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PubblicatoNoemi Mattei Modificato 11 anni fa
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RADICALI LIBERI Il temine radicale chimico, introdotto nel 1832 da Liebig e Wohler, indicava un gruppo di atomi, appartenente ad una molecola di un composto organico (CH3-, radicale metile; C2H5-, radicale etile; ecc.), Agli inizi del secolo scorso Gomberg preparò per la prima volta un radicale: il trifenilmetile (C6H5)3C I radicale liberi (R) sono specie chimiche capaci di esistenza indipendente, che possiedono uno o più elettroni spaiati nei loro orbitali. Fra i radicali più semplici vi sono l’idrogeno atomico (H)e quasi tutti i metalli nella prima riga del gruppo di transizione nella tavola periodica Configurazioni elettroniche del ferro nei suoi tre più comuni stati di ossidazione I radicali liberi sono paramagnetici in quanto il numero magnetico totale dei loro elettroni è diverso da zero. I radicali sono generalmente più reattivi delle specie non radicaliche poiché gli elettroni di solito sono più stabili quando sono accoppiati Alcune reazioni si verificano non appena due specie reagenti vengono a contatto e si definiscono processi controllati dalla diffusione. Fra i radicali sono comprese specie chimiche stabili come l’ossido nitrico (NO), il biossido di azoto (NO2) e l’ossigeno (O2 )
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Trasferimento di un elettrone da o ad una specie non radicalica
REAZIONI RADICALICHE Fase iniziale: formazione di un radicale libero dovuta a: Trasferimento di un elettrone da o ad una specie non radicalica Rottura omolitica di un legame covalente Fase di propagazione: produzione di un nuovo radicale, attraverso: Addizione del radicale ad un’altra molecola con formazione di un addotto con un elettrone spaiato Cessione di un elettrone ad un’altra molecola, la quale presenta un elettrone spaiato Accettazione di un elettrone da un’altra molecola, la quale rimane con un elettrone spaiato. Estrazione di idrogeno da un legame C-H dando origine ad un radicale centrato su un carbonio Fase terminale: Eliminazione dei radicali per combinazione fra essi
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Disposizione degli elettroni nell’ossigeno e nei suoi dertivati
TOSSICITA’ DELL’OSSIGENO L’O2 è un biradicale che è tossico ad elevate concentrazioni La tossicità, prima attribuita ad inattivazione enzimatica, è dovuta a radicali o altre specie reattive dell’ossigeno (ROS) Alla tossicità dell’O2 è dovuta la retinopatia dei prematuri Disposizione degli elettroni nell’ossigeno e nei suoi dertivati L’O2 è scarsamente reattivo poiché i due elettroni spaiati sono paralleli e, quindi, difficili da accoppiare con gli elettroni delle molecole organiche che sono antiparalleli (restrizione di spin) Due elettroni non di legame hanno uno spin totale di 0 (spin opposti) o di 1 (spin eguale). Le due condizioni sono definite stato di singoletto e stato di tripletto. La restrizione di spin può essere aggirata trasformando 3O2 in 1O2, ma l’entità di questa trasformazione negli organismi viventi è troppo piccola
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Reattività dell’ossigeno
La restrizione di spin è normalmente aggirata mediante l’ausilio di sostanze (metalli di transizione o sostanze che li contengono) in grado di trasferire all’ossigeno elettroni col giusto spin. Formazione degli intermedi ridotti dell’ O2 nel sito della citocromo ossidasi Fasi della trasformazione dell’ossigeno in acqua da parte della citocromo ossidasi La citocromo ossidasi è in grado di cedere gradualmente quattro elettroni all’ O2 Gli intermedi di riduzione dell’ O2 rimangono saldamente legati nel sito attivo della citocromo ossidasi
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ROS E RNS Le ROS non sono limitate agli intermedi di riduzione dell’ossigeno, ma comprendono anche altre specie radicaliche, che presentano un elettrone spaiato sull’atomo di ossigeno come il radicale alcossile RO ed il radicale perossile ROO, e specie non radicaliche come l’1O2 Tabella 1 Specie reattive dell’ossigeno (ROS) Radicali O2- Radicale superossido OH Radicale ossidrile RO Radicale alcossile ROO Radicale perossile Non radicali H2O2 Perossido di idrogeno HOCl Acido ipocloroso 1O2 Ossigeno singoletto O3 Ozono Tabella 2 Specie reattive dell’azoto (RNS) NO Ossido nitrico NO2 Biossido d’azoto HNO2 Acido nitroso N2O4 Tetrossido d’azoto ONOO Perossinitrito
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Riduzione univalente dell’ossigeno
Nel 1954 fu proposto che gli effetti dannosi dell'O2 erano dovuti alla formazione dei suoi radicali Questa ipotesi, con la scoperta dell’a superossido-dismutasi, si trasformò nella "teoria del superossido”, che prevedeva che la tossicità dell'O2 era dovuta alla sua riduzione univalente a O2- In realtà, la formazione di O2- porterebbe alla formazione degli altri intermedi della riduzione dell’ossigeno. L’ O2- , prendendo un elettrone si converte in H2O2: L’ H2O2 può interagire con ioni metallici di transizione nella forma ridotta, come Fe2+ (o Cu+), che lo decompongono nel radicale OH (Reazione di Fenton): L’O2- può dare origine a Fe2+ (o a Cu+) riducendo Fe3+ (o Cu2+),: Combinando le due equazioni si può scrivere la reazione complessiva di Haber-Weiss: Poiché il ferro è presente in quantità significative nei sistemi viventi, è considerato il più importante generatore di radicali liberi.
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PRODUZIONE DI RADICALI LIBERI
AGENTI ESTERNI Radiazioni elettromagnetiche (raggi x e raggi ) Particelle atomiche (elettroni, protoni, neutroni, e particelle e ) Xenobiotici (pollutanti fotochimici, pesticidi, solventi, anestetici, farmaci, idrocarburi aromatici). Gli xenobiotici, derivanti da fonti naturali o androgene possono esistere come radicali liberi o essere convertiti in tali specie, dopo assorbimento, da processi di detossificazione cellulare. METABOLISMO CELLULARE SITI DI PRODUZIONE Mitocondri (catena respiratoria) Citoplasma (xantina ossidasi) Microsomi (sistema monoossigenasico) Membrana (lipoossigenasi) Perissosomi (enzimi ossidasi) Fagociti (NADPH-ossidasi) . Sorgenti cellulari di radicali liberi
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GENERAZIONE MITOCONDRIALE DI ROS
La citocromo ossidasi cede 4 elettroni all’O2 (riduzione tetravalente), rilasciando solo il prodotto finale l’H2O Componenti della catena respiratoria cedono un elettrone all’O2 (riduzione univalente) trasformandolo nel radicale O2-,, che è, a sua volta, trasformato in H2O2 dalla SOD della matrice Si ritiene che H2O2 prodotto dai mitocondri dipenda dalla dismutazione del O2- perché: la riduzione bivalente di O2, termodinamicamente favorita, è cineticamente sfavorita richiedendo l’inversione dello spin una produzione di O2- è evidenziabile usando particelle submitocon-driali da cui la SOD è rimossa. parte dell’ O2- prodotto da mitocondri intatti appare sul lato citosolico della membrana dove è misurabile seguendo l’ossidazione dell’adrena-lina o stimolando la formazione di H2O2 con l’addizione di SOD. L’ O2- è rimosso attraverso altre reazioni, ma solo la reazione con NO può competere efficacemente con la dismutazione. La rimozione di O2- suggerì che la sua produzione potesse essere determinata solo con particelle submitocondriali.
