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PONTE MILVIO
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L'antico Ponte Milvio, lungo 132 metri e largho 15
L'antico Ponte Milvio, lungo 132 metri e largho 15.5, è situato sul fiume Tevere presso Roma. E’ stato costruito nel a.C. e prende il nome da Mulvius, il suo primo costruttore appartenente alla "gens Mulvia". Risulta tuttavia che antecedentemente esisteva già un probabile ponte in legno, in quanto Livio ci tramanda che nel 207 a.C., dopo la battaglia in cui Asdrubale rimase sconfitto ed ucciso, ci fu una corsa sfrenata della popolazione romana fino al Ponte per ascoltare la buona notizia portata dai messaggeri dei consoli in Italia. LA STORIA
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Nel 1849 i garibaldini, allo scopo di ritardare l'entrata verso Roma delle truppe francesi, distrussero una parte dell'arco e la pavimentazione del ponte. Fu in seguito Papa Pio IX a compierne il restauro, nel Gli ultimi interventi di restauro, ad opera del governo pontificio, risalgono al 1871.
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I romani lo conoscono anche come "ponte mollo", chiamato così anche a causa dell’ondeggiare e dello stato pietoso in cui il ponte, durante la sua lunga storia, si sia a volte venuto a trovare, nonostante i vari restauri a cui fu sottoposto. Si ha notizia, infatti, che verso la metà del Trecento un certo frate di nome Acuzio andava girando per Roma per raccogliere delle offerte da utilizzare per il restauro del ponte "il quale” si diceva “era praticamente per terra".
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Nel 110 a.C. fu ricostruito in muratura.
È un ponte importante per la storia di Roma, poiché ad esso facevano capo le antiche strade consolari Flaminia e Cassia ed anche la Clodia e la Veientana.
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Fu molto importante anche per il Cristianesimo.
Qui vi ebbe luogo la conversione di Costantino, primo Imperatore cristiano, difatti, nel 312 a.C. vi si tenne la cosiddetta battaglia di Ponte Milvio e qui la leggenda narra che Costantino ebbe la visione "In hoc signo vinces" che lo spronò al combattimento poi vittorioso.
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Curiosamente, durante la prima notte bianca romana, la torretta del Valadier del ponte Milvio è stata sede di una installazione luminosa opera di Fabrizio Crisafulli. Per lo scopo il ponte era dotato di un autonomo generatore di corrente e quindi, mentre il resto della città era al buio per via del black out che colpì tutta l'Italia, ponte Milvio continuò a regalare i suoi giochi di luce.
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IL MITO In Hoc Signo Vinces
Il miracoloso segno infuse tanto coraggio e forza nei combattenti da trascinarli all' assalto del ponte e respingere le schiere di Massenzio travolgendole in una distruttiva avanzata. Così, proprio come scritto, Costantino sotto il segno della croce fu vincitore. IL MITO In Hoc Signo Vinces Era la sera del 27 Ottobre ed era solo Ponte Milvio a dividere gli accampamenti dei due imperatori nemici Massenzio e Costantino. Costantino teneva gli occhi fissi al cielo, ad un tratto gli apparve una croce sulla quale era scritto scritto: "in hoc signo vinces", cioè "Con questo segno vincerai!".
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L’ amazzone Molto noto è il mito dell'amazzone di ponte Milvio.
Esso narra di una giovane amazzone a cavallo che durante una passeggiata, affascinata dalla mestosità di Roma, si allontanò dalle compagne e si perse. Presa dal panico e dal terrore scambiò il ponte per un ostacolo e lo saltò.
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Gli uomini che la videro tentarono in tutti i modi di recuperarla dalle acque del fiume ma la giovane donna sembrava essere scomparsa. Per mesi e mesi la gente continuò a tornare sul posto della disgrazia pregando e rilasciando in acqua corone di fiori nella speranza che il corpo della donna riaffiorasse. Un giorno la giovane amazzone uscì dal fiume Tevere come un miracolo con indosso una veste azzurra. Le costanti ricerche non ebbero successo, il giorno dopo venne ritrovato solo il cavallo.
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I LUCCHETTI
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L'usanza sembra essere stata iniziata dagli allievi ufficiali della Scuola di Sanità in Costa San Giorgio, che al congedo legavano il lucchetto del loro armadietto su qualche appiglio del ponte.
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Ormai questa è una tradizione portata avanti dalle giovani coppie innamorate che lasciano un segno del loro amore chiudendo un lucchetto ai lampioni del ponte e buttando la chiave nel fiume sottostante, simboleggiando così che il loro amore non possa mai avere fine. Essa è stata resa molto popolare a seguito del libro “Ho voglia di te” di Federico Moccia
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