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Autenticazione dei reperti La pratica di falsificare oggetti preziosi è antica almeno quanto le prime civiltà. Già Fedro nel I secolo d.C. scriveva: In.

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1 Autenticazione dei reperti La pratica di falsificare oggetti preziosi è antica almeno quanto le prime civiltà. Già Fedro nel I secolo d.C. scriveva: In epoca greco-romana era duso la produzione di monete false, composte da metalli meno nobili di quelli impiegati nelle zecche ufficiali. Gli antichi Romani adoravano larte greca, e numerosi laboratori a Roma sfornavano grandi quantità di riproduzioni, al punto che esperti darte dicono che oggi è quasi impossibile distinguere ciò che è autenticamente greco dalle imitazioni romane. Durante il Rinascimento, invece, i falsari copiavano larte romana Ut quidam artifices nostro faciunt saeculo, qui pretium operibus maius inveniunt novIs, Si marmori adscripserunt PraxiteleN suo, trito Myronem argento, tabulae Zeuxidem

2 A volte le copie di un'opera erano fatte da artisti che volevano mettere alla prova la loro abilità tecnica. Michelangelo spesso riproduceva disegni di Ghirlandaio, il quale, nel vederli, li pensava come propri. Rubens, durante il suo primo viaggio in Italia, riprodusse opere di Michelangelo, Raffaello, Tintoretto, Tiziano, Veronese e Cambiaso. Un caso limite, difficile da classificare, è costituito da artisti famosi che eseguono copie di loro dipinti, o di dipinti dei loro parenti. La dinastia fiamminga dei Brueghel è una delle più famose sotto questo punto di vista. Le opere di Pieter Bruegel il Vecchio sono state replicate in dozzine di copie nel laboratorio del figlio più anziano, Pieter Brueghel il Giovane. Del dipinto Linverno (sopra) sono note non meno di 130 copie. Lo status di queste opere è controverso: si tratta di falsi o hanno valore artistico? Il riconoscimento delloriginale diventa praticamente impossibile

3 Lautenticazione degli oggetti darte o dei reperti archeologici è un campo in cui la Chimica Analitica può fornire un contributo particolarmente importante. La grande varietà di tecniche analitiche disponibili è in grado di generare un elevato numero di informazioni sugli oggetti, utili a verificarne lautenticità Archimede potrebbe essere stato il primo cacciatore di falsi della storia quando verificò lautenticità della corona reale aurea senza praticamente toccarla ma soltanto immergendola in acqua e calcolandone il peso specifico in base alla quantità di acqua spostata Monete greche false, con interno in rame ricoperto di argento Contributo della Chimica Analitica

4 Tra le tecniche analitiche utilizzate nellautenticazione degli artefatti ci sono le seguenti: La risorsa principale per scegliere la tecnica più idonea è il cosidetto buon senso del chimico, che però da solo non è sufficiente. In questo campo, infatti, è assolutamente fondamentale linterazione tra il chimico analista e lesperto di arte o archeologia Le tecniche analitiche non possono provare che un certo artista abbia creato il tale oggetto, ma possono escludere questa ipotesi provando che i materiali utilizzati erano indisponibili quando loggetto è stato presumibilmente creato Tecniche per lautenticazione TecnicaUtilizzo Datazione al radiocarbonio Misura delletà di un artefatto Fluorescenza UV Identificazione di riparazioni Microscopia in luce polarizzata Analisi dei pigmenti Analisi infrarossa Identificazione di pitture precedenti Analisi ai raggi X convenzionale Identificazione di lavori precedenti sotto la superficie Spettroscopia XRD Identificazione di composti cristallini Fluorescenza a raggi X Analisi elementare

5 I motivi per creare un falso possono essere almeno tre:...ingannare un compratore rifilandogli una patacca...ingannare un gruppo di persone per fare una goliardata La falsificazione di oggetti darte...ingannare un gruppo di persone per acquisire importanza

6 Lindividuazione di un falso è diventata in epoca recente una lotta di abilità tra falsificatori ed esperti di analisi. Esistono infatti metodi di falsificazione così sofisticati che riescono a riprodurre lusura del tempo sui materiali, utilizzando tecniche di invecchiamento; i falsificatori più abili, aventi nozioni di chimica archeologica, sono in grado persino di simulare le composizioni dei materiali antichi. Spesso, lesperto analista di un museo che si occupa di rivelare i falsi è appena un gradino avanti rispetto al falsario Al giorno doggi, comunque, è piuttosto difficile che un falso non venga scoperto in breve tempo, in quanto tutti i grandi musei sono dotati di laboratori danalisi con strumentazioni molto sofisticate; inoltre sono state create organizzazioni che si occupano specificamente delle truffe in campo artistico. Al proposito, può essere interessante consultare il sito http://www.museum-security.com (in particolare le pagine /forgery1.htm, forgery2.htm e forgery3.htm) che contiene un ricco elenco di riferimenti sia alle organizzazioni che si occupano di falsi, sia a casi di falsificazioni famose http://www.museum-security.com /forgery1.htmforgery2.htmforgery3.htmhttp://www.museum-security.com /forgery1.htmforgery2.htmforgery3.htm Ci sono casi di falsi clamorosi, vere e proprie bufale (hoaxes in inglese) che hanno fatto epoca anche al di fuori dellambito strettamente scientifico. Il più famoso è forse il caso dei resti dellUomo di Piltdown, un teschio rinvenuto nel 1905 nella conta del Sussex, in Gran Bretagna, e ritenuto, prima della scoperta della sua falsificazione, lanello mancante della catena evolutiva delluomo. Un altro oggetto sulla cui autenticità sono in corso da diversi anni studi scientifici è la Sacra Sindone di Torino Come rivelare un falso

