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ANTIGIURIDICITA’ 1/32
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Per integrare un illecito penale
il fatto deve essere: TIPICO, REALIZZATO CONTRA IUS e COLPEVOLE
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Il contrasto effettivo interamente considerato,
tra il fatto tipico e l’ordinamento interamente considerato, riflette il giudizio di antigiuridicità”
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La tipicità fornisce un indizio
circa il carattere antigiuridico del fatto: i modelli di reato che troviamo nella parte speciale del codice penale individuano fatti che sono normalmente illeciti
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operata alla stregua dell’intero ordinamento giuridico
Talvolta, il fatto presumibilmente antigiuridico (perché tipico), risulta invece giustificato o consentito alla luce di una valutazione operata alla stregua dell’intero ordinamento giuridico
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Principio dell’ unità del sistema giuridico
(assenza di contraddizioni interne): se in un settore di esso un’azione è consentita, essa non potrà risultare illecita in un altro.
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vincola espressamente il giudice civile e amministrativo
Il c.p.p., all’art. 651, vincola espressamente il giudice civile e amministrativo al giudicato penale di condanna <<quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso>>….
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....L’antigiuridicità del fatto, dunque,
rappresenta un requisito unitario che si accerta una volta per tutte, in riferimento al torto penale, civile e amministrativo
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ESAME DELL’ANTIGIURIDICITA’:
la norma penale è raffrontata col complesso delle altre norme. Viene chiarito il loro condizionamento reciproco (risoluzione dei conflitti fra norme)
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CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
Detto esame concerne la verifica che il fatto tipico non è coperto da una CAUSA DI GIUSTIFICAZIONE
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facoltizza o impone L’antigiuridicità viene meno
se una norma diversa da quella incriminatrice, ricavabile dall’ ordinamento giuridico interamente considerato, facoltizza o impone quello stesso fatto che costituirebbe reato
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Le situazioni in presenza delle quali
viene a mancare il contrasto tra un fatto tipico e l’ordinamento giuridico nella sua interezza, si definiscono cause di giustificazione
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= CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE SCRIMINANTI GIUSTIFICANTI
CAUSE DI ESCLUSIONE DELL’ANTIGIURIDICITA’
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Il legislatore parla di l’espressione tecnica
<<circostanze che escludono la pena>>: l’espressione tecnica <<cause di giustificazione>> è stata elaborata dalla dottrina
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La categoria delle cause di giustificazione
non ha funzione strettamente giuridico-penale: essa va ricostruita alla luce dell’ordinamento giuridico nel suo complesso. Le cause di giustificazione servono ad integrare in quest’ultimo il diritto penale: la tutela del bene ad opera della norma incriminatrice considerata, cede rispetto a quella del bene contrapposto, oggetto della norma extrapenale che prevede la causa di giustificazione (risoluzione di un conflitto apparente di norme)
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Conseguenze: subordinata necessariamente
la disciplina delle situazioni che integrano cause di giustificazione non è subordinata necessariamente al principio della riserva di legge (può trovare la propria fonte anche nella consuetudine). “essendo le norme sulle scriminanti <<autonome>>norme extrapenali desumibili da tutto l’ ordinamento, se ne deduce […] la loro possibile estensione analogica.” (G.Fiandaca- E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 189) ;
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NATURA OGGETTIVA DELL’ANTIGIURIDICITA’:
essa rappresenta una qualità oggettiva del fatto tipico, distinta, dunque, dalla colpevolezza …..Infatti ….
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<<Le circostanze che attenuano o ESCLUDONO la pena
… Art. 59, comma 1°, c.p. (Circostanze non conosciute o erroneamente supposte) <<Le circostanze che attenuano o ESCLUDONO la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti[…]>>.
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Rilevanza delle scriminanti putative
Art. 59 c.p., ultimo comma (prima parte) Rilevanza delle scriminanti putative <<Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui>>.
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Viene estesa alle scriminanti la disciplina dell’errore di fatto
di cui all’art. 47 c.p.:
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Per esplicare efficacia scusante,
l’errore deve riguardare << i presupposti di fatto che integrano la causa di giustificazione stessa>> (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 259) (ad esempio, Mevio, per un errore di percezione crede di essere aggredito da Sempronio, perciò reagisce difendendosi); oppure (l’errore deve) riguardare una norma extrapenale che intera un elemento normativo della fattispecie giustificante.
