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FISIOLOGIA APPLICATA AGLI AMBIENTI DI LAVORO
Prof. Lillà Lionetti Docente di Fisiologia Sito web docente: Docente: Lionetti Materiale didattico Area pubblica del docente Migrazione Corso di perfezionamento Igiene sicurezza e qualità Password: Ambienti
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FISIOLOGIA APPLICATA AGLI AMBIENTI DI LAVORO
Sintomi di modesta entità: Occhi > secchezza, bruciore, prurito. Naso e gola > rinorrea, prurito, senso di irritazione e gola secca Vie respiratorie inferiori > Dispnea Cute > eritema, prurito. Possono, inoltre, associarsi disturbi quali cefalea, sonnolenza, difficoltà di concentrazione. . Considerando che la maggior parte della popolazione urbana trascorre il 75-80% del tempo all’interno di edifici chiusi, è facilmente intuibile quale importanza rivesta la qualità dell’ambiente interno per il benessere dell’uomo
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FONTI DI INQUINAMENTO INDOOR
Il principale problema di inquinamento è dovuto alla qualità della VENTILAZIONE
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CLASSIFICAZIONE E TIPOLOGIA DEGLI AGENTI INQUINANTI
Gli agenti inquinanti vengono classificati in 3 grandi categorie AGENTI CHIMICI: composti chimici volatili, formaldeide, toulene, benzene, monossido di carbonio, biossido di azoto, anidridi,ecc. AGENTI FISICI: TEMPERATURA RUMORE ILLUMINAZIONE PRESSIONE VIBRAZIONI ELETTRICITA’ CAMPI ELETTROMAGNETICI ULTRASUONI RADON AGENTI BIOLOGICI: Batteri, acari, muffe e funghi, virus pollini, allergeni animali.
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MECCANISMO D’AZIONE Agenti chimici: interazione diretta tra l’agente nocivo e le molecole o le strutture dell’organismo Agenti fisici: trasferimento di energia dall’ambiente circostante al corpo o ad alcune parti di esso in modo diretto o indiretto Energia termica Energia meccanica: rumore, ultrasuoni, vibrazioni Elettricità
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Definizione di microclima
Il microclima è l’insieme di fattori che regolano le condizioni climatiche (scambi termici) di un ambiente chiuso o semichiuso come ad esempio un ambiente di lavoro. Tali fattori includono: Temperatura Umidità Velocità dell’aria Tali caratteristiche hanno importanza, da un lato, per lo stato di salute e di benessere dei lavoratori e, dall'altro,per il regolare andamento delle attività di lavoro. Considerando che la maggior parte della popolazione urbana trascorre il 75-80% del tempo all’interno di edifici chiusi, è facilmente intuibile quale importanza rivesta la qualità dell’ambiente interno per il benessere dell’uomo
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Sistema di Termoregolazione
TEMPERATURA DELL’AMBIENTE E FISIOLOGIA DELL’UOMO OMEOTERMIA L’uomo, come tutti i mammiferi e gli uccelli, è un animale omeotermo Omeotermia= capacità di mantenere la sua temperatura interna (temperatura del nucleo) entro un ambito abbastanza ristretto, anche quando si trova in condizioni climatiche diverse Sistema di Termoregolazione Set point ipotalamico
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Range di temperature Un uomo è in grado di sopportare temperature da 12°C a 65°C (in aria secca) mantenendo la temperatura interna vicina a 37°C (intervallo normale= )* Si possono anche sopportare, ma solo per brevi periodo di tempo, temperatura interne più alte di 40-41°C come nell’esercizio intenso o nella febbre Temperature interne >42°C portano ad una rapida denaturazione delle proteine vitali per le cellule e quindi a morte. Importanza del mantenere la temperatura interna costante per le attività enzimatiche costanti qualunque sia la temperatura ambientale Questi valori medi sono suscettibili di notevoli variazioni, sia da un soggetto all’altro che in un singolo individuo durante il giorno. Anche il punto da cui si misura la temperatura può comportare delle differenze, poiché il core (la parte più interna, profonda, cioè il nucleo) dell’organismo presente una temperatura più elevata rispetto alla superficie cutanea. Le temperature orali ( e sottoascellari) sono circa 0.5 °C inferiori di quella rettale. *Questi valori medi sono suscettibili di notevoli variazioni, sia da un soggetto all’altro che in un singolo individuo durante il giorno. Anche il punto da cui si misura la temperatura può comportare delle differenze, poiché il core (la parte più interna, profonda, cioè il nucleo) dell’organismo presente una temperatura più elevata rispetto alla superficie cutanea. Le temperature orali ( e sottoascellari) sono circa 0.5 °C inferiori di quella rettale
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Nonostante l’efficacia dei sistemi di termoregolazione, sono svariati i fattori che possono provocare piccole variazioni in determinate condizioni. Nonostante l’efficacia dei sistemi di termoregolazione, sono svariati i fattori che possono provocare piccole variazioni in determinate condizioni. Negli ambienti ambienti freddi la temperatura limite per lo stress termico è La comparsa del tremore si ha a 33, mentre una di 25 è fatale.
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Pasto (termogenesi indotta dalla dieta) Ritmo circadiano
Fattori che determinano la temperatura corporea in un individuo in condizioni fisiologiche: Esercizio Pasto (termogenesi indotta dalla dieta) Ritmo circadiano Nelle donne: ciclo mensile
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RITMO CIRCADIANO E CICLO MESTRUALE
La temperatura si abbassa fino ad un minimo durante la notte (prime ore del mattino) e raggiunge un massimo verso la metà-tardo pomeriggio. Ciclo mestruale e temperatura corporea Prima della mestruazione diminuisce di circa 0.6°C e si mantiene a questo livello fino alla vigilia dell’ovulazione quando tende a diminure ancora di 0.2. Dopo l’ovulazione aumenta di circa 1 °C e rimane aumentata fino all’inizio del ciclo successivo. Durante la gravidanza la caduta della temperatura premestruale è inibita ed è aumentata al di sopra della norma.
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Set point ipotalamico Le vampate di calore sono determinate da una transitoria diminuzione della temperatura di riferimento per il termostato a causa della carenza di estrogeni. Quando il valore di riferimento diminuisce, la temperatura di una stanza, che prima era considerata confortevole improvvisamente è percepita come troppo calda. Questo disagio innesca le solite risposte termoregolatrici al caldo, comprese sudorazione vasodilatazione cutanea ed arrossamento della cute. Le vampate di calore sembrano essere determinate da una transitoria diminuzione della temperatura di riferimento per il termostato a causa della carenza di estrogeni. Quando il valore di riferimento diminuisce, la temperatura di una stanza, che prima era considerata confortevole improvvisamente è percepita come troppo calda. Questo disagio innesca le solite risposte termoregolatrici al caldo, comprese sudorazione vasodilatazione cutanea ed arrossamento della cute.