7 Il cosiddetto falso può essere individuato nei seguenti casi: loggetto ha composizione completamente diversa da quella dichiarata loggetto ha composizione completamente diversa da quella dichiarata loggetto contiene sostanze non compatibili o in percentuali non compatibili con letà storica attribuitagli loggetto contiene sostanze non compatibili o in percentuali non compatibili con letà storica attribuitagli letà delloggetto, determinata con metodi di datazione, non è compatibile con quella dichiarata letà delloggetto, determinata con metodi di datazione, non è compatibile con quella dichiarata Individuazione di un falso

8 La falsificazione completa di oggetti darte è una pratica comune, in particolare nel campo dei gioielli. Si tratta di ciò che viene chiamata in gergo la patacca: vetri venduti al posto di diamanti, vasi manufatti in epoca moderna spacciati per antichi, ecc.; fortunatamente è molto difficile falsificare completamente un oggetto in quanto, se si crea una copia stilisticamente perfetta ma con un altro materiale, ci sarà almeno una caratteristica che non sarà possibile replicare, dalla semplice composizione chimica alle varie proprietà chimico-fisiche. Parametri utili allidentificazione di una patacca possono essere: la composizione chimica, a livello di elementi o di composti, sia in superficie sia in profondità la composizione chimica, a livello di elementi o di composti, sia in superficie sia in profondità lindice di rifrazione, utile per verificare se loggetto è composto da più parti assemblate insieme lindice di rifrazione, utile per verificare se loggetto è composto da più parti assemblate insieme il peso specifico o densità, proprietà alquanto specifica dei materiali, utile soprattutto per manufatti composti da una sola fase (es. pietre preziose, oggetti in puro oro o argento) il peso specifico o densità, proprietà alquanto specifica dei materiali, utile soprattutto per manufatti composti da una sola fase (es. pietre preziose, oggetti in puro oro o argento) Nel caso più semplice è sufficiente unanalisi superficiale per identificare la patacca. Lanalisi Raman delle pietre preziose, per esempio, fornisce unimpronta digitale che non concede possibilità di manipolazione: basta confrontare lo spettro del diamante e dello zircone, un probabile materiale utilizzato per falsi diamanti Composizione diversa dal dichiarato

9 Lanalisi Raman è stata spesso utilizzata per identificare falsi documenti. Nel caso qui descritto, sei papiri appartenenti ad una collezione privata sono stati portati a Londra nel 1998 per essere messi allasta. Cinque di essi, qui citati come Ramsete, Lotus, Nefertari, Coppia e 3 Regine, erano attributi allepoca di Ramsete II (XIII secolo a.C.) e uno allepoca di Cleopatra (I secolo a.C.). Per determinarne lautenticità, i papiri sono stati analizzati presso i Christoper Ingold Laboratories dello University College di Londra da unequipe guidata dal Professor Robin J.H. Clark, forse il massimo esperto di spettroscopia Raman applicata allo studio dei pigmenti. Essi hanno utilizzato uno spettrometro Raman dotato di microscopio. Insieme ai sei papiri sospetti è stato analizzato un papiro autentico della XVIII dinastia, quella di Ramsete II, proveniente dal Petrie Museum, per avere un confronto sui pigmenti utilizzati che dovrebbero costituire un gruppo piuttosto ristretto. I pigmenti identificati sui sei papiri sono elencati nella tabella 1; alcuni colori che non davano segnali Raman sono stati analizzati con il microscopio elettronico SEM e con il microscopio in luce polarizzata PLM, in modo da caratterizzare completamente le tavolozze utilizzate Composizione incompatibile con letà dichiarata

10 Papiro Nefertari Papiri egiziani dubbi Papiro Lotus

11 Un papiro autentico

12 Identificazione di pigmenti in papiri Come si nota dalla tabella precedente, nei papiri da autenticare lanalisi delle parti colorate ha mostrato la presenza di pigmenti evidentemente incompatibili con lattribuzione temporale dei documenti

13 Nelle parti colorate in rosso, lunico pigmento utilizzato in epoca Egiziana e qui identificato è locra rossa; non ci sono tracce di vermiglio, orpimento o realgar, tre pigmenti di diffuso impiego, nè di pararealgar, un prodotto della degradazione fotolitica del realgar, che si identifica invece nel papiro autentico Petrie insieme allorpimento. Si registra invece la presenza di un colorante di natura organica che corrisponde al composto Pigment Red 112, a base di -naftolo Colore per colore: i rossi

14 Nelle parti colorate in blu non si rileva in alcun caso, tranne che per il papiro Petrie, la presenza di Blu Egiziano, il più classico dei blu in epoca Egiziana, ma sono identificati alcuni pigmenti di epoca moderna. In due casi si identifica la presenza di Blu oltremare, tuttavia limmagine al microscopio evidenzia che esso è composto da piccole particelle di dimensioni uniformi e forma circolare regolare, una caratteristica tipica del pigmento di origine sintetica e non di quello di origine naturale ottenuto dal minerale lapislazzuli. Questultimo pigmento, infatti, si ottiene per macinazione meccanica del minerale e non può avere a livello microscopico le caratteristiche descritte; inoltre è noto che in Egitto il lapislazzuli era utilizzato come pietra decorativa più che come pigmento Colore per colore: i blu

15 In definitiva, il numero elevato di pigmenti e coloranti di origine sintetica indica che i papiri sono stati decorati non prima degli anni 30-40 e quindi sono falsi. In essi, la tavolozza caratterizzata dalle tecniche impiegate è quasi completamente diversa da quella del papiro Petrie In un caso analogo, un papiro rinvenuto nella Valle dei Re a Luxor e attribuito ad unepoca remota è stato analizzato prima al microscopio e poi con la spettroscopia Raman. Lanalisi al microscopio ha rivelato che il papiro era in realtà composto da lino e carta miniata; lanalisi Raman ha identificato la presenza di un derivato del chinacridone, una sostanza comunemente utilizzata nelle stampanti a getto dinchiostro le parti bianche sono dovute in alcuni casi al pigmento Bianco titanio, ottenuto dal minerale anatasio (TiO 2 ) che in natura si presenta in realtà quasi sempre scuro a causa della presenza di impurezze; il processo industriale per la sua raffinazione è stato introdotto solo nel 1923 le parti bianche sono dovute in alcuni casi al pigmento Bianco titanio, ottenuto dal minerale anatasio (TiO 2 ) che in natura si presenta in realtà quasi sempre scuro a causa della presenza di impurezze; il processo industriale per la sua raffinazione è stato introdotto solo nel 1923 le parti colorate in oro e bronzo sono dovute ad una lega rame- zinco, secondo lanalisi SEM le parti colorate in oro e bronzo sono dovute ad una lega rame- zinco, secondo lanalisi SEM Colore per colore: altri

