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Il Benessere Organizzativo
Relazioni istituzionali e Gestione della responsabilità sociale d’impresa Il Benessere Organizzativo Stefano Scarcella Prandstraller
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Il Benessere Organizzativo come strumento di CSR
tutte le misure rivolte a valorizzare il capitale intellettuale e in generale a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dello stakeholder “personale dipendente” fanno parte integrante della categoria degli strumenti interni per la CSR; a maggior ragione, lo sono le misure specificamente indirizzate all’attuazione del benessere organizzativo; nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro gli obblighi del datore di lavoro sono regolati per lo più da norme imperative di legge (L. n. 626/1994 e succ. mod.); qui ci si trova in un ambito di frontiera, in cui ogni intervento è tipicamente discrezionale.
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Stress, hardiness e burnout
Stress = un fenomeno soggettivo di disagio e pressione in presenza di una serie di situazioni potenzialmente rischiose per l’equilibrio psicofisico (c.d. stressors), cui le persone reagiscono in maniera diversa; Fattori legati alle caratteristiche dei luoghi di lavoro possono incidere grandemente sullo stress; hardiness = capacità dell’individuo di resistere allo stress mantenendo un buono stato di salute; burnout = risposta estrema in termini emotivi ad un ambiente lavorativo molto esigente/a un lavoro molto usurante, per cui l’individuo subisce un esaurimento nervoso e una incapacità di continuare a lavorare.
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Il concetto di “benessere organizzativo”
stato soggettivo di coloro che lavorano in uno specifico contesto organizzativo; l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora; si riferisce alla capacità di un’organizzazione di promuovere e di mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione (Avallone 2003) l’insieme degli aspetti culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative
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Il modello di Karaseck e Theorell (1990)
mette in relazione il livello di stress con alcune variabili relative alle condizioni di lavoro: le richieste che vengono avanzate sul lavoro (es. carico di lavoro eccessivo, o il non disporre di tempo sufficiente per portare a termine i compiti assegnati) la libertà decisionale o controllo percepito (l’autonomia decisionale del lavoratore in merito alle questioni relative al proprio lavoro, e la discrezionalità tecnica con cui può fare uso delle sue capacità il supporto sociale (qualità delle relazioni con i colleghi e i superiori).
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Tipi di ambiente di lavoro Karaseck e Theorell (1990)
Ambiente “strain” alto livello di richieste e basso livello di libertà decisionale; i problemi di salute e di stress sono più frequenti; le persone appaiono più rigide e meno flessibili, con un morale basso e una maggiore propensione alla malattia. Ambiente “active” alto livello di richieste e alto livello di libertà decisionale; le persone hanno più opportunità di sperimentare le loro capacità, di apprendere nuove abilità e di metterle in atto; prevale un sentimento di soddisfazione ed un migliore stato di salute. un livello positivo di supporto sociale è capace in entrambi i tipi di ambiente di diminuire il livello di stress percepito
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Organizational health o Salute organizzativa (Williams 1994)
griglia della salute organizzativa = struttura a quattro livelli rappresentati da: A) fattori ambientali (rumore, temperatura, uso dello spazio, ecc.), B) fattori fisici (stato di salute ed efficienza fisica, malattie) C) fattori mentali (autostima, stress, ansia, depressione, ecc.) D) fattori sociali (relazioni lavorative, interessi, ecc.)
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Organizational health o Salute organizzativa (Lyden e Klengele 2000)
la salute organizzativa è considerata come un quadro generale, in cui confluiscono numerosi elementi, tra cui: la cultura aziendale; lo stress organizzativo. L’ottica si sposta verso il lungo periodo per cui può dirsi in salute una organizzazione che non solo ha la capacità di lavorare efficacemente, ma anche di crescere e svilupparsi. In particolare vengono identificati: A) delle dimensioni rilevanti della salute organizzativa; B) degli elementi problematici o symptoms. Sia A che B devono essere monitorati attraverso strumenti di ricerca psicosociale e tenuti sotto controllo.