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per escludere la responsabilità dolosa
La giurisprudenza è rigorosa nell’interpretare l’ultimo comma dell’art. 59 c.p.: per escludere la responsabilità dolosa occorre che il soggetto ritenga erroneamente l’esistenza di una causa di giustificazione + che l’errore sia ragionevole (giustificazione logica) e scusabile (sulla base, ad esempio, dei dati di fatto).
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Art. 59, ultimo comma (seconda parte) Errore colposo
<<Tuttavia, se si tratta di errore>> (errore sulla presenza di una scriminante) <<determinato da colpa, la punibilità non è esclusa quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo>>.
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l’esclusione della punibilità
Differenze relative a categorie dogmatiche che hanno come conseguenza l’esclusione della punibilità
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CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE:
Facendo venir meno l’antigiuridicità o illiceità (contrasto tra il fatto e l’ ordinamento giuridico nel suo complesso), rendono inapplicabile qualsiasi tipo di sanzione (penale, civile, amministrativa), ed inoltre si estendono a coloro che (eventualmente) partecipino alla commissione del fatto. Operano in forza della loro obiettiva esistenza (anche se non conosciute o erroneamente supposte)
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CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA COLPEVOLEZZA (SCUSANTI)
RESTA INTEGRA L’ANTIGIURIDICITA’. Non è possibile muovere un rimprovero al soggetto perché egli agisce in difetto dell’elemento soggettivo richiesto (es. Caio agisce sotto la pressione di circostanze psicologicamente coartanti). Queste circostanze operano solo se conosciute dall’agente e non si estendono ad altri eventuali concorrenti
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CAUSE DI ESENZIONE DA PENA IN SENSO STRETTO:
circostanze che LASCIANO INTEGRE TANTO L’ANTIGIURIDICITA’ QUANTO LA COLPEVOLEZZA. Ratio: valutazioni di opportunità sulla necessità di punire (considerando anche l’esigenza di tutelare contro-interessi, la cui lesione deriverebbe dall’applicazione della pena). Non si estendono ad eventuali concorrenti nel reato. Esempio: non è punibile il figlio che ruba al padre, (per ragioni di opportunità che attengono all’unità della famiglia), ma lo è il complice del figlio.
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Fondamento sostanziale delle cause di giustificazione
(elaborazione dottrinale dei principi generali che presiedono alle cause di giustificazione) Due modelli esplicativi:
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vanno ricondotte ad uno stesso principio,
MODELLO MONISTICO: tutte le scriminanti vanno ricondotte ad uno stesso principio, individuato, volta per volta, nel criterio del mezzo adeguato al raggiungimento di uno scopo (che l’ordinamento giuridico approva), della <<prevalenza del vantaggio sul danno>> (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 257) ecc….
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(accolto dalla dottrina dominante)
MODELLO PLURALISTICO (accolto dalla dottrina dominante) Le cause di giustificazione sono ricondotte a principi diversi. Tra quelli più invocati: l’interesse prevalente. Riguarda (spiega) le scriminanti di cui agli artt. 51, 52, 53 c.p. b) l’interesse mancante. Riguarda (spiega) le scriminanti di cui agli artt. 50, 54 c.p.
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LE SINGOLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
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IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO
(art. 50 c.p.) <<Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne>>
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L’ambito di operatività dell’ art. 50
è limitato alle ipotesi nelle quali il giudice ha accertato che il fatto è tipico, al completo dei suoi elementi. In altre parole, il dissenso dell’avente diritto non deve rappresentare un elemento costitutivo del fatto illecito, tale per cui l’eventuale consenso impedirebbe che si integri la fattispecie oggettiva del reato (si pensi alla violazione di domicilio, art. 614 c.p.)
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Natura giuridica del consenso:
è un atto giuridico, un permesso, che non crea un vincolo obbligatorio (a carico di chi lo presta), né trasferisce alcun diritto (in capo all’agente). Revocabile in qualsiasi momento (salvo che le caratteristiche dell’attività consentita siano tali per cui essa possa essere interrotta solo ad avvenuto esaurimento).
