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UNIVERSITA’ DI ROMA “LA SAPIENZA”
FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Magistrale in Genetica e Biologia molecolare nella ricerca di base e biomedica IDENTIFICAZIONE DI NUOVI TARGET MOLECOLARI PER IL TRATTAMENTO DEI CARCINOMI PAPILLIFERI DELLA TIROIDE: STUDI IN VITRO Candidata: Maria Elena Lassandro Relatore: Prof.ssa Paola Del Porto Correlatore: Dott.ssa Anna Coppa
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CARCINOMI TIROIDEI 92% delle neoplasie endocrine
1-2% dei tumori maligni umani Colpisce più frequentemente le donne, 2-4:1 rispetto agli uomini Picco d’incidenza intorno a anni nelle donne e a anni negli uomini; raro al di sotto dei 16 anni Mortalità annua: 0,2-1,2/ negli uomini e tra 0,4-2,8/ nelle donne Fattori di rischio: predisposizione genetica, esposizione a radiazioni ionizzanti soprattutto in età infantile, preesistenza di patologie tiroidee quali gozzo, noduli benigni o malattie autoimmuni, fattori ormonali (es. gravidanza), fattori legati alla dieta ed un apporto alterato di iodio
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ISTOTIPI CARCINOMI TIROIDEI
Carcinoma Papillifero (80%) Differenziati Carcinoma Follicolare (15%) Derivati da cellule follicolari Non Differenziati Carcinoma Anaplastico (2%) Derivati da cellule parafollicolari Carcinoma Midollare (5%)
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IL CARCINOMA PAPILLIFERO
Istotipo più diffuso (80%) Evoluzione lenta Prognosi favorevole Maggiore incidenza nelle donne rispetto agli uomini (2.6-6 volte) Insorgenza più frequente tra i 30 e i 50 anni Può presentarsi con metastasi linfonodali Alterazioni genetiche: riarrangiamenti del protoncogene RET (15%), mutazioni dei geni BRAF (40%) e Ras (10%) Modificata da Nikiforov & Nikiforova, 2011
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BRAF BRAF V600E Membro della famiglia delle protein chinasi RAF
Regolatore chiave del pathway MAPK BRAF V600E Modificata da Lito et al., 2013 Mutazione più comune di BRAF (90%) Sostituzione di una timina con una adenina in posizione 1799 sostituzione di una valina con glutammina al codone 600 (V600E) Mutazione conferisce a BRAF un’attività chinasica basale molto alta iperattivazione via MAP chinasi deregolazione della crescita e della proliferazione cellulare Carcinomi papilliferi BRAF V600E hanno un atteggiamento più aggressivo, presentandosi in stadio avanzato alla diagnosi e potendo evolvere verso istotipi meno differenziati o anaplastici Lito et al., 2013
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TARGET THERAPY Sopravvivenza e crescita della cellula tumorale dipendono dal bersaglio molecolare Identificazione del bersaglio Azione inibitoria selettiva Multi-targeted therapies : terapie mirate in grado di agire contemporaneamente su più bersagli molecolari Inibitori protein-chinasi ‘’-inib’’: molecole in grado di legare le protein-chinasi alterate e inibire attività enzimatiche intracellulari Anticorpi monoclonali ‘’-umab’’: molecole che interferiscono con i recettori presenti sulla superficie cellulare
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Vemurafenib inibitore della serina-treonina chinasi BRAF V600E, capace di interagire e bloccare il dominio di BRAF coinvolto nel legame con ATP, bloccando l’attivazione costitutiva della via del segnale MEK/ERK. Approvato dalla FDA nel 2011 per pazienti con melanoma non resecabile o metastatico con mutazione BRAF V600E In modelli in vivo e in vitro di melanoma, il Vemurafenib causa una significativa regressione tumorale e inibizione della fosforilazione di MEK e ERK Bollag G. et al., 2012
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Sensibilità delle cellule di carcinoma papillifero al trattamento con Vemurafenib
BCPAP, BRAF V600E TPC1, BRAF wild type Concentrazione di Vemurafenib che induce effetto citostatico: 2 µM BCPAP: riduzione del livello di fosforilazione di ERK dopo 1h di trattamento, che gradualmente si recupera nelle 48h
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MECCANISMI DI RESISTENZA AGLI INIBITORI DI BRAF
Nel melanoma: aumentata espressione del gene codificante la chinasi COT, mutazioni della chinasi MEK1, mutazioni di NRAS, amplificazione o splicing alternativo del gene BRAF e aumento di espressione dei recettori con attività tirosin chinasica (RTK) Nel tumore del colon retto: attivazione di RAS e CRAF mediata dall’EGFR, amplificazione del gene HER2 Hertzman & Egyhazi ,2013
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EGFR come target per la terapia
Proteina transmembrana appartenente alla famiglia dei recettori di membrana tirosino-chinasi ErbB Ligando dimerizzazione recettore (omodimero o eterodimero) autofosforilazione residui tirosina dominio chinasico attivazione In differenti tumori si osserva amplificazione genica, iperespressione, mutazioni dell’EGFR attivazione anormale della segnalazione Panitumumab Anticorpo monoclonale totalmente umano della classe IgG2 Approvato dalla FDA nel 2006 per pazienti con carcinoma colorettale metastatico Inibisce l’attività dell’EGFR, bloccando il legame con i ligandi Soulières D. et al., 2010
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Correlazione tra il livello di espressione del recettore EGFR e la resistenza al Vemurafenib
