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Gabriele d’Annunzio (Pescara 1863 – Vittoriale 1938)
Riferimenti biografici Famiglia e collegio A Roma, a Roma… Dalla “splendida miseria”… …al fasto principesco In esilio Il poeta soldato Nella cittadella del principe Donne e Muse 56 anni di amori / 1-2-3 Opere e poetica Narrativa e poesia 1-2 Poetiche dannunziane I.I.S. “Carlo Urbani” – Ostia A cura del prof. Luigi O. Rintallo
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Gabriele d’Annunzio Riferimenti biografici
Famiglia e collegio Il 12 marzo 1863 nasce a Pescara da Francesco Paolo e da Luisa De Benedictis. Il padre, proveniente da modesta famiglia abruzzese, faceva di cognome Rapagnetta, ma quando ancora bambino fu adottato da uno zio – Antonio d’Annunzio, facoltoso possidente – Francesco Paolo ne assunse il cognome. La madre apparteneva ad una ricca famiglia di Ortona. D’A. è il primo maschio dopo le due sorelle Anna (1859) ed Elvira (1861); la coppia avrà poi altri due figli: Ernestina (1865) e Antonio (1867). La famiglia di d’A. può vivere di rendita, grazie ai possedimenti ereditati dallo zio Antonio. Francesco Paolo fa il signorotto e non cura molto il patrimonio, portato com’è a sperperarlo in facili avventure. Da bambino d’A. comincia i primi studi con le sorelle Ermeneglida e Adele Del Gado, che gestiscono una sorta di asilo privato. Avrà in seguito altri precettori privati: Eliseo Morico, don Filippo de Titta e Giovanni Sisto. Nel 1874, il padre lo iscrive al Reale collegio “Cicognini” di Prato. D’A. avrà così modo di venire in contatto coi figli della migliore borghesia italiana. Nonostante alcuni episodi di indisciplina, si distingue per il profitto tanto che nel 1878 salta il quinto ginnasio per passare in anticipo al primo liceo. Esordisce come poeta nel 1879 con l’ode al re Umberto I. A dicembre dello stesso anno esce la prima raccolta di poesie: Primo Vere. D’ispirazione carducciana sono ben accolte dalla critica. Corretta “con penna e fuoco” ripubblica Primo Vere nel maggio D’A. ricorre a un espediente per fare pubblicità al nuovo testo: diffonde ai giornali la notizia falsa della sua morte per una caduta da cavallo. Subito dopo, con la smentita, annuncia la pubblicazione della seconda edizione dell’opera. Diciottenne, consegue nel 1881 la “licenza liceale con onore” e trascorre l’estate a Francavilla dove costituisce un cenacolo cogli amici Francesco Paolo Michetti e Paolo Tosti. A novembre si trasferisce a Roma per frequentare l’Università.
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Gabriele d’Annunzio Riferimenti biografici
A Roma, a Roma… A Roma, dove risiede in una soffitta di via Borgognona, anziché seguire le lezioni, d’A. si preoccupa innanzi tutto di affermarsi come scrittore. Collabora con poesie, novelle e articoli alle riviste romane (“Capitan Fracassa”, “Cronaca Bizantina”, “Fanfulla della Domenica”) e conosce intellettuali ben inseriti nei salotti della capitale, come Edoardo Scarfoglio e Cesare Pascarella. Presso l’editore Angelo Sommaruga pubblica nel 1882 la raccolta di rime Canto novo, dedicato a Elda Zucconi conosciuta in collegio. Segue, nello stesso anno, l’uscita del primo libro di prose: Terra vergine, di stampo verista e ambientazione abruzzese. Nei dieci anni che vive a Roma d’A. si sposa, frequenta salotti e modella il suo personaggio di intellettuale decadente. Il matrimonio con la minorenne Maria Hardouin, esito del “peccato di maggio” 1883, lo costringe a vivere in Abruzzo sino a novembre 1884 perché il suo reddito non gli permette di mantenere altrimenti la famiglia. In questo periodo escono comunque Intermezzo di rime e la raccolta di novelle Il libro delle vergini, la cui pubblicazione porta alla rottura con l’editore Sommaruga per via della “infame” illustrazione di copertina. Al rientro a Roma ottiene, tramite la suocera, un posto da redattore fisso a “La Tribuna” dove si occupa di mondanità, utilizzando vari pseudonimi (Duca Minimo, Lila Biscuit ecc.). Prose e poesie, che riflettono la vita che conduce, confluiscono rispettivamente nelle novelle di San Pantaleone e nei versi di Isaotta Gauttadàuro del Nell’estate successiva parte col cutter di Adolfo De Bosis per una crociera nell’Adriatico: rischiato il naufragio fa sosta a Venezia dove è raggiunto dall’amante Barbara Leoni. Nel 1888 pubblica L’Armata d’Italia, raccolta di articoli sulla Marina italiana; nello stesso anno cessa di collaborare alla “Tribuna” e in luglio è ospite del “Convento” dell’amico Michetti a Francavilla, dove porta a termine il suo primo romanzo: Il Piacere, che esce nel maggio In estate lavora all’ Invincibile, un nuovo romanzo che sarà poi Il Trionfo della morte. Interrompe per il servizio militare nei Cavalleggeri di Alessandria, accasermati a Roma al Macao che termina a novembre 1890.