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Requisiti di validità del consenso:
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immune da errore, dolo, violenza
Libero (spontaneo): immune da errore, dolo, violenza Il consenso può essere prestato con qualsiasi modalità, ed altresì desunto dal comportamento oggettivamente univoco di colui che ha diritto a prestarlo (consenso tacito), purché sussista al momento del fatto (il consenso successivo non ha efficacia scriminante).
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Consenso putativo (art. 59, comma 4°, c.p.):
affinché possa esplicare efficacia scriminante, occorre che sussista (avendo riguardo alle circostanze del caso concreto) <<la ragionevole persuasione di operare con l’assenso della persona che può validamente disporre del diritto>> (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 266) Consenso presunto: ritenere fondatamente che il titolare (del bene) avrebbe prestato il proprio consenso se avesse conosciuto la situazione di fatto. Secondo la giurisprudenza non scrimina: il consenso, anche se putativo, deve essere già in atto.
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Prestato da chi è legittimato a farlo:
il titolare del bene protetto penalmente, oppure il rappresentante legale o volontario se ciò non è in contrasto con la natura del diritto e dell’atto da consentire
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ad oggetto diritti disponibili
Il consenso deve avere ad oggetto diritti disponibili L’ interprete deve ricavare questi ultimi alla luce dell’intero ordinamento giuridico, e dalla consuetudine. Criterio-guida: si considerano <<disponibili i beni che non presentano una immediata utilità sociale e che lo Stato riconosce esclusivamente per garantirne al singolo il libero godimento>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 267 ss.)
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Rispetto al bene dell’integrità fisica,
il consenso scriminate va riguardato in primis alla luce dell’art. 5 c.c. il quale vieta quegli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica (a meno che questa non sia finalizzata al miglioramento della salute psico-fisica) o siano contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume
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Il soggetto legittimato a prestare il consenso
deve possedere la capacità di agire. Poiché il consenso non ha natura negoziale, questa capacità si risolve in quella di intendere e di volere, intesa come sufficiente maturità a comprendere il significato del consenso che si è prestato (capacità naturale) da accertare caso per caso (Talvolta l’età minima è fissata dal legislatore, ad es. la maggiore età per consentire alla lesione dei diritti patrimoniali)
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L’ESERCIZIO DI UN DIRITTO (art. 51 c.p.)
Prevale l’interesse di colui che agisce esercitando un diritto rispetto ad altri interessi (eventualmente) confliggenti
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Concetto di <<diritto>> ai fini dell’art. 51 c.p.
Accezione ampia: potere giuridico di agire indipendentemente della denominazione legislativa/dogmatica corrispondente (diritto soggettivo, potestà ecc…). Non vi rientrano però gli interessi legittimi né gli interessi semplici, in quanto strutturalmente non sono suscettivi di esercizio.
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Fonte del diritto: a) la legge in senso stretto: ordinaria o costituzionale; b) i regolamenti; c) gli atti amministrativi; d) i provvedimenti giurisdizionali; e) i contratti di diritto privato; f) la consuetudine; g) le leggi regionali, secondo parte della dottrina (orientamento condivisibile in virtù del fatto che, non avendo le scriminanti natura prettamente penalistica, esse non soggiacciono al principio della riserva di legge statale).
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Risoluzione del conflitto normativo
Quando la norma che attribuisce il diritto deve ritenersi prevalente rispetto a quella incriminatrice? I criteri per stabilirlo sono: criterio gerarchico (la legge superiore deroga a quella inferiore); b) criterio cronologico (la legge posteriore deroga a quella anteriore); c) criterio di specialità (la legge speciale deroga a quella generale).
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Modalità di esercizio:
Non è sufficiente vantare un diritto in astratto: perché sussista la scriminante, l’attività realizzata deve costituire una estrinsecazione corretta delle facoltà inerenti al diritto di cui si tratta, altrimenti si versa in un’ipotesi di abuso del diritto (siamo fuori dall’ambito di operatività dell’art. 51 c.p.)
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Limiti all’esercizio del diritto:
(la loro individuazione è correlata all’esigenza di salvaguardare altri diritti, altrettanto meritevoli di protezione). Interni: si desumono dalla natura e dal fondamento del diritto esercitato; si tratta di individuare l’ambito di operatività della norma che li configura. Esterni: si ricavano dall’insieme (complesso) delle norme di cui fa parte quella che attribuisce il diritto (es. l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito potrà essere limitato solo se il limite tende al soddisfacimento di altri interessi costituzionali aventi rango equivalente).