16 Vinland Map La pergamenta nota come Vinland Map è una mappa del mondo eurocentrico, conservata presso la biblioteca della Yale University (Connecticut, USA)

17 La pergamenta ha dimensioni di 28x40 cm. Fu rinvenuta nel 1957 allinterno di un libro chiamato The Tartar Relation, riportante il resoconto della spedizione in Mongolia di un frate di nome John de Plano Carpini. Letà della mappa, su considerazioni cartografiche, paleografiche e filologiche, sarebbe collocabile attorno al 1440 Storia della Vinland Map La sua importanza è legata al fatto che essa include nel disegno, oltre a Europa, Asia e Africa, la rappresentazione dellIslanda, della Groenlandia e soprattutto, ancora più a ovest, di unisola chiamata Vinilanda Insula unitamente ad uniscrizione che parla della sua scoperta da parte di esploratori Vichinghi. Lisola potrebbe coincidere con la zona costiera dellAmerica Settentrionale, in particolare Labrador e Terranova. Questo anticiperebbe di almeno 50 anni la scoperta dellAmerica da parte di Cristoforo Colombo

18 Effettivamente è ben noto che i Vichinghi del norvegese Leif Ericson arrivarono alcuni secoli prima di Colombo sulle coste dellAtlantico occidentale, nellisola di Nantucket al largo della punta orientale del Massachusetts su cui crescevano spontaneamente piante di vite e per questo denominata Vinland (Terra del Vino); dei Vichinghi sono stati trovati resti di un insediamento a LAnse-aux-Meadows, sullisola di Terranova. Nondimeno la mappa, se autentica, avrebbe avuto un valore Le rotte dei Vichinghi immenso in quanto sarebbe stata la più antica rappresentazione conosciuta del Nuovo Mondo. Essa avrebbe rivelato che gli Europei erano consci della scoperta dei Vichinghi e non la consideravano alla stregua di un mito nordico

19 Tentativi di determinazione della provenienza della pergamena con analisi chimiche non portarono a risultati definitivi o di unanime accettazione. Sulla pergamena sono presenti linee nere e gialle sovrapposte. Nel 1974 e nel 1991, analisi effettuate dal microscopista Walter C. McCrone del McCrone Research Institute di Chicago mediante spettroscopia XRD e SEM, rilevarono sulle linee gialle la presenza di anatasio, un minerale avente composizione TiO 2. Questa sostanza è nota nel settore pittorico in quanto forma il pigmento Bianco Titanio, ma il suo utilizzo è documentato a partire dal 1920 in quanto in precedenza, come già descritto, essa non era disponibile pura. Lipotesi sarebbe quindi limpiego di inchiostro nero per tracciare le linee e di inchiostro contenente anatasio per creare un effetto di ingiallimento atto a rendere lapparenza di antichità Altri studiosi sostennero comunque che questa sostanza poteva essere un prodotto di degradazione naturale dellinchiostro utilizzato, e successivi esami con tecniche di analisi elementare evidenziarono la presenza di titanio ma in concentrazioni molto basse, tali da poter essere considerate come contaminazioni naturali degli inchiostri; inoltre, in tutta la mappa le linee gialle e nere distano tra di loro meno di 100 µm e sembra altamente improbabile che qualcuno possa aver tracciato circa 30 metri di linee con una tale precisione. Queste analisi segnarono quindi un punto a favore dellautenticità della pergamena Studi sulla Vinland Map

20 Gli studiosi continuarono a dibattere sull'autenticità della mappa; fu fatto notare che la Groenlandia era disegnata in modo troppo preciso per risalire al XV secolo Finalmente, nel 2001 la pergamena fu analizzata da R. Clark e K. Brown, ricercatori dei già citati Christopher Ingold Laboratories dello University College di Londra, mediante la tecnica Raman Analisi al Raman

21 Le analisi vennero effettuate in più punti, utilizzando uno strumento Raman portatile con laser rosso ( = 632.8 nm) Due colori erano presenti sulla pergamena: le righe gialle e tratti di righe nere sovrapposte alle gialle, ma in gran parte svanite Punti di campionamento

22 Lanalisi delle righe nere fornì esclusivamente lo spettro riportato qui di fianco, indice di un inchiostro a base di carbone. Lanalisi delle righe gialle mostrò unelevata fluorescenza di fondo, dovuta probabilmente alla presenza di leganti organici come gelatina, ma non impedì la determinazione dellanatasio (TiO 2 ), cioè lo stesso composto evidenziato nelle analisi degli anni 70. Va notato che lanatasio fu identificato solo nelle righe gialle e non altrove sulla pergamena, a riprova che la sua presenza è intenzionale e non dovuta a contaminazioni ambientali Per quanto riguarda il libro The Tartar Relation, in esso le linee nere appaiono ugualmente deboli e scolorite con toni bruni, tuttavia non mostrano lo stesso segnale Raman registrato per quelle nere della Vinland Map; probabilmente furono tracciate con un inchiostro a base di gallotannato di ferro, un prodotto comune in epoca tardomedioevale. Ciò sembrerebbe indicare che i due documenti non sono opera della stessa mano nello stesso intervallo temporale Pigmenti rivelati