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Situazioni patologiche
Che influenzano la Temperatura corporea FEBBRE
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sudorazione
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le 100 Kcal/ora per i lavori sedentari e
IL rendimento del corpo umano si aggira intorno al 20% (80% si disperde sotto forma di calore) ed aumentando l’impegno fisico, lavorativo o meno, la produzione di calore è proporzionalmente più grande. In pratica la quantità di calore che un lavoratore deve disperdere è compresa tra le 100 Kcal/ora per i lavori sedentari e le kcal/ora per lavori gravosi. IL rendimento del corpo umano si aggira intorno al 20% (80% si disperde sotto forma di calore) ed aumentando l’impegno fisico, lavorativo o meno, la produzione di calore è proporzionalmente più grande. Le sorgenti di calore dell’organismo sono rappresentate dai processi metabolici degli alimenti e dall’energia meccanica, dalle quali viene ricavata una quota basale che corrisponde al dispendio energetico a riposo ed un calore metabolico che può essere aumentato a seconda dell’attività fisica. In pratica la quantità di calore che un lavoratore deve disperdere è compresa tra le 100 Kcal/ora per i lavori sedentari e le kcal/ora per lavori gravosi.
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COMPONENTI DELLA SPESA ENERGETICA
TEF ~14% effetto termico del cibo COMPONENTI DELLA SPESA ENERGETICA La spesa energetica ha diverse componenti. Nel corso degli anni molti sono stati gli schemi per suddividere in componenti la spesa energetica. Ognuno ha vantaggi e svantaggi, ma nessuno fornisce informazione sulla regolazione molecolare della spesa energetica. Forse lo schema più semplice è quello che suddivide la spesa energetica in tre componenti: Metabolismo basale (circa 60%= Effetto termico del cibo dovuto al costo della digestione ed assorbimento dei nutrienti (circa 10%) Attività fisica: durata ed intensità dell’esercizio fisico (circa 30% variabile) La spesa energetica giornaliera è generalmente suddivisa in letteratura in tre componenti [5]: metabolismo a riposo (RMR), effetto termico del cibo (TEF) e attività fisica. Questi diversi processi termogenici possono avere un loro ruolo nella regolazione del bilancio energetico e alterazioni di uno o più di tali componenti potrebbero contribuire allo svilupparsi della obesità. L'RMR è l’energia spesa da un soggetto a riposo ed include il costo del mantenimento delle funzioni cellulari vitali per l’organismo, dei sistemi integrati del corpo e della temperatura omeotermica a riposo. Costituisce il 60-70% della spesa energetica giornaliera [6, 7] in un soggetto con attività fisica normale. IL maggior determinante del metabolismo basale è il tessuto muscolare che è direttamente proporzionale alla massa magra che è quella metabolicamente attiva. Il metabolismo basale si misura determinando la quantità di ossigeno consumata (mediante l’equivalente calorico dell’ossigeno cioè la quantità di calore prodotto quando viene utilizzato 1 L di ossigeno per ossidare il substrato). Differisce per unità di superficie corporea. E’ differente a seconda del sesso (è minore nelle donne) e questo non solo perché dipende dalla massa metabolicamente attiva che è la massa magra o muscolare (nella donna c’è più tessuto adiposo e meno massa magra e per questo motivo il metabolismo basale è minore): infatti anche se si esprime per unità di massa magra comunque è minore nelle donne che nell’uomo quindi probabilmente è una base genetica dovuta al sesso a far avere queste differenze (potrebbero essere dovute a variazioni dell’efficienza). Un’altra variazione del metabolismo basale si ha con l’età (massima nei bambini, diminuisce nell’adulto e raggiunge valori minimi nell’anziano) probabilmente dovuto in questo caso alla perdita di massa magra che si ha con l’invecchiamento (sarebbe utile prevenirla con l’attività fisica). Malgrado la stretta correlazione tra RMR e peso corporeo, recenti studi [8] hanno dimostrato che per un dato peso corporeo vi può essere una considerevole variabilità nell’RMR che in parte è dovuta a differenze genetiche. E’ stato dimostrato che un basso RMR può essere un fattore di rischio per lo svilupparsi dell’obesità; infatti se consideriamo due individui dello stesso peso corporeo di cui uno ha un RMR più basso dell’altro, il primo ha una maggiore possibilità di divenire obeso rispetto all’altro [5]. E’ stato infatti dimostrato che alcuni soggetti obesi hanno un RMR minore di quello di soggetti con peso normale [5]. La TEF (effetto termico del cibo noto anche come ADS azione dinamico specifica degli alimenti) è l’aumento dell’RMR indotto dall’assunzione di cibo e spiega solo il 10% della spesa energetica giornaliera [9]. La TEF può essere suddivisa in due componenti: una componente "obbligatoria", cioè l'energia spesa per assorbire, metabolizzare e depositare i substrati (ATP necessario per la digestione, per l’assorbimento attraverso trasporti attivi e per l’attivazione ad esempio da glucosio a glucosio-6-P nella cellula prima di essere ossidati), ed una componente "regolatoria" con specifiche funzioni adattative [10, 11]. Sulla base dell’osservazione che la TEF è parzialmente ridotta in alcuni soggetti obesi [12], è stato suggerito che una diminuzione della TEF potesse essere una possibile causa dell’aumento di peso corporeo. Comunque le differenze individuali nella TEF possono spiegare solo piccole differenze nella spesa energetica giornaliera [5]. Questo implica che un minimo aumento del peso corporeo aumenterà la spesa energetica (RMR e attività fisica) e sarà sufficiente a bilanciare la diminuzione della TEF. Quindi la diminuita TEF non può spiegare un significativo grado di obesità [5]. L’attività fisica è la componente più variabile della spesa energetica giornaliera e può portare ad un significativo aumento della spesa energetica in soggetti molto attivi. La spesa energetica dell’attività fisica è quella necessaria per la contrazione muscolare volontaria (si può escludere la contrazione dei muscoli involontari come cuore, muscoli respiratori e la muscolatura liscia che circonda i vasi sanguigni: l’energia per questo tipo di contrazione è essenziale e rientra in quella obbligatoria). I soggetti si possono distinguere in base al loro livello di attività fisica in : allettati: soggetti che sono costretti a letto per patologie o condizioni fisiologiche come la gravidanza. In tal caso l’attività fisica contribuisce solo per il 5-10% alla spesa energetica giornaliera Sedentari: soggetti che cercano di evitare quanto più possibile qualsiasi sforzo fisico ed in questo caso l’attività fisica contribuisce per il 15% Soggetti normalmente attivi che svolgono una certa attività fisica ed anche sport a livello amatoriale. L’attività fisica in questo caso incide per il 30% Soggetti ad elevata attività fisica che svolgono lavori pesanti o sport a livello agonistico. Qui c’è la massima attività fisica. Tenendo presente che il diffondersi del fenomeno obesità negli anni è stato parallelo al diffondersi di uno stile di vita più sedentario, è stato ipotizzato che la riduzione dell'attività fisica potesse essere una causa dell'obesità. Tuttavia, anche se l'obesità è generalmente associata ad una diminuzione dell’attività fisica [13], il costo energetico di una data attività fisica è proporzionale al peso corporeo ed è quindi più alto negli individui obesi [14]. Così il più alto costo energetico può compensare il più basso livello di attività fisica. E’ inoltre difficile stabilire se la riduzione dell'attività fisica riscontrata nei soggetti obesi sia una causa o una conseguenza dell’obesità [5].
