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Il principio di non discriminazione
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Il principio di non discriminazione
Divieto di discriminazione Parità di trattamento
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Le tipologie di discriminazione
Discriminazione nell’accesso al lavoro Discriminazione per quanto riguarda le iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale Discriminazione per quanto riguarda la retribuzione, la classificazione professionale, l’attribuzione di qualifiche e mansioni e la progressione in carriera
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Divieto di discriminazione
Diretta Qualsiasi atto, patto o comportamento che produce un effetto pregiudizievole, discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso. Indiretta L’adozione di criteri non essenziali e formalmente neutri che però, a prescindere dall’intento discriminatorio, svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori di un sesso rispetto all’altro. NB la distinzione è data dalla l. 125/1991 (e ribadita dal d.lgs. 198/2006)
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Divieto di discriminazione
In quanto opera come argine esterno, non attenendo alla natura e ai fini “propri” dei poteri datoriali È un limite esterno di carattere generale ai poteri datoriali In quanto potenzialmente comprende tutte le manifestazioni dell’iniziativa imprenditoriale Ovverosia al potere direttivo, di controllo, di conformazione, disciplinare, di licenziamento
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Fonti comunitarie Art. 119 Trattato CEE e direttiva 75/117 CEE (parità retributiva) Direttiva 76/207 CEE (parità nelle condizioni di lavoro) Direttiva 2000/43/CE e 2000/78/CE Direttiva n. 2002/73 di riforma della direttiva n. 76/207 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza) 6
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Articolo 21 Carta dei diritti fondamentali dell’UE
“E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età, o le tendenze sessuali”. (uguaglianza di trattamento in ogni area).
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Articolo 23 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea
“La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione” (parità di trattamento). “Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato” (uguaglianza di opportunità e risultati – azioni positive e sistema delle quote).
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Il rilievo costituzionale
Art. 3 Cost.: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Uguaglianza sostanziale Uguaglianza formale 9
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Il rilievo costituzionale
Art. 37 Cost.: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. rilievo delle specifiche esigenze di protezione della lavoratrice, in relazione alla sua essenziale funzione materna e familiare affermazione del c.d. principio “paritario” 10
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Legislazione ordinaria
Art. 15, L. 300/1970 L. 903/1977, L. 125/1991 L. 53/2000 , D.lgs. 151/2001 D.lgs. 215/2003 e 216/2003 D. lgs. n. 198/2006, Codice delle pari opportunità fra uomo e donna (normativa di “consolidamento” delle discipline anteriori). La legislazione di tutela della maternità e della genitorialità 11
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Discriminazioni per ragioni di sesso
La l. 7/1963 ha sancito: la nullità delle clausole di nubilato la nullità dei licenziamenti intimati per causa di matrimonio (presunzione relativa: dalla data di richiesta delle pubblicazioni a un anno dopo il matrimonio), nonché delle dimissioni (salva conferma entro un mese c/o l’UPLMO Eccezioni: colpa grave; cessazione dell’azienda; scadenza del rapporto a termine; esito negativo della prova.
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Discriminazioni per ragioni di sesso
L. 903/ ha modificato l’art. 15 St.lav., sancendo: La nullità di ogni patto o atto che rechi in qualche modo pregiudizio al lavoratore a causa del sesso La discriminazione è vietata sia se diretta che se indiretta La discriminazione è vietata anche se attuata mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza
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Discriminazioni per ragioni di sesso
L. 903/ attua il principio di eguaglianza formale, vietando: ogni discriminazione per sesso nell’accesso al lavoro esclusioni: moda arte e spettacolo, purché la discriminazione sia essenziale alla natura dell’attività ogni discriminazione nella carriera (inquadramento, mansioni, retribuzione) alcune discriminazione nella previdenza sociale esempio: età di pensionamento
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Discriminazioni per ragioni di sesso
L. 903/ ha introdotto un procedimento speciale: strutturato sulla falsariga dell’art. 28 St.lav. il lavoratore, le OO.SS. o i consiglieri di parità possono ricorrere al giudice per ottenere un decreto immediatamente esecutivo contenente: L’ordine di cessazione del comportamento L’ordine di rimozione degli effetti
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Discriminazioni per ragioni di sesso
L. 903/ scarsa effettività
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Pari opportunità e azioni positive
L. 125/ è animata da due finalità: rimediare alle debolezze della l. 903/1977 realizzare l’eguaglianza sostanziale (art. 3, comma 2, Cost.) Massima espressione di tali finalità sono: le cc.dd. “azioni positive”
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Cos’è un’azione positiva?