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IPOTESI PRINCIPALI DI ESERCIZIO DEL DIRITTO
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DIRITTO DI CRONACA GIORNALISTICA
Problemi: l’attività di informazione, spesso si traduce nell’esporre fatti che ledono l’onore (bene dotato di rango costituzionale) e la reputazione di terze persone (reato di diffamazione -art. 595-). Il diritto di cronaca, però, costituisce un’estrinsecazione del diritto (anch’esso costituzionalmente garantito) alla libera manifestazione del pensiero.
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Limiti alle modalità di esercizio del diritto di cronaca
individuati dalla giurisprudenza verità o verosimiglianza della notizia divulgata attraverso la pubblicazione; b) interesse pubblico alla conoscenza dei fatti; c) obiettiva e serena esposizione della notizia.
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DIRITTO DI SCIOPERO I problemi concernono, in particolare,
l’esercizio del diritto medesimo in forma di c.d. picchettaggio, rispetto alla tutela della libertà di recarsi al lavoro: delitto di violenza privata (art. 610 c.p.)?
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JUS CORRIGENDI Diritto dei genitori esercenti la potestà parentale
di educare i figli, il cui esercizio può concretizzarsi in fatti che corrispondono a fattispecie di reato, quali ad esempio la limitazione della libertà personale, le percosse ecc… L’art. 571 c.p. incrimina l’abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, senza però specificare i limiti dello jus corrigendi, per la cui individuazione si deve rinviare ai criteri valutativi diffusi nel contesto sociale che si considera, con tutte le difficoltà a ciò connesse (mutare dei canoni di valutazione a seconda del momento storico).
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OFFENDICULA Ricorso a mezzi di tutela della proprietà
che potrebbero offendere terze persone (filo spinato). Scrimina se esiste <<un rapporto di proporzione tra mezzo usato e bene da difendere>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 276)
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ADEMPIMENTO DI UN DOVERE (art. 51 c.p.)
Quando è imposto da una norma giuridica o da un ordine LEGITTIMO dell’Autorità pubblica, esclude la punibilità.
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Fonte del dovere: 1) una norma giuridica. Va intesa in senso ampio:
ogni precetto giuridico, emanato dal potere legislativo o esecutivo (regolamenti); inoltre (il dovere) potrà trovare la propria fonte in un ordinamento straniero, se il diritto internazionale esige che lo Sato italiano riconosca detto dovere come valido (art. 10 Cost.).
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2) un ordine dell’Autorità.
Ordine = manifestazione di volontà rivolta dal superiore al subordinato, in vista del compimento di una certa condotta Requisiti affinché l’esecuzione (dell’ordine) assuma efficacia scriminante ai sensi dell’art. 51 c.p.:
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esistenza (tra superiore ed inferiore)
di un <<rapporto di subordinazione di diritto pubblico>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 278)
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Legittimità dell’ordine nei suoi presupposti:
Formali: COMPETENZA (del superiore ad emanarlo e dell’inferiore ad eseguirlo), E RISPETTO DELLA FORMA PRESCRITTA. Sostanziali: concernono la presenza dei presupposti che la legge richiede affinché possa essere emanato l’ordine (ad es. la presenza di sufficienti indizi di colpevolezza è il presupposto per emanare un’ordinanza di custodia cautelare).
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L’art. 51, ultimo comma, c.p., esclude la punibilità
di colui che esegue un ordine illegittimo quando la legge NON gli consente sindacato alcuno sulla legittimità dello stesso. Se ne ricava in maniera indiretta che … al di fuori di questa ipotesi, la sindacabilità circa il carattere legittimo dell’ordine (nei presupposti formali/sostanziali) E’ LA REGOLA.
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Condizione della suddetta ampiezza del potere di sindacato:
che al subordinato l’ordinamento attribuisca un ruolo non puramente esecutivo, bensì caratterizzato dall’esercizio di un autonomo potere di valutazione (il potere di sindacare la legittimità sostanziale dell’ordine è limitato dall’esistenza di apprezzamenti di merito che la legge riserva al superiore)
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Art. 51, commi 2° e 3°, c.p. Se il subordinato legittimato a farlo
non effettua il controllo di legittimità dell’ordine, anche lui risponderà del reato eventualmente commesso in esecuzione dell’ordine (illegittimo), assieme a colui che ha impartito quest’ultimo.