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Bilancio termico Il bilancio termico dell’organismo dipende dall’equilibrio dinamico tra le entrate e le uscite di calore. ENTRATE: PRODUZIONE INTERNA DI CALORE: derivante dal normale metabolismo e dalla contrazione muscolare Entrate esterne di calore: derivano dall’ambiente per irraggiamento o conduzione USCITE, perdita di calore (termodispersione): Irraggiamento conduzione Convenzione Evaporazione Lo studio dello scambio termico dell’uomo con l’ambiente esterno è fondamentale sia per la comprensione delle reazioni fisiologiche che per l’individuazione delle misure di prevenzione degli effetti indesiderati per l’organismo
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Meccanismi fisiologici di scambio di calore
IRRAGGIAMENTO: Tutti gli oggetti con una temperatura superiore allo zero assoluto emettono energia radiante (irraggiamento) con lunghezza d’onda nella porzione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Fonte di scambio di calore tra oggetti non a contatto. EVAPORAZIONE La conversione dell’acqua dallo stato liquido a quello gassoso consuma energia termica: di conseguenza quando l’acqua evapora dall’organismo agisce da sottrattore di calore che viene così eliminato dall’organismo. Anche in assenza di sudorazione attiva, l’evaporazione continua ad essere un meccanismo di dispersione termica (piccole quantità evaporano sempre dalle vie aeree e dalle mucose della bocca o attraverso la cute (perspirazione insensibile). La sudorazione invece consiste in una secrezione attiva e regolata di acqua da parte di ghiandole specializzate della pelle CONVEZIONE La conduzione del calore dalla pelle all’aria, o all’acqua, che stanno intorno può aumentare se aria o acqua sono in movimento. Questo fenomeno, chiamato convezione, aumenta la perdita di calore del corpo quando aria più fresca sostituisce quella che si è riscaldata in contatto con la pelle. Le correnti connettive dell’aria si formano sempre dove ci sia una differenza di temperatura nell’aria: l’aria calda sale e viene sostituita da aria più fredda. L’abbigliamentoimpedisce le correnti connettive, che sono invece aumentate per effetto del vento di un ventilatore , o del movimento del corpo nell’aria come quando si va in bicicletta (convezione forzata). MECCANISMI DI SCAMBIO TERMICO TRA CORPO E AMBIENTE IRRAGGIAMENTO: Tutti gli oggetti con una temperatura superiore allo zero assoluto emettono energia radiante (irraggiamento) con lunghezza d’onda nella porzione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Questa energia può essere assorbita da altri oggetti e costituisce il guadagno di calore per irraggiamento. IN questo modo viene scambiato calore fra oggetti non in diretto contatto, in funzione della temperatura superficiale di ciascun oggetto. Esempi tipici: Perdita di calore per irraggiamento dalla superficie cutanea verso oggetti più freddi, in un ambiente freddo Accumulo di calore nell’esposizione diretta della pelle al sole Lo scambio netto dipende dalla differenza fra la temperatura della pelle e la temperatura media di tutti gli oggetti che li circondano CONDUZIONE: è il trasferimento di calore sotto forma di energia cinetica delle molecole tra due oggetti che sono in contatto l’uno con l’altro (esempio mani ed acqua calda o in senso opposto mani e acqua fredda oppure verso sellino e manubrio): maggiore è la differenza di temperatura e più grande è lo scambio termico per conduzione fra l’oggetto più caldo e quello più freddo. CONVEZIONE La conduzione del calore dalla pelle all’aria, o all’acqua, che stanno intorno può aumentare se aria o acqua sono in movimento. Questo fenomeno, chiamato convezione, aumenta la perdita di calore del corpo quando aria più fresca sostituisce quella che si è riscaldata in contatto con la pelle. Le correnti connettive dell’aria si formano sempre dove ci sia una differenza di temperatura nell’aria: l’aria calda sale e viene sostituita da aria più fredda. L’abbigliamento che intrappola l’aria ed impedisce le correnti connettive, permette la conservazione del calore in vicinanza dell’organismo Questo tipo di dispersione termica può esser molto maggiore se la velocità dell’aria aumenta per effetto del vento, di un ventilatore , o del movimento del corpo nell’aria come quando si va in bicicletta (convezione forzata). La perdita di calore per convezione ad una determinata temperatura (fredda) dell’aria è proporzionale alla radice quadrata della velocità del vento. EVAPORAZIONE La conversione dell’acqua dallo stato liquido a quello gassoso consuma energia termica: di conseguenza quando l’acqua evapora dall’organismo agisce da sottrattore di calore che viene così eliminato dall’organismo. Nell’evaporazione dell’acqua dalla pelle o dalle vie aeree, si perdono circa 0,58 calorie per grammo di acqua evaporata. Anche in assenza di sudorazione attiva, l’evaporazione continua ad essere un meccanismo di dispersione termica (piccole quantità evaporano sempre dalle vie aeree e dalle mucose della bocca o attraverso la cute (perspirazione insensibile). La sudorazione invece consiste in una secrezione attiva e regolata di acqua da parte di ghiandole specializzate della pelle. Le perdite di calore per conduzione, convezione ed evaporazione vengono favorite dal flusso di massa dell’aria sul corpo come quelle determinate dal vento o da un ventilatore. L’effetto del vento sulla regolazione della temperatura corporea viene definito “fattore di raffreddamento da vento”. CONDUZIONE: è il trasferimento di calore sotto forma di energia cinetica delle molecole tra due oggetti che sono in contatto l’uno con l’altro Fattore di raffreddamento da vento
