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PubblicatoVanni Milani Modificato 9 anni fa
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I FEDELI
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Fedeli cristiani sono coloro che, incorporati a Cristo mediante il battesimo, costituiscono il «nuovo popolo di Dio».
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Diciamo «popolo» e non folla perché è una pluralità di persone unite tra di loro non semplicemente da vincoli esterni e precari, ma anche da vincoli interni e permanenti. Diciamo ancora «nuovo», perché è succeduto all'antico popolo d'Israele. Diciamo infine «di Dio», perché possiede una caratteristica propria ed esclusiva rispetto a tutti gli altri popoli: in esso vi è l'elemento umano, comune a tutti gli altri popoli vi è però anche l'elemento divino: l'autore che è l'Uomo-Dio.
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Esso, inoltre, ha un fine supremo proprio ed esclusivo: la salus animarum. Il canone 204 tratta solo dei battezzati che sono in comunione piena con la Chiesa; non tratta dei fratelli separati, che sono in una comunione imperfetta (UR 3/1). Dalla loro incorporazione a Cristo segue un duplice effetto: - la partecipazione ontologica e funzionale «nel modo loro proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo»; -la loro corresponsabilità in ordine alla missione «che Dio ha affidato da compiere alla Chiesa nel mondo» (204/1).
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Nella Chiesa di Cristo i fedeli sono a Lui incorporati e ne condividono la missione e la responsabilità. Essa si presenta come una comunità carismatica, i cui membri sono uniti dal triplice vincolo di fede, speranza e carità Contemporaneamente è anche un organismo visibile ordinato gerarchicamente, ossia la Chiesa Cattolica, governata dal Romano Pontefice e dai Vescovi in comunione con lui (204/2; cf. LG 8/305).
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Sono in «comunione piena» con la Chiesa Cattolica i fedeli che accettano integralmente la sua struttura e nel suo corpo visibile sono congiunti con Cristo che la dirige mediante il Sommo Pontefice e i Vescovi. Tale comunione è sancita dai seguenti vincoli: della professione della fede, dei sacramenti, del regime ecclesiastico e della comunione (LG 14/323; e. 205). Perciò anche la mancanza di un solo di questi vincoli rende la comunione imperfetta.
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I catecumeni non fanno parte della Chiesa, ma in forza del loro desiderio e della loro vita di fede, di speranza e di carità «sono congiunti alla Chiesa, che ne ha cura come se fossero già suoi» (206/1) La Chiesa li invita ad una vita evangelica e li inizia alla celebrazione di riti sacri, concede già loro varie prerogative che sono proprie dei cristiani (206/2; cf. LG 14/324; AG 14/1121)
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I fedeli, per istituzione divina, sono divisi in due categorie: Laici, che sono i fedeli che hanno ricevuto il battesimo Ministri sacri, detti anche Chierici. Sono i fedeli i quali, oltre il carattere battesimale, hanno ricevuto anche il carattere dell'Ordine sacro, che li ha costituiti «ministri del sacro culto».
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I religiosi non costituiscono uno stato intermedio tra quello dei laici e dei chierici: essi provengono dagli uni e dagli altri. Con la professione dei consigli evangelici, mediante i voti o altri vincoli ufficiali, si consacrano totalmente a Dio e cooperano alla missione della Chiesa in un modo proprio. Il loro stato, quantunque non riguardi la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene, tuttavia, alla sua vita ed alla sua santità: sono una struttura nella Chiesa ma non una struttura della Chiesa!
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LA COMUNIONE NEL NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO
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Nel nuovo CIC si parla di una duplice comunione: -della Comunione Gerarchica, ossia in senso verticale. -della Comunione tra i fedeli, ossia in senso orizzontale.
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La Comunione Gerarchica si fonda nel sacramento dell'Ordine. Di essa si parla nei seguenti canoni: c. 336: Comunione nel Collegio Episcopale c. 375/2: Comunione dei Vescovi in genere c. 753: Comunione dei Vescovi maestri della fede c. 204/2: Comunione nella Chiesa, come società ordinata
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La Comunione dei Fedeli si fonda nel sacramento del Battesimo. I canoni che trattano di questa Comunione sono di due categorie: Quelli che determinano l'appartenenza alla Chiesa Cattolica Quelli che indicano la Comunione Intraecclesiale
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In questi si parla della Comunione piena, che viene data soltanto nella Chiesa Cattolica per mezzo dei tre vincoli: vinculum fidei (professione della stessa fede) vinculum Sacramentorum (partecipazione agli stessi Sacramenti) vinculum disciplinae seu regiminis (dipendenza dalle legittime Autorità). * La formula «Communio ecclesiastica» significa sempre la Comunione piena (cf. cc. 96; 316; 840). * In alcuni casi anche la semplice parola «Communio» ha lo stesso significato (cf. cc. 844/3; 149/1; 194/1-2)..