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Dalla “splendida miseria”… Trasferitosi in un ampio locale di Via Gregoriana 6, lo arreda fastosamente incrementando la sua fama di dandy. Lavora intanto a un nuovo romanzo, Giovanni Episcopo, che esce in tre puntate sulla “Nuova Antologia”. La vita che conduce e le spese sostenute lo espongono ai creditori, cosicché nel marzo 1891 è costretto a lasciare Roma, dove i suoi beni sono sottoposti a sequestro. Trova rifugio ancora dall’amico Michetti a Francavilla, dove compone il secondo dei tre Romanzi della Rosa, intitolato dapprima Tullio Hermil e da ultimo L’innocente. Alla ricerca di un editore decide di trasferirsi nell’agosto 1891 a Napoli, dove conta di fermarsi pochi giorni. A Napoli resta invece oltre due anni, sono gli anni che definisce di “splendida miseria”. Dal 10 dicembre ’91 all’8 febbraio ’92, L’innocente esce a puntate sul “Corriere di Napoli” di Scarfoglio e Matilde Serao; il romanzo è quindi pubblicato in volume dall’editore napoletano Bideri nell’aprile 1892, lo stesso mese in cui Maria Gravina – sposata con 4 figli – cede alla sua corte. A maggio escono intanto presso Zanichelli le Elegie romane, sorta di diario in versi ove si narra la storia d’amore con Barbara Leoni, con la quale d’A. rompe solo a novembre quando la Gravina è in attesa di una bimba: Renata. Denunciati per adulterio i due amanti evitano il carcere solo per un’amnistia e la donna, lasciata la famiglia, convive assieme ai figli con d’A. a Ottaviano. Pur in miseria, d’A. prosegue il suo lavoro di scrittore: compone il Poema paradisiaco e continua il romanzo L’invincibile, che in parte esce sul “Mattino” dal 12 febbraio 1893 col titolo Trionfo della morte. Intanto in Francia traducono L’innocente. Nel giugno 1893 la morte del padre lo costringe a occuparsi della famiglia d’origine, oberata da debiti e ipoteche. Ancora una volta i creditori fanno sequestrare ciò che possiede. Con la Gravina, che ha ridato al loro padre i figli, lascia Napoli per l’Abruzzo, dove risiede nel villino Mammarella di Francavilla. Qui conclude Trionfo della morte, il terzo dei Romanzi della Rosa edito da Treves nell’aprile In autunno appronta la stesura delle Vergini delle rocce.