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Sistema di controllo a feedback negativo
IN questa situazione di continuo scambio di calore tra ambiente esterno ed organismo, come fa l’organismo a controllare la temperatura corporea interna? IN questa situazione di continuo scambio di calore tra ambiente esterno ed organismo, come fa l’organismo a controllare la temperatura corporea interna? Nell’uomo la temperatura interna è strettamente regolata attraverso un sistema di controllo a feedback negativo, che comprende sensori di temperatura, un controllore centrale e diversi effettori che modificano la velocità di accumulo e di dispersione del calore I sensori si trovano sulla pelle (termorecettori periferici: quelli per il freddo sono 10 volte più numerosi di quelli per il caldo) o all’interno del corpo (termorecettori profondi:a livello dell’ipotalamo, del midollo spinale, degli organi addominali e delle grandi vene). A livello dell’ipotalamo si integrano le informazioni sulla temperatura cutanea e su quella del nucleo, che è anche la temperatura dell’ipotalamo stesso. Sistema di controllo a feedback negativo
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Vasocostrizione e vasodilatazione
Dato che la temperatura del sangue arterioso è praticamente identica alla temperatura interna (37°C) ed il sangue trasporta bene il calore per convezione, i tessuti riccamente irrorati hanno sempre una temperatura vicina a quella del nucleo Dato che la temperatura del sangue arterioso è praticamente identica alla temperatura interna (37°C) ed il sangue trasporta bene il calore per convezione, i tessuti riccamente irrorati hanno sempre una temperatura vicina a quella del nucleo. Questo vale anche per la pelle: quando la circolazione cutanea è elevata, la temperatura della pelle si avvicina a quella del nucleo. Ma siccome la pelle è il principale tessuto a contatto con l’ambiente, variazioni del flusso ematico cutaneo modificano il gradiente termico fra pelle e ambiente, alterando lo scambio termico per conduzione, convezione ed irraggiamento. Di conseguenza il controllo del flusso ematico è la principale risposta regolatoria per la conservazione della temperatura interna. VASOCOSTRIZIONE In seguito ad una riduzione della temperatura ambientale (o interna), l’potalamo provoca una vasocostrizione cutanea simpatica. In questo modo si riduce il flusso di sangue caldo nella pelle e la temperatura può scendere a valori vicino a quelli ambientali. Rispetto alla situazione a caldo, la vasocostrizione a freddo riduce la parte del corpo mantenuta alla temperatura corporea (37°C).
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Nel momento in cui aumenta la temperatura esterna, l’ipotalamo risponde provocando la vasodilatazione: aumenta così il flusso ematico cutaneo e il sangue caldo che perfonde la cute ne aumenta la temperatura trasportando il calore per convezione dal nucleo del corpo alla periferia, facilitandone la dispersione per conduzione, convezione ed irraggiamento. Nel momento in cui aumenta la temperatura esterna, l’ipotalamo risponde provocando la vasodilatazione
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SUDORAZIONE Quando la temperatura interna e quella superficiale superano una determinata soglia, l’ipotalamo fa aumentare la scarica del simpatico alle ghiandole sudoripare, che producono una secrezione attiva di acqua nota come sudorazione: il glomerulo secretorio forma un filtrato privo di proteine, mentre la maggior parte degli elettroliti sono riassorbiti lungo il dotto escretore: si produce un sudore acquoso e diluito. La sudorazione inizia ad una temperatura ipotalamica critica e continua ad aumentare in maniera lineare con il salire della temperatura.
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Sudorazione La perdita di calore avviene solo se il sudore può evaporare sulla superficie cutanea La velocità dell’evaporazione dipende da: Umidità ambientale: il raffreddamento da evaporazione è lento negli ambienti umidi perché il sudore non evapora così rapidamente dalla superficie come in ambienti secchi. (Indice di calore: calore+ umidità) Movimento dell’aria sulla pelle (il movimento aumenta l’evaporazione anche il presenza di elevata umidità: utilità dei ventilatori nei climi caldo-umidi) In condizioni ottimali in 1 ora si possono perdere fino a 2 litri di acqua e quindi una notevole quantità di calore. Si devono reintegrare le perdite di acqua. Per quelle di elettroliti in genere sono compensate da dieta equilibrata
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Meccanismi fisiologici della termogenesi
TERMOGENESI ADATTATIVA E PROTEINA DISACCOPPIANTE UCP1=UNCOUPLING PROTEIN O TERMOGENINA Il meccanismo fisiologico della termogenesi non è ancora del tutto chiaro. Diversi meccanismi sono stati proposti ma il meccanismo meglio studiato è probabilmente il disaccoppiamento della respirazione mitocondriale nel tessuto adiposo bruno che come è noto ha un importante ruolo termogenico nei roditori.
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In rodents the brown adipose tissue (BAT) and the uncoupling
protein-1 (UCP1) are the main effectors of adaptative thermogenesis
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What is the brown adipocyte ?
Constitutes the BAT of rodents Multilocular, full of mitochondria Unique tissue to express mitochondrial uncoupling protein-1 (UCP1) Dissipates energy as heat Cinti. The Adipose Organ (1999)
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The uncoupling protein-1 (UCP1)
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L’UCP è una proteina di 32 Kd.