Le azioni positive promuovono interventi rivolti a migliorare la posizione delle donne nel mercato del lavoro, cercando soluzioni per una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita privata. Si tratta di orientamenti, misure, attività formative e organizzative, sperimentazioni, etc. con le finalità di potenziare le possibilità di lavoro e di carriera delle donne, eliminare o prevenire la discriminazione o compensare gli svantaggi.
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Come agiscono le azioni positive?
Sono vere e proprie “discriminazioni positive” che, attraverso il “rafforzamento” della presenza delle donne, accelerano il processo di instaurazione di fatto dell’uguaglianza e combattono le forme di discriminazione dirette e indirette nei confronti delle lavoratrici.
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Sono azioni positive: Tutte le iniziative volte a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità fra lavoratori e lavoratrici. Sono attuazione del principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, Cost. Non contrastano con l’art. 3, comma 1, Cost. perché hanno natura transitoria
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Gli ambiti di intervento riguardano:
La formazione scolastica e professionale L’accesso al lavoro La progressione di carriera L’inserimento femminile nelle attività e nei settori professionali in cui le donne sono sottorappresentate, per garantire un migliore equilibrio e una migliore ripartizione tra i sessi delle responsabilità familiari e professionali.
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Vengono considerate azioni positive le misure che:
favoriscano l’occupazione delle donne e la promozione dell’imprenditorialità femminile valorizzino il potenziale e il lavoro femminile, sia in termini quantitativi che qualitativi in ogni settore, mansione e grado identifichino e successivamente correggano le disparità che colpiscono le donne nell’accesso e nella partecipazione al mercato del lavoro. Le misure sono volte ad eliminare gli effetti negativi derivanti dalla tradizionale divisione dei ruoli tra uomini e donne all’interno della famiglia e della società e a conciliare le responsabilità familiari con quelle professionali concretizzino la parità effettiva tra uomini e donne
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Si distinguono, in relazione alla tipologia di intervento in:
azioni positive verticali, relative alla promozione dell’avanzamento femminile nelle gerarchie aziendali e nei ruoli di responsabilità azioni positive orizzontali finalizzate, invece alla creazione di occupazione mista ed equilibrata in tutti i settori azioni positive miste, che riguardano, invece, entrambi gli ambiti.
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Organi promotori delle azioni positive
Organi istituzionali: Il comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici I consiglieri di parità Soggetti privati Sindacati e datori di lavoro
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Organi promotori delle azioni positive
Comitato nazionale è istituito presso il Ministero del lavoro con il fine di promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori per sesso ed ogni altro ostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza delle donne nell’accesso e nella progressione professionale
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Organi promotori delle azioni positive
Consiglieri di parità Sono nominati a tutti i livelli di Governo (nazionale, regionale e provinciale) ed hanno funzioni di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per donne e uomini nel lavoro
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Tutela giurisdizionale e sanzioni
Azione individuale Nullità atti o patti discriminatori + cessazione condotta e rimozione effetti (art. 15 St.lav. o art. 15, l. 903/77) Azione cons. parità su delega del singolo collettiva Come sopra Piano collettivo di rimozione degli effetti discriminatori
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Onus probandi Art c.c. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.
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Onus probandi Nel giudizio in tema di discriminazione si ha una parziale inversione dell’onere della prova: Quando il soggetto ricorrente fornisce elementi di fatto – desunti anche da dati di carattere statistico – idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di una discriminazione in ragione del sesso, spetta al convenuto (datore di lavoro) provare l’insussistenza della discriminazione.
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La tutela contro le “altre” discriminazioni
d.lgs. 215/2003 e d.lgs. 216/2003: hanno attuato le dir. 200/43/CE e 2000/78/CE vietano le discriminazioni dirette o indirette per razza o origine etnica, ovvero per religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale
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La tutela contro le “altre” discriminazioni
La nozione di discriminazione indiretta è più ampia rispetto a quella individuata dalla l. 125/1991. Ricomprende tutte le condotte apparentemente neutre che possono mettere in una condizione di particolare svantaggio una persona in ragione della razza etc
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La tutela contro le “altre” discriminazioni
È ammesso il ricorso a dati statistici, ma non è prevista l’inversione parziale dell’onus probandi
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