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Il punto di vista del medico
Prof. Francesco Stillo Dip. Chirurgia Vascolare Istituto Dermopatico dell’Immacolata IRCCS, Roma
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Che cos’è l’Aneurisma Aortico
Un Aneurisma dell’Aorta è una dilatazione localizzata e permanente dell’aorta, a seconda della localizzazione, l’aneurisma aortico è definito addominale (AAA) o toracico (TAA) Se un aneurisma non viene diagnosticato nè trattato, si può rompere e portare a gravissima emorragia interna quindi al decesso. Rottura del-l’aneurisma Aorta con aneurisma Aorta normale La mortalità negli aneurismi rotti arriva fino al 75%-80% contro il 2-7% del trattamento in elezione In Italia ogni anno sono oltre i decessi per rottura di aneurisma
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Opzioni terapeutiche Intervento chirurgico (OS)
procedura tradizionale invasività notevole lunga degenza e convalescenza possibili controindicazioni/complicanze Int. endovascolare (EVAR) minore invasività minore mortalità operatoria minor durata del ricovero appropriatezza dell’indicazione in base all’anatomia del paziente
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Diagnosi e trattamento degli AAA Linee guida SICVE
Indicazioni al trattamento: Il rischio di rottura dell’aneurisma è correlato alle sue dimensioni, e risulta essere dell’1,0%, 9,4%, 19,1% e 32,5% per AAA <5,4cm, 5,5-5,9 cm, 6,0-6,9 cm e ≥7,0 cm, rispettivamente, ed è maggiore in caso di espansione rapida e nel sesso femminile. Linee guida SICVE: La chirurgia open è indicata in sostanza in pz a basso rischio chirurgico L’EVAR comporta una minor mortalità operatoria, ed è quindi da preferire in pz a medio/alto rischio chirurgico. E’ importante nell’indicazione all’EVAR tener conto dei requisiti anatomici del paziente
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Razionale della terapia EVAR
Semplicità anatomica Chirurgia tradizionale Rischio operatorio Offrire un trattamento mini-invasivo alla chirurgia tradizionale (miglioramento qualità di vita del paziente, minor durata del recupero, minor utilizzo delle risorse ospedaliere, etc.) Offrire un trattamento sicuro ed efficace per i pazienti ad elevato rischio chirurgico, che altrimenti non avrebbero alternativa terapeutica Questo si riflette nella pratica clinica: Laddove vi sia un basso rischio chirurgico e una bassa adattabilità anatomica (angolo in basso a sx) l’Open è il trattamento di preferenza Viceversa, in caso di elevato rischio chirurgico e anatomia favorevole (angolo in alto a dx) l’EVAR è il trattamento di preferenza Esiste non una linea ben definita, ma piuttosto un’area di sfumatura nel passaggio dalle due condizioni: la scelta fra EVAR e Open spesso non è così marcatamente chiara, e dipende da gradi intermedi sia di rischio chirugico sia di complessità anatomica. A seconda della condizione del paziente, l’EVAR quindi può rappresentare una semplice variante mini-invasiva al trattamento standard oppure (nel caso limite del paziente inoperabile) l’unica alternativa teraputica praticabile
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Evoluzione della terapia EVAR - 1
Semplicità anatomica Chirurgia tradizionale Rischio operatorio Il principale bisogno clinico alla base dell’evoluzione dell’EVAR è sempre stata la necessità di disporre di questa opzione terapeutica non solo per le anatomie più elementari, ma anche per quelle a crescente complessità. L’estensione della terapia è stato quindi sempre correlato allo sviluppo di tecnologie che potessero consentire il trattamento di anatomie sempre più complesse. Dal primo impianto effettuato da Parodi nel 1991, è nata una prima generazione di endoprotesi (siamo negli anni 90) che richiedeva zone di ancoraggio favorevoli (colletti di lunghezza 15/20mm e poco angolati) e calibri iliaci di 8mm. La spinta all’evoluzione della terapia EVAR è determinata dalla risposta della tecnologia al bisogno clinico di affrontare anatomie aorto-iliache sempre più complesse. Prima generazione di endoprotesi (anni 90): dispositivi a fissaggio sottorenale, necessità di una zona di ancoraggio aortico lunga e poco angolata e di accessi iliaci di grosso calibro.