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…al fasto principesco Le vergini delle rocce, unico romanzo della progettata trilogia Romanzi del Giglio, esce da Treves con data 1896 e dimostra la compiuta assimilazione del mito del “superuomo” di Nietzsche. Dal settembre ’94 intreccia una relazione con l’attrice Eleonora Duse, che rincontra a Venezia nel settembre 1895 al rientro da una crociera estiva in Grecia a bordo di uno yacht con Scarfoglio, il traduttore francese Hérelle e il pittore Boggiani. Fra il ’95 e il ’96 scrive il dramma della Città morta e imposta la trama di un nuovo romanzo: Il Fuoco. Il 1896 si apre con la polemica antidannunziana di Thovez, che l’accusa di aver plagiato il Tommaseo nell’ode per i morti di Dogali. A novembre, promette la parte da protagonista della Città morta a Sarah Bernhardt provocando le ire della Duse che tronca la relazione, per riconciliarsi solo sette mesi dopo. Nell’aprile 1897 scrive per lei il Sogno d’un mattino di primavera interpretato dalla Duse a Parigi il 16 giugno. Nel 1897 è eletto nel collegio di Ortona alla Camera dei Deputati, col sostegno della Destra. Trascorre quindi gli ultimi mesi dell’anno tra Assisi, Venezia e Roma in compagnia dell’attrice. Nel marzo 1898, lasciata la Gravina, si trasferisce a Settignano dove affitta la villa della “Capponcina”, accanto alla “Porziuncola” ove abita la Duse. Compone altre opere teatrali (Sogno d’un tramonto d’autunno, La Gioconda), quindi raggiunge la Duse in tournée in Egitto. Da lì viaggiano insieme in Grecia e a Corfù scrive un’altra tragedia: La Gloria. Rientrati in Italia nell’aprile 1899, assiste al trionfo per La Gioconda e al fiasco della Gloria. Passa l’estate alla “Capponcina”, ove redige le prime Laudi. Nel febbraio 1900 termina Il Fuoco, primo titolo della mai realizzata trilogia dei Romanzi del Melograno. Il mese dopo abbandona gli scranni della Destra a Montecitorio per protesta contro il governo Pelloux. In aprile è a Vienna al seguito della Duse, al rientro in Italia si ricandida in Parlamento, ma non è eletto. Nell’estate, trascorsa con la Duse presso “il Secchio” in Versilia, scrive Alcyone ed Elettra. Dopo essere rientrato da una tournée a Trieste della Duse, nell’estate 1902 riprende in Versilia la stesura dell’Alcyone. Durante il viaggio in America dell’attrice, d’A. nel finisce le Laudi, che escono nel dicembre 1903.
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In esilio Il 2 marzo 1904 La figlia di Iorio riscuote successo al Lirico di Milano, con protagonista Irma Gramatica al posto della Duse malata di tisi. Qualche mese dopo avviene la rottura tra l’attrice e d’A., che ora spasima per Alessandra di Rudinì, vedova 27enne con due figli. Insediatasi alla “Capponcina” la donna dà sfoggio di eleganza e d’A. riduce il suo impegno nella scrittura per dedicarsi a una vita sfarzosa che lo indebita sempre più. Su “Il Rinascimento” esce nel 1906 La vita di Cola di Rienzo, prima di una serie di Vite di uomini illustri e uomini oscuri mai compilate. Dopo tre interventi per tumore ovarico, Alessandra passa l’estate del 1906 alla Versiliana presso Forte dei Marmi con d’A., che l’accudisce amorevolmente. La dipendenza della donna dalla morfina mina la relazione fra i due e il poeta si volge a un’altra conquista Giuseppina Mancini nel febbraio A maggio commemora a Milano il trigesimo della morte di Carducci. Nel 1908 scrive il diario Solus ad solam ove rievoca il dramma della follia della Giusini, travolta dai rimorsi. D’A. la sostituisce con la contessa russa Natalia de Goubeleff, cui dedica la tragedia Fedra, rappresentata a Milano il 10 aprile 1909. Costretto a lasciare la “Capponcina” per sfuggire ai creditori, va a Marina di Pisa dove completa il romanzo Forse che sì forse che no, edito da Treves nel gennaio Oramai esposto per centinaia di migliaia di lire con gli “usurieri”, accetta l’invito dell’italo-argentino Giovanni Del Guzzo per una serie di conferenze in America Latina. Anziché raggiungerlo, si ferma però a Parigi dove si tuffa nella vita mondana. Nell’estate affitta lo Chalet Saint Dominique ad Arcachon, sull’Atlantico. Qui compone Le martyre de Saint Sébastien, recuperando il genere del mystere. Il dramma sarà musicato da Claude Debussy e rappresentato allo Chalet nel maggio 1911, interprete Ida Rubinstein. Nello stesso mese le sue opere sono messe all’indice dalla Chiesa. Intanto la vendita dei suoi beni all’asta in Italia frutta lire. Dal luglio 1911 sul “Corriere della Sera” inizia la pubblicazione delle Faville del maglio, prose commissionate dal direttore Albertini, divenuto amico del poeta e suo saggio amministratore. L’impresa di Libia risveglia in d’A. la vena poetica nazionalista che ne prepara il rientro in politica: le nuove canzoni vanno a costituire il quarto libro delle Laudi (Merope).