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BAT adaptative thermogenesis is under the control of the sympathetic nervous system
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BAT b3 UCP1 NE CIT (COLD INDUCED THERMOGENESIS)
and DIT (DIET INDUCED THERMOGENESIS) b3 b2 b1 lipase FFA UCP1
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Regolazione della spesa energetica: ruolo dell’ipotalamo e del SNS
Topi MC4R knockout: obesi POMC Attivazione POMC Da leptina LA SPESA ENERGETICA E’ REGOLATA DALL’IPOTALAMO La spesa energetica è regolata a livello cerebrale. Al cervello arrivano informazioni riguardo ad alterazioni della temperatura ambientale o della dieta e attraverso circuiti neurali, che sono attualmente oggetto di numerosi studi, attivano vie efferenti per controllare la spesa energetica. Quindi a livello cerebrale arrivano i segnali relativi a variazioni di dieta o di temperatura ambientale (freddo). La via che controlla la termogenesi adattativa (indotta dalla dieta o dalla temperatura) molto probabilmente coinvolge i neuroni del nucleo arcuato dell’ipotalamo che esprimono propriomelanocortina (POMC) che è processata in questi neuroni a ormone stimolante alfa-melanotropo (α-MSH). I neuroni POMC sono attivati dalla leptina e inviano le proprie proiezioni sia a neuroni che svolgono un ruolo centrale nel controllo autonomo (i nuclei paraventricolari dell’ipotalamo che controllano il flusso in uscita dal sistema nervoso autonomo), come anche inviano proiezioni ai neuroni simpatici pregangliari localizzati nella colonna laterale intermediale del midollo spinale. Il recettore MC4R (recettore della melanocortina 4) è probabilmente il mediatore degli effetti dell’ α-MSH nella termogenesi adattativa mediata dal sistema nervoso simpatico (indotta da dieta o da freddo). IN supporto a questa ipotesi, i topi che sono knockout per il gene dell’MC4R sono obesi ed hanno danneggiata la termogenesi adattativa indotta dalla dieta. La via collegata all’ α-MSH porta ad un aumento dell’attività delle terminazione nervose simpatiche che rilasciano norepinefrina che attiva i recettori β adrenergici. Questo provoca sugli adipociti bruni effetti sia acuti che cronici che promuovono l’aumento della termogenesi. RUOLO DEL SISTEMA NERVOSO SIMPATICO NELLA TERMOGENESI ADATTATIVA LA principale via EFFERENTE che regola la spesa energetica sembra essere quindi il SISTEMA NERVOSO SIMPATICO, che innerva ampiamente il principale tessuto termogenico bersaglio che è il TESSUTO ADIPOSO BRUNO. Infatti, animali trattati con vari agenti bloccanti il sistema nervoso simpatico (propranololo) come anche topi che mancano di norepinefrina e epinefrina perché sono knockout del gene dell’idrolasi beta della dopamina, hanno un danno nella funzionalità del tessuto adiposo bruno e non sono in grado di mantenere la temperatura corporea se esposti al freddo. Inoltre l’aggiunta di agonisti beta-adrenergici porta ad un marcato aumento della spesa energetica. Esistono tre recettori beta-adrenergici che mediano la termogenesi attivata dal simpatico, comunque la relativa importanza di questi 3 recettori non è nota. Merita un approfondimento il recettore beta3-adrenergico che è espresso esclusivamente negli adipociti bianchi e bruni dei roditori e negli adipociti bruni dell’uomo. Sono stati sviluppati legandi selettivi che hanno azione anti-obesità nei ratti. Lo sviluppo di tali agenti anche nell’uomo è problematico probabilmente perché nell’uomo ci sono pochi adipociti bruni e i recettori beta3 sono espressi negli adipociti bruni e non nei bianchi. TESSUTI TERMOGENICI BERSAGLIO DEL SISTEMA NERVOSO SIMPATICO (CONFRONTO TOPO-UOMO) Il tessuto adiposo bruno, con la sua elevata espressione di UCP1, è un importante mediatore della termogenesi regolata dal sistema nervoso simpatico nei roditori. Poiché nell’uomo ci sono relativamente pochi adipociti bruni, è stato suggerito che possano esistere altri tessuti bersaglio rilevanti per la termogenesi. Attualmente alcuni studi indicano il muscolo scheletrico come termogenico. Una parte significativa delle variazioni nella velocità metabolica tra uomini può essere spiegata da differenze nella spesa energetica del muscolo. Inoltre l’infusione di epinefrina causa nell’uomo un aumento del 25% della spesa energetica ed un aumento del consumo di ossigeno muscolare del 90%. Comunque la base molecolare della termogenesi nel muscolo scheletrico è attualmente poco nota. GENI TARGET NELLA TERMOGENESI ADATTATIVA A LIVELLO TISSUTALE (UCP1 E PGC1) DIETA E FREDDO Uomo: muscolo scheletrico
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What about humans? A classical BAT expressing UCP1 is present in the newborn babies. It unfortunately disappears in the adult humans There is therefore no hope of treating human obesity by acting on UCP1 mediated adaptative thermogenesis (?)
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TESSUTO ADIPOSO BRUNO NELL’UOMO?
È presente solo nel neonato e scompare dopo poche settimane Permane solo in alcune sedi quali il tessuto adiposo perirenale. Occasionalmente ricompare in uomini adulti (se malati di feocromocitoma, un tumore che secerne catecolamine, o se lavorano a temperature particolarmente fredde) E’ stato ipotizzato che la ricomparsa del BAT può essere dovuta o alla sopravvivenza di alcune adipociti bruni che possono essere stimolate a formare il BAT in condizioni di estrema stimolazione del simpatico, o che alcuni adipociti bianchi hanno la capacità di trasformarsi in adipociti bruni se stimolati adeguatamente. Rimane poco chiaro se il BAt possa contribuire alla termogenesi nell’uomo. STOCK (1992) ipotizzò che meno di 50g di BAT nell’uomo può contribuire per il 10-15% al turnover di energia nell’uomo. ASTRUP (1985) ipotizzò che nell’uomo potesse esser il muscolo scheletrico il maggiore responsabile della termogenesi indotta dalla norepinefrina. C’è ampia evidenza che la termogenesi non da brivido ha luogo nel muscolo scheletrico nei pesci, uccelli e mammiferi. IL meccanismo comunque non è ancora chiaro. Uno dei meccanismi suggeriti è quello che coinvolge il canale del calcio della rianodina. E’ stato suggerito che il ciclo del Ca tra citosol e reticolo sarcoplasmatico mediato dall’ATP possa essere una via di termogenesi nel muscolo scheletrico. La scoperta della proteina disaccoppiante UCP3 ed UCP2 presenti nel muscolo scheletrico l’una e l’altra ubiquitaria (tranne fegato) ha fatto ipotizzare che possano avere un ruolo disaccoppiante e termogenico.
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Saitto et al. 2007: da European Congress on Obesity, Budapest 22-25 Aprile 2007
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FATTORI DI RISCHIO DA MICROCLIMA
I rischi da microclima si presentano: Quando si lavora in ambienti troppo caldi o troppo freddi oppure quando il tasso di umidità dell’aria è inferiore o superiore al 40-60% Fattori di rischio più frequenti sono: Aria troppo secca Sbalzi termici eccessivi tra la temperatura esterna ed interna Correnti d’aria L’organismo umano deve mantenere sempre una costanza termica: variazioni della temperatura oltre i normali limiti determinano sofferenze delle principali funzioni fisiologiche con ripercussioni più o meno gravi sulle capacità lavorative e in condizioni estreme a manifestazioni patologiche. Il corpo umano deve difendersi dal calore assunto dall’ambiente o dal calore emanato per radiazione da oggetti con temperatura superiore alla propria (masse più calde, sole, suolo riscaldato ecc.) E’ chiaro quindi che la temperatura dell’aria e la presenza di masse radianti rivestono grande importanza nella valutazione del microclima.