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I nuovi fattori di rischio per il benessere/salute organizzativi (Avallone 2003)
ristrutturazioni organizzative e downsizing; crescente instabilità di molti posti di lavoro; crescente carico lavorativo sui singoli e aumento dei ritmi di lavoro, spesso conseguenza delle riduzioni di organico e del conseguente blocco del turn over; maggiori richieste di flessibilità, di intraprendenza e di complessità del pensiero; prolungamento dell’orario i lavoro oltre quello formale; introduzione di nuove tecnologie, con problemi di adattamento cognitivo; nuove forme di lavoro a distanza; crescenti difficoltà di integrazione tra qualità del lavoro e qualità della vita
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Il modello di Avallone (2003)
Francesco Avallone (2003), tenendo conto: della letteratura internazionale esistente; dei diversi modelli di ricerca già sperimentati; delle caratteristiche degli odierni ambienti di lavoro; afferma che: la salute organizzativa è un costrutto concettuale di per sé complesso e articolato, che deve essere scomposto in una serie di dimensioni:
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Le dimensioni della salute organizzativa
1) caratteristiche fisiche dell’ambiente di lavoro; 2) chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative; 3) riconoscimento e valorizzazione delle competenze dei dipendenti; 4) comunicazione interna all’organizzazione: top down, bottom up e circolare; 5) circolazione delle informazioni;
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Le dimensioni della salute organizzativa
6) prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali; 7) qualità delle relazioni e del clima relazionale; 8) scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi; 9) giustizia organizzativa; 10) apertura all’innovazione; 11) stress; 12) conflittualità.
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
1) allestisce un ambiente di lavoro salubre, confortevole e accogliente; per salubre si intende un ambiente che garantisca le fondamentali regole di igiene; i termini confortevole ed accogliente fanno riferimento ad aspetti di funzionalità, di gradevolezza estetica e di cura, in relazione alle esigenze lavorative ed a quelle dei dipendenti ed eventualmente dei clienti/utenti
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
2) pone obiettivi espliciti e chiari e vi è coerenza tra enunciati e prassi operative; A) la direzione strategica deve cioè formulare in maniera chiara gli obiettivi da perseguire; B) lo stile direzionale deve essere idoneo a comunicare tali obiettivi ai dipendenti con modalità comunicative non ambigue; C) nel quotidiano svolgimento delle attività lavorative non devono ravvisarsi contraddizioni tra quanto deciso e comunicato dalla direzione e quanto effettivamente messo in pratica dalle unità operative.
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
3) riconosce e valorizza le competenze e gli apporti dei dipendenti e stimola nuove potenzialità; si fa riferimento al fatto che: siano riconosciute le caratteristiche individuali e la diversità degli apporti che ciascun dipendente può dare, in termini di congruità delle richieste rispetto: A) al ruolo formalmente rivestito; B) a competenze e qualifiche eventualmente possedute; in termini di facilitazione dell’espressione del saper fare in tutte le sue potenzialità;
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4) ascolta attivamente le istanze dei dipendenti;
Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute: 4) ascolta attivamente le istanze dei dipendenti; implica la considerazione delle richieste e delle proposte dei dipendenti: A) come elementi che contribuiscono al miglioramento dei processi lavorativi; B) che vengono tenuti in considerazione nei processi decisionali della direzione, che opera in un regime di coinvolgimento e partecipazione del personale;
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5) mette a disposizione le informazioni pertinenti al lavoro;
Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute: 5) mette a disposizione le informazioni pertinenti al lavoro; tutti i dipendenti riescono facilmente ad accedere alle informazioni necessarie per svolgere in modo adeguato e completo le rispettive attività lavorative; vi sono altresì strumenti e regole chiare per la diffusione delle informazioni;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
6) è in grado di governare l’espressione della conflittualità entro livelli tollerabili di convivenza; in particolare, l’eventuale presenza di situazioni conflittuali, di per sé fisiologica, e di emarginazione, sia manifeste, che implicite, non viene negata, sino a degenerare in episodi di mobbing, ma piuttosto si adottano strategie e tecniche di monitoraggio e di sostegno alla convivenza organizzativa;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
7) stimola un ambiente relazionale franco, comunicativo e collaborativo; ciò in riferimento sia allo stile di lavoro, che alla qualità dei processi comunicativi, a livello: orizzontale, e cioè tra colleghi, verticale, e cioè tra dipendenti e superiori;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
