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Morfologia e funzioni narrative della fiaba e narratologia
Armando Rotondi Letteratura Italiana Università di Napoli “L’Orientale” a.a
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narratologia Analisi delle forme e delle strutture della narrazione
narratologia Analisi delle forme e delle strutture della narrazione. Il termine, introdotto da T. Todorov nel 1969, è usato per designare un indirizzo di studi critico-letterari di derivazione strutturalista. Come punto di partenza è generalmente assunta l’analisi condotta da V. Propp sulle «funzioni narrative» delle fiabe russe. Di qui, attraverso il contributo di linguisti, antropologi, teorici del cinema, sono partiti i tentativi di individuare un modello teorico universale delle strutture narrative ovvero una grammatica del racconto, che hanno conosciuto il massimo sviluppo in Francia negli anni 1960 (R. Barthes, A.J. Greimas, C. Bremond, T. Todorov). Nei decenni successivi alcuni studiosi (G. Genette, S. Chatman, G. Prince, M. Bal, P. Hamon) hanno cercato di fondare una teoria della narratività attraverso una maggiore attenzione alle modalità e alle tecniche della narrazione, recuperando anche indicazioni di romanzieri e teorici anglosassoni estranei alle scuole strutturaliste (H. James, E.M. Forster, P. Lubbock, W. Booth). Di particolare rilievo sono in Italia gli studi di C. Segre, M. Corti, D’A.S. Avalle, U. Eco. (Enciclopedia Treccani)
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Morfologia della fiaba
La Morfologia della Fiaba di Vladimir Jakovlevic Propp, pubblicata nel 1928 a Leningrado, costituisce l'opera più importante dedicata alla struttura del racconto fiabesco. Secondo Propp, è possibile un'analisi delle forme della fiaba "con la medesima precisione con la quale viene elaborata la morfologia delle formazioni organiche. E se questa affermazione non può riferirsi alla fiaba nel suo insieme, in tutto il suo insieme, è possibile tuttavia accettarla per i racconti di magia, e cioè per le fiabe nel senso proprio della parola".
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Morfologia della fiaba
L'analisi morfologica di Propp dimostra che, nonostante i personaggi della fiaba possano essere diversissimi, le loro funzioni sono assi poco numerose, dove per funzione si intende "l'atto del personaggio, ben determinato dal punto di vista della sua importanza per il decorso dell'azione". In base allo studio dettagliato di un centinaio di fiabe tratte dalla raccolta di Afanas'ev, Propp enuncia quattro tesi fondamentali: 1. "Gli elementi costanti, stabili, della fiaba sono le funzioni dei personaggi, indipendentemente da chi essi siano e in che modo le assolvano. Esse costituiscono i componenti fondamentali della fiaba". 2. "Il numero delle funzioni proprie del racconto di magia è limitato". In totale, le funzioni individuate da Propp, sono infatti solamente 31. 3. "La successione delle funzioni è sempre la stessa". Anche se poche fiabe contengono tutte le funzioni, ciò non infirma la legge della successione. 4. "Tutte le fiabe, per struttura, sono monotipiche"; ovvero rappresentano innumerevoli variazioni di una serie unica per tutte le fiabe.
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Morfologia della fiaba
Lo schema generale di una fiaba, secondo Propp, è il seguente: Equilibrio iniziale (esordio); Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione); Peripezie dell'eroe; Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione)
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Morfologia della fiaba
Ogni fiaba comincia con una certa situazione iniziale, in cui vengono elencati i membri della famiglia o semplicemente viene introdotto il futuro eroe. A alla situazione iniziale seguono 7 funzioni preparatorie. FUNZIONI PREPARATORIE e. allontanamento: I. Uno dei membri della famiglia si allontana da casa. q. proibizione: II. All'eroe viene fatta una proibizione. b. violazione: III. La proibizione viene violata. v. investigazione: IV. Il cattivo tenta di eseguire un'investigazione. w. delazione: V. Al cattivo vengono date notizie sulla vittima. g. perfidia: VI. Il cattivo tenta di ingannare la sua vittima per impossessarsene o per impadronirsi dei suoi beni. j. complicità: VII. La vittima cade nel tranello ed aiuta involontariamente il nemico. Oppure: x. sciagura preliminare: VII a. La vittima soggiace al patto fraudolento.
