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Il rischio incendio Ing. Salvatore Digiesi.

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Presentazione sul tema: "Il rischio incendio Ing. Salvatore Digiesi."— Transcript della presentazione:

1 Il rischio incendio Ing. Salvatore Digiesi

2 Il rischio incendio - Parte I
Quadrilatero del fuoco Dinamica dell’incendio Prevenzione incendi

3 Termini e definizioni generali relativi all’incendio
Combustione Reazione chimica sufficientemente rapida di ossidazione di una sostanza combustibile, accompagnata da sviluppo di calore, fiamma, di gas, fumo e luce. Energia

4 Termini e definizioni generali relativi all’incendio
Combustione sufficientemente rapida e non controllata che si sviluppa senza limitazioni nello spazio e nel tempo.

5 Termini e definizioni generali relativi all’incendio
Combustibile Sostanza solida, liquida o gassosa nella cui composizione molecolare sono presenti elementi quali il carbonio, l’idrogeno, lo zolfo, etc..

6 Termini e definizioni generali relativi all’incendio
Fiamma Combustione di gas con emissione di luce.

7 Principi della combustione
Condizioni necessarie per la combustione: presenza del combustibile e del comburente per gas e vapori: rapporto tra combustibile e comburente entro un determinato intervallo (di infiammabilità) presenza di una sorgente di calore innescante la reazione (superamento della temperatura di accensione/ignizione o auto-accensione)

8 Principi della combustione
FUOCO Comburente Combustibile Eventuali catalizzatori Energia

9 Curva di incendio

10 Sorgenti d’innesco Accensione diretta: quando una fiamma, una scintilla o altro materiale incandescente entra in contatto con un materiale combustibile in presenza di ossigeno. Esempi: operazioni di taglio e saldatura, fiammiferi e mozziconi di sigaretta, lampade ad incandescenza e resistenze elettriche, scariche elettro-statiche, fulmini. Autocombustione o riscaldamento spontaneo: quando il calore viene prodotto dallo stesso combustibile come in lenti processi di ossidazione, reazioni chimiche, decomposizioni esotermiche in assenza d’aria, azione biologica. Esempi: cumuli di carbone, stracci o segatura imbevuti di olio di lino, polveri di ferro o nichel, fermentazione di vegetali. Attrito: quando il calore è prodotto dallo sfregamento di due materiali. Esempi: malfunzionamento di parti meccaniche rotanti quali cuscinetti, motori; urti; rottura violenta di parti metalliche. Accensione indiretta: quando il calore d’innesco avviene nelle forme della convezione, conduzione e irraggiamento termico. Esempi: correnti di aria calda generate da un incendio e diffuse attraverso un vano scala o altri collegamenti verticali negli edifici; propagazione di calore attraverso elementi metallici strutturali degli edifici.

11 PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
temperatura o punto di infiammabilità (°C): è la temperatura minima alla quale i liquidi combustibili emettono vapori in grado di formare una miscela infiammabile combustibile–aria (cioè tale da dar luogo ad un incendio in presenza di innesco). temperatura di accensione (°C): è la minima temperatura alla quale la miscela combustibile-comburente inizia a bruciare spontaneamente in modo continuo senza ulteriore apporto di calore o di energia dall’esterno. Punto di infiammabilità Temperatura di (auto)accensione Benzina > - 20 [°C] 257 [°C] Gasolio > 60 [°C] 285 [°C]

12 PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
potere calorifico (MJ/Kg o MJ/ m3): è la quantità di calore prodotta dalla combustione completa dell’unità di massa o di volume di una determinata sostanza combustibile. potere calorifico superiore: la quantità di calore sviluppata dalla combustione considerando anche il calore di condensazione del vapore d’acqua prodotto; potere calorifico inferiore: il calore di condensazione del vapor d’acqua non è considerato. limiti di infiammabilità e di esplodibilità (% in volume): per gas e vapori, individuano il campo di infiammabilità all’interno del quale si ha, in caso d’innesco, l’accensione e la propagazione della fiamma nella miscela. Più il campo è ampio, più facilmente si verifica la combustione.