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Gabriele d’Annunzio Riferimenti biografici
Il poeta soldato Sempre bisognoso di denaro svolge una frenetica attività letteraria, componendo oltre alle Faville una serie di opere teatrali: Parisina (1912), La Pisanelle musicata da Ildebrando Pizzetti e rappresentata da Ida Rubinstein nel 1913, Le chèvreufille (1913). Durante il 1913 compone pure il mistero Crociata degli innocenti, destinato a un libretto d’opera per Puccini che non sarà mai realizzata. A febbraio 1914 si reca in Inghilterra ad assistere alla Waterloo Cup. Intanto lascia Arcachon, dopo che gli eredi di Bermond, il proprietario dello chalet, ottengono il sequestro cautelativo e rientra a Parigi. Allo scoppio della guerra nel 1914 promuove l’intervento dell’Italia al fianco della Francia. In cambio, il governo francese sospende il sequestro dei beni di Arcachon. Il 5 maggio 1915 pronuncia l’orazione a Quarto, per il monumento dei Mille di Garibaldi: è l’occasione del suo trionfale ritorno in patria. Nel “maggio radioso” dà voce alle istanze interventiste con una serie di discorsi, poi raccolti in Per la più grande Italia. A 52 anni si arruola e raggiunge Venezia, dove è assegnato al quartier generale del Duca d’Aosta. Varie le imprese militari compiute, anche se rimane un soldato sui generis visto che risiede nella Casetta Rossa, una villetta sul Canal Grande che diviene un’altra sua celebre dimora. Il 16 gennaio 1916 durante un atterraggio di fortuna mentre è in volo su Zara, perde la vista all’occhio destro. Condannato all’inazione scrive il Notturno su migliaia di liste di carta, preparategli dalla figlia Renata che l’assiste nella convalescenza. Il 13 settembre 1916, ristabilitosi, partecipa al bombardamento su Parenzo. Ottiene sei medaglie d’argento, due d’oro e una di bronzo per le sue imprese. Le più famose sono la beffa di Buccari del febbraio 1918 e il volo su Vienna del 9 agosto. Con la fine della guerra, d’A. diventa ispiratore del mito della “vittoria mutilata” dell’Italia, alla quale è negata Fiume. Una volta in congedo, prende il comando di un manipolo di reduci e il 12 settembre 1919 raggiunge Fiume in auto, occupandola in nome dell’Italia. Istituita la “Reggenza del Quarnaro”, dopo un anno di confusi patteggiamenti col governo, nel settembre 1920 proclama l’indipendenza di Fiume e promulga la Carta del Carnaro, una costituzione di stampo corporativo e socialistoide. Nel dicembre 1920, il “Natale di sangue”, il governo Giolitti soffoca l’avventura fiumana e d’A. si ritira a Gardone Riviera.