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Morfologia della fiaba
ESORDIO A questo punto inizia l'azione vera e propria, che parte sempre da un danneggiamento o da una mancanza e comprende 4 funzioni: A. Danneggiamento: VIII. Il cattivo arreca un danno o una lesione a uno dei membri della famiglia. Oppure: a. Mancanza: VIII a. Ad uno dei membri della famiglia manca qualcosa; egli desidera avere qualcosa. B. Momento di connessione: IX. Si verifica la sciagura o la mancanza; l’eroe riceve un ordine o un invito, viene inviato o lasciato andare. C. Reazione incipiente: X. Il ricercatore acconsente o decide di reagire. (questa funzione vale solo per gli eroi "ricercatori" e non per gli eroi che "subiscono", cioè che vengono scacciati, stregati, uccisi, ecc.) Partenza: XI. L’eroe abbandona la casa.
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Morfologia della fiaba
OTTENIMENTO DEL MEZZO MAGICO Interviene ora nel racconto un nuovo personaggio: il donatore, da cui l'eroe otterrà un oggetto magico o un aiutante. Questa sezione comprende 3 funzioni: D. Prima funzione del Donatore: XII. L’eroe viene messo alla prova, esaminato, aggredito, ecc., in preparazione al conseguimento dell’oggetto o dell’aiutante magico. G. Reazione dell’Eroe: XIII. L’eroe reagisce (positivamente o negativamente) alle azioni del futuro donatore. Z. Ottenimento del mezzo magico: XIV. L’eroe riesce (o non riesce) ad entrare in possesso del mezzo magico.
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Morfologia della fiaba
ACME DELLA FIABA Col trasferimento dell'eroe nel luogo delle sue ricerche la fiaba raggiunge il suo acme: qui avverrà il combattimento con il cattivo o antagonista e sarà posto rimedio al danno o alla mancanza iniziale. Questa sezione comprende 5 funzioni: R. Trasferimento sul luogo di destinazione: XV. L’eroe si dirige, raggiunge o viene portato sul luogo in cui si trova l’oggetto della sua ricerca. Q. Lotta col Cattivo: XVI. L’eroe e il cattivo si battono in uno scontro diretto. K. Marchiatura dell’Eroe: XVII. Imprimono un marchio all’eroe. M. Vittoria sul Cattivo: XVIII. Il cattivo è vinto. L. Liquidazione del danno o della mancanza: XIX. Viene posto riparo alla sciagura iniziale o viene eliminata la mancanza iniziale.