13 PARAMETRI FISICI DELLA COMBUSTIONE
Alcuni esempi Punto di infiammabilità Temperatura di (auto)accensione Limite di infiammabilità inf. [% Vol] Limite di infiammabilità sup. Acetilene Gas 335 [°C] 1.5 82.0 Benzina > -20 [°C] 257 [°C] 0.7 19.0 Gasolio > 60 [°C] 285 [°C] 5.0 Metano 537 [°C] 5.3 14.0

14 La combustione dei liquidi infiammabili T di infiammabilità (°C)
CLASSIFICAZIONE in base al D.M. 31/12/1934: Categoria A: liquidi aventi punto di infiammabilità < 21 °C Categoria B: “ aventi punto d’infiammabilità compreso tra 21°C e 65°C Categoria C: “ aventi punto d’infiammabilità > 65°C Sostanza T di infiammabilità (°C) Categoria Gasolio 60 B Acetone -18 A Benzina > -20 Alcol metilico 11 Olio lubrificante 149 C

15 Classificazione dei gas
Nelle applicazioni civili ed industriali i gas, compresi quelli infiammabili, sono generalmente contenuti in recipienti atti ad impedirne la dispersione incontrollata nell’ambiente. GAS LEGGERO: Gas avente densità rispetto all’aria inferiore a 0,8 (idrogeno, metano, etc.). Un gas leggero quando liberato dal proprio contenitore tende a salire verso l’alto. GAS PESANTE: Gas avente densità rispetto all’aria superiore a 0,8 (GPL, acetilene, etc.). Un gas pesante quando liberato dal proprio contenitore tende a stratificare ed a permanere nella parte bassa dell’ambiente ovvero a penetrare in cunicoli o aperture praticate a livello del piano di calpestio. In funzione delle loro modalità di conservazione possono essere classificati come segue: Gas compressi Gas refrigerati Gas disciolti Gas liquefatti

16 Prodotti della combustione (1)
Sono suddivisibili in quattro categorie: Gas di combustione: sono quei prodotti della combustione che rimangono allo stato gassoso anche quando, raffreddandosi, raggiungono la temperatura ambiente di riferimento 15 °C. I principali gas di combustione sono: ossido di carbonio, aldeide acrilica, anidride carbonica, fosgene (COCl2), idrogeno solforato (H2S), ammoniaca, anidride solforosa, ossido e perossido di azoto, acido cianidrico (HCN), acido cloridrico (HCl). La produzione di tali gas dipende dal tipo di combustibile, dalla percentuale di ossigeno presente e dalla temperatura raggiunta nell’incendio. Nella maggioranza dei casi, la mortalità per incendio è da attribuire all’inalazione di questi gas che producono danni biologici per anossia o per tossicità. Fiamme: sono costituite dall’emissione di luce conseguente alla combustione di gas sviluppatisi in un incendio. Nell’incendio di combustibili gassosi è possibile valutare approssimativamente il valore raggiunto dalla temperatura di combustione mediante analisi del colore della fiamma.

17 Prodotti della combustione (2)
Calore: il calore è la causa principale della propagazione degli incendi. Realizza l’aumento della temperatura di tutti i materiali e i corpi esposti, provocandone il danneggiamento fino alla distruzione. Fumi: sono formati da piccolissime particelle: solide (aerosol) Sono sostanze incombuste che si formano quando la combustione avviene in carenza di ossigeno e vengono trascinate dai gas caldi prodotti dalla combustione stessa. Normalmente sono prodotti in quantità tali da impedire la visibilità ostacolando l’attività dei soccorritori e l’esodo delle persone. Le particelle solide dei fumi e le ceneri rendono il fumo di colore scuro. liquide (nebbie o vapori condensati) sono costituite essenzialmente da vapor d’acqua che al di sotto dei 100°C condensa dando luogo a fumo di color bianco.