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Gabriele d’Annunzio Riferimenti biografici
Nella cittadella del Principe Il 18 gennaio 1921, con la giovane pianista Luisa Baccara e un piccolo seguito di fedelissimi, d’A. si insedia nella villa di Cargnacco a Gardone. A novembre dà alle stampe il Notturno dopo averlo riveduto in più parti. All’inizio del ’22 torna sulla scena politica, cercando di svolgere il ruolo di pacificatore nazionale. Accetta di incontrarsi con Nitti e Mussolini, ma manca all’appuntamento fissato per il 13 agosto 1922 in quanto vittima di un incidente: cade da una finestra al primo piano della villa, provocandosi una commozione cerebrale che lo lascia convalescente sino all’ottobre. Con l’avvento del regime fascista, d’A. è consapevole che la sua stagione è finita; tuttavia, approfitta del fatto che Mussolini lo teme per il prestigio che lo circonda. Per questo sollecita favori e denaro, che gli occorrerà in primo luogo per trasformare la villa del Cargnacco nel Vittoriale degli Italiani, di cui affida il progetto all’architetto Maroni. Riceve nel 1924, anno dell’annessione di Fiume all’Italia, il titolo nobiliare di Principe di Montenevoso. Ottenuti il mas di Buccari e la nave Puglia, si garantisce inoltre una cospicua rendita attraverso la costituzione sotto l’alto patronato del Re e del Capo del governo dell’ “Istituto nazionale per la pubblicazione di tutte le opere di Gabriele d’Annunzio”. Tutto ciò ha un prezzo: relegato nella cittadella del Vittoriale, vive sotto controllo del regime che gli pone accanto il commissario Rizzo. Come poeta-vate è talvolta ripescato in rare occasioni, ma solo per dare lustro al nuovo corso politico. Non si ferma tuttavia il suo lavoro di scrittore, svolto per lo più nelle ore notturne nella cosiddetta “officina” del Vittoriale. A parte iniziare svariate opere che non terminerà mai, si dedica al riordino delle prose autobiografiche. I pezzi usciti sul “Corriere” fra il 1911 e il 1923 sono ripubblicati nel 1924 sotto il titolo Il venturiero senza ventura e a altri scritti, primo dei tre volumi delle Faville del maglio. Il secondo è stampato nel 1928 (Il compagno dagli occhi senza cigli…), mentre il terzo annunciato nel ’24 (La serva meschinella dal gran cuore…) non uscirà. Gli anni tra il 1928 e il 1935 sono anni di sostanziale silenzio letterario, anche se coincidono col lavorio per allestire il cosiddetto Libro segreto di Gabriele d’Annunzio tentato di morire, pubblicato da Mondadori nel Annoiato e stanco di tutto, il poeta muore il 1° marzo 1938 alle per emorragia cerebrale.
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Gabriele d’Annunzio Donne e Muse
56 anni di amori /1 Giselda (Elda) Zucconi (LALLA) è il primo amore vero di d’A. Sua coetanea, è la figlia di un professore di lingue straniere del collegio Cicognini. Conosciuta il 15 aprile 1881, subito se ne innamora tanto da arrivare a parlare di matrimonio. Col trasferimento a Roma, gli incontri diradano e ben presto, oramai assiduo frequentatore a Palazzo Altemps del salotto di Natalia Lezzani moglie del duca Giulio Hardouin del Gallese, d’A. le dà l’addio nell’inverno del 1883: a lei è dedicato il Canto novo. Maria Hardouin (YELLA), duchessina di Gallese, sposa minorenne d’A. dopo che questi, ingravidatala nel maggio 1883, la rapisce per vincere l’ostilità del padre. Il matrimonio si tiene a un mese dalla fuga in treno a Firenze del 28 giugno Dall’unione nasceranno tre figli: Mario (1884), Gabriellino (1886), Veniero (1887). Annientato dalla plateale infedeltà di d’A. il matrimonio dura tre anni e, cessata la convivenza, diventa legame solo formale. Olga Ossani (FEBEA) è la giornalista di 26 anni del “Capitan Fracassa” conosciuta da d’A. nel Sebbene breve la relazione con lei spicca sulle altre, sia per la passionalità e sia perché ispira al poeta la figura di Elena Muti l’eroina del romanzo Il piacere. Elvira Natalia Fraternali in Leoni (BARBARA) è la Musa delle sue opere sino al 1892 (dalle Elegie romane al Trionfo della morte). Moglie separata di Ercole Leoni, diviene l’amante di d’A. il 2 aprile 1887 e lo rimarrà per 5 anni. Maria Gravina (MORICCIA), moglie del conte Anguissola con 4 figli, è dal 1892 la nuova passione di d’A. a Napoli. A lei dedica L’innocente e da lei avrà nel 1893 una figlia: Renata. La relazione adulterina dà scandalo e i due amanti sono condannati dal tribunale; solo l’amnistia evita loro il carcere. Ritiratisi a Ottaviano vivono in ristrettezze. I tre convivono a Francavilla sino al 1897, l’anno in cui la Gravina partorisce Gabriele Dante che d’A. non riconosce. Nel marzo dell’anno seguente egli lascia la donna, per unirsi all’attrice…