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Morfologia della fiaba
PRIMA CONCLUSIONE L'eroe ritorna a casa e, nel viaggio di ritorno, sfugge alla persecuzione del cattivo oppure dei suoi familiari o aiutanti. Questa sezione comprende 3 funzioni: Ritorno dell’Eroe: XX. L’eroe ritorna. Pr. Persecuzione dell’Eroe: XXI. L’eroe viene perseguitato. Sp. Salvataggio dell’Eroe: XXII. L’eroe scampa alla persecuzione. Alcune fiabe si concludono qui (e possono saltare direttamente all'ultima funzione: C*: Nozze). In caso contrario, la fiaba obbliga l'eroe a subire un nuovo A. Danneggiamento. Ogni danneggiamento dà luogo ad un nuovo "passo" della fiaba. Se il danneggiamento è operato dallo stesso cattivo, il secondo passo ripercorre le stesse funzioni del primo; se il danneggiamento è operato da cattivi diversi (ad es. i fratelli dell'eroe), si ripetono le funzioni da A fino a R, poi la fiaba segue uno sviluppo diverso, con nuove funzioni. Seguendo quest'ultimo caso, abbiamo quindi:
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Morfologia della fiaba
NUOVO ESORDIO A. Nuovo danneggiamento: VIII bis. I fratelli rubano il bottino dell’eroe (e lo gettano nel precipizio). [B manca] C. Nuova reazione incipiente: X bis. L’eroe reagisce. Nuova partenza: XI bis. L’eroe riprende la ricerca. NUOVO OTTENIMENTO DEL MEZZO MAGICO D. Nuovo incontro col Donatore: XII bis. L’eroe deve affrontare di nuovo le vicissitudini che lo condurranno ad ottenere il mezzo magico. G. Nuova reazione dell’Eroe: XIII bis. L’eroe reagisce nuovamente all’azione del futuro donatore. Z. Nuovo ottenimento del mezzo magico: XIV bis. Un nuovo mezzo magico è messo a disposizione dell’eroe.
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Morfologia della fiaba
NUOVO ACME DELLA FIABA R. Nuovo trasferimento sul luogo di destinazione: XV bis. L’eroe si dirige, raggiunge o viene portato sul luogo in cui si trova l’oggetto della sua ricerca (solitamente alla sua casa). Da questo punto in poi si presentano 6 funzioni nuove: °. Arrivo in incognito: XXIII. L’eroe, non riconosciuto, arriva a casa o in un altro paese. F. Pretese del Falso Eroe: XXIV. Il falso eroe avanza pretese infondate. S. Compito difficile: XXV. All’eroe viene affidato un difficile compito. P. Assolvimento del compito: XXVI. Il compito è assolto. Y. Riconoscimento dell’Eroe: XXVII. L’eroe è riconosciuto. O. Smascheramento del Falso Eroe: XXVIII. Il falso eroe o il cattivo è smascherato. SECONDA ED ULTIMA CONCLUSIONE Comprende 3 funzioni nuove: T. Trasfigurazione: XXIX. L’eroe assume un nuovo aspetto. H. Punizione del Falso Eroe o del Cattivo: XXX. Il Cattivo è punito. C*. Nozze e Incoronazione: XXXI. L’eroe si sposa e viene proclamato re.
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Morfologia della fiaba
Propp è anche giunto alla conclusione che tutti i caratteri delle cento fiabe popolari russe analizzate possono essere racchiusi all’interno di otto (sette a seconda delle classificazioni) categorie di personaggi-tipo. L’antagonista: colui che lotta contro l’eroe. Il mandante: il personaggio che esplicita la mancanza e manda via l’eroe. L’aiutante (magico): la persona che aiuta l’eroe nella sua ricerca. La principessa o il premio: l’eroe si rende degno di lei nel corso della storia, ma è impossibilitato a sposarla per via di una serie di ingiustizie, generalmente causate dall’antagonista. Il viaggio dell’eroe spesso termina quando riesce finalmente a sposare la principessa, sconfiggendo il nemico. Il padre di lei: colui che fornisce gli incarichi all’eroe, identifica il falso eroe e celebra poi il matrimonio. Propp ha notato che per quanto riguarda la loro funzione, la principessa ed il padre spesso non sono chiaramente distinguibili. Il donatore: il personaggio che prepara l’eroe o gli fornisce l’oggetto magico. L’Eroe o la vittima/il ricercatore: colui che reagisce al donatore, sposa la principessa. Il falso eroe: la persona che si prende il merito delle azioni dell’eroe o cerca di sposare la principessa.
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Tra i vari studiosi che hanno approfondito e rielaborato il lavoro di Propp c’è A.J. Greimas, fondatore dell’analisi semiotica narrativa. Egli semplifica lo schema delle sfere d’azione di Propp rinominando attanti i personaggi (sostituendo le categorie individuate da Propp con soggetto, oppositore, destinante, aiutante e oggetto di valore). La rielaborazione dello studio di Propp porterà Greimas ad elaborare lo schema narrativo canonico.