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Questa suppone sempre la Comunione piena: fidei, sacramentorum et disciplinae. Ai cattolici si ricorda l'obbligo a conservare la Comunione con la Chiesa, mediante l'adempimento dei loro doveri: verso la Chiesa universale e particolare (c. 209/2) verso la propria comunità parrocchiale (c. 529/2) il parroco non deve pregiudicare la comunione ecclesiale (c. 1741) I religiosi verso il proprio Istituto.
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La Comunione si perde: per autoesclusione per intervento della Chiesa (Scomunica) Anche i singoli vincoli si possono perdere: Vinculum fidei: con l'apostasia (c. 751) Vinculum Sacramentorum: con l'eresia (c. 751) Vinculum disciplinae: con lo scisma (c. 751)
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Dalla Comunione piena dipende l'esercizio dei diritti e dei doveri acquistati col Battesimo. Quelli che non hanno la Comunione piena non possono: essere membri del Consiglio pastorale diocesano (c. 512/1) ricevere i Sacramenti della Chiesa (c. 844) i sacerdoti cattolici non possono concelebrare con essi (c. 908) i fedeli non possono unirsi in matrimonio con essi (c. 1124) essere promossi ad uffici ecclesiastici (c. 149/1) essere accolti in associazioni pubbliche (c. 395/1).
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Quelli che abbandonarono la comunione piena: sono inabili ad suffragium ferendum (c. 171/1) devono essere rimossi dall'ufficio ecclesiastico (c. 194/1, 2°) devono essere espulsi dalla associazioni pubbliche (c. 916/2). Effetti della scomunica: priva i fedeli dei Sacramenti della Chiesa la Chiesa non esercita direttamente su di essi la sua funzione
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Esigenze della piena comunione sono: che uno rimanga cattolico che adempia le sue obbligazioni verso la Chiesa universale e particolare che obbedisca alle leggi ed ai precetti dei legittimi Superiori.
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Obblighi e diritti di tutti i fedeli
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Questa si fonda su una triplice motivazione: I doveri e i diritti del fedele scaturiscono dalla incorporazione al Corpo Mistico. Il soggetto dei doveri e dei diritti è il cristiano appartenente al Popolo di Dio e in comunione con la Chiesa, senza distinzione di sesso, età o stato. Unità dei due principi: gerarchico ed ugualitario. Il principio della uguaglianza «nella dignità e nell'azione» espresso dal Concilio, nel c. 208 è divenuto un principio base dell'ordinamento canonico.
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Il primo e fondamentale dovere del fedele è di conservare sempre e in ogni manifestazione della sua vita, privata, familiare e sociale, una comunione vitale con la Chiesa universale e locale, nonché con la comunità parrocchiale (cf. 529/2), sia in senso orizzontale, sia in senso verticale.
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«Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana ed alla perfezione della carità» (LG 40/389).
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Essendo la Chiesa essenzialmente missionaria (AG 2/1090), il dovere impegna indistintamente tutti ì fedeli (cf. 741/1, 781).
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Il primo dovere è quello della cristiana obbedienza e adesione (212/213 754). I fedeli hanno anche il diritto di manifestare ai pastori i loro bisogni spirituali e le loro aspirazioni (212/2).
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Esse sono: Poter adempiere i doveri del proprio stato verso Dio, secondo le prescrizioni del proprio rito approvato dai legittimi Pastori. Poter seguire una propria forma di vita spirituale, purché conforme alla dottrina della Chiesa.
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È la prima volta che un tale principio viene inserito ufficialmente nell'ordinamento canonico. (cf. AA 19/986).
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È un dovere ordinario. Nessuna opera però può qualificarsi «cattolica» senza il consenso della legittima autorità, (cf. A A 24/1003 ).
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Questa esige la formazione integrale della persona sotto ogni aspetto: umano e soprannaturale, dottrinale, morale e spirituale, liturgico e apostolico.
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La libertà però non va confusa con «autonomia». Tale libertà deve esse sottomessa al Magistero ufficiale della Chiesa (cf. DV 10/887).