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Monoamina ossidasi La monoamina ossidasi (MAO) è una flavoproteina, espressa ubiquitariamente negli organismi eucarioti superiori e localizzata sulla membrana mitocondriale esterna. L’enzima catalizza la deaminazione ossidativa di amine biogene, come le catecolamine. La MAO può contribuire in maniera significativa all’aumento della concentrazione stazionaria di H2O2 nella matrice mitocondriale e nel citoplasma. La velocità di rilascio di H2O2 da mitocondri di tessuti dei mammiferi è circa pmoli /min/mg di proteine in presenza di succinato Nei mitocondri di cervello di ratto, in cui il rilascio di H2O2 è più basso (34 pmoli/min/mg di proteine) la produzione di H2O2 derivante dalla deaminazione della tiramina è circa 80 volte più elevata (2,71 nmoli/min/mg di proteine). La MAO esiste in due forme: MAO-A, che si trova principalmente in neuroni adrenergici, ossida preferenzialmente ammine idrossilate come serotonina e noradrenalina MAO-B , localizzata in neuroni serotonergici, ossida preferanzialmente ammine non idrossilate
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Produzione microsomale di ROS
Sul reticolo endoplasmatico vi sono due sistemi di trasporto elettronico Il primo è costituito da una flavoproteina (NADPH-citocromo P450 riduttasi), contenente un FMN e un FAD, e da citocromi P450, ed è coinvolto nel metabolismo di composti lipofili Le reazioni, oltre al substrato (AH), richiedono un riducente (RH2) Generazione di inter- medi reattivi nelle rea- zioni ossigenasiche Frazioni microsomali producono ROS quando incubate con NADPH. Le ROS sono prodotte in due modi: intermedi del ciclo sono cortocircuitati e O2 è ridotto a O2- e H0O0 . (disaccoppiamento dell’attività ossidasica del P450) flavine nell’enzima NADPH-P450 riduttasi che si trovano nella forma emichinonica radicalica cedono elettroni all’O2.
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Sistema microsomiali di trasporto elettronico
Sistema desaturasi Il secondo sistema, in cui il flusso di elettroni procede dal NADH al citocromo b5, opera la desaturazione degli acidi grassi (introduzione di doppi legami C=C). Il sistema è costituito da una flavoproteina (NADH-citocromo b5 reduttasi), il citocromo b5, e l’enzima desnaturasi. La prima proteina contiene FAD e catalizza il trasferimento di elettroni dal NADH al b5 che li dona all’enzima desaturasi. Questa (chiamata fattore sensibile al cianuro) contiene un solo ferro non emico per catena polipeptidica ed è in grado di desaturare l’acilCoA ad enoilCoA utiliz-zando una molecola di O2 e producendo due molecole di H2O. Il citocromo b5 e la flavoproteina possono trasferire un elettrone all’O2. Sistema microsomiali di trasporto elettronico I due sistemi di trasporto elettronico sono interconnessi. La flavopro-teina del primo sistema (FpI), in particolari condizioni, può ridurre il citocromo b5. Il complesso P450-(RH)-Fe3+ può accettare un elettrone dal NADPH attraverso FpI o dal NADH attraverso il citocromo b5.
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Produzione di ROS nei perissosomi
I perossisomi riducono O2 ad H2O mediante una reazione a due fasi in cui si forma H2O2 come intermedio. I) Composti riducenti (RH2) (acido urico, aminoacidi, acido glicolico, -idrossiacidi) cedono elettroni all’O2. II) Composti riducenti (R’H2) (metanolo, etanolo, formaldeide, ioni fenolo o nitrito, o la stessa H2O2) cedono elettroni all’H2O2. Produzione di ROS nel citoplasma Ossidasi citoplasmatiche (la xantina ossidasi, la triptofano diossigenasi e la indolamina diossigenasi) possono produrre il radicale superossido. La xantina deidrogenasi converte l’ipoxantina in xantina e la xantina in acido urico. In tali reazioni gli elettroni vengono trasferiti dai substrati che trasferisce elettroni dai substrati al NAD+. In tessuti danneggiati la xantina deidrogenasi è convertita a xantina ossidasi, che catalizza le stesse reazioni trasferendo gli elettroni all’ O2 e formando l’O2-,
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Produzione di ROS nella membrana
ROS sono prodotte nel metabolismo dell’acido arachidonico che porta alla formazione di eicosanoidi, attraverso due fasi: 1) Rilascio dell’acido arachidonico (C20) da fosfolipidi di membrana, attivato dal calcio ed inibito da proteine leganti il calcio (lipocortine) 2) Ttrasformazione dell’acido attraverso: una via lineare che porta a leucotrieni; una via ciclica inibita dall’aspirina, che porta a prostaglan-dine e trombossani (prostanoidi) La via ciclica produce un radicale dell’O2 o un radicale delle emoproteine La via lineare produce intermedi radicalici centrati sul carbonio dovuti all’ estrazione di un idrogeno metilenico
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SITI DI GENERAZIONE DELLE RNS
Il radicale libero NO è sintetizzato da una famiglia di enzimi (NOS) che utilizzano L-arginina, NADPH e O2 come substrati. Due isoforme (eNOS e nNOS) sono espresse costitutivamente e sono regolate dal complesso Ca-calmodulina mediante fosforilazione. Un’altra isoforma (iNOS) è indotta durante processi infiammatori e produce più alti livelli di NO per periodi più lunghi. Queste isoforme sono libere nel citoplasma o sono legate a membrane. Vi è anche una mtNOS, localizzata sulla membrana interna mitocondriale. NO diffonde molto rapidamente nell’acqua e attraverso le membrane, cosicché può passare facilmente da una cellula a quella vicina. Metabolismo intramitocon- driale del perossinitrito Il perossinitrito è formato nei mitocondri o diffonde da compartimenti extramitocondriali all’interno dei mitocondri dove può interagire con diversi suoi componenti o con CO2, fornendo radicali secondari. Esso può anche interagire con GSH, NADH e QH2, la cui azione normalmente riduce i processi di nitrazione delle proteine a livelli trascurabili. Macrofagi, neutrofili, e cellule di Kupffer producono ONOO- e lo espellono nello spazio extracellulare.