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Greimas Alle 31 funzioni proppiane, l'autore aveva sostituito cinque gruppi di funzioni (A = Contratto, F = Scontro, C = Comunicazione, p = presenza, d = spostamento) e, alle sfere d'azione, sei «attanti» (Destinante, Destinatario, Oggetto, Soggetto, Aiutante, Oppositore). Il passo ulteriore è stato quello, negli anni settanta, di sostituire anche alle tre prove («qualificante», «principale», «glorificante») qualcosa di più generale, che potesse essere applicato cioè ad universi narrativi diversi da quello della fiaba. Si è giunti così allo Schema Narrativo Canonico articolato in quattro fasi: La Manipolazione (cfr. le funzioni contrattuali dello schema precedente), in cui il Destinante convince in qualche modo il Soggetto circa l'opportunità di intraprendere un determinato programma narrativo. La Competenza (di problematica corrispondenza con gli elementi dello schema precedente ma grosso modo attinente alla prova qualificante), che corrisponde all'equipaggiamento modale" (volere, dovere, sapere, potere) del soggetto, in riferimento al programma da compiere. La Performanza, o fase trasformativa per eccellenza, cioè l'azione del Soggetto che trasforma gli stati di cose (vedi, nello schema precedente, le funzioni F, di scontro). La Sanzione, che è il segmento finale di una narrazione, quando il Destinante giudica se l'opera compiuta dal Soggetto è conforme o meno al contratto iniziale (e coincide in parte con prova glorificante).
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Gérard Genette Il complesso delle opere di critica di Gérard Genette pongono le basi della moderna analisi narratologica. Discours du récit, testo pubblicato nel 1972, in cui lo studioso definisce numerosi aspetti della narratologia, circoscrivendone le maggiori problematiche.
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Genette Il primo aspetto trattato è la nozione di racconto. Secondo Genette, esso racchiude nell'uso comune tre significati distinti: 1. Racconto come enunciato narrativo. È l'accezione più utilizzata del termine, secondo cui il racconto «designa l'enunciato narrativo, il discorso orale o scritto che assume la relazione di un avvenimento o di una serie di avvenimenti: così si chiamerà racconto d'Ulisse il discorso tenuto dall'eroe nei canti dall'IX al XII dell'Odissea, e dunque questi stessi quattro canti, cioè il segmento del testo omerico che pretende esserne la trascrizione fedele». Questa accezione del termine viene chiamata in maniera appropriata "racconto" da Genette. 2. Racconto come contenuto di avvenimenti dell'enunciato narrativo. Il racconto designa la successione di avvenimenti, reali o fittizi, che fanno l'oggetto del discorso narrativo e le loro diverse relazioni di concatenamento, opposizione, ripetizione, ecc. Secondo questa definizione, l' "analisi del racconto" è «lo studio di un insieme di azioni e di situazioni considerate in se stesse, fattane astrazione del loro canale mediatico, linguistico o altro, che ce ne dà conoscenza: ossia, nel nostro caso, le avventure vissute da Ulisse dalla caduta di Troia fino al suo arrivo da Calipso». Questa accezione del termine viene chiamata in maniera appropriata "storia" da Genette. 3. Racconto come enunciazione narrativa. Il "racconto" designa qui un avvenimento: «però non quello che si racconta, ma quello che consiste nel fatto che qualcuno racconta qualcosa: l'atto del narrare preso in se stesso». Questa accezione del termine viene chiamata in maniera appropriata "narrazione" da Genette.