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Danni più comuni sono: Malattie dell’apparato respiratorio (malattie da raffreddamento) Dolori muscolo-scheletrici o reumatici Diminuzione delle difese dell’organismo Ridotte prestazioni dell’individuo Peggiorare una condizione patologica preesistente
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INDICAZIONI PREVENTIVE
Uso di indumenti da lavoro adeguati alle condizioni climatiche Dotazioni di sistemi di riscaldamento, ventilazione o condizionamento, con provvedimenti tecnici automatici che controllino il tasso di umidità dell’aria Effettuazione di verifiche periodiche e regolare manutenzione degli impianti, con particolare attenzione alla pulizia dei filtri Introduzione di una organizzazione del lavoro che limiti la durata di permanenza del lavoratore negli ambienti troppo caldi o troppo freddi Rispetto di alcuni parametri microclimatici
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Parametri microclimatici da rispettare:
Numero adeguato di ricambi d’aria Temperatura interna invernale oscillante tra 18-20°C Umidità relativa invernale compresa tra 40-60% Temperatura interna estiva inferiore rispetto all’esterna, non più di 7°C Umidità relativa estiva compresa tra 40-50% Velocità dell’aria inferiore a 0,15m/sec
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Benessere termico È rappresentato da quelle condizioni in cui l’organismo riesce a mantenere l’equilibrio termico (omeotermia) senza l’intervento del sistema di termoregolazione propria
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Nella definizione di benessere termico intervengono numerosi fattori:
Fattori fisici ambientali Fattori soggettivi strettamenti legati all’individuo (valutabili tramite l’introduzione di un modello umano standard con caratteristiche prestabilite)
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Fattori fisici ambientali
Velocità dell’aria VA (m/s) (anemometri) Umidità relativa RH (%): è il rapporto percentuale tra la quantità di vapore acqueo presente nell’atmosfera ad una certa temperatura e la quantità necessaria per saturare l’atmosfera a quella stessa temperatura Temperatura dell’aria o di bulbo secco a ventilazione forzata (TA)=misurata da un bulbo asciutto non soggetto ad irraggiamento termico e sottoposto a ventilazione compresa tra 2 e 4 m/s): indicatore dello scambio termico per convezione Temperatura del bulbo umido a ventilazione forzata= misurata da un bulbo ricoperto da una mussola di cotone inumidita con acqua distillata a temperatura ambiente, non soggetta ad irraggiamento termico e sottoposto a ventilazione compresa tra 2 e 4 m/s): indicatore della capacità di scambio termico per evaporazione cutanea Temperatura del bulbo umido a ventilazione naturale= come la precedente ma risente della ventilazione naturale dell’ambiente Temperatura globotermometrica (di Vernon) bulbo posto al centro di una sfera di rame verniciata esternamente di nero opaco. La superficie metallica, riscaldata per irraggiamento, trasmette all’aria contenuta all’interno della sfera una quantità di calore proporzionale all’irraggiamento termico, alla T e alla velocità dell’aria Temperatura media radiante= è la media ponderata dei valori di temperatura in funzione della quale le pareti e gli oggetti presenti nell’ambiente emettono radiazione calorica.
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Fattori soggettivi Temperatura corporea interna
Vestiario indossato: la resistenza termica del vestiario viene espressa tramite una unità adimensionale (clo=clothing) Superficie corporea vestita Attività metabolica di base Attività fisica svolta Età Peso Acclimatazione Stato di salute
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INDICI PER VALUTARE I PARAMETRI MICROCLIMATICI
Indici di Fanger per valutare la sensazione soggettiva di benessere (dipendente dalla combinazione dei vari fattori ambientali: temperatura, umidità e velocità dell’aria) PMV= predicted mean vote: esprime un voto medio previsto per la sensazione di benessere termico (da +3 molto caldo a -3 molto freddo) PPD= predicted percentage disatisfied: è la percentuale prevista delle persone insoddisfatte. È correlato al PMV. Viene definito soggetto insoddisfatto quello che attribuisce all’ambiente in esame un valore del PMV pari a +/-3,+/-2 I criteri basati sugli indici sintetici permettono la valutazione dell’ambiente evitando la considerazione analitica delle numerose grandezze che determinano il microclima: l’indice infatti si sostituisce a queste e ne integra l’effetto sull’organismo umano.
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Altri parametri Temperatura operativa: temperatura uniforme di un ambiente virtuale in cui il complesso degli scambi termici tra il soggetto e l’ambiente è pari alla somma degli scambi termici per convezione e irraggiamento Temperatura di Comfort: temperatura che determinati il livello di attività, la resistenza termica del vestiario e l’umidità relativa, consente di realizzare il confort termico (PMV=0) Temperatura differenziale: la differenza tra le due precedenti ed esprime la quanittà di cui si deve modificare la TO per assicurare la condizione di benessere
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Valutazione del rischio
Ambienti moderati Ambienti severi (sia caldi che freddi)
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Microclima in ambienti moderati
Ambienti che impongono un moderato grado di intervento della termoregolazione corporea In tali ambienti è facilmente realizzata la condizione di omeotermia Condizioni ambientali omogenee o poco variabili nel tempo Assenza di scambi termici tra soggetto ed ambiente che abbiano effetti importanti sul bilancio termico Attività fisica modesta e omogenea per tutti i soggetti Uniformità del vestiario indossato Temperatura operativa:10-30°C ESEMPI: LAVORI IN UFFICI, attività caratterizzate da lavoro fisico leggero magari da seduti (assemblaggio di microelementi, attività di controllo ecc.)