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Gabriele d’Annunzio Donne e Muse
56 anni di amori /2 Eleonora Duse, con la quale nel settembre 1895 ha avviato un rapporto in cui amore, curiosità intellettuale e interesse pratico si mescolano. Dopo aver rotto la relazione con Arrigo Boito, la Duse diviene l’ispiratrice di d’A. tanto che gli anni trascorsi con lei sono assai fecondi: l’attrice vede nel poeta colui che può dar vita a un nuovo teatro. D’A. prende in affitto la “Capponcina”, a Settignano, vicino alla villa della Duse la “Porziuncola” e di fatto i due artisti vivono insieme dal 1898 al 1904, l’anno della rappresentazione della Figlia di Iorio: a interpretarla, anziché la Duse malata di tisi, sarà Irma Gramatica. Se poteva soprassedere a questo sgarbo, la Duse ormai 46enne non perdona però a d’A. il suo nuovo legame con… Alessandra di Rudinì (NIKE), giovane vedova con due figli. Dopo essersi insediata nella “Capponcina”, la donna dovrà operarsi per un tumore all’utero. Lunga sarà la convalescenza nell’estate 1906, in parte trascorsa, col poeta che l’assiste amorevolmente, alla “Versiliana”, la villa nella pineta di Marina di Pietrasanta. La dipendenza di Alessandra dalla morfina, allontana progressivamente d’A. Maria Luisa Casati Stampa (CORE’), incontrata da d’A. nel 1903, intreccia con lui un rapporto che dura sporadicamente un decennio circa tra Firenze, Venezia e Parigi. La loro fu una relazione ricca di eventi trasgressivi ed è raccontata nelle Notes pour la figure de Cire del Libro segreto. Giuseppina Mancini (GIUSINI), nel febbraio 1907 è la nuova conquista del poeta. La giovane contessa, scoperta dal marito, nel settembre dell’anno successivo ha una crisi che la porta alla follia. Di questa drammatica esperienza vi sono tracce nel romanzo Forse che sì , forse che no del 1910.
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Gabriele d’Annunzio Donne e Muse
56 anni di amori /3 Natalia de Goloubeff (DONATELLA), è la contessa russa di 26 anni di cui si invaghisce d’A. nello stesso L’anno seguente è costretto ad abbandonare la “Capponcina” inseguito dai creditori e nel ’10 va a Parigi, in vista di un viaggio in Argentina che non compirà mai. A Parigi d’A. si concede ai salotti intellettuali e mondani, intrecciando una relazione con Romaine Brooks, pittrice americana. Quando Natalia lo raggiunge nello Chalet Saint Dominique di Arcachon, scaccia l’intrusa. Nel 1915 d’A. parte per l’Italia lasciando a Parigi Donatella. Durante la guerra, tra un’impresa e l’altra, risiede a Venezia nella Casa rossa, dove accoglie nuove amanti: fra queste Olga Levi ( ). Luisa Baccara (SMIKRA’), giovane pianista, è l’amante ufficiale di d’A. dal Con lui nell’impresa di Fiume, gli rimarrà a fianco sino alla morte, convivendo insieme nella villa di Cargnacco, a Gardone Riviera. Qui, mantenuto dal governo di Mussolini, d’A. affida all’architetto Gian Carlo Maroni i lavori per costruire una cittadella che sarà il monumento di se stesso: il Vittoriale. Al Vittoriale, d’A. riceverà svariate ospiti, da lui definite “badesse di passaggio”: fra le altre le gardonesi Letizia De Felici, sposa ventenne di Mario, e Rina cognata sedicenne; a chiudere l’interminabile elenco un’altra fresca ventenne Hevelina Scapinelli, l’ultimo amore del febbraio 1938. Aelis Mazoyer è la governante che accudisce sia d’A. che la casa, nel periodo del dorato esilio al Vittoriale. Nel duplice ruolo di fidata collaboratrice e di amante, è insieme agli ordini di d’A. e sua occulta padrona.