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Genette L'analisi della storia e della narrazione, così come le intende lo studioso, non possono quindi derivare che dall'analisi del racconto. Ogni analisi testuale è dunque essenzialmente «l'analisi delle relazioni tra racconto e storia, tra racconto e narrazione, e (...) tra storia e narrazione». Tra i maggiori problemi che si devono affrontare nello studio del racconto si trovano i problemi legati alla coordinata temporale. Essi si dividono in tre categorie (cfr. Todorov, "Littérature et signification", 1967; "Qu'est-ce que le structuralisme", 1968), tutte riconducibili alla sfera dei tempi verbali: questioni di tempo, questioni di modo e questioni divoce. Le questioni di tempo riguardano tutte le relazioni temporali tra la storia (o diegesi) e il racconto (cioè il discorso narrativo). Si trovano in questa categoria, ad esempio, tutti i casi in cui un segmento "anteriore" della storia è preso in conto "dopo" nel racconto, oppure in tutti quei casi dove un numero considerevole di anni della vita del protagonista sono riassunti in una singola frase narrativa. Le questioni di modo riguardano le modalità (forme e gradi) della "rappresentazione" narrativa, ad esempio nel caso di una narrazione più o meno dettagliata, o che si svolge attraverso tale o tal'altro punto di vista. Le questioni di voce riguardano la maniera in cui l'istanza narrativa (colui che racconta) si trova espressa nella narrazione, ad esempio la situazione in cui si trova l'istanza narrativa rispetto al contenuto della narrazione.
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Tempo Il rapporto tra tempo della storia e tempo del racconto appartengono alle problematiche legate al tempo. Genette propone di studiarle seguendo tre determinazioni essenziali: 1. i rapporti tra l'ordine temporale della successione degli avvenimenti nella diegesi (o storia) e l'ordine temporale della loro disposizione nel racconto; 2. i rapporti tra la durata variabile dei segmenti dietetici e la pseudo-durata della loro relazione nel racconto (cioè la lunghezza del testo); 3. i rapporti di frequenza, cioè le relazioni tra le capacità di ripetizione della storia e quelle del racconto.
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Tempo «Studiare l'ordine temporale di un racconto, è confrontare l'ordine di disposizione degli eventi o segmenti temporali nel discorso narrativo con quello di successione di quegli stessi eventi o segmenti temporali nella storia, dal momento in cui esso è implicitamente indicato dal racconto, o che lo si può inferire da tale o tale indizio indiretto».
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Tempo In qualsiasi testo (tranne in casi estremi di sperimentazione, come il "Nouveau roman") ogni discordanza temporale tra l'ordine della storia e quello del racconto è essenziale al testo narrativo, e ne costituisce un carattere strutturale. Genette chiama questo fenomeno narrativo anacronia. Esistono due tipi fondamentali di anacronia: - la prolessi: ogni processo narrativo che consiste nel far precedere un elemento che nella storia si trova dopo; il racconto anticipa sulla storia. Esempio: "Il principe, che un giorno sarebbe diventato re, cresceva a quel tempo sereno". - l'analessi: ogni processo narrativo che consiste nel far seguire un elemento che nella storia è anteriore; il racconto torna indietro rispetto alla storia. Esempio: "Il re, che un tempo era un principe sereno, aveva da far fronte a tanti problemi di governo".
