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L’illuminismo Pensiero economico e politico
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L’ Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! E’ questo il motto dell’Illuminismo. I. Kant (Risposta alla domanda: Che cos’è l’illuminismo, 1784)
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La ragione illuminista
Non è la ragione onnipotente e onnicomprensiva dei filosofi razionalisti E’ la ragione degli empiristi: non fonte ma strumento di conoscenza; ha un ambito limitato in cui è però ultimo giudice. E’ la ragione newtoniana, fondata solidamente sull’esperienza, che conduce a conoscenze verificabili da tutti.
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Ottimismo Anche se limitata, questa ragione può portare luce in ogni campo dell’esperienza umana. L’Illuminismo condivide infatti l’idea di un progresso inarrestabile dell’umanità, alimentata dalla constatazione dell’avanzamento delle scienze naturali e della crescita economico-sociale del ceto borghese.
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Polemica contro il passato
Il passato, in particolare il medioevo, è visto come il regno delle tenebre che la luce della ragione vuol rischiarare. Anche se in questo periodo si sviluppano gli strumenti della moderna ricerca storiografica, gli illuministi mancano spesso di senso storico, si volgono al passato più per mostrarne gli errori che per comprenderlo.
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Contro le religioni positive
L’illuminismo critica le religioni positive (=storiche) che hanno dominato nel passato: perché obbligano gli uomini a credere in dogmi assurdi, contrari alla ragione; perché dividono gli uomini favorendo comportamenti superstiziosi e intolleranti, dai quali sono derivate le violenze del passato: (inquisizione, guerre di religione, ecc.).
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Frontespizio dell’opera La Religione nei limiti della pura Ragione, pubblicata da Kant nel 1793
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Deismo Bisogna spogliare la religione dagli aspetti dogmatici e fantasiosi, limitandosi alle verità che la ragione di ogni uomo può riconoscere: l’esistenza di un architetto dell’universo e di una vita dopo la morte. Non servono riti e culti, quello che conta è il comportamento morale.
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Tutti quelli che cercano Dio fuori da Gesù Cristo e che si fermano alla natura, o non trovano alcuna luce che li soddisfi, o arrivano a procurarsi un mezzo per conoscere Dio e servirlo senza un mediatore, e con questo cadono nell’ateismo o nel deismo, che sono due cose che la religione cristiana aborre in modo quasi uguale. Pascal, Pensieri, 419
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Natura Per gli illuministi la natura diviene un valore positivo:
“naturale” è sinonimo di “razionale” e rappresenta un bene (si parla di religione naturale, diritto naturale, leggi naturali dell’economia, ecc.) Viene respinta l’idea cristiana di una corruzione originaria.
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Pensiero politico
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Tre correnti principali
Opposizione aristocratica all’Assolutismo: Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, 1748 Assolutismo (o dispotismo) illuminato: Voltaire Tendenza democratica: Rousseau, Il Contratto sociale, 1762
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Montesquieu: il relativismo
Montesquieu contesta l’idea che esista una legge naturale, valida per tutti gli uomini e per tutti i tempi. Leggi e costituzioni dipendono da indole, cultura, costumi dei vari popoli e dalle caratteristiche dei luoghi in cui vivono. Le simpatie di Montesquieu vanno comunque ad una monarchia costituzionale di tipo inglese.
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Il pensiero politico Separazione dei poteri: legislativo (Parlamento), esecutivo (ministri), giudiziario (magistrati) Equilibrio tra Re e Parlamento
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Montesquieu: i poteri Per evitare abusi è indispensabile che i poteri si bilancino a vicenda: Il giudiziario deve essere affidato a giudici popolari (repubblica) o a magistrati inamovibili (monarchia). Il legislativo a due camere: alta, di privilegio, (aristocrazia) e bassa, elettiva, (borghesia). L’esecutivo al governo che, in una monarchia, è espressione del re.
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Montesquieu: l’equilibrio
Le Camere controllano il Governo e si controllano vicendevolmente. Fondamentale è il ruolo della camera alta che media tra le tendenze dispotiche del sovrano e le istanze popolari. Montesquieu giustifica l’esistenza della nobiltà come baluardo della libertà contro il dispotismo.
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Assolutismo illuminato
Più che una elaborazione teorica è una pratica di governo. Il potere del re è finalizzato non alla propria gloria ma alla “felicità” dei sudditi. Il potere assoluto deve essere utilizzato per riformare la società, a livello politico, economico, religioso, eliminando i retaggi irrazionali del passato.