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Gabriele d’Annunzio Opere e poetica
Narrativa e poesia - 1 In narrativa, d’A. sperimenta vari generi, passando dal verismo delle novelle scritte in gioventù - poi raccolte nel sotto il titolo Novelle della Pescara - alle suggestioni dostoevskiane di Giovanni Episcopo e quindi ai romanzi decadenti e nietzschiani riuniti nei tre cicli narrativi della Rosa, del Giglio e del Melograno. I fiori che nominano i tre cicli, simboleggiano le tappe evolutive del suo spirito: dalla schiavitù della voluttà sensuale (Rosa), alla passione che si purifica nel superuomo (Giglio) e infine ai frutti che derivano dal dominio sulle passioni (Melograno). Quello della Rosa è l’unico ciclo completato coi tre libri previsti: Il Piacere, L’innocente, Il trionfo della morte. Gli altri due restarono invece incompiuti, essendo composti rispettivamente di un solo titolo: a quello del Giglio appartiene Le vergini delle rocce (senza i previsti La Grazia e L’Annunciazione) e a quello del Melograno, Il fuoco (mancando La vittoria dell’uomo e Trionfo della vita rimasti allo stadio potenziale come altre sue opere). Nell’ultima fase, lo scrittore tenterà nuovi percorsi privilegiando il frammento e le prose autobiografiche (Notturno, Le faville del maglio, Il libro segreto…). Il piacere (1889), il primo romanzo, è l’opera che gli dà la notorietà. Il suo protagonista è Andrea Sperelli, alter ego dell’autore, un raffinato esteta. Diviso tra due donne, Elena Muti e Maria Ferres, quando sta per consumare la prima notte con la seconda per sbaglio la chiama col nome della prima che lo ha lasciato. Rimane così solo e non gli resta che registrare il suo fallimento sentimentale. Romanzo d’ambiente, dalla forte carica sensuale all’epoca alquanto trasgressiva, è recepito dal pubblico come un’occasione di transfert attraverso il quale appagare desideri segreti. Per i borghesi italiani è facile il processo di identificazione. Nel Trionfo della morte, scritto subito dopo ma uscito in volume nel 1894, Giorgio Aurispa (erede di Sperelli) ricerca un significato alto e nobile da conferire all’esistenza, così da sottrarsi alla mediocrità del vivere comune. La ricerca di varie esperienze (dall’arte alla musica, alla passione per Ippolita) gli risulteranno tutte vane. La morte diviene l’unica soluzione al “mal di vivere”, per cui decide di precipitarsi da una rupe con l’amante. Ispirato alla narrativa russa, L’innocente (1892) esprime l’esigenza di una rigenerazione spirituale. Protagonista narrante è Tullio Hermil che cerca di recuperare il rapporto con la moglie Giuliana. La gravidanza di lei, incinta dell’amante Filippo Arborio, complica il rapporto e i due coniugi decidono di sopprimere il neonato, ostacolo “innocente” al loro progetto di unione “sublime”.