23 Una particolarità dellinchiostro a base di gallotannato di ferro è che, nel tempo, lo ione ferro tende a diffondere nella carta o pergamena, creando una colorazione marrone-gialla attorno alla traccia nera. Anche la Vinland Map mostra una colorazione gialla sotto le linee nere, ma gli spettri Raman non sono compatibili con lattribuzione fatta per la Tartar Relation. Lipotesi conclusiva fatta dal gruppo di Clark rinforza quella di McCrone, cioè che un esperto falsificatore abbia voluto ricreare leffetto di deterioramento del gallotannato sulla pergamena, utilizzando Datazione della pergamena lanatasio per ingiallire i tratti scuri. La mappa è quindi ritenuta essere stata decorata nel XX secolo La datazione al radiocarbonio della pergamena, effettuata solo nel 2002, ha stabilito che essa risale al 1434 d.C. 11 anni ma questa data non è in alcun modo riferibile anche ai tratti colorati

24 Nel 2002 il periodico The Sunday Times ha pubblicato l'opinione di un'esperta internazionale in fatto di esplorazioni del Nord Atlantico, secondo la quale fu un gesuita austriaco, padre Joseph Fischer, il falsario che disegnò la Vinland Map 70 anni fa su un foglio di pergamena ottenuto da un volume di manoscritti del 1440. L'esperta ritiene che la calligrafia sulla Vinland Map corrisponda a quella di padre Fischer e che costui, all'epoca considerato uno dei massimi esperti di carte del XV e XVI secolo, abbia realizzato il falso in preda ad una profonda depressione dopo che le sue credenziali accademiche erano state pesantemente messe in discussione da uno dei suoi rivali nel 1934 Considerazioni finali

25 Nel 1579 Sir Francis Drake approdò in California durante la sua circumnavigazione del globo. La leggenda vuole che egli, a testimonianza della scoperta, fece incidere una placca di ottone (lega di rame e zinco) nella quale si dichiarava che quella terra si era arresa alla Regina Elisabetta I. In epoca più recente, nel 1936, un certo Beryle Shinn scoprì una placca metallica su una collina sopra la baia di San Francisco. Analizzata da esperti di storia dellUCLA, la placca fu ritenuta lautentica Drakes plate, ovvero quella incisa per conto di Drake nel XVI secolo, di cui egli fa cenno nel suo libro The World Encompassed, pubblicato nel 1628 Fu subito dichiarato che "...uno dei tesori del mondo lungo perduti è stato ritrovato! In realtà ci furono da subito alcune obiezioni circa la sua autenticità, per lo più basate su aspetti stilistici o calligrafici: le lettere B, P, R, M ed N sembravano avere una forma curiosa e il linguaggio del testo era alquanto moderno La placca di Drake

26 Un altro particolare strano è che il testo si riferisce alla Regina Elisabetta come alla Queen Elizabeth of England piuttosto che, come duso nel XVI secolo, a Elizabeth, by grace of God, Queen of England Il testo della placca di Drake

27 Nel frattempo la chimica analitica era evoluta verso tecniche molto raffinate e sensibili, così come era accresciuta la conoscenza della composizione dei materiali archeologici. Si sapeva, ad esempio, che lottone prodotto in Europa fino ad almeno il XVII secolo conteneva percentuali di zinco non superiori al 28% per motivi legati alla difficoltà di miscelare al rame lo zinco ottenuto da minerali. Così, nel 1976 furono fatti tre piccoli campionamenti dalla placca destinati allanalisi presso il Research Laboratory for Archaeology and the History of Art alla Oxford University e presso il Lawrence Berkeley Laboratory. Ad Oxford i risultati delle analisi furono confrontate con quelli di 22 esempi di ottoni europei creati tra il 1540 e il 1720: nella presunta placca di Drake risultava un contenuto di zinco pari al 34.8% 0.4. A Berkeley il risultato delle analisi fu di 35.0%, a conferma del precedente. Inoltre, il contenuto di piombo fu trovato pari allo 0.05%, mentre negli ottoni più antichi il piombo era presente come impurezza o come addizione intenzionale in percentuali più elevate. Infine, le concentrazioni di elementi in tracce come antimonio, argento, arsenico, cadmio, calcio, ferro, indio, magnesio, nickel, oro, stagno e zolfo corrispondevano anchesse a ottone prodotto nel XX secolo piuttosto che nel XVI secolo Analisi sulla placca di Drake

28 Oltre al dato fornito dallanalisi chimica, di per sè sufficiente a determinare la non autenticità del manufatto, analisi tecnologiche confermarono lipotesi di un falso: la placca sembrava prodotta con un procedimento moderno piuttosto che sagomata a martello, lunica tecnica nota ai tempi di Drake; lo spessore della placca non presentava variazioni superiori al 2%, ununiformità impossibile da ottenere nel XVI secolo Alla fine, i risultati delle analisi eseguite tra il 1975 e il 1979 furono incorporati in due resoconti formali nei quali si dichiarava che le analisi...rendevano virtualmente certo che la placca non era un pezzo di ottone del XVI secolo, e il responsabile delle analisi ad Oxford dichiarò che riteneva "...del tutto irragionevole continuare a credere nellautenticità della placca Resta a tuttoggi ignoto lautore del falso Conclusioni

29 Lanalisi è stata effettuata senza prelevare campioni, irraggiando direttamente i busti e raccogliendo il segnale in fluorescenza X. Sorprendentemente, lanalisi elementare ha mostrato che i busti non sono in bronzo bensì in ottone! I risultati sui sette oggetti sono infatti i seguenti: rame 60-73%, zinco 23-36%, piombo 2-3% e stagno soltanto 1%. Inoltre il contenuto di zinco è insolitamente elevato per ottoni prodotti in Europa in epoca rinascimentale: come detto in precedenza, esso dovrebbe essere nellintervallo 22-28%. Infine le impurezze di altri elementi sono molto basse, a riprova delimpiego di materie prime molto raffinate. I busti potrebbero risalire al XIX o XX secolo Un altro caso relativo a oggetti darte in lega è quello di una serie di sette piccoli busti in bronzo riproducenti il Papa Paolo III Farnese, appartenenti alla National Gallery di Washington. I busti sono attribuiti allartista Guglielmo della Porta, contemporaneo di Benvenuto Cellini (XVI secolo) e sono stati forgiati con la tecnica della fusione a cera persa, in linea con la tradizione storica del Rinascimento. Tuttavia non esiste alcuna documentazione sui busti precedente agli anni 30 La loro autenticità è stata quindi verificata mediante spettroscopia XRF per determinare se la composizione del bronzo fosse compatibile con lattribuzione temporale Busti di Papa Paolo III Farnese

