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I monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA Facoltà di Economia, Giurisprudenza, Ingegneria, Lettere e Filosofia, Scienze Politiche Corso di laurea in Comunicazione Interculturale e Multimediale I monumenti ai caduti della Prima Guerra Mondiale Relatore: Prof. Giorgio Fedel Cristina Spelta Matr /65 Anno Accademico 2005/2006
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IL QUADRO STORICO La Prima Guerra Mondiale è la prima guerra moderna, di massa, di logoramento, di trincea. Non è un caso che sia conosciuta con l’appellativo di “Grande Guerra”; dove l’aggettivo grande suggerisce la portata sconvolgente dell’avvenimento, e, al contempo, lo identifica come trauma collettivo e come vera e propria frattura del corso storico dell’età contemporanea.
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La Prima Guerra Mondiale
Il senso di smarrimento prodotto dalla guerra fu epocale. Sigmund Freud scrisse nel 1915: «Ci pare che mai un evento storico abbia distrutto in tal misura il così prezioso patrimonio comune dell’umanità, turbato talmente tante delle più lucide intelligenze, inabissato così profondamente tutto quanto vi è di elevato?» “Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte”, 1915 Sigmund Freud
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La Prima Guerra Mondiale
Dinnanzi ai milioni di morti, tra soldati e civili, alla distruzione di intere città, i lutti che avevano colpito praticamente ogni famiglia di ogni paese e la situazione economica disperata in cui versavano gli stati durante, ma soprattutto alla fine della guerra, accadde qualcosa che nei conflitti del passato era stato appena accennato: iniziò il processo di glorificazione dell’esperienza della guerra, che ben presto si trasformò in Mito. Questa esigenza, che consisteva non solo nel dare un valore all’esperienza vissuta per consolarsi della sconfitta, ma addirittura nel glorificarla, rendendola sacra, era sentita principalmente dai reduci.
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Volontari in guerra Il Mito dell’Esperienza della Guerra nasce proprio grazie ai volontari della Rivoluzione Francese e, in particolare, a quel gruppo, per la verità poco numeroso, di giovani borghesi istruiti in grado di crearlo a proclamarlo. I soldati iniziarono ad essere onorati come eroi, in vita e soprattutto dopo la morte. Risale al 1792 la proposta di ristrutturazione del cimitero centrale di Parigi da parte di una commissione ufficiale, che prevedeva che tutti i viali, costeggiati dalle tombe, dovessero sfociare in una piazza, al centro del cimitero, all’interno della quale le ceneri dei soldati caduti al servizio della patria sarebbero state mescolate a quelle dei grandi uomini di Francia. Nonostante questo sia rimasto un progetto incompiuto, è indicativo del diverso status di cui beneficiava il soldato.
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La costruzione del Mito
Tappa importante nella formazione del culto del soldato caduto è la nuova percezione collettiva della morte. La morte in guerra fu assorbita dalla Rivoluzione e dalla nazione: la morte non veniva più considerata un fatto individuale, bensì un evento che produceva un’eco nazionale.
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La costruzione del Mito
Un chiaro esempio della nuova concezione di morte, in cui la Natura benefica e consolatrice giocava un ruolo cruciale, è dato dal Pére Lachaise di Parigi. Nacque un nuovo modello di cimitero, in cui l’uniformità delle tombe, che per consuetudine dovevano essere poco sfarzose di aspetto discreto, tentò di livellare le differenze sociali invece permanevano in vita. Iniziò così quel processo di democratizzazione della società, che, se ancora durante la vita terrena presentava acute divisioni di classe, almeno in quella ultraterrena poteva avvicinarsi all’ideale rivoluzionario dell’egalité.
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Il Pére Lachaise
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La costruzione del Mito
Il cimitero militare, nonostante l’evoluzione di quello civile, era ancora un progetto vago. Per tutto il corso del XIX secolo, infatti, i morti in guerra, quando era prevista una sepoltura, non avevano cimiteri propri e la celebrazione del loro eroismo, che avveniva sempre attraverso monumenti “collettivi”, in cui non venivano riportati i nomi dei caduti, era spesso affidata ai versi e alle opere in prosa di uomini che avevano combattuto come volontari. I caduti venivano onorati in maniera del tutto anonima e i loro corpi non erano minimamente considerati come possibile oggetto di culto: la sepoltura avveniva raramente e spesso i cadaveri erano abbandonati alla putrefazione.
