e mm. in seguito. Si passò alla tecnica "forbici" con rincorsa obliqua rispetto all'asticella che risultava essere molto veloce: ad essa furono apportate molte modifiche specialmente per quanto riguarda il momento del valicamento. E' proprio con questa tecnica, oltre ad una dote personale di distensione del corpo sull'asticella ("layout"), che verso la fine del secolo scorso, Mike Sweeney, ritoccò più volte il record mondiale fino a portarlo a mm. (1895). Il suo stile passò alla storia come "Eastern Cut-off" perché vivendo sulla costa orientale degli Stati Uniti, si divulgò prevalentemente in quelle regioni. In quei giorni il regolamento prevedeva che l'asticella fosse oltrepassata prima con gli arti inferiori e successivamente con il capo. Inoltre era sconsigliato qualsiasi tipo di salto che non garantisse un atterraggio sicuro sugli arti inferiori ( poca sabbia nelle zone di caduta, allo stesso livello delle pedane di rincorsa). Seguì lo stile "costale" o Horine (1° atleta ad applicarlo ed oltrepassare i due metri). L'evoluzione delle tecniche di salto in alto non deve essere valutata soltanto prendendo in considerazione gli atleti che hanno contribuito personalmente alla successione cronologica del record mondiale. Un esempio su tutti arriva dalla tecnica usata negli anni trenta, in particolare da atleti di scuola giapponese, che prevedeva una rincorsa più frontale rispetto alle tecniche Horine e Straddle ed uno stacco molto simile alla "Forbice" con slancio della gamba più vicina all'asticella e salto con il fianco corrispondente alla gamba di stacco; un cambio repentino di gamba, consentiva di ricadere in piedi sull'arto di stacco. Di qui il nome di "doppia forbice" o "Lewden" dal nome dell'atleta francese che ne esaltò caratteristiche tecniche e dinamismi.
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Supremazia del ventrale
Sul Finire degli anni trenta un altro americano Melvin Walter riutilizzando la tecnica "Horine" portò il record del mondo a 209 cm prima di lasciare spazio a Lester Steers, bianco che eseguì un ventrale a corpo disteso raggiungendo i 211 cm nel Dopo la guerra la ripresa fu lenta anche nel campo sportivo. Bisognerà infatti attendere il 1952 per assistere ad un altro primato mondiale a cura dell'ultimo importante interprete dello stile western: Walter Davis (alto 204 cm) che saltò 212 cm (per la statistica ancora oggi è il più alto primatista mondiale della storia). Ma l'americano C. Dumas fu senz'altro l'atleta di maggior talento che in quegli anni fu il primo a superare il muro dei 7 piedi ( mm) e, successivamente mm (1956). Interpretava il ventrale con una rincorsa molto obliqua a velocità bassa e uniforme conclusa da un improvviso aumento della frequenza negli ultimi tre passi. Tra i più grandi rivali americani c'erano i russi: ricordiamo Jury Stepanov che portò il record mondiale fino a 216 cm. La supremazia del ventrale verso la fine degli anni 50 non era messa in discussione e si consideravano ormai superate le tecniche "Horine" e "Lewden". Si discuteva invece sulla posizione più conveniente per oltrepassare l'asticella: se fosse più conveniente assumere una posizione con il busto allineato con gli arti inferiori, se mantenere la gamba di slancio molto flessibile ("ala di pollo"), o se anticipare la caduta con un'azione tuffata ("dive"). Jolanda Balas, atleta rumena, dimostrò che teorica e pratica non sempre coincidono: infatti, utilizzando proprio una tecnica di salto a "doppia forbice" riuscì a dominare la scena internazionale per quasi un decennio portando il primato mondiale femminile a 191 cm. Non aveva rivali, la sua superiorità era schiacciante al punto che iniziava la competizione quando ormai gran parte delle altre concorrenti l'avevano già terminata.