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PEROSSIDAZIONE LIPIDICA
Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) dei fosfolipidi di membrana subiscono un processo a catena noto come perossidazione lipidica Il deterioramento, dipendente dall’O2, dei lipidi negli alimenti è noto come irrancidimento ossidativo Il processo può essere innescato da un qualsiasi radicale capace di estrarre un atomo di H da un gruppo metilenico reattivo di un PUFA (OH, RO, ROO, R) e i complessi del ferro con l’O2 quali il perferrile ([ ]) ed il ferrile (X-[ ]). La velocità è aumentata dalla temperatura, dalla luce in presenza di attivatori come la clorofilla, da rdiazioni ionizzanti Sequenza degli eventi della perossidazione lipidica La perossidazione lipidica è un processo autocatalitico, in grado di convertire parecchie centinaia di acidi grassi in idroperossidi, a meno che non sia presente un antiossidante (chain-breaking) capace di in-terrompere la fase di propagazione cedendo un H al radicale perossilico
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Prodotti della perossidazione lipidica
Durante la perossidazione si ottengono diversi prodotti secondari: Idrocarburi, esteri, aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, polimeri, epossidi, molti dei quali responsabili dell’odore di rancido dei grassi ossidati La formazione dei composti è dovuta a reazioni di frammentazione della catena, che coinvolgono radicali perossilici Frammentazione di radicali perossilici Le aldeidi formano basi di Schiff con gli ammino gruppi di proteine. La malondialdeide forma legami crociati con proteine, portando alla formazione di aggregati proteici. Altri derivati aldeidici gli -alchenali (in particolare il 4-idrossi-nonenale), esercitano numerosi effetti deleteri. Malondialdeide (MDA) e 4-idrossinonenale (4-HNE) Conseguenze della perossidazione lipidica Perdita di grassi polinsaturi Diminuzione di fluidità lipidica Alterazione della permeabilità della membrana Danni agli enzimi associati alla membrana Alterato trasporto ionico Produzione di metaboliti tossici degli idroperossidi
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Rottura di un legame C-C e frammentazione della proteina
DANNI ALLE PROTEINE H2O2 ha effetto solo sui gruppi –SH delle proteine, mentre l’OH può generare un gran numero di prodotti finali Ossidazione radicalica delle proteine Gli intermedi radicalici previsti dalla sequenza di reazioni possono dare reazioni collaterali con altri radicali aminoacidici generando un nuovo radicale carbonilico e propagando la reazione a catena In assenza di O2, la reazione 1 non si verifica, e due radicali carbonilici possono reagire formando un derivato proteina-proteina Con radicali derivanti dalla ossidazione di lipidi e proteine si producono aggregati proteina-lipide: ; Il legame C-C del radicale alcossilico (Reazione 4) si può rompere con conseguente frammentazione della proteina Rottura di un legame C-C e frammentazione della proteina
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Ossidazione delle catene laterali di aminoacidi
Catene laterali di aminoacidi sono suscettibili all’ OH Ossidazione della cisteina Ossidazione della metionina Le forme ossidate di metionina e cisteina sono riconvertite da riduttasi La tirosina può essere idrossilata a diidrossifenilalanina (DOPA), o formare radicali che possono formare dimeri Formazione di dimeri della tirosina. Il perossinitrito può ossidare metionina e cisteina, nitrare tirosina e triptofano, facendo perdere alla tirosina la capacità di andare incontro alla interconversione tra forma fosforilata e non fosforilata I prodotti carbonilici, derivati dalla degradazione dei perossidi lipidici, possono interagire con i residui amminoacidici delle proteine alterandone la natura e la carica elettrica La MDA può legare due proteine producendo basi di Schiff coniugate rivelabili per la fluorescenza della struttura formata Interazione della MDA con le proteine
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Destino delle proteine ossidate
L’ossidazione delle proteine può portare al loro accumulo In cellule sane, l’accumulo di proteine ossidate è prevenuto dalla eliminazione, poiché esse sono più suscettibili alla proteolisi. Nelle cellule dei mammiferi le proteine sono scisse da catepsine lisosomali, calpaine attivate dal calcio e proteasomi 20S e 26S. Il proteasoma 20S ha una preferenza per i residui idrofobici ed è responsabile di circa il 60-70% dell’aumentata degradazione cellulare di proteine dopo esposizione ad ossidanti Le proteine degradate sono sostituite da altre sintetizzate de novo, che contengono grandi quantità di aminoacidi riciclati Se l’attacco ossidativo è forte, può essere superata la capacità proteolitica delle cellule. In tali condizioni le proteine non digerite possono formare aggregati dannosi per la normale funzione cellulare Sebbene la progressiva ossidazione di una proteina aumenti la sua degradazione da parte del proteasoma, quelle severamente ossidate e che formano legami intramolecolari possono essere resistenti alla degradazione. Gli aggregati proteici e le proteine alterate dai prodotti aldeidici della perossidazione lipidica, non solo sono più resistenti alla proteolisi, ma possono essi stessi inibire le proteasi nella loro azione
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Glicosilazione delle proteine
Le proteine subiscono glicosilazione non enzimatica attraverso la reazione di Maillard Il glucosio forma, con gruppi -NH2 di proteine [-NH2 termi- nale o di catene laterali di lisi- na (R = NH2-(CH2)4-) e argini- na (R = NH=CNH2-NH-(CH2)3- basi di Schiff, le quali danno un prodotto precoce di glicosilazio- ne (EGP) (prodotto di Amadori) In vivo la quantità di EGP è molto elevata nell'emoglobina e nelle membrane basali dei diabetici. Gli EGP possono trasformarsi in prodotti avanzati di glicosilazione (AGE), che sono responsabili della formazione di aggregati proteici, detti melanoidine, di colore bruno, che si accumulano nei tessuti Si ritiene che l'iperglicemia provochi la formazione di legami tra lipoproteine plasmatiche, penetrate nella parete arteriosa, e proteine della matrice connettivale. Così si rallenta l'efflusso del colesterolo dall'intima delle arterie e si accentuano le lesioni aterosclerotiche. Imbrunimento non enzimatico degli alimenti La reazione di Maillard si verifica in alimenti che contengono zuccheri (o composti carbonilici) e proteine modificandone i caratteri organolettici e le proprietà nutrizionali La reazione è favorita da calore, luce, metalli e pH leggermente alcalino La formazione di pigmenti bruni (imbrunimento non enzimatico), può anche essere ottenuta per polimerizzazione dell’idrossimetilfurfurolo o del furfurolo
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DANNI AI GLUCIDI L’OH attacca i monosaccaridi formando radicali idrossialchilici e quindi composti bicarbonilici, che si possono ottenere anche in processi che richiedono la presenza di ioni metallici La enolizzazione del glucosio porta ad una struttura anionica, abbastanza stabile, di tipo "endiolo" la quale può ridursi di nuovo a glucosio, o ossidarsi ulteriormente a composto carbonilico. La ossidazione, catalizzata da forme ossidate di ioni metallici, porta alla formazione di un radicale, che poi si trasforma in un composto bicarbonilico. Le ROS prodotte nella reazione possono ossidare altre molecole di glucosio formando più prodotti bicarbonilici che, reagendo con i gruppi amminici delle proteine, ne altera la struttura e la funzione Ossidazione radicalica del glucosio La lenta trasformazione degli EGP in AGE può essere dovuta ad ossidazione da parte delle ROS. Perciò queste specie sono state descritte come “fissativi di glicazione”. Gli AGE possono anche essere formati mediante una preventiva ossidazione del glucosio e successiva reazione del prodotto di ossidazione con le proteine
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Modificazione della guanina da parte del radicale idrossilico
DANNO OSSIDATIVO AL DNA L’OH può reagire con le basi del DNA modificandole o con lo scheletro di ribosio-fosfato portando alla scissione dell’elica del DNA Reazione del DNA con il radicale idrossilico In studi in vitro sono state isolate varie forme di DNA danneggiato e diversi derivati di basi alterate. La presenza nei tessuti e l'escrezione con l'urina di tali basi indica un danno subito in vivo dal DNA Il marker più usato è la 8-deossiidrossi-guanosina (8-OHdG), formata per attacco di OH alla guanina, ed ossidazione del radicale risultante Modificazione della guanina da parte del radicale idrossilico La determinazione prevede l’isolamento con CHCl3, la precipitazione con C2H5OH e la digestione del DNA fino a deossinucleosidi. Le con-centrazioni dell’8-OHdG e della deossiguanosina (dG) sono misurate mediante HPLC, ed il rapporto 8-OHdG/dG fornisce il danno al DNA Le proteine, che legano il DNA nucleare in vivo, rendono questo meno suscettibile al danno ossidativo rispetto al DNA isolato in vitro. Il DNA mitocondriale è più suscettibile all'ossidazione del DNA nucleare
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SISTEMA DI DIFESA ANTIOSSIDANTE
L'organismo possiede meccanismi biochimici per la difesa contro i danni da radicali liberi. Difesa antiossidante prevenzione intercettazione restauro L'intercettazione è dovuta a sostanze che interrompono reazioni a catena radicaliche. La difesa contro radicali molto reattivi si può verificare solo mediante prevenzione o restauro poiché gli agenti capaci di intercettazione dovrebbero essere presenti a concentrazioni elevate Il restauro si verifica mediante meccanismi enzimatici. Esso è importante sia per riparare un danno al DNA prima che esso diventi una mutazione, sia nel restauro di fosfolipidi mediante reazioni di reacilazione. Una definizione di antiossidante è "qualsiasi sostanza che, presente a concentrazioni basse rispetto a quelle di un substrato ossidabile, ritarda o inibisce significativamente l'ossidazione di tale substrato". I sistemi di difesa antiossidante sono costituiti da enzimi e da sostanze antiossidanti a basso peso molecolare (free radical scavengers).