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La costruzione del Mito
I cimiteri militari veri e propri nascono solo con la Prima Guerra Mondiale, quando la Francia, patria della Rivoluzione emanò una legge, quella del 29 dicembre 1915, in cui fu decretato il diritto di ciascun singolo caduto in guerra ad un luogo di riposo perpetuo. Gli altri Paesi europei presto seguirono l’esempio francese. Questa decisione venne presa essenzialmente per due motivi…
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La costruzione del Mito
Innanzitutto perché il numero dei morti della Prima Guerra Mondiale era elevatissimo e richiedeva un sistema di sepoltura adeguato, per evitare il rapido diffondersi di malattie infettive non solo tra i soldati, ma anche tra la popolazione civile; secondariamente, a causa della drammaticità della guerra, che aveva portato lutti ad ogni famiglia, nacque l’esigenza generale, avvertita a livello nazionale, di offrire una degna sepoltura ai propri cari. Alla luce di questi due fattori, gli Stati europei non poterono più comportarsi in maniera indifferente nei confronti dei propri caduti e si arrivò alla costruzione dei cimiteri militari.
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La costruzione del Mito
I monumenti ai caduti, al contrario dei cimiteri militari, quindi, non furono una novità che nacque con la Prima Guerra Mondiale, anche se con essa assunsero un valore completamente differente e si caricarono di significati simbolici inesistenti in passato. Infatti, prima del 1914, su di essi non erano riportati i nomi dei singoli caduti; semplicemente, veniva eretto un monumento che celebrava il coraggio ed il valore di un battaglione o di un reggimento, o talvolta dell’intero esercito di una nazione, senza che fosse presente un elenco con i nomi di tutti i caduti.
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L’APPROCCIO DI MOSSE Mosse, nello studio del Mito dell’Esperienza della Guerra, ha individuato il ruolo fondamentale che giocarono il Cristianesimo e il nazionalismo per la sua costruzione: la paura della morte fu superata dalla volontà di rendere servizio alla patria, in una missione benedetta da Dio. La morte non doveva essere temuta, così come aveva fatto Gesù, poiché il sacrificio per la nazione trascendeva la morte fisica; quella spirituale, infatti, non sarebbe sopraggiunta, perpetuandosi la sacra missione nei compagni d’arme. Il legame tra il soldato e Cristo diventa un’icona di questo fenomeno.
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Il legame Cristo - soldato
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Nazionalismo e Cristianesimo: le basi del Mito dell’Esperienza della Guerra
Il Mito, più che durante la guerra stessa, prosperò in seguito, quando la sconfitta bruciante della Germania, e le incalcolabili perdite umane di tutti gli Stati europei, imposero la consacrazione del sacrificio sostenuto, avvertita con intensità ancora maggiore rispetto all’esigenza di legittimare l’arruolamento del 1914.
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Nazionalismo e Cristianesimo: le basi del Mito dell’Esperienza della Guerra
I morti rappresentavano la salvezza per i vivi, che percepivano l’importanza di appartenere alla stessa nazione, proprio in virtù di tutti coloro che erano deceduti per onorarla e glorificarla; e qui si può cogliere il legame inscindibile tra Cristianesimo e Nazionalismo, i due cardini del mito. In questo senso, il cameratismo tra i vivi fu più incisivo, nella creazione del Mito, di quello esistente tra i soldati.
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Il cimitero militare: il primo passo per l’affermazione del Mito.
Il cimitero di guerra occupò un posto centrale nel culto del soldato caduto. Perché i cimiteri militari in Europa nacquero proprio con la Grande Guerra? La nascita di esso è subordinata ad uno scopo funzionale: i governi europei avevano intuito l’importanza sociale e simbolica acquisita dai soldati, eroi della patria ed emissari divini, e decisero di sfruttarla per alimentare il Mito. Il cimitero militare, quindi, fu sì creato per rispondere alla necessità pratica di organizzare ordinatamente ed efficientemente il sistema di sepoltura, ma, in realtà, incontrò una tale approvazione proprio per il valore simbolico che propugnava.
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Il cimitero militare: il primo passo per la costruzione del Mito.
La commistione di elementi cristiani e nazionalistici nel Mito è visibile concretamente nei cimiteri militari della Grande Guerra, in cui la Croce del Sacrificio accompagna la Pietra della Rimembranza.
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Il cimitero inglese di Linchfil
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I monumenti ai caduti: il centro focale del Mito
Con la Prima Guerra Mondiale i monumenti ai caduti cessano di essere anonimi e su di essi iniziano a comparire i nomi dei singoli soldati: in questo senso il Mito dell’Esperienza della Guerra fu un mito democratico. Si tentò di onorare ciascun singolo morto in guerra, accordandogli una tomba individuale, inscrivendo il suo nome sul luogo della sepoltura, o sul monumento locale. Il singolo non veniva onorato per le sue gesta individuali, non come persona in quanto tale, ma come parte di un progetto superiore, di una guerra condotta per glorificare e potenziare la patria. Il valore simbolico dei monumenti ai caduti non si sofferma tanto sul singolo soldato, quanto sulla forza della collettività, unita nell’inseguire il medesimo fine.