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Se la legge NON gli consente il sindacato
Responsabilità di colui che esegue un ordine ILLEGITTIMO: limiti. Se la legge NON gli consente il sindacato (rapporti di subordinazione di natura militare); l’insindacabilità che riguarda la legittimità sostanziale dell’ordine (quella formale è sempre sindacabile) incontra comunque un limite: la manifesta criminosità dello stesso). b) Errore di fatto, per cui il subordinato ritiene di obbedire ad un ordine legittimo (art. 51, comma 3°, c.p.). Vi rientra l’errore su legge extrapenale.
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LEGITTIMA DIFESA (art. 52 c.p.)
<<Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa>>.
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Fondamento sostanziale dell’esimente:
prevale l’interesse di chi è INGIUSTAMENTE aggredito rispetto a quello di chi è fuori dalla legge (vim vi repellere licet )
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condotta aggressiva - condotta difensiva
Struttura della legittima difesa Due condotte che si contrappongono: condotta aggressiva - condotta difensiva
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Requisiti dell’ aggressione:
la minaccia deve promanare da una condotta umana, anche omissiva, ma può provenire altresì da animali/cose, purché sia individuabile un soggetto che è tenuto a vigilare su di essi. <<L’attacco deve avere ad oggetto un diritto altrui>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 284) Accezione ampia: qualsiasi interesse giuridicamente tutelato, inclusi i diritti patrimoniali). 3) Deve provocare <<un pericolo attuale di offesa>>. Pericolo attuale = pericolo in corso, minaccia (di lesione) che incombe: la reazione è il solo mezzo di riparo del bene posto in pericolo. Vi rientra il percolo perdurante.
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La scriminante NON opera se la situazione di pericolo
è stata cagionata volontariamente da colui che reagisce (secondo la giurisprudenza, l’involontarietà del pericolo rappresenta un presupposto tacito della causa di giustificazione di cui all’art. 52 c.p.) Non si applica, ad esempio, al provocatore, e, di regola ai soggetti coinvolti in una rissa. Eccezioni: quando la reazione del soggetto provocato sia assolutamente imprevedibile e sproporzionata; quando qualcuno dei corrissanti minacci una violenza più grave di quella che era inizialmente prevedibile.
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non solo deve minacciare un diritto altrui: essa
4) Ingiustizia dell’offesa. L’aggressione, non solo deve minacciare un diritto altrui: essa <<non deve essere espressamente facoltizzata dall’ordinamento>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 287)
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Caratteristiche della reazione
Necessaria (alla salvaguardia del bene in pericolo): di fronte all’alternativa reagire/subire, il pericolo non può essere evitato se non reagendo contro colui che aggredisce (NECESSITA’ DELLA REAZIONE = INEVITABILITA’: NON SOSTITUIBILE CON UNA MENO DANNOSA E IDONEA PARIMENTI A GARANTIRE LA TUTELA DELL’AGGREDITO). 2) Proporzionata all’ offesa: si guarda al rapporto di valore tra i beni/interessi in conflitto (bilanciamento), considerando il rispettivo grado di messa in pericolo (o lesione) nella situazione concreta.
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Quanto al giudizio di necessità della reazione, esso è relativo
(va effettuato alla luce delle circostanze del caso concreto). La legittima difesa è configurabile quando il soggetto (aggredito) poteva darsi alla fuga? Bilanciamento di interessi: il soggetto NON è tenuto a darsi alla fuga quando questa esporrebbe beni suoi personali (es. pericolo di aborto), o di terzi (pericolo di investire qualcuno con la macchina in fuga ecc…) ad un rischio maggiore di quello che incombe sui beni del soggetto contro cui si reagisce.
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Stabilire la proporzione difesa/offesa: criteri invocabili.
BENI OMOGENEI (es. integrità fisica vs integrità fisica): si guarda (raffronto) al grado di lesività delle due condotte (aggressiva/difensiva). 2) BENI ETEROGENEI (es. vita vs patrimonio): se il rapporto gerarchico non è evidente (come lo è invece nell’esempio di cui sopra), ci si affida ad altri indici: la rilevanza costituzionale del bene, le indicazioni del legislatore penale circa la sanzione comminata nel caso di violazione ecc …
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USO LEGITTIMO DELLE ARMI (art. 53 c.p.)