8) assicura rapidità di decisione, scorrevolezza operativa e supporta l’azione verso gli obiettivi; vuol dire che: A) viene assicurata fluidità operativa alla quotidianità lavorativa; B) gli eventuali problemi reali vengono affrontati in modo costruttivo; C) non si creano falsi problemi che rallentano il lavoro; nell’organizzazione prevale la sensazione che si proceda verso il raggiungimento degli obiettivi comuni;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
9) assicura equità di trattamento a livello retributivo, di assegnazione di responsabilità e di carriera; in particolare devono essere definiti e resi pubblici criteri e percorsi: per l’attribuzione di responsabilità e incarichi ; per gli avanzamenti di carriera; per l’accesso ad incentivi e premi di produttività, in modo che a tutti coloro che sono in possesso dei requisiti sia data la medesima possibilità di accedervi;
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10) mantiene livelli tollerabili di stress;
Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute: 10) mantiene livelli tollerabili di stress; questi ultimi incidono essenzialmente in termini di fatica fisica e mentale percepita; 11) stimola nei dipendenti il senso di utilità sociale del loro lavoro; in particolare, da un lato i dipendenti percepiscono che il loro lavoro è utile alla collettività; dall’altro è esplicitato e valorizzato il fatto che l’attività di ogni singolo fa parte ed è necessaria a un processo più complesso che tende al raggiungimento di risultati comuni; ciò contribuisce a dare senso alla giornata lavorativa;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
12) adotta tutte le azioni per prevenire gli infortuni e i rischi professionali; attiene tanto: al rispetto degli obblighi di legge in materia di sicurezza sul lavoro da parte dell’organizzazione, al livello di attenzione che: A) la direzione strategica B) la stessa cultura organizzativa dedicano alla tematica della sicurezza;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
13) definisce i compiti lavorativi dei singoli e dei gruppi garantendone la sostenibilità; ci si riferisce: tanto al contenuto delle prestazioni lavorative, quanto al carico di lavoro dei dipendenti, alla sua intensità percepita ed alle energie fisiche e psichiche necessarie al suo disimpegno;
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Le 14 condizioni perché un’organizzazione possa considerarsi in buona salute:
14) è aperta all’ambiente esterno e all’innovazione tecnologica e culturale; l’organizzazione si dimostra A) flessibile; B) aperta al cambiamento; C) in grado di adattarsi agli stimoli; D) capace di cogliere dall’ambiente spunti e occasioni per migliorarsi.
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Avallone e Paplomatas (2003)
Individuano tre ulteriori aree come indicative di benessere e di malessere nei contesti di lavoro: 1) l’area del benessere organizzativo, che viene definito operativamente attraverso “un insieme di indicatori positivi di salute organizzativa, rilevabili attraverso segnali soggettivi di benessere”; 2) l’area del malessere organizzativo, che definisce operativamente quest’ultimo attraverso un insieme di indicatori soggettivi dello stesso; 3) l’ area dei disturbi individuali riconducibili a cause di natura psicosomatica, di cui vengono enunciati i sintomi.
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Indicatori di benessere organizzativo
1) soddisfazione per l’organizzazione, e cioè gradimento per l’appartenenza a un’organizzazione, cui viene riconosciuto valore morale e sociale; 2) voglia di impegnarsi per l’organizzazione, vale a dire desiderio di lavorare anche oltre quanto richiesto dai compiti del proprio ruolo organizzativo; 3) sensazione di far parte di un team, e cioè percezione di una coesione emotiva di gruppo e di puntare uniti verso un obiettivo; 4) voglia di andare al lavoro, vale a dire percezione di una sensazione psicologica positiva nell’accingere a recarsi al luogo di lavoro;
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Indicatori di benessere organizzativo
5) sensazione di autorealizzazione, e cioè che, lavorando nell’organizzazione, siano soddisfatti anche bisogni di natura personale; 6) convinzione di poter cambiare le condizioni negative attuali, vale a dire fiducia nella possibilità che l’organizzazione abbia le capacità di superare gli assetti negativi esistenti; 7) rapporto equilibrato tra vita lavorativa e privata, e quindi percezione di un giusto equilibrio tra lavoro e tempo libero o dedicato al carico familiare; 8) relazioni interpersonali positive, e cioè soddisfazione per le relazioni interpersonali costruite sul posto di lavoro;
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Indicatori di benessere organizzativo
9) valori organizzativi condivisi, vale a dire condivisione dei valori espressi dall’organizzazione e del suo operato per la loro realizzazione; 10) credibilità del management, e cioè fiducia nelle capacità gestionali e professionali della dirigenza; 11) stima del management, vale a dire apprezzamento per le qualità umane e morali della dirigenza; 12) percezione di successo dell’organizzazione, e cioè rappresentazione della propria organizzazione come apprezzata all’esterno
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Indicatori di malessere organizzativo
