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UNA STORIA DELLA GIUBIANA
scritta da Giancarlo Montorfano e Ariel Macchi illustrata da Filippo Brunello
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La notte di un giovedì di tanto tanto tempo fa (sette volte cent'anni sono passati da allora) dalla Porta Ferraria - uno degli ingressi all'arroccato borgo di Canturio - si sentì provenire uno strano sibilo di vento. Padre Lorenzo, guardiano del vicino convento dei frati francescani, pensò a una visione sovrannaturale: che la Madonna dell'affresco avesse deciso di fargli visita?
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Con incoscienza aprì la porta del convento e vide qualcosa che non si aspettava di vedere: una giovane donna, bellissima, stava fuori implorando di entrare, intirizzita, tremante. Il Padre si intenerì e commosse, ma la giovane guardandolo dritto negli occhi lo ipnotizzò: "Ora sei ai miei ordini. Presto, consegnami le chiavi della porta della città!".
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La donna poté così aprire i pesanti battenti della porta Ferraria e fece entrare un manipolo di soldati dei Visconti. Costoro, lesti e silenziosi, s'insediarono nelle varie torri immobilizzando tutte le guardie.
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Dalla vicina Marliano, feudo originario dei loro vasti possedimenti, i Visconti quella notte si impadronirono dell'intero borgo. I Grassi, signori di Canturio, furono spodestati e cacciati. Della perfida giovane nessuno sentì più parlare, si dileguò nella notte di quella fine di gennaio di tanto tanto tempo fa. Ci si chiede ancora oggi se fosse una guerriera come Bradamante, o l'amante di un capitano di ventura in cerca di gloria, o addirittura una creatura demoniaca.
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Un'usanza cominciò, però, a diffondersi l'ultimo giovedì di gennaio: bruciare insieme alle stoppie del granturco un fantoccio di pezza, colorato, con le fattezze di una donna. Era la donna che fece perdere ai canturini la loro libertà, e li obbligò a convivere con i vicini marlianesi? Chi mai potrà dirlo? Per intanto una volta l'anno gli abitanti di molti paesi della Brianza si divertono a danzare urlanti attorno ad un enorme falò. Scacciano i ricordi di un passato sfortunato e si augurano un futuro più felice.
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