Ferme le disposizioni relative agli artt. 51 e 52, <<non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso>> (sempre allo stesso fine) <<delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o vincere una resistenza all’Autorità, e comunque impedire la consumazione dei delitti di strage […], omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona>>.
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La causa di giustificazione ex art. 53 c.p.
si applica soltanto nell’ipotesi in cui difettino i presupposti delle scriminanti della legittima difesa o dell’adempimento di un dovere.
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Possono beneficiare della scriminante in esame il pubblico ufficiale,
e, ai sensi dell’art. 53, comma 3°, c.p., <<qualsiasi persona che legalmente richiesta dal pubblico ufficiale gli presti assistenza>>. Interpretazione restrittiva di “pubblico ufficiale”: l’art. 53 opera limitatamente agli <<agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, e ai militari in servizio di Pubblica sicurezza>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 301)
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VIOLENZA: comportamento attivo (e in atto), che tende ad ostacolare
l’adempimento del dove di ufficio (vi rientra la minaccia seria e particolarmente grave). RESISTENZA: vi può rientrare anche quella passiva; in questo caso l’ art. 53 c.p. è applicabile se vi è proporzione tra mezzi di coazione impiegati e tipo di resistenza da vincere da un lato, e tra i beni in conflitto dall’altro (non è consentito, ad esempio, sparare sulle donne che per protesta si distendono sui binari). La fuga è un’ipotesi di resistenza passiva, e in quanto tale, di regola, esclude il ricorso alle armi.
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sussiste quando il pubblico ufficiale
La necessità (di respingere una violenza o vincere una resistenza): sussiste quando il pubblico ufficiale non è in grado (non ha altra scelta) di adempiere al proprio dovere se non usando un mezzo di coercizione. Egli deve impiegare, tra i mezzi idonei di cui dispone, quello meno lesivo.
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STATO DI NECESSITA’ (art. 54 c.p.)
<<Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo>>.
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Ratio della scriminante: manca un interesse dello Stato
a tutelare l’uno o l’altro dei beni in conflitto, posto che uno dei due è comunque destinato a soccombere. E’ necessario però (bilanciamento) <<che il bene sacrificato sia di rango inferiore o equivalente o di poco superiore rispetto a quello salvato>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 306) L’inesigibilità psicologica, cui la dottrina risalente si appellava (ricostruzione in chiave soggettiva del fondamento dello stato di necessità) per ricondurre lo stato di necessità alle cause di esclusione della colpevolezza, invece, può fungere da ratio dello stato di necessità c.d. cogente, nel quale il danno alla persona minaccia l’ autore stesso del fatto, o un soggetto a lui vicino.
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1° ELEMENTO DI DIVERSITA’ RISPETTO ALLA LEGITTIMA DIFESA
L’azione necessitata ricade su un terzo estraneo (che non ha provocato la situazione di pericolo, la quale può derivare da avvenimenti naturali o dall’azione illecita di un altro uomo). 1° ELEMENTO DI DIVERSITA’ RISPETTO ALLA LEGITTIMA DIFESA
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2° ELEMENTO DI DIVERSITA’ RISPETTO ALLA LEGITTIMA DIFESA
L’azione vuole scongiurare il pericolo (attuale) di un danno grave alla persona. 2° ELEMENTO DI DIVERSITA’ RISPETTO ALLA LEGITTIMA DIFESA
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<<danno grave alla persona>>
Concetto idoneo a <<ricomprendere qualsiasi lesione minacciata ad un bene personale giuridicamente rilevante>>, (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 309) e tutelato sia in ambito penale che extrapenale.
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Come si determina la gravità del danno?
CRITERIO QUALITATIVO Si considera il rango (eventuale) del bene minacciato (ad es. il bene “vita”). CRITERIO QUANTITATIVO Si guarda al grado di pericolo incombente sul bene (non qualunque danno all’integrità fisica si può considerare grave, ma solo quello che importa una lesione di particolare rilevanza)
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Attualità del pericolo
Situazione (di fatto) in base alla quale si possa formulare un giudizio di probabilità circa il prossimo verificarsi di una lesione. NOTA BENE: il criterio temporale (imminenza cronologica del danno) non sempre consente una determinazione corretta dell’attualità del pericolo. A volte è opportuno agire in anticipo sì da impedire che le potenzialità lesive connesse alla situazione pericolosa si aggravino.