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Il cimitero britannico a Vlamertinghe
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L’APPROCCIO DI KOSSELECK
Ciò che rende unici i monumenti dedicati ai caduti della Prima Guerra Mondiale è l’ideologia che sta alla base di essi. Essi fecero molto di più che ricordare dei morti; proposero, infatti delle identificazioni. In primo luogo i caduti furono identificati come eroi, poi come i garanti della fede e del dovere, infine, come i guardiani della patria, dell’umanità e della giustizia. Essi non furono mai evocati semplicemente in quanto semplici morti. Il significato di “morire per la patria”, che spesso viene inciso sui monumenti, era fondato sui sopravvissuti e non sui morti.
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Il passaggio alla modernità: la funzionalizzione della morte
Il ricordo della morte venne spostato in un sistema funzionale volto all’avvenire dei sopravvissuti e il declino dell’interpretazione cristiana della morte lasciò campo libero a interpretazioni puramente politiche e sociali.
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L’altra faccia della modernità: la democratizzazione della morte
Il monumento ai caduti tipico di questo periodo storico, come già segnalato da Mosse, testimonia l’abolizione delle gerarchie militari come indice di prestigio sociale; viene infatti celebrata l’uguaglianza davanti alla morte, per coloro che, indipendentemente dal grado militare, hanno sacrificato la vita per la patria. Il monumento divulga quell’ideale di uguaglianza che, durante la vita militare, era, per forza di cose, impossibile da realizzare. La gerarchia e i gradi militari erano infatti necessari per l’efficiente funzionamento dell’apparato militare di uno stato, ma, di fronte alla morte, il gesto eroico del soldato semplice era comparato al valore del primo ufficiale.
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La democratizzazione della morte
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La democratizzazione della morte
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L’occultamento della morte
Funzionalizzazione e democratizzazione sono fattori che concorrono all’occultamento della morte. Essi mostravano una realtà distorta, presentando la morte non come un fatto puramente personale, bensì come un tributo alla patria, un gesto valoroso che avrebbe consacrato l’anima del caduto e, di riflesso, tutta la nazione a Dio. In realtà, come aveva già evidenziato Mosse, la spaventosa vita di trincea, lo spettro incombente della morte e lo schiacciante peso della solitudine, più che orgoglio patriottico e fede in Dio, insinuavano la paura e la disperazione nel cuore dei soldati.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Il Mito dell’Esperienza della Guerra nacque quindi con la Rivoluzione Francese e si realizzò nei mesi precedenti lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando i governi europei intuirono la valenza del caduto ai fini della mobilitazione bellica e raggiunse il suo culmine simbolico dopo il 1918. Il Mito prosperò perché la gente comune, coloro che avevano perso i propri familiari e uscivano moralmente distrutti da una guerra devastante, avevano un bisogno disperato di aggrapparsi all’idea di una salvezza che provenisse da entità superiori, fossero Dio, o la nazione, o entrambi.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Mosse individua il fondamento ideologico del Mito nel Nazionalismo e nell’utilizzo funzionale del Cristianesimo, che portano all’elaborazione di una nuova concezione di morte, e, con essa, della vita stessa. Secondo Mosse, il Mito fu una mossa politica adottata dai governi, che, appunto, tentarono di convertire il dolore di un popolo in orgoglio nazionale, per non dover ammettere che quella guerra, tanto celebrata in principio, era stata, in realtà, un carneficina di dimensioni colossali, un ardente e sconfortante fallimento per tutti, vinti e vincitori. La morte doveva essere occultata, la mattanza dimenticata; dovevano sopravvivere solo l’eroico olocausto dei propri soldati e la grandezza della patria.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Kosseleck si sofferma proprio su questo aspetto; l’occultamento della morte fu la base del Mito, e si ottenne con la sua funzionalizzazione e la sua democratizzazione. D’altra parte, se ciò non fosse avvenuto, non sarebbe stato possibile proporre le famose identificazioni tra vivi e caduti. La morte rendeva eguali coloro che in vita erano stati divisi da differenze sociali, economiche ed intellettuali, per la sola ragione che avevano combattuto per la patria; e la patria stessa, in essi, si specchiava. Il valore dell’identificazione è rintracciabile proprio nel mutamento della concezione di morte, che fu democratizzata attraverso l’erezione di monumenti che celebravano il soldato semplice insieme ai gradi militari più importanti, e che venne funzionalizzata dal potere politico al fine di falsare la tragedia della Grande Guerra.
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