30 La determinazione dei metalli presenti nelle leghe utilizzate in oreficeria può dare indicazioni sullautenticità degli oggetti preziosi. Gli oggetti in argento devono contenere sempre impurezze di oro e piombo, in quanto i metodi di raffinazione dei minerali impiegati in antichità non erano in grado di eliminare le tracce di elementi secondari Siccome largento si trova in forma nativa associato ad oro oppure in minerali di piombo (galena), questi elementi lasciano residui che fungono da marcatori; un livello di concentrazione troppo basso deve far pensare a falsificazioni moderne ottenute con materie prime troppo raffinate per essere antiche Oggetti in oro e argento

31 Nel grafico riportato i falsi documentati sono quelli rappresentati con pallini bianchi: essi contengono sistematicamente una % percentuale di oro inferiore allo 0.2%, tecnicamente possibile con argento molto raffinato quale si può ottenere attualmente o quale era stato ottenuto in tarda epoca sassanide, cioè dopo il V secolo d.C. come documentano esemplari di attribuzione certa Monete dargento sassanidi Nelle monete dargento di origine Sassanide (II-VI secolo d.C.), il livello di oro definisce chiaramente la distinzione tra monete autentiche e falsi

32 Un altro punto-chiave per riconoscere i falsi oggetti in metallo prezioso sono le saldature. Nellarte orafa antica si utilizzavano leghe contenenti oro, rame, argento o zinco. La presenza di altri elementi nei punti di contatto, cioè di applicazione della pasta di saldatura, può essere indice di un ritocco successivo oppure di una completa falsificazione Un elemento particolarmente idoneo a identificare un ritocco postumo è il cadmio, metallo ignoto fino al XIX secolo come elemento puro ma di cui sono scarse le testimonianze anche in antichità; esso si può ricavare da minerali quali la greenockite (CdS). Se è vero che limpiego non intenzionale di greenockite non può essere escluso in antichità, va considerato che il cadmio è un elemento estremamente volatile (fonde a 321°C e vaporizza a 768°C) e presubilmente veniva perso in fase di estrazione dal minerale Un esempio di analisi delle saldature riguarda alcune spille longobarde di epoca medioevale. Nella figura seguente sono mostrate una spilla autentica (a) e una ritenuta falsa (b). Effettuando lanalisi XRF dei punti di saldatura si rileva una composizione oro-argento nel primo caso, ma oro-argento e cadmio nel secondo caso, come si nota dagli spettri ottenuti Saldature antiche

33 Spettri XRF

34 Due medaglioni in oro e smalti, oggetto di una vendita, sono stati sottoposti ad analisi chimica per verificarne l'autenticità. Lautenticazione dei medaglioni chiamati "San Teodoro" (sx) e "Cristo" (dx) è basata sulla determinazione della composizione della base dorata e degli smalti vetrosi a cloisonné, e sul confronto tra i dati ottenuti e i dati esistenti in letteratura relativi ad oggetti analoghi per provenienza ed epoca. Medaglioni bizantini Lipotesi di autenticità in discussione è che i medaglioni siano databili alla fine dellXI secolo e di provenienza bizantina

35 La composizione della lega in oro e degli smalti può essere determinata mediante analisi elementare. I presupposti analitici su cui basare lattribuzione di autenticità delloggetto sono i seguenti: purezza delloro: un grado di purezza troppo elevato non è compatibile con lattribuzione allepoca medievale, in quanto le tecniche di raffinazione delloro non permettevano di eliminare totalmente le impurezze di argento, sempre presente nelloro nativo, e di rame purezza delloro: un grado di purezza troppo elevato non è compatibile con lattribuzione allepoca medievale, in quanto le tecniche di raffinazione delloro non permettevano di eliminare totalmente le impurezze di argento, sempre presente nelloro nativo, e di rame presenza negli smalti di elementi non in uso in epoca medievale: alcuni metalli sono utilizzati come coloranti nei vetri, ma la loro introduzione è recente; alcuni esempi sono luranio e il cromo. Un altro elemento non utilizzato negli smalti medievali è larsenico presenza negli smalti di elementi non in uso in epoca medievale: alcuni metalli sono utilizzati come coloranti nei vetri, ma la loro introduzione è recente; alcuni esempi sono luranio e il cromo. Un altro elemento non utilizzato negli smalti medievali è larsenico composizione generale degli smalti: mentre la presenza di alcuni elementi anomali è di per sé sufficiente a stabilire la non autenticità di un manufatto in vetro, per altri elementi è necessario valutare la concentrazione in rapporto ai valori noti dalla letteratura limitatamente allarea geografica e allepoca storica. Elementi particolarmente critici sono: composizione generale degli smalti: mentre la presenza di alcuni elementi anomali è di per sé sufficiente a stabilire la non autenticità di un manufatto in vetro, per altri elementi è necessario valutare la concentrazione in rapporto ai valori noti dalla letteratura limitatamente allarea geografica e allepoca storica. Elementi particolarmente critici sono: bario (Ba): lossido, BaO, è utilizzato come stabilizzante in alternativa allossido di calcio, CaO, ma il suo impiego è generalmente limitato a manufatti dallEstremo Oriente bario (Ba): lossido, BaO, è utilizzato come stabilizzante in alternativa allossido di calcio, CaO, ma il suo impiego è generalmente limitato a manufatti dallEstremo Oriente zinco (Zn): è presente generalmente come impurezza di composti di piombo o rame, oppure associato al rame nel caso sia stata impiegata una lega come materia prima (es. ottone); è invece sospetta la presenza in quantità elevata, che indica un uso intenzionale di ossido di zinco, ZnO, anomalo in epoca medievale zinco (Zn): è presente generalmente come impurezza di composti di piombo o rame, oppure associato al rame nel caso sia stata impiegata una lega come materia prima (es. ottone); è invece sospetta la presenza in quantità elevata, che indica un uso intenzionale di ossido di zinco, ZnO, anomalo in epoca medievale piombo (Pb): limpiego dellossido di piombo, PbO, come stabilizzante è ampiamente documentato ma la percentuale varia a seconda dellepoca e dellarea geografica di produzione piombo (Pb): limpiego dellossido di piombo, PbO, come stabilizzante è ampiamente documentato ma la percentuale varia a seconda dellepoca e dellarea geografica di produzione potassio (K): lossido, K 2 O, è utilizzato come fondente in alternativa o in aggiunta allossido di sodio, Na 2 O; ne è documentato limpiego massiccio a partire dallXI secolo potassio (K): lossido, K 2 O, è utilizzato come fondente in alternativa o in aggiunta allossido di sodio, Na 2 O; ne è documentato limpiego massiccio a partire dallXI secolo