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Gabriele d’Annunzio Opere e poetica
Narrativa e poesia - 2 L’opera poetica di d’A. è compresa nei due volumi editi da Mondadori, intitolati Versi d’amore e di gloria. Vi sono riunite tutte le raccolte di versi: dalla giovanile Primo Vere ( ) al Canto novo (1882) dagli echi carducciani; da Elegie romane (1891) che celebrano l’amore passionale per Barbara Leoni a La chimera ( ) ove sperimenta parnassianesimo e rimandi simbolisti; per chiudersi quindi con le Laudi del cielo – del mare – della terra e degli eroi, l’opera che più di ogni altra racchiude il suo genio letterario. Le Laudi – Dovevano essere costituite da sette libri, dedicati ciascuno a una delle figlie di Atlante, le Pleiadi: Maia, Elettra, Alcyone, Merope, Asterope, Taigete e Celeno. L’ambizioso progetto doveva esaurire tutto il reale: dalla vita (Maia o lode della vita) alla morte (Celeno o lode della morte), ma rimase incompiuto. Nel 1903 erano terminati i primi tre libri: Maia, Elettra e Alcyone composti durante la permanenza alla Capponcina, nel periodo in cui gli fu vicino la Duse, che fu tra i più fecondi per d’A. Nel 1912 uscì Merope, con le composizioni scritte per la guerra di Libia e nel 1916 Asterope, coi Canti per la guerra latina scritti in occasione della prima guerra mondiale. Il primo libro (Maia) si compone dei ventuno canti della Laus vitae, nucleo originario di quello che forse doveva essere un unico volume contenente tutte le poesie delle Laudi. Il secondo libro, Elettra, evoca le glorie dell’Italia: dalla Roma imperiale a Dante, passando per i ventidue componimenti dedicati a La notte di Caprera e le poesie d’occasione per i centenari di Bellini e di Hugo; chiude il libro una serie di poesie dedicate a Le città del silenzio. Alcyone – Il terzo libro è certamente il più significativo dell’opera: vi si racconta l’estate del 1902 trascorsa in Versilia con l’attrice Eleonora Duse, la donna cui si rivolge nei testi. La raccolta esprime atmosfere vicine alla migliore poesia decadente europea. Ricorrono le suggestioni di un linguaggio fortemente simbolico e analogico. Nelle poesie sono esaltati i valori della bellezza, della forza e tutte quelle esperienze collegate alla fisicità, alla corporeità, alla libera e piena esternazione della propria vitalità. In una parola, domina il “panismo” dannunziano che esalta l’armonia dell’uomo con le forze della natura, interpretata come forza misteriosa, a volte terribile, ma amica in quanto ne condivide l’essenza.
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Gabriele d’Annunzio Opere e poetica
Poetiche dannunziane La poetica di d’A. può riassumersi nell’espressione, riportata nel Piacere, secondo cui è essenziale vivere la “vita come un’opera d’arte”. A questo principio si è sempre ispirato, cercando di dare corpo a un “vivere inimitabile” sia con le imprese, sia attraverso la proposta di temi ricorrenti in tutte le sue opere. Ne segnaliamo almeno tre: Sensualimo – per d’A. la natura è conosciuta prima di tutto attraverso i sensi. La ricerca di sempre nuove sensazioni ruota attorno al desiderio e al piacere, che vanno rincorsi senza mai risparmiarsi. Quello che conta è abbandonarsi all’esuberanza vitalistica e all’appagamento che ne consegue; Estetismo – perciò la vita va vissuta come un’opera d’arte, perché solo attraverso l’identificazione tra vita e arte è possibile ottenere il massimo dei piaceri: quello estetico. Il protagonista del Piacere, Andrea Sperelli, impersona l’esteta per eccellenza. Snob, anti-democratico, amante in primo luogo del bello che è, per sua natura, merce per pochi, egli è l’eroe da ammirare, nel quale possono rispecchiarsi le classi privilegiate. Superomismo – Il superamento dell’estetismo, in quanto incapace di opporsi pienamente al conformismo borghese, si realizza con il Superuomo di Nietzsche, che d’A. ha modo di apprezzare anche se forse non riesce a coglierne tutti i risvolti filosofici ed etici. Nei romanzi del Giglio e del Melograno, d’A. crea personaggi che vi si ispirano chiaramente: Claudio Cantelmo (Le vergini delle rocce) mira a riscattare l’Italia e per questo cerca una moglie in grado di dargli un figlio che, nel suo delirio di onnipotenza, sarà il futuro Re di Roma; Stelio Effrena (Il Fuoco) è lo scrittore che aspira a creare un dramma wagneriano, dove si fondono poesia, danza e musica, così da raggiungere una gloria imperitura. Infatti, è solo l’arte l’unico valore che può fornire un segno di vera distinzione dalla massa.
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