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<<pericolo non volontariamente causato>>
L’accertamento della volontarietà va <<riferito alla situazione pericolosa cui immediatamente si ricollega il danno>> (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 307) Es. Il dissipatore rimasto sul lastrico può invocare l’art. 54 c.p., se ruba un medicinale per salvare la vita al figlio in imminente pericolo di vita Si considerano volontariamente causate le situazioni di pericolo che siano dovute anche a semplice colpa
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Inevitabilità altrimenti del pericolo
Rafforza la “necessità” di salvare sé o altri (da un grave danno alla persona): significa che scrimina la condotta che arreca al terzo incolpevole il minor danno, e altresì che la valutazione della inevitabilità va effettuata facendo ricorso a criteri più rigidi rispetto a quanto avviene nella legittima difesa: qui la fuga è sempre da preferire all’offesa arrecata al terzo incolpevole (sempre che la stessa non esponga il fuggitivo o terzi a rischi maggiori di quelli che incombono sul terzo incolpevole).
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Il rapporto di proporzione tra fatto e pericolo.
Il giudizio in esame, riguarda il rapporto di valore tra i beni in conflitto, i quali non vanno concepiti però come entità statiche (eliminando dalla prospettiva della proporzione gli elementi che contraddistinguono la situazione concreta, ad es. l’attualità del pericolo): detto esame (raffronto del valore dei beni) va integrato con quello relativo ai rischi (comparazione) che incombono sul bene da salvaguardare e su quello del terzo aggredito (accertamento ex ante) Criterio-base: <<quando il rischio maggiore è quello gravante sull’interesse del terzo innocente, il rapporto di valore tra i beni dev’essere proporzionalmente a vantaggio di quello da salvaguardare; quando invece il bene di maggior peso è quello aggredito, il rapporto tra i rischi deve essere proporzionalmente a vantaggiodi quello salvaguardato>>. (G.Fiandaca-E.Musco, Diritto Penale PG., Zanichelli Editore, Bologna, 2010, 310)
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<<[…] necessità di salvare sé od altri […]>>.
Art. 54, comma 1°, c.p.: <<[…] necessità di salvare sé od altri […]>>. Contempla il c.d. soccorso di necessità: l’azione necessitata è compiuta da un terzo soccorritore. Esistono casi di soccorso di necessità, come quello contemplato dall’art. 593 c.p. (omissione di soccorso), in cui ci troviamo, a ben vedere, nell’ambito della causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p. (adempimento di un dovere).
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L’art. 54 c.p. <<non si applica a chi ha
un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo>> (i vigili del fuoco ad esempio). Nonostante ciò si ritiene applicabile, quando il soggetto che ha il suddetto dovere di esporsi realizzi un’azione necessitata per salvare (non sé stesso, bensì) terzi in pericolo.
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ipotesi di coazione morale
Art. 54, ultimo comma, c.p.: ipotesi di coazione morale La causa di giustificazione in esame opera anche <<se lo stato di necessità è determinato dalla altrui minaccia; ma in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo>>. Esempio: l’automobilista che provoca un incidente perché costretto a correre sotto la minaccia di una pistola puntata alla tempia.
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NELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE
L’ECCESSO COLPOSO NELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE (art. 55 c.p.). Quando nel commettere alcuno dei fatti di cui agli artt. 51, 52, 53, 54, <<si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo>>.
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A differenza dell’art. 59, ultimo comma, c.p., (errore colposo),
I presupposti di fatto della scriminante ci sono, ma l’agente, per colpa, ne travalica i limiti. A differenza dell’art. 59, ultimo comma, c.p., (errore colposo), qui la causa di giustificazione in realtà c’è, ma l’agente oltrepassa colposamente i limiti del comportamento consentito.
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del superamento dei limiti del comportamento consentito
Il giudizio sulla natura colposa del superamento dei limiti del comportamento consentito si effettua sulla base dei criteri normativi di cui all’art. 43 c.p.