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Esempi di campioni del passato e le loro relative tecniche
Valery Brumel (russo) Vladimir Yashchenko (russo) Jolanda Balas ( salto a doppia forbice )
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La Tecnica ventrale è spettacolare ma non riesce a sfruttare a pieno l’elasticità muscolo tendinea e una posizione fisicamente favorevole del baricentro che in seguito riuscì a sfruttare Fosbury nella sua omonima tecnica. John Thomas (americano)
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Avvento del “Fosbury” Facilità di esecuzione e migliore posizione del baricentro
A livello maschile la tecnica ventrale raggiungeva il massimo della popolarità internazionale grazie anche alla presenza di due atleti dalle caratteristiche eccezionali. Da una parte gli americani che proponevano il fenomeno John Thomas (salito fino a 222 cm) e dall'altra i russi che rispondevano con un atleta altrettanto formidabile come Valery Brumel che, grazie anche al suo tecnico Diatckov, riuscì ad imporre il suo salto come modello indiscusso della specialità tanto da essere considerato insuperabile. Da questa grande rivalità ne scaturirono tre importantissimi record mondiali stabiliti da Brumel: e 227 cm. La sua eccezionale carriera fu però interrotta prematuramente a causa di un brutto incidente stradale che lo costrinse a ritirarsi a soli 23 anni (1965). Negli anni successivi si cercò di trovare un successore di Brumel ma senza successo al tal punto che il suo modello fu ritenuto da tutti "non plus ultra". Ma è in questo momento che appare sulla scena internazionale un certo Dick Fosbury che con una tecnica fino a quel momento assolutamente impensabile, vinse le olimpiadi di Città del Messico con la misura di 224 cm. E' una tecnica che appare subito rivoluzionaria, sia per il valicamento realizzato con il dorso che per la struttura della sua rincorsa che si effettua in curva ad una velocità nettamente superiore a quella del ventrale inoltre con questa tecnica si poteva trasformare in maniera ottimale l’energia cinetica in energia elastica,(muscolo tendinea) e poi in energia potenziale che portava il baricentro più in alto rispetto al ventrale. Le due tecniche condivisero insieme per diversi anni dividendo inizialmente il mondo atletico in ventralisti e fosburisti. I ventralisti non erano disposti ad abbandonare un gesto atletico imparato tanto faticosamente ed a rimettere in discussione le proprie convinzioni, i seguaci della nuova tecnica invece, la adottarono immediatamente apprezzandone le sue potenzialità, la facilità di esecuzione e la semplicità di allenamento.
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La tecnica messa a punto da fosbury risulta essere più efficiente sotto il profilo energetico rispetto alle tecniche del passato Dick Fosbury (statunitense)
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Dwight Stones (statunitense)
Nuovi Primati Sulla scena internazionale si alternarono molti atleti fra cui anche un ventralista Matzdorf che porta il primato mondiale a 229 cm. Dopo tanta attesa, nel 1972 arriva un primo grande fosburista campione del mondo: Dwight Stones 230 cm. prima e cm. in seguito. che contribuì ad affermare la nuova tecnica nell'albo d'oro del record mondiale. Dopo di lui, l'ultimo ventralista russo: Vladimir Yashchenko: riuscì a fondere qualità fisiche e tecniche che univano i principi fondamentali del ventrale con i dinamismi dei primi fosburisti.Con la sua misura 233 cm ad appena soli 18 anni, si riaprono le discussioni sulla opportunità di riconsiderare quale tecnica doveva avere il sopravvento. Purtroppo dopo aver ritoccato il record mondiale all'aperto con 234 cm. ( e quello indoor con 235 cm. a Milano, 1978) subisce una serie di operazioni al ginocchio che lo costringono a chiudere la carriera a soli 20 anni. Dagli anni 80 in poi saranno i seguaci del salto dorsale a darsi battaglia a livello internazionale. Alcuni nomi: da Mogemburg (Ger) a Wszola (Pol), da Wessig (DDR) a Zhu (Cina), fino alle soglie dei 240 cm. superati da uno sconsosciuto: Rudolf Povarnitzin (URSS). Poi fu la volta di Sijoberg (Swe) 242 cm. fino ad arrivare al cubano Javier Sotomayor 245 cm. Dwight Stones (statunitense) Javier Sotomayor (cubano)