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Glutatione Il glutatione (GSH), -glutamil-cistein-glicina, è il più abbondante tiolo presente nelle cellule dei mammiferi. Esso è sintetizzato in vivo in due fasi. La -glutamilcisteina sintetasi catalizza la formazione del dipeptide Il prodotto è convertito a GSH dalla glutatione sintetasi La glutamilcisteina sintetasi è inibita dalla butionina sulfossimina che è usata in esperimenti per diminuire i livelli cellulari di GSH. La concentrazione del GSH è generalmente 0.5 mM, ma può raggiungere il valore di 10 mM. Il GSH ha una mezza vita è di 4 giorni negli eritrociti umani e di 3 ore nel fegato di ratto. Il GSH e i suoi coniugati, prodotti dalla glutatione transferasi, possono essere degradati dalla -glutamiltranspeptidasi che trasferisce il residuo di glutammato ad altri aminoacidi. Il GSH può essere esportato nel plasma principalmente dal fegato, che possiede almeno due meccanismi di trasporto e due diversi carriers per esportare il GSH nel plasma e nella bile.
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Ruolo del GSH Cofattore della glutatione perossidasi; Funzione antiossidante legata al gruppo tiolico; Funzione detossificante In vitro, il GSH reagisce con i radicali donando un H e formando un radicale tiilico (GS) che può essere eliminato per dimerizzazione formando il glutatione ossidato (GSSG). ; In vivo, è più probabile che GS reagisca con l’anione GS-. Il prodotto della reazione (GSSG-) è un potente riducente che può reagire con l’O2 formando il radicale superossido. Il GSH previene l’ossidazione dei gruppi –SH delle proteine e quindi della formazione di legami intra- ed intermolecolari. Può formare complessi con ioni Cu+ diminuendo la loro capacità di generare radicali OH. E’ coinvolto nel metabolismo di xenobiotici nei tessuti animali e vegetali. Le foglie di mais contengono un enzima che detossifica l’erbicida atrazina combinandolo con il GSH. Enzimi epatici glutatione-S-transferasi (GST) promuovono la coniugazione di xenobiotici (cloroformio, nitrati organici, bromobenzene, DDT, naftalene, paracetamolo) con il GSH. I coniugati sono escreti nella bile usando pompe di efflusso, le quali sono anche coinvolte nell’eliminazione di GSSG. L’addotto può anche essere degradato ed acetilato per formare coniugati della N-acetilcisteina (acidi mercapturici) che sono escreti nell’urina. Grosse quantità di xenobiotici riducono il GSH epatico, riducendo così la capacità antiossidante del fegato.
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Acido ascorbico L'acido ascorbico è il più importante antiossidante nei fluidi extracellulari. L’ascorbato è stabile in soluzioni a pH 7,4 in assenza di metalli di transizione. La riduzione di Fe+3 a Fe2+, da parte dell’ascorbato è importante per l’assorbimento del ferro nell’intestino. Struttura ed ossida- zione dell’ascorbato L’ascorbato (Asc) riduce H2O2 formando il radicale monodeidro-ascorbato (radicale ascorbile), la cui relativa stabilità e la dismutazione ad ascorbato e deidroascorbato è alla base dell’attività antiossidante dell’Asc. Asc inibisce la perossidazione lipidica, iniziata dal radicale perossilico, nei lipidi plasmatici. Asc protegge le membrane intrappolando i radicali perossilici e riducendo il radicale -tocoferossile ad -tocoferolo. Ascorbile e deidroascorbato sono riconvertiti ad Asc da NADH o GSH in reazioni catalizzate dalla NADH-semidei-droascobato riduttasi e dalla deidroascorbato riduttasi GSH-dipendente. L’Asc ha anche un’azione proossidante: ad alte concentrazioni riduce O2 a superossido, ossidandosi a monodeidroascorbato; a più basse concentrazioni, riduce Fe3+ e Cu2+ formando deidroascorbato. Fe2+ e Cu+ sono riossidati da H2O2. Miscele Cu-ascorbato o Fe-ascorbato provocano in vitro danno ossidativo a DNA, proteine e lipidi. Questo può essere importan-te in vivo sebbene alte dosi di ascorbato non siano tossiche.
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-tocoferolo I tocoferoli, sono costituiti da un anello aromatico con un ossidrile (cromanolico) e una catena laterale isoprenoide (fitilica). L’-tocoferolo, l’omologo con maggiore attività, si concentra nei siti idrofobici delle membrane e nelle lipoproteine. Struttura del- l’-tocoferolo L’-tocoferolo è abbondante nella membrana mitocondriale (circa 1 molecola per 2100 di fosfolipidi), nella membrana tilacoide dei cloroplasti e nelle membrane del segmento esterno dei bastoncelli della retina, che protegge efficacemente dai processi perossidativi. L'-tocoferolo agisce come antiossidante chain-breaking (interruttore di catene) liposolubile donando l’H fenolico ai radicali perossilici La K della reazione è circa quattro ordini di grandezza più elevata di quella per la reazione dei radicali con i lipidi. Nel processo l’-tocoferolo perde un elettrone formando il radicale -tocoferossile, che è relativamente stabile poiché l’elettrone spaiato è fortemente delocalizzato. In condizioni normali esso non reagisce con gli acidi grassi della membrana, per cui la propagazione della catena è inibita.
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Efficacia dell’ -tocoferolo
La catena isoprenoide aiuta a fissare l’-tocoferolo vicino agli acidi grassi poliinsaturi, e, per la sua lunghezza, posiziona il gruppo fenolico alla superficie della membrana, permettendo la riconversione del radicale tocoferossile a tocoferolo da parte dell’Asc e dei tioli ridotti, come il GSH e diidrolipoato. Riconversione della vitamina E da parte dell’ascorbato Il tocoferossile può reagire con un secondo perossile formando un prodotto non radicalico, per cui una molecola di tocoferolo può terminare due catene di perossidazione. I prodotti della reazione possono facilmente idrolizzarsi a tocoferilchinone. L’-tocoferolo potrebbe ridurre l’entità dei processi peros-sidativi diminuendo la fluidità della membrana e rallentando le reazioni di propagazione della catena.
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Struttura del -carotene
Il ß-carotene è una delle sostanze precursori della vitamina A, che in vitro sembrano avere effetto protettivo contro il cancro. Struttura del -carotene Nei tessuti umani vi sono isomeri del ß-carotene con differente reattività biologica, ma le forme cis sono presenti in quantità minime rispetto alla forma tutta-trans. Vi sono differenze interindividuali nei livelli dei carotenoidi, ma fegato, surrene e testicoli contengono quantità di carotenoidi più alte del rene, dell'ovario e del tessuto adiposo. Il ß-carotene è un antiossidante liposolubile che inibisce efficacemente la perossidazione in sistemi lipidici (LDL) a bassa pressione parziale di O2,. Il -carotene è un potente scavenger dell’ossigeno singoletto, ma non è noto se tale effetto sia importante in vivo. Il -carotene perde il suo colore quando è esposto a radicali o a specie ossidanti, come conseguenza della sua azione come scavenger.
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Meccanismi di azione del ß-carotene
Vi sono almeno tre possibili meccanismi per la reazione del -carotene con le specie radicaliche. 1) Addizione: Un radicale perossilico potrebbe legarsi a qualche sito nella cate-na polienica del -carotene formando un radicale centrato sul carbonio, stabilizzato per risonanza (ROO-Car), che interferi-rebbe con la fase di propagazione della perossidazione lipidica 2) Estrazione di un idrogeno allilico: 3) Trasferimento elettronico: Le reazioni formano il radicale Car+, che è stata osservata me-diante tecniche di spettroscopia rapida, e le cui successive rea-zioni sono poco note,. I radicali formatii nelle prime due reazioni sono abbastanza stabili a causa dell’estesa delocalizzazione elettronica, per cui la reazione con l’O2, è lenta. Il -carotene può svolgere un’azione proossidante, poiché il radicale ROO-Car può reagire reversibilmente e rapidamente con O2 formando il radicale ROO-Car-OO: La rimozione, da parte di questo radicale, di un H da un’altra ca-tena polienica permetterebbe la continuazione della perossida-zione lipidica. Il processo è favorito da un aumento della tensione di O2 , per cui gli effetti proossidanti del -carotene sono stati rilevati in presenza di ossigeno al 100%
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Acido urico L’acido urico (a pH fisiologico quasi tutto presente come urato, pKa = 5,4), è un prodotto terminale del metabolismo delle purine nei primati, che mancano dell’enzima perossisomale urato ossidasi, che converte l’urato in allantoina, che è poi convertita in prodotti più solubili in acqua dell’urato. Degradazione dell’acido urico L’urato si accumula nel plasma umano a concentrazioni 0,2-0,4 mM ed è escreto nell’urina. Nelle cellule ed nei fluidi corporei è presente a livelli più bassi (0,1-0,2 mM nella saliva). Un’eccessiva produzione in vivo può portare alla sua cristallizzazione. Questo si verifica nella gotta, malattia trattata con con l’allopurinolo, un inibitore della xantina ossidasi. Il carattere doloroso degli attacchi di gatta, causati dalla infiammazio- ne delle giunture innescata dalla deposizione dei cristalli di urato, è stato riconosciuto sin dall’antichità ed ha afflitto l’imperatore romano Claudio, Enrico VIII e Beniamino Franklin.