36 Lanalisi elementare è stata effettuata con la tecnica XRF, impiegando uno spettroscopio portatile in maniera totalmente non distruttiva Caratterizzazione della lega in oro: lanalisi della parte dorata nei due medaglioni ha mostrato un tenore in oro attorno al 78% per il San Teodoro e attorno al 95% per il Cristo Come si può notare, il tenore in oro nei due medaglioni è molto diverso. Mentre il medaglione "San Teodoro" ha percentuali discrete di elementi diversi dalloro (argento e rame) in accordo con le limitate possibilità di raffinamento delloro in epoca medievale, il medaglione "Cristo" mostra una purezza troppo elevata per un oggetto di oreficeria medievale. Per avere un confronto con oggetti contemporanei di oreficeria bizantina, citiamo la Corona dellImperatore Costantino Monomaco conservata a Budapest e databile alla metà dellXI secolo: in essa il tenore di oro varia attorno al 79%, mentre una sua nota falsificazione, conservata presso il Victoria and Albert Museum di Londra e risalente allinizio del XX secolo, presenta un tenore in oro del 99.5%

37 Caratterizzazione degli smalti vetrosi: gli smalti vetrosi sono presenti nei due medaglioni in colori diversi: blu, rosso, bianco, nero e crema. Lanalisi dei vari colori ha portato a risultati differenti per i due medaglioni. A prima vista la composizione degli smalti nel medaglione "San Teodoro" è del tutto compatibile con i dati noti dalla letteratura per opere analoghe di area bizantina ed epoca medievale: si tratta di vetri opachi a composizione classica soda-calce con percentuali non nulle di potassa come fondente e ossido di piombo come stabilizzante; ferro e manganese sono i coloranti addizionati per lo smalto nero. Per quanto riguarda gli smalti del medaglione "Cristo", è opportuno analizzare colore per colore i risultati ottenuti: smalto blu: Il colore risulta ottenuto per mezzo di un sale di cobalto, il cui impiego è noto da epoche antiche. Risulta invece insolitamente elevata la concentrazione di K 2 O e di PbO, mentre è molto bassa la percentuale di CaO. Si tratta di una formulazione anomala per un vetro medievale smalto blu: Il colore risulta ottenuto per mezzo di un sale di cobalto, il cui impiego è noto da epoche antiche. Risulta invece insolitamente elevata la concentrazione di K 2 O e di PbO, mentre è molto bassa la percentuale di CaO. Si tratta di una formulazione anomala per un vetro medievale smalto rosso: Negli smalti rossi il colore risulta ottenuto dalladdizione di rame, presente in concentrazione compatibile con i dati noti. La presenza di BaO come stabilizzante è invece anomala, così come la concentrazione elevata di K 2 O e di ZnO smalto rosso: Negli smalti rossi il colore risulta ottenuto dalladdizione di rame, presente in concentrazione compatibile con i dati noti. La presenza di BaO come stabilizzante è invece anomala, così come la concentrazione elevata di K 2 O e di ZnO smalto bianco: risulta essere il più controverso, a causa della presenza di ossido di arsenico (As 2 O 3 ), probabilmente introdotto come agente opacizzante, il cui utilizzo è documentato a partire dal XVII secolo smalto bianco: risulta essere il più controverso, a causa della presenza di ossido di arsenico (As 2 O 3 ), probabilmente introdotto come agente opacizzante, il cui utilizzo è documentato a partire dal XVII secolo smalto nero: Il colore è dovuto alla presenza di manganese, in accordo ai dati noti. Le percentuale di K 2 O e PbO sono nuovamente troppo elevate per vetri dellXI secolo smalto nero: Il colore è dovuto alla presenza di manganese, in accordo ai dati noti. Le percentuale di K 2 O e PbO sono nuovamente troppo elevate per vetri dellXI secolo

38 Lanalisi comparata dei dati forniti dai due medaglioni e il confronto dei dati con quelli noti dalla letteratura scientifica per oggetti analoghi suggerisce che lipotesi di autenticità del medaglione "Cristo" non sia corretta, in relazione ai seguenti punti: il grado di purezza delloro che costituisce la base del medaglione è troppo elevata il grado di purezza delloro che costituisce la base del medaglione è troppo elevata la composizione degli smalti vetrosi risulta anomala per quanto riguarda la concentrazione di BaO, K 2 O, PbO e ZnO la composizione degli smalti vetrosi risulta anomala per quanto riguarda la concentrazione di BaO, K 2 O, PbO e ZnO la presenza di As 2 O 3 negli smalti bianchi è incompatibile con lattribuzione delloggetto allepoca medievale la presenza di As 2 O 3 negli smalti bianchi è incompatibile con lattribuzione delloggetto allepoca medievale