La linea BCPAP (BRAF V600E), già in condizioni basali, presenta elevati livelli di espressione del recettore EGFR rispetto alle TPC-1 (BRAF wild-type), e tali livelli non vengono modificati dal trattamento con il Vemurafenib
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Risposta delle cellule di carcinoma papillifero tiroideo al trattamento con Vemurafenib e con Panitumumab Nelle BCPAP inibizione della proliferazione del 17% a 48h e del 15% a 72h Nessuna inibizione della proliferazione Nelle BCPAP inibizione della proliferazione del 20% a 48h e del 32% a 72h
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HER2 Trastuzumab Membro della famiglia dei recettori dell’EGF, ErbB
Attivazione mediante omodimerizzazione (HER2/HER2) o eterodimerizzazione (EGFR/HER2 e HER2/HER3) Amplificazione genica e iperespressione si osservano nei tumori alla mammella, nei carcinomi gastrici e nei tumori tiroidei Modificata da Pohlmann et al., 2009 Trastuzumab Anticorpo monoclonale umanizzato della classe IgG1 Approvato dalla FDA nel 1998 per il trattamento di tumori alla mammella che overesprimono HER2 Lega con elevata affinità il dominio IV nella regione extracellulare di HER2 bloccando la trasduzione del segnale Modificata da Baselga et al., 2009
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Effetto del Vemurafenib, del Trastuzumab e della loro combinazione sulla proliferazione delle cellule tiroidee Nelle BCPAP debole inibizione della proliferazione a 24h (15%) Nelle BCPAP inibizione del 13% a 48h e del 19% a 72h Nelle BCPAP inibizione del 16% a 48h e del 25% a 72h
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Effetto del trattamento sequenziale sulla proliferazione delle cellule tiroidee
Inibizione del 16% a 48h e del 25% a 72h Inibizione del 15% a 24h, del 32% a 48h e del 23% a 72h Inibizione del 45% a 72h
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CONCLUSIONI 1 Il nostro modello tiroideo mostra resistenza all’inibitore di BRAF V600E legata agli elevati livelli dell’EGFR che svolge un ruolo dominante Il trattamento combinato anti-BRAF V600E e anti-EGFR rappresenta un’efficace modalità di trattamento in grado di indurre una inibizione della proliferazione maggiore rispetto al monotrattamento con l’inibitore di BRAF V600E Il trattamento sequenziale con l’aggiunta a 48h dell’inibitore di HER2 determina un incremento della risposta rispetto ai trattamenti precedenti, indicando che inizialmente domina il pathway dell’EGFR e l’inibizione successiva di HER2 comporta un sinergismo della risposta
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RUOLO DELLO STRESS OSSIDATIVO NELLA CARCINOGENESI TIROIDEA
Stress ossidativo: squilibrio tra la produzione di ossidanti, ROS, e la loro eliminazione da parte dei sistemi di protezione antiossidanti dell’organismo I ROS a concentrazioni basse o moderate, svolgono un importante ruolo benefico in alcuni processi fisiologici; il loro eccessivo accumulo può causare danni a molecole e sistemi biologici Coinvolgimento dei ROS nella patogenesi del tumore tiroideo attraverso l’attivazione costitutiva dei pathway MAPK e PI3K/AKT Sistemi antiossidanti: la catalasi, la superossido dismutasi, la glutaredossina e le perossiredoxine
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SISTEMI DI DIFESA DAI ROS: LE PEROSSIREDOXINE
Sono perossidasi caratterizzate dalla presenza all’estremità N-terminale di una regione ricca in cisteine, che costituisce il sito attivo della proteina, capace di catalizzare la riduzione del H2O2 Sono divise in 3 classi in base a seconda dei residui cisteinici coinvolti nella reazione catalitica e della possibilità di formare ponti disolfuro inter o intramolecolari: 2-Cys PRDX tipiche: formano omodimeri attraverso un ponte di disolfuro intersubunità; 2-Cys PRDX atipiche: formano monomeri tramite un ponte di disolfuro intramolecolare; 1-Cys PRDX Tutte e tre le classi di Prx condividono lo stesso meccanismo catalitico di base, in cui il gruppo tiolo della cisteina (-SH) lega H2O2, si converte in acido sulfenico (-S-OH) e forma ponti disolfuro con altri gruppi tiolo (-S-S-). I ponti disolfuro sono generalmente ridotti dalle tioredoxine (Trx) o dalla glutatione perossidasi. Modificata da Barranco-Medina et al., 2009
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L’espressione delle Perossiredoxine è modulata da BRAF V600E
Nicolussi et al., 2014 Nella linea cellulare BCPAP, BRAF V600E, i livelli delle perossiredoxine PRDX1 e PRDX6 sono significativamente ridotti rispetto ai livelli espressi nella linea TPC1, BRAF wild-type.
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Effetto del Vemurafenib sull’espressione e l’attività delle perossiredoxine
A) Il trattamento con il Vemurafenib non ha causato variazioni nei livelli di espressione delle PRDX1 e PRDX6 B) L’espressione della PRDXSO3 aumenta con l’aumentare del tempo di esposizione al Vemurafenib
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CONCLUSIONI 2 Il trattamento con il Vemurafenib induce un incremento dello stress ossidativo all’interno delle cellule, che richiede un’aumentata attività delle perossiredoxine Le perossiredoxine potrebbero rappresentare promettenti target per la terapia molecolare in quanto la disattivazione dei meccanismi antiossidanti innesca la morte cellulare ROS-mediata
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