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Proprietà antiossidanti dell’urato
Il riconoscimento dell’urato come antiossidante biologico è recente. Forti ossidanti, come l’OH, ossidano l’urato a radicale libero. La delocalizzazione dell’elettrone sull’anello purinico stabilizza il radicale, che non sembra reagire con l’O2 e formare un radicale perossilico. A pH 7, il potenziale di riduzione del sistema urato/urato radicale è più alto di quello dell’ascorbato (E = 0,59 vs. - 0,28 V), per cui l’ascorbato riduce il radicale urato. L’urato reagisce anche con radicali perossilici organici: Il fatto che l’urato è un potente scavenger dell’ OH e dei radicali perossilici in vitro suggerì che esso si comportava come un antiossidante in vivo e che la perdita dell’urato ossidasi era stata vantaggiosa per i primati. In seguito si scoprì che l’urato è un potente scavenger dell’O3 e del NO2• e può proteggere il tratto respiratorio da questi ossidanti. L’urato protegge anche le proteine contro la nitrazione dovuta ad addizione di ONOO- e può chelare ioni metallici, come Fe e Cu, in forme con scarsa capacità di catalizzare reazioni radicaliche. Consistente con il ruolo antiossidante dell’urato in vivo sono l’alto livello presente, sufficiente per spazzare ROS e RN\1S, e l’osservazione che, in pazienti soggetti ad attacco ossidativo, aumenta la concentrazione di prodotti di degradazione dell’urato, fra cui l’allantoina, da parte dei ROS.
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SISTEMI ENZIMATICI ANTIOSSIDANTI
Superossido dismutasi e catalasi La superossido dismutasi (SOD) catalizza la conversione di O2•- in H2O2, prevenendo l’azione tossica di O2•- sui tessuti. Vi sono due SOD: una Mn-dipendente localizzata nei mitocondri; l'altra Cu- e Zn-dipendente localizzata nel citoplasma. L’H2O2 prodotta dalla SOD deve essere convertita in H2O per impedire che i complessi degli ioni metallici la convertino in •OH. Uno degli enzimi implicato nella degradazione dell’H2O2 è la catalasi (CAT): La CAT ha un'attività elevata nel fegato, nel rene e negli eritrociti. Tale attività aumenta quando aumenta la produzione di H2O2. Oltre che nei perissosomi, essa è localizzata nei mitocondri di cuore.
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Glutatione perossidasi e glutatione riduttasi
La glutatione perossidasi (GPX) rimuove H2O2, utilizzando come donatore di idrogeno il GSH. Le GPX agiscono preferenzialmente sui perossidi organici. La GPX consiste di quattro subunità proteiche, ciascuna delle quali contiene nel sito attivo un atomo di Se come selenocisteina, per cui tracce di Se sono essenziali nella dieta. Le GPX sono presenti in tutti i tessuti, particolarmente in quelli a basso contenuto di CAT (muscolo e regioni del cervello). Il fegato contiene alte concentrazioni di entrambi gli enzimi. La GPX è presente principalmente nel citosol. La matrice mitocondriale contiene circa il 10% del totale. Le glutatione-S-transferasi (GST) catalizzano reazioni dei perossidi organici con il GSH formando GSSG ed alcoli. Alcune hanno un’attività GPX -simile, e furono chiamate GPX Se-indi-pendenti. Non è chiaro metabolizzano i perossidi in vivo. L’efficienza del sistema GPX-GSH richiede la riconversione del GSSG a GSH catalizzata dalla glutatione riduttasi (GR), la quale mantiene il rapporto GSH/GSSG ad un livello alto (> 10 : 1). La reazione richiede NADPH che è prodotto nel ciclo dei pentoso-fosfato mediante l'intervento sia della glucosio-6-fosfato deidrogenasi che della 6-fosfogluconato deidrogenasi. L’aumentata ossidazione delle catecolamine (da parte delle monoamine ossidasi) è correlata con l’accelerazione del ciclo dei pentoso-fosfati, richiesta per produrre NADPH necessario per le reazioni catalizzate dalla GR e dalla aldeide riduttasi.
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Proteine leganti il ferro ed il rame
Ee e Cu, sebbene necessari per la sintesi di enzimi ed altre pro-teine coinvolte in reazioni redox, sono potenzialmente dannosi: ; Alcuni trasferimenti elettronici sono coinvolti nella catalisi di ossidazioni (adrenalina, dopamina, ascorbato), della conversione di H2O2 a OH e decomposizione di ROOH a ROO• e RO•. Fe ematico libero può essere letale. Complessi a basso peso molecolare (Fe-citrato o Fe-ATP) e proteine emiche catalizzano la reazione di Fenton, per cui gli animali hanno proteine per trasporto e conservazione di Fe. Nel circolo Fe è legato alla transferrina, ad alta affinità e bassa capacità di legame (2 Fe per molecola), che si lega a recettori sulla superficie delle cellule che richiedono Fe. La lactoferrina si trova in diversi fluidi secretori (saliva, muco vaginale, fluido seminale, bile, secrezioni nasali, latte) lega 2 Fe+3 per molecola. La ferritina,a bassa affinità ed alta capacità (4500 Fe per mole-cola), immagazzina il Fe intracellulare ossidandolo a Fe3+ (Fe2O3 idratato insolubile). Si lega a recettori sulla superficie di cellule che immagazzinano Fe (cellule reticolo-endoteliali). In circolo Cu si lega all’albumina, è preso dal fegato ed incor-porato nella ceruloplasmina (ferroossidasi) (6 ioni fortemente legati e un settimo meno fortemente), che è secreta nel plasma dove catalizza l’ossidazione di Fe+2 a Fe+3, e cede Cu alle cellule richiedenti dove si lega probabilmente al GSH.
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Schema generale del sistema di difesa antiossidante.
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STRESS OSSIDATIVO In diverse condizioni la velocità di produzione dei radicali liberi supera la capacità dei sistemi di difesa cellulare. Il disturbo nel bilancio tra proossidanti ed antiossidanti in favore del primo è definito "stress ossidativo" Fattori che influenzano il bilancio fra pro-ossidanti ed antiossidanti. Altri ricercatori hanno definito stress ossidativo l'aumentata generazione di radicali liberi implicando che questo termine è sinonimo di danno. L'idea è che un tessuto, esposto a grandi quantità di ROS, non è in grado di mantenere il rapporto normale GSH/GSSG e il GSSG si accumula. Questo porterebbe ad un disturbo dello stato redox intracellulare, inattivazione di enzimi con gruppi sulfidrilici nei siti attivi, e formazione di disolfuri misti inter- o intramolecolari.