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Conclusioni Ormai tutti gli atleti utilizzano la tecnica "Fosbury" con interpretazioni personali del salto apportando variazioni notevoli sotto l'aspetto tecnico e dinamico. Hanno ottenuto il record atleti provenienti da qualsiasi nazione e di diversa razza il che lascia presupporre che risultati di grande valore non dipendano solo da particolari situazioni ambientali, socio-economiche o razziali ma da una particolare predisposizione di alcuni soggetti alla specialità e dalla loro capacità di esecuzione e pesonalizzazione della tecnica di salto. Ricordiamo, infine altri primatisti nel settore femminile: Sara Simeoni per l'Italia e Andonova e Kostadinova per la Bulgaria. Sara Simeoni (italiana)
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Considerazioni tecniche
Nel periodo compreso tra le due guerre, i tecnici erano convinti che occorreva migliorare la tecnica di valicamento per poter raggiungere prestazioni ottimali domandandosi quale fosse la posizione migliore per superare l'asticella, mentre veniva praticamente trascurata la struttura della rincorsa. Solo negli anni 50 si comprese che per salire più in alto fosse necessario incrementare la velocità verticale e concentrare il movimento al momento dello stacco: la rincorsa non era ancora considerata importante. La scuola russa diede molta importanza agli ultimi passi della rincorsa sottolineandone la fase di "caricamento" con una compressione degli arti inferiori ed un abbassamento delle anche (e del C.d.G. centro di gravità) prima dello stacco. L'accentuato caricamento degli arti comportava una rincorsa lenta e cadenzata con appoggi marcati e realizzati di tutta pianta con conseguente perdita di velocità. Il problema è risolto dal signor Fosbury nel 1968 grazie all'innovazione della corsa in curva e della conseguente inclinazione verso l'interno che consentiva al tempo stesso di ottenere un notevole abbassamento del centro di gravità e mantenere un'elevata velocità di rincorsa. Ritornando indietro nella storia secondo coloro che l' hanno vissuta direttamente sembra che la specialità si sia evoluta per stadi successivi e le parti sottolineate ne evidenziano le 4 fasi principali. La velocità, parametro dominante della tecnica odierna, fattore importante per il futuro.
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Fasi del salto in alto La tecnica di salto Fosbury portò grandi vantaggi di tipo prevalentemente biomeccanico rispetto al ventrale che invece richiedeva maggior forza esplosiva e la conoscenza di movimenti specifici più complessi. Il Fosbury inoltre, risulta essere più naturale e di facile apprendimento e se eseguito correttamente, sono sufficienti buone capacità elastiche, doti naturali di ogni giovane atleta (Fig. 1). Per una corretta esecuzione dello stacco è molto importante il comportamento dell'atleta nel passaggio sul penultimo appoggio: a seconda della tecnica, si poggerà il piede con tutta la pianta o con anticipo del tallone facendo bene attenzione che prenda contatto con il terreno collocato avanti rispetto alla proiezione del ginocchio sul terreno stesso (fig. 2). Nella fase finale della curva, l'atleta compie un'azione di raddrizzamento che si compie con lo stacco. L'arto di stacco dovrà essere disteso e ben avanti rispetto la proiezione del C.d.G. sul terreno in modo da comportarsi come un'asta di salto per la successiva operazione di stacco: ad una prima fase di ammortizzazione (non eccessivo) segue una seconda fase costituita da un estensione decisa e completa dell'arto di stacco. Il movimento degli arti liberi è molto importante a seconda della tecnica usata. Quelli superiori possono oscillare in modo alternato con braccia opposte o concordi al movimento degli arti inferiori) o in modo sincrono (Fig. 3). Abbandonato il terreno, l'atleta inizia la sua fase di volo che avviene con tre movimenti di tipo rotatorio (Fig. 4). 1° - movimento intorno al proprio asse longitudinale per disporre l'atletica con la schiena parallela all'asticella. 2° - movimento sull'asse trasversale o di ribaltamento in avanti. 3° - movimento sul proprio asse sagittale o di ribaltamento laterale per poter eseguire l'azione tecnica di valicamento. Superata con il bacino l'asticella, l'atleta completa il valicamento richiamando gli arti inferiori, per mezzo di una flessione delle cosce sul bacino ed una estensione delle gambe sulle cosce. Per reazione, il capo si flette in avanti come le braccia che si avvicinano agli arti inferiori (posizione di chiusura). Fine della fase di volo ed inizio fase di atterraggio con il contatto del dorso e della nuca con i materassini (Fig. 1).
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Fig. 1 - rincorsa Fig. 3 - stacco Fig. 2 - entrata-stacco
Fig. 4 - azione di stacco-valicamento Fig. 3 - stacco
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