1) risentimento verso l’organizzazione, vale a dire il provare rancore o rabbia nei confronti della propria organizzazione fino a esprimere un desiderio di rivalsa; 2) irritabilità, nervosismo e aggressività inabituale, anche solo verbale, ma comunque eccedente rispetto all’abituale comportamento della persona, e che può manifestarsi anche al di fuori dell’ambito lavorativo; 3) sentimento di inutilità, poiché la persona percepisce la propria attività come vana, inutile e non valorizzata; 4) sentimento di irrilevanza, poiché la persona percepisce se stessa come poco importante, e quindi in qualsiasi momento sostituibile e comunque non determinante per lo svolgimento della vita lavorativa dell’organizzazione;
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Indicatori di malessere organizzativo
5) sentimento di disconoscimento, perché la persona non sente adeguatamente riconosciuti né le proprie capacità, né il proprio lavoro; 6) insofferenza nell’andare al lavoro, per cui il recarsi al lavoro è avvertito come una gravosa difficoltà quotidiana; 7) disinteresse per il lavoro, derivante da una scarsa motivazione, che può esprimersi anche attraverso comportamenti di minimale impegno nelle prestazioni e nella trasgressione delle regole e delle procedure dell’organizzazione; 8) desiderio di cambiare lavoro, che è chiaramente collegato all’insoddisfazione per il contesto lavorativo o professionale in cui si è inseriti;
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Indicatori di malessere organizzativo
9) eccessiva propensione al pettegolezzo, poiché il pettegolezzo, quando eccede i livelli fisiologici di qualunque ambiente di lavoro, diviene una fonte di gratificazione alternativa a quella che dovrebbe normalmente derivare dall’attività lavorativa; 10) aderenza formale alle regole e anaffettività lavorativa, poiché, pur svolgendo i propri compiti quotidiani e attenendosi passivamente alle regole e alle procedure dell’organizzazione, la persona non vi partecipa emotivamente, ma ne distacca l’investimento libidico e ha la sensazione di lavorare meccanicamente; 11) lentezza nelle prestazioni, poiché i tempi per portare a termine i compiti lavorativi si dilatano, con o senza autopercezione del fenomeno;
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Indicatori di malessere organizzativo
12) confusione organizzativa in termini di ruoli e compiti, in quanto i partecipanti organizzativi non hanno ben chiaro chi deve fare cosa, e ciò crea frequenti problemi di scorrevolezza operativa e situazioni di disagio, instabilità emotiva e tensione relazionale; 13) venir meno della propositività a livello cognitivo, poiché è assente sia la disponibilità ad assumere iniziative e a offrire contributi personali, che il desiderio di sviluppo delle proprie capacità, conoscenze e competenze professionali; 14) assenteismo, poiché l’assenza dal luogo di lavoro per periodi più o meno prolungati e comunque sistematici diviene una strategia difensiva consapevole o meno del dipendente per sottrarsi ad un ambiente di lavoro in cui si sente a disagio.
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Il questionario MOHQ Il Questionario Multidimensionale della Salute Organizzativa (Multidimensional Organizational Health Questionnaire o MOHQ) è costruito sulla base delle dimensioni e degli indicatori ipotizzati. Raccoglie informazioni tramite indagine survey : su ognuna delle quattordici dimensioni della salute organizzativa; sugli indicatori di benessere e di malessere organizzativo; sui sintomi di disturbi riconducibili all’area psicosomatica.
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Il questionario MOHQ: struttura
la prima parte è dedicata alla raccolta dei dati anagrafici, ambientali e relativi alla storia lavorativa dei singoli; la seconda parte è costituita da otto item, relativi alla percezione di comfort da parte del lavoratore dell’ambiente di lavoro della propria organizzazione; la terza parte è costituita da un totale di quaranta item volti a indagare dieci differenti dimensioni della salute organizzativa, a ciascuna delle quali sono riferite quattro domande-indicatore con risposte su scale Likert; la quarta parte è relativa alla dimensione della sicurezza sul lavoro ed è costituita da una scala di nove item; la quinta parte è dedicata alla dimensione delle caratteristiche del lavoro e dei compiti lavorativi, e ne indaga il grado di tollerabilità attraverso una scala di dieci item;
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Il questionario MOHQ: struttura
la sesta parte è relativa alle sensazioni vissute nell’ambiente di lavoro ed è composta da dodici item relativi agli indicatori positivi (di benessere organizzativo) e da una seconda scala di quattordici item relativi agli indicatori negativi (di malessere organizzativo); la settima parte è costituita da una scala relativa ai disturbi psicosomatici composta da nove item; l’ ottava parte è relativa alla dimensione dell’apertura alla innovazione ed è costituita da una scala di nove item; nell’ ultima parte è presentato un elenco di possibili suggerimenti, su aspetti che secondo il lavoratore che compila il questionario, necessitano di interventi prioritari di miglioramento nella propria organizzazione, ed uno spazio libero per commenti e ulteriori specificazioni.