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Cause di aumentata produzione di ROS
Cause e conseguenze dell’aumentata produzione di radicali Esposizione a radiazioni ionizzanti, fumo di sigaretta, alta pO2. Esposizione a xenobiotici (paraquat, cloroformio, tetracloruro di carbonio) e farmaci (paracetamolo, doxorubicina) che producono specie radicaliche durante il loro metabolismo. Aumento del metabolismo aerobico Si assume che O2•- è generato nei mitocondri a velocità correlata alla velocità di consumo dell’ O2. Non vi sono prove convincenti a riguardo, ma stati ipermetabolici, come ipertiroidismo ed esercizio portano a stress ossidativo favoriscono una maggiore produzione di ROS
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MORTE CELLULARE La morte cellulare sembrava un fenomeno non fisiologico, dannoso per l’organismo, dovuto a perturbazioni dell'omeostasi (ischemia, ipertermia, avvelenamento da tossine), che portavano alla necrosi di parti del tessuto colpito. L’osservazione che le culture in vitro si esaurivano spontanea-mente dopo un certo numero di duplicazioni dimostrò che l’in-vecchiamento e la morte cellulare sono fenomeni fisiologici. Fu evidenziato un nuovo tipo di morte con caratteristiche diverse dalla necrosi (apoptosi), caratterizzata da una sequenza di eventi finemente regolati, a volte accompagnata da espressione genica, sintesi proteica, ed alto consumo di energia. Questo portò a pensare che si trattasse di una forma di morte cellulare programmata, diretta dalla stessa cellula apoptotica. Induzione della morte cellulare L’apoptosi si verifica nelle cellule degli eucarioti multicellulari ed è innescata da condizioni di stress o dalla cessazione di “segnali di vita”, che differiscono per le diverse cellule. Innescano l’apoptosi: la parziale inibizione parziale della respirazione mitocondriale, la deregolazione di messaggeri intracellulari come il Ca2+ e di enzimi regolatori come la proteinchinasi, lo stress ossidativo, il danno al DNA, come quello dovuto a farmaci usati nella chemioterapia del cancro. Questi agenti possono causare necrosi, in dipendenza del tipo cellulare e del livello di stress applicato. Così, una riduzione dell’ATP, che porta il rapporto ADP/ATP sotto un valore critico (1:5), causa morte cellulare, per necrosi, se la riduzione è massiccia ed improvvisa, per apoptosi, se è più moderata.
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Variazioni morfologiche nella necrosi e nell’apoptosi
Nella necrosi si ha: swelling della cellula e degli organuli, rottura della cellula e rilascio del suo contenuto (enzimi lisosomali, pro-ossidanti come Fe e Cu, antiossidanti). Nell’apoptosi sia ha: contrazione della cellula, condensazione e frammentazione della cromatina, usualmente associato con scissione della doppia elica del DNA. Si ha inoltre: collasso del citoscheletro, spostamento del mate-riale nucleare verso la membrana plasmatica, dove è circondato da sue evaginazioni che conferiscono alla cellula un aspetto a bolle, distacco delle bolle, contenenti materiale citoplasmatico e nucleare (corpi apoptotici), che sono fagocitate da cellule vicine.
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Stress ossidativo ed apoptosi
L’organismo aerobico vive sotto continuo assedio ossidativo. L’assunzione che, durante l’evoluzione, sia stato vantaggioso conservare tale assedio per mediare forme di morte cellulare programmata, suggerisce che lo stress ossidativo sia un comune mediatore dell’apoptosi. Sostegno per questa ipotesi può essere trovato a diversi livelli: Trattamenti capaci di indurre apoptosi evocano uno stress ossidativo. Così, radiazioni ionizzanti e ultraviolette inducono apoptosi e generano ROS come H2O2 e OH. L’esposizione a basse dosi di H2O2 inducono apoptosi in diverse cellule. Alte dosi inducono necrosi. Un ossidante, come •NO, è ritenuto un induttore dell’apoptosi nei macrofagi e nei monociti. Agenti non radicalici che inducono apoptosi possono indurre la formazione di ROS. Così, la doxorubicina induce sia apoptosi sia danno ossidativo in cellule sensibili. La deplezione di antiossidanti porta all’apoptosi. Così, la butio-nina solfossimina svuota le scorte intracellulari di GSH, rendendo le cellule più suscettibili all’apoptosi indotta da stress ossidativo. L’apoptosi può essere bloccata da addizione di antiossidanti. Mediatori dell’apoptosi inducono ROS e sono inibiti dall’addizione di antiossidanti. La stimolazione del recettore di una citochina, il fattore della necrosi tumorale (TNF), provoca aumento delle ROS. In varie cellule l’apoptosi mediata da TNF è inibita da tioredoxina un riducente tiolico intracellulare, scavenger di radicali liberi, o da N-acetilcisteina (NAC), un tiolo antiossidante, precursore del GSH. La resistenza cellulare al TNF è correlata ai livelli di SOD.
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Mitocondri ed apoptosi
I mitocondri svolgono un ruolo importante nell’apoptosi delle cellule dei mammiferi. Nel suo meccanismo dell’apoptosi si distinguono tre fasi: i) fase pre-mitocondriale (di induzione) in cui sono attivate numerose vie di transduzione dei segnali, in dipendenza dello stimolo che induce l’apoptosi; ii) fase mitocondriale (di esecuzione) in cui è persa l’integrità della membrana ed è presa la “decisione di morire”; iii) fase postmitocondriale (di degradazione) in cui fattori solubili rilasciati dai mitocondri attivano idrolasi responsabili della degradazione di proteine essenziali e del DNA nucleare. Componenti del poro del- la transizione di permea- bilità mitocondriale. Una struttura coinvolta nel controllo dell’apoptosi è il poro di transizione di permeabilità (PT), un complesso multiproteico a contatto con membrana interna ed esterna mitocondriale. I suoi costituenti comprendono proteine citosoliche (esochinasi), della membrana esterna (porina o canone anionico voltaggio di-pendente, VDAC), della membrana interna (trasportatore dei nucletidi adenilici, ANT), della matrice (ciclofilina D). Il poro partecipa alla regolazione del Ca2+ della matrice, del pH, del potenziale trans-membranario (m) e del volume.
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Apertura del poro PT Per innescare la PT è richiesta un’alta concentrazione di Ca2+ nella matrice. La sensibilità al Ca2+ è aumentata da induttori (ROS, fosfato, inibitori della ANT, deplezione dei nucleotidi adenilici della matrice). L’apertura del poro è inibita da un elevato voltaggio, dallo stato di riduzione di tioli critici della matrice, da una diminuzione del rapporto NAD(P)H2/NAD(P), da un basso pH, dalla elevata concentrazione del Mg2+ e di ligandi dell’esochinasi, della creatinchinasi e dell’ANT. Alcuni inibitori o attivatori della PT agiscono attraverso la ciclo-filina D Modello proposto per il meccanismo di azione della PT Se questa è legata all’ANT, la PT si verifica a basse [Ca2+]. In assenza di tale legame i pori si aprono solo ad elevate concentrazione di [Ca2+]. Inibitori dell’apertura del poro, come la ciclosporina A, un ligando della ciclofilina D, bloccano l’apoptosi in alcuni sistemi, a sostegno all’idea che la PT sia centrale per i processi apoptotici.
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Rottura della membrana esterna mitocondriale
Conseguenze della PT La PT provoca alterazioni dello stato energetico, dell’equilibrio redox e dell’omeostasi ionica. Infatti si ha: Dissipazione del gradiente di H+ attraverso la membrana interna e cessazione della sintesi di ATP. Superproduzione di O2•-, con ossidazione di composti come il componente della membrana interna cardiolipina. Deplezione o ossidazione di GSH e di NADPH. Distruzione dell’omeostasi di Ca2+ con aumento dei livelli cito-solici di Ca2+, secondari all’alterazione dello stato redox. Iperosmolalità della matrice ed aumento del suo volume che causa rottura della membrana esterna, e rilascio nel citosol di proteine dello spazio intermembranario, essenziali per la fase di esecuzione dell’apoptosi. Rottura della membrana esterna mitocondriale
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RUOLO FISIOLOGICO DEI RADICALI LIBERI
ROS e RNS svolgono funzioni utili nei sistemi viventi: modulazione dell’attività di enzimi, sintesi degli ormoni tiroidei, formazione della lignina, emissione di luce in sistemi bioluminescenti, fagocitosi, segnalazione intercellulare FAGOCITOSI Processo in cui cellule confluiscono intorno a particelle estranee e le includono in vescicole della membrana plasmatica che sono poi indrodotte nel citoplasma delle cellule fagocitiche. La maggior parte delle cellule fagocitiche del sangue sono neutrofili con nucleo multilobato (cellule polimorfonucleari) e granuli citoplasmatici. Neutrofilo I granuli primari (azzurrofili) contengono mieloperossidasi, lisozima e proteasi. I granuli secondari contengono una proteina che lega la vitamina B12 (cobalofilina), lisozima e collagenasi, e lactoferrina. I granuli terziari contengono diversi enzimi, compresa la gelatinasi.