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Il pensiero politico Dispotismo illuminato: monarchie assolute e riformiste in ambito amministrativo, economico, legislativo. Il re come un “buon padre di famiglia” che pensa al bene per i suoi figli Le capitali: Vienna di Maria Teresa e di Giuseppe II, Pietroburgo di Caterina II, Berlino di Federico II
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I sovrani e le riforme Protagonisti: Federico II in Prussia, Caterina II in Russia, Carlo III in Spagna, Maria Teresa e Giuseppe II in Austria. Le riforme, in continuità con la tendenza accentratrice già in atto, mirano a: rendere più efficienti gli apparati burocratici; colpire i ceti privilegiati; ridurre l’influenza della Chiesa nella società (giurisdizionalismo e lotta ai Gesuiti).
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Federico II di Prussia ( ) Amico di Voltaire, dedito alla musica e alle lettere (ma anche alla guerra) fu il prototipo dei “sovrani illuminati”
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J.-J. Rousseau ( ) Nel 1750 acquisì fama partecipando ad un concorso dell’Accademia di Digione sugli influssi del progresso di scienze ed arti sui costumi.
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Il pensiero politico L’uomo naturale è buono
La cultura e la società lo hanno corrotto Ineguaglianza tra gli uomini: divisione del lavoro tra artigiani e agricoltori, appropriazione privata della terra Ritorno alla “natura” attraverso un nuovo patto sociale
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La bontà naturale dell’uomo
Rousseau ipotizza uno stato di natura in cui gli uomini, semplici e con pochi bisogni, vivono in pace con sé e con gli altri. Il nascere della civiltà ha corrotto gli uomini generando nuovi bisogni e vizi. A ciò si aggiunge la diseguaglianza tra gli uomini generata dall’invenzione delle proprietà privata.
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Il primo che, cintato un terreno, pensò di affermare, questo è mio, e trovò persone abbastanza ingenue da credergli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, quante uccisioni, quante miserie e quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili: Guardatevi dall’ascoltare questo impostore. Se dimenticate che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, voi siete perduti. Jean-Jacques Rousseau, Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini (1755)
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Il Contratto Sociale Rousseau non auspica un ritorno allo stato di natura (che forse non è esistito), ma un patto tra uguali in cui ciascuno rinunci a tutti i propri diritti e si sottometta alla volontà generale. Non la somma degli egoismi dei singoli ma una volontà che mira al bene comune, e che si esprime principalmente nella democrazia diretta.
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Pensiero economico
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L’economia come scienza
Nel ’700 la riflessione economica acquista l’indipendenza dalla filosofia morale. Si sviluppano due tendenze: La scuola fisiocratica (F. Quesnay) La scuola liberista (A. Smith) Pur nelle diversità, hanno in comune: La polemica contro il mercantilismo L’individuare l’origine della ricchezza nel processo produttivo e non nello scambio.
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Il pensiero economico Fisiocrazia (Quesnay): la ricchezza viene dalla terra, centralità dell’agricoltura; libera produzione e circolazione delle derrate alimentari. Modello la grande azienda della campagne inglesi Liberismo (Smith): ricchezza dal sistema industriale (artigianato e manifattura); doppio valore della merce (d’uso, di scambio); ricchezza di una nazione proporzionale al lavoro che si sviluppa in essa; divisione del lavoro; utilità individuale molla dello scambio
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Le tesi fisiocratiche Elaborate da F. Quesnay ( ) furono realmente applicate in Francia. La fonte della ricchezza è l’agricoltura. I governi devono perciò favorire gli investimenti in questo settore evitando di contenere i prezzi dei prodotti agricoli, liberalizzando i commerci, e cessando di proteggere la manifattura.
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Fisiocrazia (“potere della natura”)
La ricchezza di uno stato è prodotta dai settori primari: agricoltura, allevamento e industria estrattiva l’industria trasforma le risorse il commercio scambia i beni prodotti Lo stato pertanto deve sviluppare l’agricoltura favorendo nuove tecniche agronomiche intervenendo con incentivi e agevolazioni ma soprattutto lasciare libero il commercio dei cereali
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Adam Smith ( ), fondatore della scuola liberista fu docente di filosofia morale a Glasgow. Nel 1776 pubblicò la Ricerca sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni
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Laissez faire Sostiene che l’economia è mossa da leggi naturali: il singolo, perseguendo il proprio interesse, promuove il bene pubblico. I governi devono perciò lasciarle agire liberamente, abolendo gli ostacoli alla circolazione delle merci e i tentativi di orientare la produzione. Il mercato, infatti, si autoregola sulla base della domanda e dell’offerta.
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Liberismo Il contributo di analisi degli economisti classici
Malthus: conflitto fra popolazione e risorse Smith: divisione del lavoro Ricardo: conflitto tra salari e profitti e tra profitti e rendita fondiaria L’intuizione innovativa: la ricchezza delle nazioni deriva dal lavoro La legge fondamentale: il mercato, lasciato libero, è capace di trovare da solo l’equilibrio tra domanda e offerta
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