39 Questo crocifisso processionale in policromia, di produzione spagnola, risalirebbe al XIII secolo. Questa sarebbe la sua attribuzione al momento dellacquisto da parte del Metropolitan Museum of Art di New Analisi di una croce processionale York nel 1955. Le pur limitate conoscenze scientifiche dellepoca lo bollarono subito come falso Analisi più recenti con le tecniche Raman e SEM-EDS hanno permesso di stabilire che si tratta della rifabbricazione di una croce medievale spagnola, forse del XIV secolo, invecchiata ad arte in modo da presentarsi antica La presenza di bianco zinco e, soprattutto, rosso cadmio, fanno risalire la manifattura della policromia a non più tardi dellinizio del XX secolo

40 Queste due opere di fattura medievale sono messe a confronto per verificare se possono appartenere allo stesso autore, Matteo di Bartolo. Lanalisi PIXE, effettuata in situ, rivela nelle aree rosse la presenza di ferro in quella di sx, e di cadmio in quella di dx: questultima risulta quindi un falso risalente almeno all800

41 In altri casi è possibile verificare l'esistenza di copie a partire da una matrice originale. La figura mostra un'incisione su rame di Albrecht Dürer (1471–1528) chiamata San Pietro e San Giovanni nel tempio; l'incisione originale fu utilizzata per alcune stampe a colori in epoca successiva e sono note almeno due riproduzioni Analizzando con la spettroscopia XRF i pigmenti utilizzati per le stampe, è possibile trarre conclusioni sull'epoca della stampa Stampe da incisioni

42 Nella stampa di sinistra si identificano azzurite, malachite, bianco piombo, cinabro, ocra rossa e gialla, minio, oro e calcite, una tavolozza riconducibile al XVI secolo; inoltre sono presenti impurezze di silicio, titanio e bario che indicano un'origine Qual è la più vecchia? naturale dei pigmenti. Il monogramma GM è riconducibile all'artista Georg Mack il Vecchio, operativo a Norimberga nella seconda metà del XVI secolo La stampa di destra contiene invece pigmenti utilizzati a partire dal XIX secolo, come Bianco zinco (ZnO) e Verde ossido di Cromo (Cr 2 O 3 ): è evidente quindi che essa è stata impressa in epoca sicuramente posteriore alla precedente

43 il metodo al radiocarbonio per materiali organici, contenenti cioè molecole a base di carbonio e idrogeno: questo metodo determina letà di morte di un organismo di origine vegetale o animale, in base alla diminuzione dellisotopo 14 C nella sua struttura il metodo al radiocarbonio per materiali organici, contenenti cioè molecole a base di carbonio e idrogeno: questo metodo determina letà di morte di un organismo di origine vegetale o animale, in base alla diminuzione dellisotopo 14 C nella sua struttura il metodo della termoluminescenza per i materiali ceramici: esso determina letà dellultima cottura di un reperto ceramico, in base alla luminescenza causata da elettroni fuoriusciti dalle loro posizioni per effetto di radiazioni, e rimasti intrappolati nel reticolo cristallino il metodo della termoluminescenza per i materiali ceramici: esso determina letà dellultima cottura di un reperto ceramico, in base alla luminescenza causata da elettroni fuoriusciti dalle loro posizioni per effetto di radiazioni, e rimasti intrappolati nel reticolo cristallino il metodo al fluoro per materiali rinvenuti sotto terra, nei quali, attraverso un processo di diagenesi, il fluoro proveniente dal terreno sia stato assorbito dalla superficie del reperto prendendo il posto di altri ioni il metodo al fluoro per materiali rinvenuti sotto terra, nei quali, attraverso un processo di diagenesi, il fluoro proveniente dal terreno sia stato assorbito dalla superficie del reperto prendendo il posto di altri ioni Spesso un falso può essere rivelato mediante la semplice determinazione della sua età storica, applicando una delle numerose tecniche di datazione. Queste tecniche, sviluppate per determinare letà dei reperti a scopo archeologico, sono impiegate anche a scopo di autenticazione. A seconda del tipo di materiale, sono particolarmente utili le seguenti: Datazione incompatibile con letà dichiarata

44 Forse la più famosa bufala nella storia della scienza è quella relativa al cosidetto Uomo di Piltdown. Si tratta di un ricco insieme di ossa, denti e frammenti di teschio rinvenuti tra il 1909 e il 1915 in una cava di ghiaia vicino a Piltdown, nella contea dellEast Sussex in Inghilterra. Lo scopritore fu un antropologo dilettante di nome Charles Dawson. Subito considerato oggetto di estremo interesse dagli studiosi dellepoca, i reperti vennero utilizzati per assemblare il teschio di quello che fu ritenuto il più antico antenato delluomo, da allora noto, appunto, come Uomo di Piltdown e chiamato Eoanthropus dawsoni dal nome dello scopritore. Lampiezza della cassa cranica faceva pensare ad un individuo con un grande cervello, quindi avente un elevato grado di intelligenza; le mascelle, invece, avevano caratteristiche distintamente scimmiesche. In definitiva, lUomo di Piltdown poteva essere lanello mancante della catena evolutiva, lelemento di congiunzione tra luomo e la scimmia. Letà attribuita era di circa 500.000 anni LUomo di Piltdown

45 In realtà, successivi ritrovamenti in Africa rendevano incompatibile il suo inserimento nella catena evolutiva, che suggeriva un origine africana per luomo, ed è curioso pensare che inizialmente si pensò ai ritrovamenti africani come a dei falsi La bufala del secolo

