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PubblicatoGilda Luciani Modificato 9 anni fa
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IL GIORNALISTA AMERICANO DAVANTI ALLA PELLICOLA
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Il “cane da guardia” figura emblematica e mitologia del giornalismo a stelle e strisce. Gianpietro Mazzoleni nel volume “La comunicazione politica” (2012) ha descritto perfettamente la figura del watchdog.
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Nel 1941 esce nella sale “Citizen Kane” (“Quarto Potere”) diretto e interpretato da Orson Welles. A distanza di settant’anni rimane la pietra miliare del “Newspaper Movie”.
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Il punto focale che ruota attorno al cinema made in U.S.A. è il rapporto tra vero e finzione. La pellicola che maggiormente abbraccia questa tematica è “The Truman Show” (1998), dove la TV è mente e cuore della vita di Truman Burbank (Jim Carrey).
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“Tutti gli uomini del presidente” (1974) è essenza del giornalismo di qualità che non si ferma mai. Robert Redford e Dustin Hoffman hanno portato al grande pubblico la vicenda di Bob Woodward e Carl Bernstein, reporter pronti a rischiare la vita pur di fare luce sul caso “Watergate”.
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Un’altra categoria di giornalisti che ha fatto grande il cinema è quella dei cronisti in cerca di riscatto. Pellicole emblematiche in questo senso: “Salvador” (1986, nella foto), “Mad City” (1997) e “Frost/Nixon - Il duello” (2008).
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La stampa scandalistica ha nel corso dei decenni investito il globo e la bobina dei registi non ne è rimasta inerme. “Quinto Potere” (1976) ha segnato la dittatura dello share portando alla morte di Howard Beale (Peter Finch) in mondo visione.
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I GIORNALISTI ITALIANI AL CINEMA
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Giampaolo Pansa (nella foto), negli anni ‘80 ha coniamo il termine “giornalismo dimezzato” che decide, per faziosità politica, di essere a sovranità limitata. Negli stessi anni Maurizio Costanzo portava in edicola l’unico tabloid della storia tricolore: “L’Occhio”.
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Andrea Purgatori, cronista e sceneggiatore, assieme a Marco Risi ha firmato “Il muro di gomma” (1991) sulla strage di Ustica. L’articolista de “Il Corriere della Sera” ha affidato la sua vicenda a Rocco Ferrante (Corso Saliani), che ha speso in solitudine oltre dieci anni per poter scovare una falla in un muro di omertà creato dalle istituzioni.
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“Ilaria Alpi - Il più crudele dei giorni” (2002) racconta la vicenda della giornalista romana, interpretata al cinema da Giovanna Mezzogiorno, uccisa assieme a Miran Hrovatin a Mogadiscio, mentre indagavano sul traffico d’armi e di rifiuti tossici in Somalia.
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Quella di Giancarlo Siani è una storia italiana. Ucciso dalla Camorra a Torre Annunziata nel 1985 perché con il suo mestiere, quello di giornalista, aveva portato alla luce del sole l’alleanza tra il clan Gionta e quello dei Nuvoletta.
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Nel 1972 nella nostra penisola arriva “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio. Il regista piacentino decide di affrontare il tema dell’utilizzo, e uso, dei media a fini elettorali.
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Partigianeria, dualismo e la giusta distanza sono tre aspetti fondamentali nel cinema nostrano sulla vita dei cronisti. Il primo caso è rappresentato da “Una vita difficile” (1961), il secondo da “Professione: reporter” (1975) e l’ultimo da “La giusta distanza” (2007).
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Giorgio Perozzi, ha segnato l’epoca della commedia italiana in “Amici Miei” (1975). Oltre ad essere impegnato nelle zingarate con i suoi “colleghi” svolgeva il lavoro di giornalista e la sua mise raffigura perfettamente quella dei cronisti negli anni ‘70.
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TRA REALTA’, LIBERTA’ E MORTE
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“Ama e fa ciò che vuoi” era l’insegnamento di Sant’Agostino e lo show business sembra aver appreso alla lettera questo insegnamento. Tra il voyeurismo hitchcockiano e la difesa della libertà estrema di Larry Flynt il punto di non ritorno è la lotta per la tutela di ciò che non piace all’opinione pubblica. Fino ad arrivare alla morte in diretta da J.F.K. al film “Live! – Ascolti record al primo colpo”.
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