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MOHQ e ricerca-intervento
l’impiego di strumenti come il MOHQ si situa in un disegno della ricerca di action-research o ricerca-intervento. Tale approccio, introdotto da Kurt Lewin e perfezionato dal Tavistock Institute di Londra ( ) si propone di comporre, fin dall’inizio, l’esigenza del conoscere con quella dell’agire, la produzione di conoscenza scientifica con il cambiamento della situazione e l’efficacia di un intervento migliorativo. Una ricerca-intervento si propone: A) di fare una diagnosi della situazione osservata (fase di d.); B) di modificare la situazione in questione attraverso le conoscenze acquisite mediante la ricerca con la previsione di una apposita fase di intervento.
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Fase 1 - Preparazione è dedicata all’individuazione dei ruoli organizzativi da coinvolgere nella ricerca ed alla definizione dettagliata della procedura di ricerca-intervento; la direzione dell’organizzazione e le organizzazioni sindacali esprimono il loro consenso al percorso di ricerca; si stabiliscono di comune accordo le regole cui i ricercatori devono attenersi nella loro permanenza all’interno dello spazio organizzativo; Viene individuato un referente interno, (dirigente o funzionario dell’organizzazione) che seguirà l’intero percorso di ricerca, contribuendo alla soluzione dei problemi pratici ed allo sviluppo delle fasi operative
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Fase 2 - Realizzazione la ricerca e i suoi obiettivi vengono comunicati al personale; si procede nell’ordine: A) alla spiegazione ed alla somministrazione del questionario; di solito avviene nel corso di alcune giornate per gruppi di dipendenti in stanze attrezzate ove è possibile prestare loro la necessaria assistenza alla compilazione; B) alla raccolta e all’inserimento in matrice dei dati tramite software specialistico SPSS; C) all’elaborazione dei dati, che inizia sempre dall’analisi monovariata degli item relativi a ciascuna dimensione della salute organizzativa, per poi proseguire con le altre analisi monovariate, con le bivariate più significative ed eventualmente una multivariata;
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Fase 3 - Comunicazione i ricercatori presentano i risultati della ricerca, di solito raccolti in un documento scritto completo di grafici e tabelle: A) alla direzione dell’organizzazione; B) alla dirigenza; C) alle organizzazioni sindacali; D) a tutto il personale coinvolto. La presentazione dei risultati avviene in modo programmato nell’ambito di appositi incontri in cui se ne approfondisce il significato e tutte le implicazioni.
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Fase 4 – Pianificazione degli interventi
con l’assistenza dei ricercatori, la direzione individua priorità, strategie e azioni di miglioramento della salute organizzativa; le forme più frequenti che le azioni del piano di miglioramento possono assumere sono: A) modifiche di norme e procedure interne; B) interventi sull’ organizzazione del lavoro; C) interventi sulle strategie di gestione e sviluppo delle risorse umane; D) interventi sui piani di comunicazione; E) interventi o iniziative di formazione.
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I benefici delle ricerche-intervento sul benessere organizzativo
Le ricerche-intervento sulla salute organizzativa costituiscono sempre un’importante occasione di riflessione e di crescita per le organizzazioni. Esse ne traggono benefici di medio e lungo termine, che vanno ben al di là di una dimostrazione di responsabilità sociale della direzione verso lo stakeholder personale dipendente.
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Le resistenze alle ricerche-intervento
Poiché agiscono sui livelli profondi delle organizzazioni, scatenano le resistenze di: A) una componente più conservatrice del management, che non desidera essere esposta ad una rilevazione di opinioni e di critiche da parte dei dipendenti, e vuole e si aspetta solo conferme di sé, delle proprie capacità e del proprio indiscusso ruolo di leadership; B) le organizzazioni sindacali, culturalmente contrarie a qualsiasi approccio “scientifico” ai problemi organizzativi, e diffidenti verso chiunque si accosti ai lavoratori al di fuori dei canali della loro mediazione e bisognose di imporre per principio il proprio controllo e il proprio diritto di veto su ogni azione che attraversa lo spazio sociale dell’organizzazione.