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Microclima in ambienti caldi
Ambienti caratterizzati da un notevole intervento del sistema di termoregolazione Valori elevati di temperatura in relazione alle caratteristiche dell’attività svolta e del vestiario indossato dagli operatori Possibili alti valori di umidità relativa dell’aria e richiedenti una considerevole sudorazione al fine di conservare l’omeotermia Variabilità della temperatura e dell’umidità da postazione a postazione di lavoro Disuniformità del livello di impegno fisico richiesto e del vestiario indossato dagli operatori Temperatura operativa >30°C
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Malattie da alte temperature
Malattie generalizzate: Crampi di calore: spasmi muscolari dolorosi dovuti a squilibrio idrosalino per sudorazione eccessiva con conseguente perdita di acqua e cloruro di sodio (soggetti non acclimatati e lavoro intenso) Esaurimento da calore: debolezza, vertigine, nausea, cefalea, ipotensione, tachicardia dovuto a scarso apporto di liquidi e Sali minerali Colpo di calore: grave aumento della temperatura corporea per un blocco dei sistemi di regolazione (sono predisposti soggetti obesi, non acclimatati in seguito a prestazione lavorative molto impegnative) Colpo di sole: sindrome simile alla precedente dovuta all’esposizione diretta ai raggi solari (attività lavorativa intensa) Malattie localizzate: Ustioni: contatto diretto con corpi solidi, liquido o gassosi ad elevate temperature AMBIENTE DI LAVORO: siderurgia, miniere
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Prevenzione Ventilazione Raffreddamento Riduzione dell’umidità
Cabine climatizzate (in vicinanza di forni, laminatoi ecc) Schermi protettivi (superfici riflettenti) Tute protettive Selezione medica preventiva e controlli medici periodici Acclimatazione progressiva Igiene alimentare: pasti frequenti e facilmente digeribili, acqua a sufficienza e Sali minerali La prevenzione deve essere effettuata in tutte quelle situazioni in cui non possono essere variati i parametri microclimatici, sia per il tipo di lavorazione (siderurgia) sia per lo stesso ambiente di lavoro (miniere)
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Malattie da basse temperature
Orticaria da freddo: anomala reattività della cute, per vasodilatazione prolungata Assideramento:prolungata esposizione a freddo, abbassamento di temperatura corporea (<35) con progressiva riduzione delle funzioni vitali. Acrocianosi: è una dermatosi cronica, prevalente nel sesso femminile, dovute al rallentamento, dovuto al freddo della circolazione periferica per spasmi delle arteriole e atonia dei capillari con pelle cianotica ed edematosa Geloni: patologia delle estremità per alterazione del tono e della permeabilità vasale, tumefazione calda arrossata pruriginosa Piede da immersione: in acqua fredda (soggetti che per motivi lavorativi rimangono per lungo tempo in terreni acquitrinosi, laghi, fiume e mare) Congelamento:lesione circoscritta causata dalla costrizione arteriorale dovuta all’esposizione al freddo Soggetti predisposti; magri,, età avanzata, disfunzioni endocrine, cardiopatie, malattie renali, disturbi del circolo periferico Lavori all’aperto in clima rigido Industria alimentare: utilizzo di grandi frigoriferi, industria del ghiaccio, dei surgelati
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Prevenzione Indumenti protettivi Turni di lavoro ridotti
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Disturbi da rumore a carico di diversi organi ed apparati
· apparato cardiovascolare: aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa; · apparato gastroenterico: aumento della secrezione gastrica e della motilità gastrointestinale; · apparato respiratorio: aumento della frequenza respiratoria; · e inoltre: disturbi della visione, della sfera riproduttiva e del sistema immunitario.
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Disturbi da rumore a carico di diversi organi ed apparati
Inoltre l’inquinamento acustico è responsabile di disturbi della sfera psico-sociale: riduzione dell'efficienza e del rendimento lavorativo, soprattutto per attività di tipo intellettivo; interferenza sull'apprendimento scolastico; aumento dell'aggressività e difficoltà nella vita di relazione; peggioramento quali-quantitativo del sonno.
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Disturbi da rumore I disturbi da rumore aumentano proporzionalmente con il tempo di esposizione, si manifestano anche in assenza di percezione consapevole e il tempo di recupero per l'organismo umano è più lungo di quello di esposizione. I soggetti più sensibili a questo tipo di inquinamento sono, ancora una volta, bambini, anziani e degenti.
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La risposta dal punto di vista fisiologica è…
Il suono è l’effetto della vibrazione di un corpo elastico trasmessa in un mezzo fluido, generalemente l’aria, sotto forma di onte di rarefazione e compressione. Le vibrazioni che non producono una stimolazione acustica diretta vengono determinate infrasuoni o ultrasuoni. Il suono è l’effetto della vibrazione di un corpo elastico trasmessa in un mezzo fluido, generalemente l’aria, sotto forma di onde di rarefazione e compressione. “Se un albero cade nella foresta senza che nessuno lo senta, farà rumore?” La risposta dal punto di vista fisiologica è…
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Il suono è la nostra percezione dell’energia trasportata dalle onde sonore, che
Sono onde pressorie che alternano picchi di aria compressa ad avvallamenti In cui le molecole di area sono più rarefatte. I suoni rappresentano la nostra interpretazione di ampiezza, frequenza e durata Di tali onde.
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Caratterizzazione dei suoni
Altezza del suono (acuto o grave) è funzione della frequenza (onde per secondo o Hertz): Onde a bassa frequenza= suoni bassi o gravi (< 500 Hz) Onde ad alta frequenza= suoni alti o acuti (> 2000 Hz) Il nostro orecchio ha una maggiore sensibilità tra 1000 e 3000 Hz, mentre non avverte gli ultrasuoni (frequenze altissime) e agli infrasuoni (frequenze bassissime) Potenza o intensità è funzione della ampiezza dell’onda: misurato in decibel dB su una scala logaritmica Conversazione normale 60 dB 80 dB= possono provocare un danno recettoriale 120 dB=rischio immediato di danno all’udito (tipico concerto heavy metal) Timbro: espressione soggettiva della forma dell’onda sonora (stessa nota da diversi strumenti), differenza tra Suono, smorzamento regolare, cioè un timbro puro Rumore, smorzamento non regolare Il rumore può essere definito come un fenomeno acustico determinato da un’oscillazione elastica caratterizzati da frequenza ed intensità non costanti generanti sensazioni sgradevoli
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L’udito coinvolge la trasformazione dell’energia delle onde sonore in
Vibrazioni meccaniche Onde liquide Segnali chimici Potenziali d’azione
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Basse frequenze Suoni gravi Regione distale Suoni acuti
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Perdita dell’udito Sordità di conduzione:il suono non può essere trasmesso attraverso l’orecchio medio ed esterno (tappo di cerume nel canale uditivo, liquido nell’orecchio medio per una infenzione, traumi che impediscono vibrazione incudine, staffa o martello). Sordità neurosensoriale: danni all’orecchio interno, comprendenti la degenerazione delle cellule cigliate a seguito di rumori intensi Sordità centrale: lesione delle vie nervose
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RUMORI Qualsiasi stimolo acustico che venga avvertito come sgradevole e fastidioso e che per le sue caratteristiche di intesità, frequenza e durata possa risultare patogena per l’uomo Rumore di fondo=scarsa intensità Rumore continuo= intensità con variazioni tra 0 e 3 db (il più frequente negli ambienti di lavoro Rumore semicontinuo= oscillazione entro i 20 dB Rumore impulsivo=elevate intensità e breve durata (0,5 secondi) Rumore impulsivo ripetitivo= ripetizione periodica di picchi ad alta intensità
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DANNI UDITIVI DA RUMORE
Danni alle cellule ciliate dell’organo di Cori: Basse frequenze: cellule del giro apicale Alte frequenze: cellule del giro basale PATOGENESI: Le cellule vanno incontro ad un iniziale rigonfiamento Compaiono vescicolazioni Le ciglia vibratili tendono alla fusione Stadio avanzato: degenerazione delle cellule e sostituzione con un epitelio cubico monostratificato Infine anche le fibre nervose possono andare in degenerazione
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Danno uditivo da alte frequenze
In genere l’esposizione continuativa ai rumori determina un danno uditivo delle cellule acustiche situate vicino alla finestra ovale recettive alle alte frequenze. Tre ipotesi A questa frequenza si crea vortici che invertono la direzione dell’onda migrante provocando una ipereccitazione a cui segue la sofferenza delle cellule ciliate Per scarsa irrorazione ematica (maggiore sensibilità a stimolo meccanico) Il rumore industriale è prevalentemente collocato in queste bande sonore.