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L’aver oltrepassato i confini della scriminante
deve derivare da difetto inescusabile di conoscenza della situazione (concreta), ovvero dalla non osservanza di regole di condotta aventi contenuto precauzionale, relative all’uso dei mezzi o alle modalità di realizzazione del comportamento
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Parte della dottrina suole distinguere due forme di eccesso colposo:
si valuta erroneamente la situazione di fatto e il risultato cagionato è voluto, per questo motivo; 2) la situazione di fatto è valutata correttamente, ma l’evento prodotto è più grave di quello necessario, a causa di un errore esecutivo. Ciò che rileva è che il soggetto abbia voluto realizzare quel fine che, nella situazione concreta, rende il comportamento giustificato, e che per un errore vincibile si produce un evento sproporzionato rispetto a quello (che sarebbe stato) sufficiente.
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Natura giuridica Il delitto commesso in situazione
di eccesso è un delitto colposo: la volontarietà del fatto è viziata da un errore non scusabile che si riflette in una falsa rappresentazione dei limiti entro i quali è consentito operare. L’errore di valutazione potrebbe essere evitato prestando maggior attenzione (comportamento colposo).
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Aggiornamenti giurisprudenziali
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Cassazione penale, sez. VI, sent. 26 aprile– 20 maggio 2011, n. 20085
In un caso in cui l’imputato, nel corso di un’udienza davanti alla Corte di Assise ove rispondeva di gravi reati, aveva reso a verbale dichiarazioni spontanee, affermando che il processo era un complotto tra falsi pentiti, compresi i pubblici ministeri, tanto che, all’ esito del giudizio di merito, era stato condannato per i reati di calunnia e di oltraggio al magistrato in udienza, la Corte ha precisato che le espressioni di critica ad un provvedimento del magistrato, laddove siano immediatamente percepibili come un giudizio che investe la legittimità o opportunità del provvedimento in sé considerato e non la persona del magistrato in quanto tale, non possono integrare l’art. 343 c.p.: ciò in quanto il rispetto, di cui tutti i pubblici funzionari devono essere circondati, non equivale a insindacabilità.
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Cassazione penale, sezione IV, sentenza 10 gennaio 2008, n. 888
Adempimento di un ordine legittimo. In tema di adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo, è sempre necessario, al fine di accertare l' effettiva sussistenza della esclusione dell’ antigiuridicità del fatto, compiere, in concreto, un giudizio di bilanciamento tra il bene protetto dalla norma incriminatrice e la finalità cui mira la causa di giustificazione; ne consegue che non può ritenersi scriminata la condotta dell'agente appartenente alle forze di polizia che, nell'ambito dell'ampio margine di discrezionalità a lui riconosciuto dall'ordine di recarsi "con urgenza" in un determinato luogo, pur avendo attivato dispositivi lampeggianti ed acustici, cagioni lesioni a terze persone in conseguenza della sua condotta di guida, tenuta in violazione di norme del codice della strada e dell'obbligo generico di rispettare le regole imposte dalla prudenza.
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Cassazione penale, sezione IV, sentenza 27 novembre 2009, n. 45051
Diritto di cronaca Sulla diffamazione e ingiuria a mezzo di mass-media, nel caso di talk show televisivi finalizzati alla rivisitazione di gravi fatti delittuosi oggetto di indagini e di processo, la divulgazione di ipotesi investigative o di meri sospetti di inquirenti veri o presunti che siano – rimasti privi di riscontro nelle indagini, sono tali da nuocere alla reputazione ed alla onorabilità delle persone che siano state ingiustamente sospettate, integrando il reato di cui all’art. 595, commi 1 e 2 c.p. La Cassazione chiarisce che, in tale ipotesi, non rileva, ai fini dell’operatività dell’esimente putativa del diritto di cronaca ex art. 51 c.p., la circostanza che il giornalista abbia attinto la notizia dalle agenzie di stampa, senza aver assolto all’obbligo di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l’affidamento riposto in buona fede sulla fonte.
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Cassazione penale, sez. V, sent. 17 febbraio 2010, n 6740
Diritto di cronaca. Ribadisce l'orientamento della giurisprudenza della Cassazione, secondo il quale è legittimo l'esercizio del diritto di cronaca quando sia riportata la verità oggettiva (o anche solo putativa) purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti, che non può ritenersi rispettata quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato. Di conseguenza, la verità, almeno putativa, delle notizie pubblicate avrebbe dovuto essere accertata alla stregua di quanto conosciuto o conoscibile alla data di pubblicazione dell'articolo.
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