46 Nel 1953 furono presentate analisi di datazione al fluoro che, per la prima volta, suggerivano la non autenticità dei frammenti. Successivamente, analisi più dettagliate individuarono sulla superficie dei frammenti la presenza di solfato ferroso, dicromato di potassio e un colorante organico, probabilmente Marrone di Vandyke, utilizzati forse per impartire ai fossili un colore rugginoso simile a quello dei materiali preistorici. I frammenti derivavano effettivamente da uno scheletro umano e da mascelle di scimmie, ma di epoca contemporanea, spezzati ad arte in modo da non far rivelare i punti di contatto e mescolati a frammenti di fossili autentici per favorire una datazione antica Sullautore della bufala si sono fatte molte ipotesi. Le più accreditate individuano il responsabile nello scopritore dei fossili, Charles Dawson; altri puntano sullo scrittore Arthur Conan Doyle, che avrebbe in questo modo perpetrato una vendetta ai danni dei circoli scientifici dellepoca, colpevoli ai suoi occhi di non prendere sul serio le sue teorie esoteriche La scoperta del falso

47 Lautenticità dei reperti ceramici può essere valutata con il metodo di datazione della Termoluminescenza. Questa tecnica permette di risalire allepoca dellultima cottura delloggetto, quindi presumibilmente allepoca della sua manifattura. Le caratteristiche della tecnica sono tali, tuttavia, che a volte la datazione può risultare fuorviante: se il reperto è stato soggetto a riscaldamenti successivi oltre a quello effettuato in fase di cottura, la luminescenza accumulata dallepoca della cottura si perde irreversibilmente e quindi letà del manufatto risulta più recente: questo può essere il caso di reperti sottoposti ad incendi Un caso più curioso si può verificare quando reperti ceramici siano trafugati da tombaroli che non abbiano nozioni di chimica sufficienti. Se si trova un vaso in frammenti mentre si ha già pronto il compratore, per restaurarlo più in fretta è possibile che il pezzo sia messo ad asciugare in un forno, ma se la temperatura di essiccamento supera i 100°C, la radioattività che si è accumulata nei secoli scompare completamente e lanalisi di termoluminescenza non può che determinare la non autenticità del reperto. In questo caso un vaso autentico risulta falso per un errore del tombarolo Autenticazione di reperti ceramici

48 Senza dubbio tra i reperti storici più noti al mondo vi è la Sacra Sindone, il drappo in lino conservato nel Duomo di Torino e ritenuto essere il lenzuolo funebre di Gesù Cristo, in virtù dell'immagine in negativo impressa in tutta la lunghezza del tessuto L'autenticità del manufatto avrebbe ovviamente implicazioni religiose fin troppo evidenti La Sacra Sindone

49 Nel 1978 fu creato un gruppo di lavoro internazionale denominato STURP (Shroud of Turin Research Project), incaricato di effettuare studi scientifici sul lino. La conclusione fu che l'immagine sulla Sindone non era un dipinto ma si era formata da prodotti di ossidazione della cellulosa contenuta nelle fibre di lino e da materiale ematico fuoriuscito da un corpo umano ferito Analisi sulla Sindone Uno studio indipendente, portato avanti nel 1979 dal già citato Walter McCrone con la microscopia a luce polarizzata, fornì invece risultati opposti e contrastanti con l'attribuzione storico- religiosa del lino: l'immagine sarebbe risultata un dipinto composto per lo più da ossido di ferro e cinabro per simulare il colore del sangue; non c'erano tracce di materiale ematico e, per di più, i due pigmenti erano identificati soltanto nelle zone dell'immagine. Questi risultati furono confermati nel 1980 da analisi con le tecniche XRD e SEM-EDX che identificarono rispettivamente ocra rossa + vermiglio e ferro + mercurio + zolfo nelle aree dell'immagine

50 A quel punto lo STURP suggerì di effettuare sul lino, materiale di natura organica, un test di datazione con il radiocarbonio, che fu assegnato a tre laboratori indipendenti. Il risultato delle tre misure fornì una data relativa al XIV secolo, gettando una luce sinistra sull'autenticità del manufatto. In seguito ci furono contestazioni relativamente al protocollo seguito per la misura del 14 C, alla significatività del campionamento e soprattutto al danno sofferto dal lino a seguito dell'incendio di Chambéry nel 1532, che potrebbe aver causato un errore non trascurabile nella 14 C sulla Sindone misura di 14 C, Misure successive effettuate da ricercatori russi, in condizioni di stress termico simili a quelle dell'incendio, dimostrarono la possibilità di un errore in eccesso nella datazione; la stessa possibilità si originerebbe in presenza di contaminati organici moderni inglobati nel lino. A sostegno della veridicità della misura 14 C, e quindi dell'attribuzione del lino al XIV secolo, c'è la considerazione che per cambiare una data dal I secolo al XIV secolo sarebbe necessario un peso di carbonio moderno pari a due volte il peso della Sindone stessa. La questione dell'autenticità della Sindone resta quindi apertissima

51 Ci sono casi di falsificazione più sofisticati, in cui si utilizza il materiale effettivamente dichiarato ma alterato in maniera da aumentarne il valore. Prendendo in considerazione le pietre preziose, è noto che il loro valore dipende dalla grandezza, dal colore, dall'aspetto e dall'origine; alcuni di questi parametri possono essere artificialmente modificati. Un trattamento termico, per esempio, può migliorare il colore e la chiarezza di una gemma Un altro esempio può essere l'unione di due frammenti di pietre preziose con un collante: il valore commerciale della pietra risultante è senza dubbio molto maggiore rispetto a quello dei due frammenti, e se si riesce a trovare un collante che non alteri l'indice di rifrazione della pietra (e quindi non riveli la frattura) il gioco è fatto. L'analisi chimica dell'oggetto nella sua globalità non potrebbe che confermarne l'autenticità, tuttavia un'analisi più accurata potrebbe rivelare la presenza del materiale estraneo, il collante appunto, che darebbe un segnale all'analisi Raman o IR assai diverso da quello della pietra preziosa Alterazione di pietre preziose


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