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Tra fedele secolare chierico religioso fra il matrimonio o il celibato
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Sono diritti originari in quanto derivano dalla stessa natura: «bona fama est alterum patrimonium».
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I diritti principali in questo settore sono tre: diritto alla legittima difesa diritto all'assistenza da parte di un legale diritto a non essere colpito da pene ecclesiastiche se non a norma di legge
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Al diritto della Chiesa di esigere quanto è necessario all'esercizio della sua missione, corrisponde il dovere dei fedeli di contribuire secondo le loro disponibilità.
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Sono doveri di diritto naturale che obbligano tutti gli uomini in forza della fraternità e della solidarietà umana
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Nell'esercizio di tutte le libertà si deve osservare il principio morale della responsabilità personale e sociale; con tutti si deve agire secondo giustizia e umanità. L'Autorità non deve limitare i diritti, ma solo assicurare il loro retto esercizio ed evitare gli abusi.
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Obblighi e diritti dei fedeli laici
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Il CIC, allo stato giuridico dei fedeli in genere, fa seguire lo stato giuridico dei fedeli laici, i quali, per la loro parte, compiono nella Chiesa e nel mondo la missione di tutto il Popolo di Dio (LG 31/362-3). Il Concilio Vaticano II, oltre il cap. V della LG, ha dedicato ai laici il Decreto Apostolicam Actuositatem Paolo VI, nel 1967 ha istituito il Pontifìcio Consilium de Laicis
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Sotto il profilo sacramentale, sono laici quei fedeli che, in virtù del loro sacerdozio comune, partecipano alla triplice funzione della Chiesa, ma tale partecipazione è diversa da quella dei Chierici. Sotto il profilo apostolico, l'impegno proprio dei laici è diretto all'animazione dell'ordine temporale. I laici operano in nome della Chiesa, non della Gerarchia
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I diritti e i doveri dei fedeli laici presuppongono quelli comuni a tutti i fedeli e quindi anche ai chierici ed ai religiosi
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Questo impegno spetta ai laici come proprio, in virtù del Battesimo e della Confermazione. In diversi luoghi e circostanze la Chiesa difficilmente potrebbe rendersi presente ed operante senza l'opera dei laici.
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Questa animazione costituisce l'impegno proprio dei laici; un impegno che riguarda la famiglia, la società, gli strumenti di comunicazione sociale, l'economia, la scuola, il diritto ecc. I laici devono assumere, come loro proprio compito, il rinnovamento dell'ordine temporale
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A queste, come sposi e come genitori, spettano compiti di estrema importanza per la Chiesa e per la società (cf. AA 11/952-7) come sposi il compito di popolare la terra di uomini come genitori, il compito di popolare il cielo di santi (cf. Familiaris consortio)
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Perché i fedeli laici possano adempiere tali doveri hanno bisogno della necessaria libertà: di fronte allo Stato devono essere considerati come tutti gli altri cittadini, senza alcuna discriminazione a motivo della loro fede (Dic. Diritti universali dell'uomo, art. 2; Conc. Italiano, art. 2, n. 3); di fronte alla Gerarchia ecclesiastica devono godere di una certa autonomia (GS 43/1455).
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Più che da motivi contingenti (scarsità di clero ) è motivata da ragioni essenzialmente teologiche: essendo essi membri effettivi della Chiesa e radicalmente uguali ai chierici ed ai religiosi nella dignità e nella edificazione del Popolo di Dio (cf. 208), hanno l'obbligo di promuovere e sostenere l'attività apostolica anche con le proprie iniziative (216), in forza del loro Battesimo e della loro Cresima.
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La funzione dei laici nella Chiesa ha il suo riconoscimento non solo di fatto ma anche giuridicamente, in quanto la loro cooperazione ecclesiale è sancita in molti canoni.
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I motivi principali sono questi: vivere secondo la dottrina cristiana essere in grado di annunziarla difenderla, se necessario partecipare attivamente all'esercizio dell'apostolato.
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Vi sono: ministeri stabili (lettore e accolito) ministeri liturgici temporanei ministeri di supplenza..
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Questa è richiesta perché i laici possano esercitare i ministeri e servizi con consapevolezza, zelo e diligenza
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LE ASSOCIAZIONI DEI FEDELI NORME COMUNI
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Nella Chiesa esistono associazioni distinte dagli IVC e dalle SVA nelle quali tutti i fedeli (laici, chierici, religiosi), con azione comune, tendono all'attuazione di una vita cristiana più perfetta all'incremento del culto pubblico o della dottrina cristiana ad altra opera di apostolato I fedeli sono esortati a dare il loro nome soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dalla competente autorità ecclesiastica (298).