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Evoluzione della terapia EVAR - 2
Semplicità anatomica Chirurgia tradizionale Rischio operatorio La seconda generazione di endoprotesi (siamo negli anni 2000), grazie al concetto di fissaggio soprarenale e all’ottimizzazione del design, ha portato ad affronatre colleti aortici più corti (lunghezza 10/15mm) e mediamente angolati, (60° max), disponendo di iliache con calibro leggermente più ridotto (7mm). Questo ha “spostato” i limiti dell’indicazione all’EVAR, consentendo di offrire una terapia ottimale per un numero crescente di pazienti. La spinta all’evoluzione della terapia EVAR è determinata dalla risposta della tecnologia al bisogno clinico di affrontare anatomie aorto-iliache sempre più complesse. Seconda generazione di endoprotesi (anni 2000): dispositivi a fissaggio soprarenale, necessità di una zona di ancoraggio aortico media, con possibilità di angolazione, e accessi iliaci leggermente più piccoli
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Evoluzione della terapia EVAR - 3
Semplicità anatomica Chirurgia tradizionale Rischio operatorio Ad oggi è stata da poco (2009) introdotta una terza generazione di endoprotesi, in grado di trattare anatomie più estreme, con colleti aortici corti (lunghezza 10mm) e maggiormente angolati (75° max), a fronte di accessi ancora più piccoli (5/6 mm). Questo ha ulteriormente allargato l’indicazione all’EVAR, e ha di nuovo consentito un ulteriore capacità di offrire la terapia ottimale per un numero maggiore di pazienti. Ad oggi, ogni anno in Italia si contano circa 4,700 interventi di correzione di AAA per via endovascolare circa 5,300 interventi di correzione di AAA per via chirurgica tradizionale La spinta all’evoluzione della terapia EVAR è determinata dalla risposta della tecnologia al bisogno clinico di affrontare anatomie aorto-iliache sempre più complesse. Terza generazione di endoprotesi (2009): dispositivi a fissaggio soprarenale, possibilità di trattare anatomie con colletti corti e maggiormente angolati, in presenza di accessi di calibro più piccolo.
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Quali punti di riflessione?
Aspetti di tipo clinico: Sebbene i risultati clinici siano più che incoraggianti, manca ancora un follow-up a lungo termine sulle protesi di nuova generazione L’esecuzione di studi clinici randomizzati controllati pone difficoltà di natura etica circa il trattamento più adatto ai singoli pazienti Aspetti di tipo normativo-regolatorio: la Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici (DM ) appare inadeguata a cogliere le differenze clinicamente rilevanti fra le endoprotesi in commercio e ad inquadrare l’innovazione tecnologica Aspetti di tipo economico-finanziario: L’attuale sistema di DRG risulta inadeguato a distinguere i due trattamenti: benchè esso preveda una codifica di procedura specifica per l’EVAR (ICD-9-CM 2007, cod. 3971), sia l’intervento EVAR sia l’intervento chirurgico tradizionale sono di fatto raggruppati nel DRG 110 o 111 (Interventi maggiori sul sistema Cardiovascolare con CC o senza CC). Spunti di riflessione Non tutti gli aspetti legati alle evidenze cliniche sono stati esplorati: in particolar modo, la tecnologia avanza mostrando risultati sempre più incoraggianti ma ad esempio ancora un follow-up a lungo termine sulle protesi di nuova generazione D’altro canto, l’utilizzo di studi clinici randomizzati si pone come fortemente limitativo in quanto deviante la pratica clinica, a volte con risvolti etici importanti Non tutte le endoprotesi sono uguali: la vigente CND non coglie le differenze clinicamente rilevanti fra i diversi dispositivi Il sistema DRG codifica la procedura di impianto di endoprotesi ma li raggruppa sotto gli stessi DRG “generici” 110 e 111 (Interventi maggiori sul sistema Cardiovascolare con o senza complicanze), subottimizzando il rimborso
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Quali proposte? Aspetti di tipo clinico:
Valutazione critica della tipologia di indagine clinica più adatta da inserire in un assessment globale dell’appropriatezza di utilizzo della tecnologia Aspetti di tipo normativo-regolatorio: Puntuale confronto tra i vari stakeholders per l’aggiornamento continuativo ed esaustivo della Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici Aspetti di tipo economico-finanziario: Puntuale confronto tra i vari stakeholders per l’aggiornamento continuativo ed esaustivo dei codici e DRG Possibili proposte E’ necessario un ripensamento dell’evidenza clinica: non è detto che gli studi randomizzati siano necessari per tutte le tipologie di dispositivo medico e per tutte le indicazioni o sottogruppi di pazienti. Dobbiamo imparare a valutare in maniera appropriata diverse tipologie di indagine clinica per poter valutare l’appropriatezza di utilizzo Instaurare una confronto con tutte le parti interessate (istituzioni, enti regolatori, comunità scientifica) che possa scaturire una collaborazione nell’adattamento e aggiornamento continuativo della CND, per adeguarla alle esigenze cliniche e ad assorbire l’innovazione Instaurare una confronto con tutte le parti interessate (istituzioni, enti regolatori, comunità scientifica) che possa ottimizzare la metodologia del sistema di rimborso
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