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Uccisione dei batteri legata al superossido
Fagocitosi e produzione di ROS da parte dei neutrofili I neutrofili usano normalmente la glicolisi e consumano poco O2. Le cellule attivate consumano rapidamente O2, (esplosione respi-ratoria), e usano glucosio, per produrre NADPH, attraverso lo shunt dell’esoso monofosfato, grazie all’aumento della glucosio-6-fosfatasi. Più del 90% del consumo di O2 è dovuto alla riduzione a O2•-. L’importanza del processo è provata dal fatto che la deficienza genetica di NADPH ossidasi nei neutrofili causa una malattia (granulomatosi cronica), caratterizzata da severe, persistenti infezioni pirogeniche in presenza di batteri. In alcuni individui, l’incapacità dei neutrofili di uccidere i batteri può condurre a setticemia e morte in tenera età.
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Meccanismi di uccisione
O2•- non è molto tossico e non penetra nei batteri, ma è convertito ad H2O2 che penetra nei batteri e produce OH. O2•- reagendo con NO dà ONOO-, che può danneggiare i batteri direttamente o formando OH. Macrofagi di ratto, topo e altri animali generano NO, che a può uccidere i batteri inibendo la catena respirazione. E’ difficile indurre neutrofili o macrofagi umani a produrre NO, ma monociti e macrofagi contengono il gene per iNOS e trascrivono essa in mRNA se stimolati con interferone e lipo-polisaccaridi. iNOS è stata trovata in neutrofili dell’urina di pazienti con infezioni del tratto urinario. Neutrofili, monociti (ma non macrofagi) contengono perossidasi. Quella dei neutrofili è verde (mieloperossidasi). Neutrofili atti-vati possono rilasciarla, e i fluidi generati ai siti di infezione (pus e espettorato) sono verdognoli. La mieloperossidasi non è specifica. In vivo i maggiori substrati sono Cl- e Br-. In presenza di Cl-, H2O2 è convertito HOCl (ac.ipocloroso): HOCl è un acido debole e, a pH 7,4, metà si trova come ClO-. Sia HOCl che ClO- sono molto tossici per i batteri, e molti disin-fettanti casalinghi sono soluzioni di ClO-. HOCl può reagire con H2O2 formando 1O2, o con amine primarie formando cloramine nel mezzo extracellulare: ; Inoltre HOCl può reagire con O2•- dando OH: Non è provato che HOCl agisca in vivo. La deficienza di mieloperossidasi riduce poco la resistenza alle infezioni.
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RADICALI LIBERI ED INVECCHIAMENTO
L’invecchiamento è l’accumularsi col tempo di alterazioni strutturali che portano a minore funzionalità e morte. L’adattabilità ad un ambiente variabile (omeostasi) diminuisce, per cui la fase di invecchiamento può essere definita come un pe-riodo in cui i meccanismi omeostatici si deteriorano l’adattabilità agli stress diminuisce, e la suscettibilità alle malattie aumenta. Teorie dell’invecchiamento Quando un organismo invecchia, la probabilità di morte aumenta, cosicché tutti gli individui di una specie sono morti ad una età caratteristica della specie (durata massima della vita). In passato, pochi raggiungevano la durata massima della vita a causa di malattie infettive o denutrizione, malattie ora rare. Si muore prima dei 35 anni in seguito ad incidenti sebbene morti per AIDS e suicidio stiano diventando più comuni. In più tarda età, si muore per cancro o malattie cardiovascolari. Il tasso di incidenza del cancro aumenta con la quarta o quinta potenza dell’età nelle specie a vita breve (il 30% di ratti e topi ha il cancro a 2-3 anni) e in quelle a vita lunga come l’uomo (circa il 30% ha il cancro a 85 anni). Così la durata media della vita di società avanzate è maggiore di quella di società primitive. Le teorie sull’invecchiamento differiscono nel considerare l’in-vecchiamento come la continuazione o come il deterioramento dello stato di differenziamento cellulare. In un caso, l’invecchia-mento sarebbe la risultato della repressione di geni specifici o una derepressione di gerentogeni. Nel secondo caso, sarebbe il ri-sultato della inadeguatezza dei meccanismi protettivi e di ripa-razione cellulari, con conseguente declino funzionale delle cellu-le differenziate nella fase postriproduttiva della vita.
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Teoria della velocità del vivere
Diversi dati indicano che il metabolismo ossidativo gioca un ruolo nello sviluppo e nell’invecchiamento. Dai primi del 1900 fu suggerito che l'intensità del metabolismo basale degli organismi è determinante per la loro longevità. Rubner osservò che l’energia totale utilizzata per g di peso corporeo da cinque mammiferi (cavallo, mucca, cane, gatto e porcellino d’India) era simile ( Kcal), mentre la loro vita era molto diversa. Rubner postulò che gli organismi viventi possono spendere, nell’arco della loro vita, una quantità di energia, chiamata potenziale di energia vitale (LEP) dell’animale, che è il prodotto della velocità metabolica specifica (SMR) per la durata potenziale massima della vita (MLSP). Quindi, la durata della vita era determinata dal tempo impiegato per l’utilizzo di tale quantità di energia. L’osservazione di Rubner fu sviluppata da Pearl il quale propose che il consumo di energia in se è responsabile della senescenza, un concetto noto come teoria della velocità del vivere.
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Relazione fra metabolismo e longevità
L’idea che velocità metabolica e longevità sono inversamente correlati fu confortata da studi a varie temperature su pecilotermi. La durata della vita dei pecilotermi è modificata dalle condizioni ambientali che influenzano la velocità delle reazioni metaboliche. La mosca, che vive 3 settimane in estate, in inverno si ritira in aree buie, riduce la sua attività e rimane viva per 6 mesi. La vita media del moscerino della frutta (Drosophyla) è di 120 giorni a 10°C, ma di 14 giorni a 30°C. Esperimenti per la valutazione degli effetti dell'attività fisica su-gli omotermi fornirono risultati difformi in soggetti giovani ed anziani e presentavano la grossa limitazione che i controlli erano tenuti in condizioni di stabulazione ottimali, ma di attività motoria ridotta (soggetti ipocinetici). Gli effetti del freddo sulla durata della vita dei mammiferi sono opposti a quelli trovati nei pecilotermi poiché l’esposizione al freddo porta ad un aumento del consumo di ossigeno. Comunque, furono trovate eccezioni alla regola della costanza del potenziale metabolico, stabilita per poche specie animali. I primati hanno un LEP 2-4 volte più alto degli altri mammiferi. Il rapporto fra metabolismo e durata della vita è 200 per non-primati, 400 per i primati, 800 per l'uomo. In ciascuna categoria vi è una correlazione inversa tra consumo calorico e durata della vita anche se i risultati non sono uniformi. Gli uccelli vivono 3-4 volte più a lungo di mammiferi con la stessa SMR, sebbene la regola di Rubner valga anche per essi. Il meccanismo responsabile della relazione fra metabolismo e durata della vita non era chiaro.