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Vantaggi e svantaggi della rilevazione tramite questionario MOHQ
A) rapidità dei tempi di rilevazione ; B) natura altamente standardizzata dello strumento; C) elevato grado di comparabilità dei dati; D) possibilità di rilevare rapidamente le dimensioni critiche o in cui si segnala la presenza di un disagio. SVANTAGGI: A) tempi lunghi di restituzione dei risultati; B) impossibilità di rilevare una serie di elementi assolutamente essenziali ai fini operativi; C) assenza di basi adeguate per l’individuazione e la progettazione di possibili interventi di miglioramento.
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Elementi che il questionario MOHQ non permette di conoscere
A) i fattori strutturali e culturali del contesto ambientale di riferimento in cui l’unità organizzativa opera; B) i vissuti e le motivazioni profonde degli atteggiamenti e delle opinioni espresse dalle persone; C) le dinamiche di interazione a livello meso e micro-sociale tra gli individui e i gruppi; D) la cultura, ai tre livelli degli artefatti, dei valori e degli assunti impliciti, vigente nell’unità organizzativa; E) le mappe cognitive, vale a dire i meccanismi di costruzione di senso e di significato dei dipendenti in relazione alle esperienze maturate nella realtà lavorativa; F) l’evoluzione degli atteggiamenti e delle opinioni delle persone dopo la somministrazione del questionario.
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Una soluzione sperimentata
Completare la ricerca sulla salute organizzativa attraverso metodi di rilevazione non standard, propri di un approccio qualitativo, come: tecniche di intervista semi-strutturata, in profondità, storie di vita, ecc. tecniche di analisi di gruppo (focus group, family group, ecc.), in grado di far emergere proprietà, motivazioni e atteggiamenti non altrimenti osservabili dai ricercatori. Il ricorso ai metodi qualitativi deve avere luogo non in sostituzione, ma a completamento dei risultati delle rilevazioni effettuate con il questionario MOHQ, in un’ottica di tipo multioperazionistico.
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La tecnica del family group
Consiste nell’intervista di gruppo e nell’osservazione delle interazioni microsociali tra persone anche di diverso livello gerarchico appartenenti a una stessa unità o ufficio; Permette di approfondire le dinamiche esistenti nei gruppi naturali all’interno dell’ambiente di lavoro, attraverso: A) la discussione sul senso dei risultati dell’indagine survey, con il task di ricostruirne le possibili implicazioni e motivazioni; B) l’osservazione delle modalità di svolgimento di particolari compiti assegnati al gruppo; C) l’osservazione delle dinamiche più generali di leadership e appartenenza e di quelle specifiche collegate alle dimensioni rivelatesi critiche nei risultati della survey.
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La tecnica della storia di vita
Consiste in un’ intervista in profondità molto dettagliata sui vissuti personali ed emotivi dell’intervistato. È fondamentale per chiarire: A) le questioni insolute; B) le apparenti contraddizioni tra le risposte date dalle persone ad alcune domande del questionario della survey. Ciò attraverso: domande dirette a trarre elementi esperienziali sull’evoluzione della cultura organizzativa in interviste a persone che abbiano vissuto per un periodo di tempo abbastanza lungo nell’ambiente dell’organizzazione.
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I piani di miglioramento
Devono essere progettati con approccio metabletico: I ricercatori fanno proposte e offrono sostegno tecnico; le decisioni sono del vertice gerarchico e del personale. 1) prima fase : definizione di un repertorio degli interventi, e cioè un elenco di possibili interventi per il miglioramento per ciascuna delle dimensioni della salute organizzativa; sono inclusi i soli interventi compatibili con i vincoli giuridici e contrattuali vigenti nell’ ambiente di lavoro; 2) seconda fase : a fronte dei risultati della survey e dell’indagine qualitativa, si redige un documento di proposta, frutto di un processo di discussione, confronto e condivisione tra e con dirigenza, personale coinvolto in interviste e focus group , organizzazioni sindacali;
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I piani di miglioramento
3) terza fase: il vertice organizzativo adotta la decisione finale sul piano di miglioramento con una selezione dei soli contenuti che ritiene realisticamente realizzabili e assume in merito un preciso impegno, con l’esplicitazione formale di tutte le azioni migliorative che si intendono mettere in atto e la relativa tempistica; 4) quarta fase: la direzione affida l’attuazione operativa del piano di miglioramento con le relative scadenze ad un agente del cambiamento (dirigente o funzionario in grado di riscuotere la fiducia sia del vertice, che della maggioranza dei dipendenti) che viene investito in merito dei poteri e delle risorse necessarie.
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