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Effetti dell’esposizione al rumore
Spostamento temporaneo della soglia uditiva (STS): in un soggetto normoudente si normalizza in un tempo breve: reazione di difesa e si esplica riducendo la rigidità delle ciglia e aumentandone l’inerzia in modo da innalzare la soglia. STS brevissimo :0.5 msec, in tutti i soggetti e non dipende da frequenza e intensità STS breve: 1-2 min è provocato da toni puri di bassa intensità STS o fatica uditiva fisiologica: da 2 min a 16 ore dopo l’esposizione al rumore: la sua gravità aumenta con l’aumento dell’intensità STS prolungato o fatica uditiva patologia: permane anche dopo le 16 ore ed è prodromico alla comparsa dello spostamento permanente della soglia uditiva qualora vi sia una nuova esposizione al rumore. SPOSTAMENTO PERMANENTE DELLA SOGLIA UDITIVA rappresenta l’instaurazione della ipoacusia da rumore
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Patologia acustica da rumore
Innalzamento temporaneo della soglia uditiva, presente solo durante l’esposizione al rumore Innalzamento permanente della soglia uditiva che interessa solo le alte frequenze: trauma acustico Innalzamento della soglia uditiva anche alle frequenze medio basse: ipoacusia (se diventa difficile anche la percezione della voce parlata si parla di socioacusia)
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Rumore di elevata intensità per breve tempo=innalzamento temporaneo della soglia uditiva
Rumore di intensità minore ma per un tempo prolungato è efficiente per ledere l’orecchio interno e portare all’ipoacusia
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Fattori interferenti con la comparsa del danno da rumore:
Sesso: minore nelle donne Età: soggetti esposti in età giovanile a rumori di elevata intensità Danni dell’orecchio medio: recettori nervosi resi più sensibili dalla flogosi dell’orecchio medio o farmaci Struttura della mastoide: maggiore o minore penumatizzazzione della mastoide Muscoli timpanici: paralisi dello stapedio Sostanze ototossiche (salicilati, antibiotici)
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Misura del rumore o fonometria
Valutare l’entità di rischio Individuare i correttivi più idonei a contenere l’immissione o la propagazione del rumore stesso Prendere i livelli medi sonori (tenendo conto che in un ambiente di lavoro i rumori presenti hanno una notevole variabilità temporale). Livello equivalente: è la media ponderata di misurazione effettuate in un arco di tempo.
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Prevenzione Prevenzione tecnologica: creare apparecchiature che producono quantità minima di rumore, manutenzione, opportuno distanziamento, perimentrare zona ad alta rumorisità Prevenzione igienica-ambientale: controllo periodico dell’entità dell’inquinamento sonoro. Adozione di mezzi di protezione ambientale (pannelli fotoassorbenti, incapsulamento delle fonti di rumore isolate) Prevenzione sul lavoratore: regolamentazione dei tempi di esposizione, mezzi di protezione individuali.
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Prevenzione dal danno da rumore
Limite massimo di esposizione al giorno > 115 possibile rottura della membrana del timpano
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PATOLOGIE EXTRAUDITIVE DA RUMORE
Stato di vigilanza e risposta di allarme: Aumento frequenza cardiaca Aumento frequenza respiratoria Aumento della secrezione e motilità gastrica Aumento adrenalina noradrenalina Risposta neurovegetativa (lenta) Effetti sul sistema cardiocircolatorio, respiratorio, gastrico Uno stimolo acustico, prima di raggiungere la corteccia cerebrale ed essere elaborato come sensazione sonora, raggiunge la sostanza reticolare dove partono due tipi di impulsi:verso la corteccia (deputati allo stato di vigilanza) e diretti all’ipotalamo funzionali a modulare la risposta generale allo stimolo sonoro. Uno stimolo acustico, prima di raggiungere la corteccia cerebrale ed essere elaborato come sensazione sonora, raggiunge la sostanza reticolare dove partono due tipi di impulsi:verso la corteccia (deputati allo stato di vigilanza) e diretti all’ipotalamo funzionali a modulare la risposta generale allo stimolo sonoro.
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Esposizioni a rumori di bassa frequenza (< 1000 Hz)
Esplicano azione su organi cavi (apparato digerente e cardiovascolare) in quanto percepiti dai pressocettori extra uditivi presenti su tali apparati Bradicardia e ipermotilità gastrica Categoria professionali Marittimi delle sale macchina Centri di elaborazione computerizzati (rumore continuo a bassa frequenza dovuto sia ai processori che ai sistemi di climatizzazione)
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Tipica dei suoni a percussione manuali o elettronici
Esposizione a rumori di bassa frequenza ed elevata intensità (<80 db) Tipica dei suoni a percussione manuali o elettronici Possono determinare rallentamento della risposta di allarme per un meccanismo di feedback negativo (secrezione di adrenalina che inibisce la ulteriore secrezione da parte dell’ipotalamo in caso di allarme) Categoria a rischio: disk jokei
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Rumori continui: caratteropatie di tipo impulsivo nel caso di alte frequenze e di tipo depressivo nel caso di basse frequenze Patologie da insufficiente sonorità ambientale: eccessiva insonorizzazione degli uffici (nevrosi di tipo ipocondriaco) Ultrasuoni: (frequenze > 20000Hz). Malattia da ultrasuoni (industria metalmeccanica):; cefalea, nausea, vomito e gastralgia Infrasuoni (frequenze < 20 Hz) motori di nave, sistemi di condizionamento, processori elettronici: torpore psichico, cefalea, senso di fatica
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