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Teoria dei radicali liberi
Se la SMR è elevata molti processi biochimici sono rapidi, e il legame fra velocità del vivere e invecchiamento potrebbe essere un fattore collegato alla velocità dei processi cellulari. Harman (1956) ipotizzò che, con alto consumo di O2, vi sia alta produzione di ROS, che portano a danni che provocano il dete-rioramento fisiologico e biochimico alla base dell’invecchia-mento. Non sembra che vi sia una diminuzione delle difese antiossidanti con l’età, ma gli effetti di tossine dimostrano che esse non pos-sono far fronte ad una aumentata generazione di radicali. Esse farebbero fronte ad una parte della normale produzione, cosicché vi sarebbe un danno progressivo molto lento, che, a sua volta, potrebbe condurre ad un aumentata produzione di ROS. In effetti, particelle submitocondriali isolate da tessuti di ratti anziani producono più perossido di quelle isolate da ratti giovani. Prove del ruolo dei radicali nell’invecchiamento derivarono da studi sullo accumulo di sostanze danneggiate da ossidazioni. I pigmenti dell’età, considerati marchi dell’invecchiamento nella ricerca gerontologica, fu un legame fra radicali liberi e danno lipidico nell’invecchiamento. Le loro proprietà chimiche non sono ben note, ma contengono lipidi danneggiati. La lipofuscina è una miscela di lipidi polimerizzati e prodotti proteici indigeriti, presumibilmente derivati da organelli cellulari danneggiati da ossidazioni, che furono autofagocitati da lisosomi. L’eccitazione massima ( nm) e l’emissione massima ( nm) suggerirono che la natura chimica della lipofuscina coinvolgeva una base di Schiff coniugata fra MDA e gruppi amminici in proteine e fosfolipidi.
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Processi perossidativi nelle membrane
Nella ricerca di indizi di progressivo danno cellulare, molti investigatori hanno trovato modificazioni legate all’età nella composizione (acidi grassi dei fosfolipidi e contenuto di cole-sterolo) della membrana ed aumento dei lipidi ossidati. I livelli di idroperossidi lipidici e di MDA aumentano progressi-vamente nelle membrane mitocondriali e microsomali, isolate da ratti di età fra 6 e 24 mesi. Questi aumenti sono dovuti agli alti livelli di acidi poliinsaturi (arachidonico, eicosaesaenoico e docosaesaenoico) caratterizzati da alta suscettibilità alla perossidazione. Altri composti aldeidici (-alchenali) si formano per scissione omolitica dei legami C-C localizzati vicino al gruppo idroperossilico di idroperossidi lipidici. A tale formazione partecipano radicali alcossilici dei lipidi e ioni Fe2+ e Cu2+. Il 4-idrossinonenale (4-HNE), un -alchenale derivato dalla perossidazione degli acidi 1-6 poliinsaturi, è un buon marker di danno lipidico, che presenta effetti citotossici e mutagenici derivanti dalla elevata reattività verso molecole proteiche e lipidiche. Anche la formazione di 4-HNE aumenta con l’età poiché la principali fonti di 4-HNE ed altri alchenali (acido arachidonico e acido docosaesaenoico) subiscono un’aumentata perossidazione.
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Correlazione fra difese antiossidanti e longevità
La scoperta che il consumo di O2 è legato alla generazione di O2•- legò teoria dei radicali liberi e teoria della velocità del vivere. Una respirazione più veloce è associata con una più grande generazione di ROS ed un’accelerazione dell’invecchiamento. Le specie con metabolismo ossidativo più elevato esibiscono più alta velocità di generazione di ROS e vita media più corta. La mancanza di correlazione fra metabolismo e durata della vita nelle specie omeoterme sembrava in contrasto con l’ipotesi. Poiché gli effetti dei radicali dipendono dalle difese antiossidan-ti, fu suggerito che queste sono maggiori nei tessuti delle specie più longeve che presentano quindi un minor danno ossidativo. Inoltre, il fenomeno dell’invecchiamento procederebbe in parallelo con le modificazioni dei sistemi antiossidanti endogeni. Correlazioni positive con la MLSP furono descritte per la SOD divisa per la SMR nei tessuti di due roditori e 12 primati. L’attività epatica della SOD (espressa per velocità meta- bolica unitaria) nell’uomo era più alta che negli altri animali. Poiché la SOD è simile negli animali, si suggerì che una variazione nella regolazione del gene permette una mag- giore sintesi di SOD nell’uomo contribuendo alla sua longevità. Quindi, alcuni geni che codificano per le difese antiossidanti possono essere “geni determinanti della longevità”.
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Relazione fra antiossidanti e MLSP
La scoperta di correlazioni simili per i livelli sierici di -tocofe-rolo, urato e -carotene suggerì che gli antiossidanti sono deter-minanti della longevità. Quando la SOD di mammi- feri fu direttamente collega- ta alla MLSP, non fu osser- vata alcuna correlazione in fegato, cuore e cervello. Vi era una relazione negati- va tra la MLSP ed altri an- tiossidanti, e l’uomo aveva i più bassi livelli di antiossidanti. I livelli di SOD, CAT, e GPX di cervello e cuore sono più bassi nel topo domestico che nel topo dalle zampe bianche, che vive due volte più a lungo. Lo studio di tessuti di vertebrati, mostrò che, in 4 casi (SOD, GR, Asc epatico, e SOD celebrale) non vi era correlazione tra antiossidanti e MLSP, e in altri vi erano correlazioni negative. Gli uccelli, che avevano MLSP più alto di mammiferi di peso equivalente, avevano i più bassi valori per molti antiossidanti.
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Velocità di produzione delle ROS e longevità
Il fatto che primati e uccelli, con un MLSP elevato, non spiegabile con la loro SMR, hanno livelli di antiossidanti molto bassi, indica che l’evoluzione della longevità non è associata con un aumento delle capacità antiossidanti. Un fattore che sembra determinare la MLSP è la frazione di O2 utilizzato per la produzione di ROS, la cui velocità può non essere legata alla SMR. In sette specie di mammiferi, le velocità di generazione dell’O2•- in particelle submitocondriali di rene e di cuore erano correlate con lo stato 4 della respirazione e la velocità metabolica specifica degli animali. Fu poi trovato che la velocità di generazione di O2•- e H2O2 in mitocondri epatici diminuiva dalle specie di mammiferi a corta vita a quelle longeve che seguivano la teoria della velocità del vivere. Tuttavia, la velocità di li- berazione di H2O2 nel rat- to fu più grande che nel topo sebbene questo aves- se più alta velocità meta- bolica. Così, il porcellino d’India e il coniglio ave- vano differenti velocità metaboliche basali ma esi- bivano velocità di liberazione di H2O2 simili. Analoga indipen-denza fu mostrata tra produzione di O2•- e SMR. Nel topo domestico e nel topo dalle zampe bianche velocità di generazione di ROS e longevità sono inversamente correlate.
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Livelli di antiossidanti e generazione di ROS
La velocità di generazione di H2O2 in mitocondri di cervello, polmone e fegato è circa 4 volte più bassa nei piccioni che nei ratti. Una più bassa produzione di H2O2 nel piccione che nel ratto si ha anche riportata nei mitocondri di rene, cervello e cuore. La produzione di ROS dei mitocondri cardiaci è più bassa nel canarino e nel parrocchetto, che nei topi. I risultati suggeriscono che la longevità degli uccelli è dovuta alla loro capacità di ridurre la produzione mitocondriale di ROS. Se ciò si verificasse anche nei primati, la diminuita capacità an-tiossidante delle specie longeve rappresenterebbe un coadatta-mento evoluzionaistico alla piccola velocità di generazione di ROS. Così specie a vita breve avrebbero alti livelli di antiossidanti nei tessuti per far fronte alle loro elevate velocità di pro- duzione di ROS, mentre opposto sarebbe il caso nelle specie più longeve indipendentemente dalla loro velocità metabolica. A causa della mancanza di informazione sulla produzione mitocondriale di ROS da tessuti di anfibi, rettili e pesci, attualmente non è noto se anche nei vertebrati ectotermi la capacità antiossidante è adattata alla velocità di produzione mitocondriale di ROS.
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