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I fedeli, in virtù del loro battesimo hanno il diritto originario di fondare e dirigere personalmente proprie associazioni che abbiano fine: «pietatis erga Deum» «caritatis erga proximum» ovvero varie forme di apostolato (299). Ogni Associazione ha diritto al proprio titolo ed ai propri Statuti.
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Le associazioni di fedeli laici si suddividono in Private Pubbliche Clericali Terzi Ordini
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Sono tali se erette mediante un accordo privato. Possono essere: di fatto o semplicemente private, se prescindono da qualsiasi riconoscimento semplicemente riconosciute, con atto formale o implicito lodate o approvate costituite in persona giuridica, con particolare provvedimento amministrativo, previa la revisione (recognitio) dello statuto
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Nessuna associazione privata può assumere il nome di «cattolica» se non col consenso del Vescovo, se diocesana della Conferenza Episcopale, se nazionale della Santa Sede, se internazionale (300, 312) Tali associazioni rimangono «private», anche se lodate o raccomandate dall'autorità ecclesistica (299/1)
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Sono tali se erette dalla pubblica autorità e che si propongono: l'insegnamento della dottrina cristiana in nome della Chiesa l'incremento del culto pubblico intendano altri fini il cui conseguimento è riservato, per sua natura, all'autorità ecclesiastica il conseguimento di altre finalità spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante le iniziative private (301)
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sono formate e rette da chierici hanno come scopo l'esercizio del sacro ministero da parte dei membri sono riconosciute come tali dalla competente autorità (302).
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i soci vivono nel mondo tendono alla perfezione cristiana partecipando allo spirito dell’IVC a cui sono associati operano sotto l'alta direzione dell'Istituto stesso (303). NB. Secondo il nuovo CIC ogni IVC potrà avere il proprio T.O. senza un particolare privilegio della Sede Apostolica (303).
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DI VIGILANZA DI GIURISDIZIONE
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È questo un diritto nativo da esercitare su tutti i fedeli, allo scopo di tutelare la integrità della fede e la purezza dei costumi
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È questo un diritto nativo da esercitare su tutta l'attività della Chiesa, allo scopo di favorire, stimolare, promuovere l'attività e le iniziative, nonché per tutelare la legittima libertà.
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Ambito di tale attività: prescrivere norme di carattere generale, intervenire in casi di emergenza ( 316) confermare istituire o nominare il presidente nominare direttamente il cappellano o l'assistente ecclesiatico (317/1) nominare un commissario in circostanze gravi e per motivi gravi (318/1) rimuovere per giuste cause il presidente e il cappellano (318/2) esigere il rendiconto annuale, sopprimere per cause gravi l'associazione pubblica (319-320)
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LE ASSOCIAZIONI PUBBLICHE DI FEDELI
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L'erezione delle associazioni pubbliche è di esclusiva competenza delle autorità ecclesiastiche: della Santa Sede per l'erezione delle associazioni di carattere universale o internazionale della Conferenza episcopale per le associazioni di carattere nazionale del Vescovo del luogo per le associazioni di carattere diocesano (non dell'Amministratore o del Vicario generale, senza speciale mandato).
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Alle medesime autorità compete tutto ciò che è necessario per la erezione: approvazione definitiva degli Statuti e delle loro eventuali innovazioni (314) la superiore direzione (315) l'eventuale conferma, istituzione o nomina del presidente (317/1) la nomina del cappellano o dell'assistente eccl. (317/1) l'eventuale nomina di un commissario (318/1).
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Per l'erezione di una associazione o di una sua sezione, ad validitatem, si richiede il consenso del Vescovo diocesano (312/2). Per gli IVC, il consenso dato per l'erezione della casa religiosa vale anche per l'erezione, nella casa o nella chiesa, di una associazione propria dell'IVC (609/1).
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Un'associazione pubblica è costituita in persona giuridica in forza dello stesso decreto di erezione e riceve simultaneamente la «missio» di poter svolgere la sua attività nella Chiesa.
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Le associazioni pubbliche possono intraprendere liberamente le iniziative rispondenti alla propria natura; esse sono rette a norma degli statuti, ma sotto la direzione dell'autorità ecclesiastica competente (cf 312/1).