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Tempo: durata Più che di "durata" di un racconto parliamo di velocità di un racconto. "il rapporto tra la durata della storia, misurata in secondi, minuti, ore, giorni, mesi e anni, e una lunghezza: quella del testo, misurata in righe e in pagine". Da questo punto di vista, possiamo chiamare isocrono quel racconto ideale (praticamente inesistente) che abbia una velocità "uguale", cioè che abbia un rapporto tra durata della storia e lunghezza del racconto sempre costante. È possibile rendere conto di tutte le variazioni di velocità di un racconto (anisocronie) TR > TS (TR maggiore di TS): pausa nella narrazione TR = TS (TR uguale a TS): scena (spesso dialogata) TR < TS (TR minore di TS): riassunto TR << TS (TR molto minore di TS): ellissi
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Tempo: frequenza La frequenza riguarda le relazioni tra le capacità di ripetizione degli eventi narrati (della storia) degli enunciati narrativi (del racconto). Ci sono: 1. racconti che narrano 1 volta quello che è accaduto 1 volta (1R/1S) --> racconto singolativo 2. racconti che narrano n volte quello che è accaduto n volte (nR/nS) --> racconto anaforico 3. racconti che narrano n volte quello che è accaduto 1 volta (nR/1S) --> racconto ripetitivo 4. racconti che narrano 1 volta quello che è accaduto n volta (1R/nS) --> racconto iterativo Esempi: 1. "Ieri sono andato a letto di buon'ora" 2. "Lunedì sono andato a letto di buon'ora, martedì sono andato a letto di buon'ora, ecc." 3. "Ieri sono andato a letto di buon'ora, ieri sono andato a letto di buon'ora, ecc." 4. "A lungo sono andato a letto di buon'ora" Tradizionalmente, il racconto singolativo predomina sul racconto iterativo.
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Modo Il "modo" del racconto, per analogia col "modo" verbale, riguarda le variazioni che intervengono nella regolazione dell'informazione narrativa: si può raccontare più o meno qualcosa, e raccontarlo a partire da tale o talaltro punto di vista. In altre parole, nella narrazione si possono fornire più o meno dettagli, e fornirli attraverso istanze narrative differenti (narratore interno, esterno, focalizzato, ecc.) Perciò, la distanza e la prospettiva sono due elementi fondamentali del modo del racconto.
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Modo: focalizzazione racconto a focalizzazione zero (narratore > personaggio) racconto a focalizzazione interna (narratore = personaggio) racconto a focalizzazione esterna (narratore < personaggio)
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Voce Si trovano sotto questa categoria tutti i problemi che riguardano i rapporti tra storia e narrazione e tra racconto e narrazione. Innanzitutto, occorre determinare qual è la posizione temporale della voce (cioè dell'istanza narrativa) nella storia. Essa può essere: 1. ulteriore: posizione classica del racconto al passato 2. anteriore: racconto predittivo, generalmente al futuro 3. simultanea: racconto al presente contemporaneo dell'azione 4. intercalata: per es. nel racconto epistolare a più mani, in funzione della progressione dei momenti dell'azione Si deve distinguere tra livelli narrativi diversi nel momento in cui si opera una variazione del grado della diegesi (per esempio nel caso di racconti nel racconto, come nelle "Mille e una notte"): il livello diegetico (racconto primario) e ilivelli metadiegetici (racconti secondari). A questi livelli si deve aggiungere anche il concetto di livello extradiegetico, come il livello che si trova ad occupare ogni diegesi nel momento in cui contiene altri livelli metadiegetici.
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Voce Le relazioni tra diegesi e metadiegesi sono, secondo Genette, di tre tipi: 1. esplicativa (la metadiegesi funge da spiegazione per un elemento delle diegesi) 2. tematica (non vi è nessuna continuità spazio-temporale tra i due termini, ma solo una continuità tematica) 3. strutturale (non vi è nessun legame, né spazio-temporale né tematico, ma solo strutturale in quanto un testo è "fisicamente" inserito nell'altro) Il passaggio da un sistema dietetico all'altro si chiama metalessi. Questo procedimento è molto più diffuso nella modernità, dove talvolta gli scarti tra diversi livelli della diegesi diventano il soggetto stesso della narrazione. Un esempio è "Jacques le fataliste" di Denis Diderot ( ): in questo romanzo, si narra della conversazione tra Jacques e il suo padrone i quali, incontratisi per caso, vanno alla ventura a cavallo. Viaggiando, Jacques intrattiene il suo padrone col racconto dei suoi amori, ma viene continuamente interrotto da singolari contrattempi, dagli interventi del padrone, dalle digressioni dello stesso Jacques e persino dalle intromissioni del narratore esterno, facente le veci di Diderot.
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