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Università degli studi di Napoli “Federico II”
Corso di Laurea di Chimica Industriale Progetto “Lauree Scientifiche” INFLUENZA DELLA CRISTALLIZZAZIONE SULLE PROPRIETA’ FISICHE E MECCANICHE DI UN CAMPIONE DI UN COPOLIMERO PROPILENE-BUTENE Studente: Tutori: Alessandro Rossi Prof. Claudio De Rosa Dott. Marco Corradi
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I polimeri Il termine polimero deriva dal greco (polùs=molte mèros=parti). Un solido polimerico è un materiale che contiene numerose parti o unità legate chimicamente tra loro, collegate a loro volta in modo da formare un solido.
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I polimeri cristallini
Con la solidificazione le catene polimeriche si organizzano in regioni cristalline. Il modello con cui i polimeri cristallizzano è definito “a catena ripiegata”, cioè la cristallizzazione avviene in una struttura ordinata che da luogo a cristalli di forma lamellare. I polimeri possono cristallizzare Nella situazione reale: I cristalli sono imperfetti (solo piccoli tratti di catena cristallizzano) Più catene diverse concorrono a formare le lamelle (difficile separare le parti amorfe da quelle cristalline)
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Il campione da noi preso in analisi è stato un copolimero propilene-butene (sPPBu8) con un contenuto di butene in catena del 38%. Con l’indispensabile aiuto degli strumenti e delle tecniche che ora illustrerò abbiamo potuto tracciare un profilo delle sue proprietà meccaniche e fisiche.
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Diffrattometro automatico per polveri Philips
Con questo macchinario è possibile l’analisi del campione ai raggi X. Tramite essa veniamo a conoscenza della quantità, del tipo e della dimensione dei cristalli di un materiale polimerico.
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I raggi X vengono deviati dal campione secondo gli angoli caratteristici indicati dai picchi (12°, 16° e 21°). Possiamo inoltre valutare la cristallinità del campione, individuando la parte amorfa nella parte sottostante i picchi e quella cristallina nei picchi stessi. Campione “talquale”
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Questo è il grafico ottenuto dallo strumento DSC
Questo è il grafico ottenuto dallo strumento DSC. Ne ricaviamo il punto di fusione, pari, nel caso del “campione talquale”, a circa 71° (il picco è presente solo nella prima fusione, perché nella seconda il campione non ha potuto riscristallizzare e dunque non c’è fusione), e le Tg, le temperature di transizione vetrosa, ossia le temperature al di sotto delle quali il campione assume comportamento fragile. Come si può ben vedere infatti nella linea della seconda fusione, l’assenza del picco denota la mancata cristallizzazione. DSC calorimetro differenziale a scansione Talquale
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Con la pressa Carver abbiamo creato un film di campione; l’analisi ai RX evidenzia che il campione è amorfo (assenza dei picchi osservati nel talquale). Film amorfo
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Ci siamo serviti di due strumenti per effettuare la prova a rottura dei campioni (prima quello amorfo e dopo una settimana quello cristallizzato): un dinamometro Minimat e uno Zwick. Ritagliando e utilizzando sottili provini di film in ottemperanza alle norme ASTM, il primo fornisce dati su rigidità e duttilità del campione, il secondo ne fornisce dati più precisi sulla rigidità.
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Nel campione amorfo la rigidità (pendenza del tratto iniziale della linea) è modesta e l’allungamento va ben oltre il 700%. Con il ritorno elastico l’allungamento si riduce a circa il 200%. Cristallizzazione sotto stiro
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Monitorando la cristallizzazione e confrontando i dati, abbiamo ottenuto questo grafico: si può osservare nel tempo una crescita progressiva dei picchi che indica l’aumento della cristallinità del campione.
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Profilo dei raggi X del film cristallizzato dopo 7 giorni su cui abbiamo eseguito le prove meccaniche a rottura
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Dopo una settimana il campione si presenta molto più rigido già al tatto e visibilmente più opaco (segni evidenti della cristallizzazione avvenuta); la rigidità è confermata dal differente andamento del tratto iniziale e l’allungamento è inferiore (600 %). Il ritorno elastico però è quasi invariato. Film cristallizzato
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Le differenze evidenziate in precedenza sono visibili in maniera intuitiva in questo grafico.
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