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Non possono essere accettati nelle associazioni pubbliche: gli apostati dalla fede coloro che si sono separati dalla comunione ecclesiale chi è stato colpito da scomunica, inflitta o dichiarata Un socio che è incorso in uno dei casi di cui sopra, premessa la necessaria ammonizione, può essere dimesso, secondo le modalità previste dagli statuti. L'interessato ha la facoltà di ricorrere contro il provvedimento e tale ricorso ha effetto sospensivo.
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I catecumeni, se non esiste un divieto negli statuti, possono essere ricevuti nelle associazioni pubbliche, perché essi «sono uniti alla Chiesa con un vincolo particolare» (cf. 206/1)
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L'autorità ecclesiastica competente, secondo i casi: conferma, istituisce o nomina il Presidente; nomina direttamente il Cappellano o l'Assistente ecclesiastico, dopo aver sentito il parere degli ufficiali maggiori dell'associazione, se ciò risulta opportuno. Tale principio vale anche per le associazioni pubbliche erette dagli IVC fuori delle proprie chiese. Nelle associazioni non clericali, i laici possono essere assunti all'ufficio di presidente. Il Cappellano o Assistente ecclesiastico non sia assunto a tale incarico, tranne che gli statuti non prevedano diversamente (317/3).
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È consentita solo in circostanze speciali e per motivi gravi. Tale incarico ha carattere straordinario e temporaneo. Nel provvedimento devono essere precisati i compiti. Il Presidente può essere rimosso «per una giusta causa», occorre però ascoltare previamente il Presidente interessato e, se ciò è previsto negli statuti, anche gli ufficiali maggiori. Il Cappellano viene rimosso dalla competente autorità. I beni sono «ecclesiastici» e vanno amministrati a norma del CIC e degli Statuti. L'associazione ha l'obbligo del rendiconto annuale all'autorità ecclesiastica competente.
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Le associazioni pubbliche vengono soppresse dalla medesima autorità che le ha erette, «per grave causa» e previa l'audizione del Presidente e degli ufficiali maggiori
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LE ASSOCIAZIONI PRIVATE DI FEDELI
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Le associazioni private, formalmente, non esistevano nell'ordinamento anteriore. Ad esse (come pure alle associazioni pubbliche) oltre che le norme proprie contenute nei rispettivi statuti, si applicano anche le norme comuni contenute nei cc. 298-311. Mentre le associazioni pubbliche operano in nome della Chiesa ed hanno una maggiore tutela, però una minore autonomia, le associazioni private operano in nome privato e quindi godono di una maggiore autonomia.
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Le associazioni private sono dirette e amministrate dai fedeli a norma dei propri statuti. Esse, oltre il semplice riconoscimento, possono acquisire anche la personalità giuridica per decreto formale della competente autorità ecclesiastica, previa approvazione degli statuti. L'acquisizione però della personalità giuridica non modifica la natura dell'associazione, che rimane sempre privata (cf. 321-322 ).
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Le associazioni private, pur godendo di una legittima autonomia, sono soggette: alla vigilanza da parte dell'autorità ecclesiastica, allo scopo di garantire la integrità della fede e dei costumi, nonché il coordinamento di tutte le energie che devono essere ordinate al bene comune alla giurisdizione della medesima, la quale, per cause molto gravi, potrà adottare opportuni provvedimenti.
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L'associazione privata di fedeli designa liberamente, sempre però a norma degli statuti, il Presidente e gli Ufficiali Essa può anche designare un Consigliere spirituale fra i sacerdoti che operano in diocesi, che deve essere però confermato dall'Ordinario del luogo
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I beni delle associazioni private non sono «beni ecclesiastici», anche se l'associazione è dotata di personalità giuridica. Come tali non sono soggetti alla normativa del libro V del CIC, se non è disposto espressamente (cf. e. 1257/2). Ciononostante, le autorità ecclesiastiche hanno il diritto di vigilanza perché detti beni vengano amministrati a norma degli statuti
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L'estinzione di una associazione privata, non dotata di personalità giuridica, avviene nei modi determinati dagli statuti e per deliberazione dell'assemblea dei soci. La soppressione può essere decretata dalla competente autorità ecclesiastica, ma solo per motivi molto gravi: se l'associazione è di grave danno per la dottrina o per la disciplina.
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In caso di cessazione di una associazione privata, sia per semplice estinzione che per soppressione, la destinazione dei beni va effettuata a norma degli statuti, salvo i diritti acquisiti e la volontà degli offerenti.
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