18 Sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio
L’estinzione dell’incendio si ottiene per: raffreddamento separazione del combustibile separazione del comburente (soffocamento) Tali azioni possono essere ottenute singolarmente o contemporaneamente mediante l’uso delle sostanze estinguenti, che vanno scelte in funzione della natura del combustibile e delle dimensioni del fuoco. Principali sostanze estinguenti: acqua schiuma polveri gas inerti idrocarburi alogenati (HALON) agenti estinguenti alternativi all’halon

19 ACQUA L’acqua è la sostanza estinguente per antonomasia conseguentemente alla facilità con cui può essere reperita a basso costo. La sua azione estinguente si esplica con le seguenti modalità: abbassamento della temperatura del combustibile per assorbimento del calore; azione di soffocamento per sostituzione dell’ossigeno con il vapore acqueo; diluizione di sostanze infiammabili solubili in acqua fino a renderle non più tali; imbevimento dei combustibili solidi. L’uso dell’acqua è consigliato per incendi di combustibili solidi (classe A), con esclusione di sostanze incompatibili quali sodio e potassio (a contatto con l’acqua liberano idrogeno), e carburi (liberano acetilene). L’acqua risultando un buon conduttore di energia elettrica non è impiegabile su impianti e apparecchiature in tensione (classe E).

20 SCHIUME La schiuma è un agente estinguente costituito da una soluzione in H2O di un liquido schiumogeno. L’azione estinguente avviene per separazione del combustibile dal comburente e per raffreddamento. Le schiume sono impiegate normalmente per incendi di liquidi infiammabili (classe B), e non possono essere utilizzate su parti in tensione in quanto contengono acqua (classe E). In base al rapporto tra il volume della schiuma prodotta e la soluzione acqua-schiumogeno d’origine, le schiume si distinguono in schiume: ad alta espansione 1: :1000 a media espansione 1:30 - 1:200 a bassa espansione 1:6 - 1:12 I liquidi schiumogeni si caratterizzano in base alla loro composizione chimica: Liquidi schiumogeni fluoro-proteinici Liquidi schiumogeni sintetici Liquidi schiumogeni fluoro-sintetici (AFFF - Acqueous Film Forming Foam) Liquidi schiumogeni per alcoli

21 SCHIUME Liquidi schiumogeni fluoro-proteinici: sono formati da una base proteinica addizionata con composti fluorurati. Essi sono adatti alla formazione di schiume a bassa espansione, hanno un effetto rapido e molto efficace su incendi di prodotti petroliferi.   Liquidi schiumogeni sintetici: costituiti da miscele di tensioattivi. Sono adatti alla formazione di tutti i tipi di schiume e garantiscono una lunga conservabilità nel tempo, sono molto efficaci per azione di soffocamento su grandi superfici e volumi. Liquidi schiumogeni fluoro-sintetici (AFFF - Acqueous Film Forming Foam): sono formati da composti fluorurati. Essi sono adatti alla formazione di schiume a bassa e media espansione che hanno la caratteristica di scorrere rapidamente sulla superficie del liquido incendiato. L’impiego degli AFFF realizza una più efficace azione estinguente in quanto consente lo spegnimento in tempi più rapidi con una minore portata di soluzione schiumogena per metri quadri di superficie incendiata. Liquidi schiumogeni per alcoli: sono formati da una base proteinica additivata con “metalli” organici (polimeri conduttori di elettricità) . Essi sono adatti alla formazione di schiume a bassa espansione e sono molto efficaci su incendi di alcoli, esteri, chetoni, eteri, aldeidi, acidi, fenoli, etc.

22 POLVERI Le polveri sono costituite da particelle solide finissime a base di bicarbonato di sodio, potassio, fosfati e sali organici. L’azione estinguente è prodotta dalla decomposizione delle stesse per effetto delle alte temperature raggiunte nell’incendio, che dà luogo ad effetti chimici sulla fiamma con azione anticatalitica ed alla produzione di anidride carbonica e vapore d’acqua. I prodotti della decomposizione delle polveri separano il combustibile dal comburente, raffreddano il combustibile incendiato e inibiscono il processo della combustione. Le polveri sono adatte per fuochi di classe A, B e C, mentre per incendi di classe D devono essere utilizzate polveri speciali.

23 GAS INERTI I gas inerti utilizzati per la difesa dagli incendi di ambienti chiusi sono generalmente l’anidride carbonica e in minor misura l’azoto. La loro presenza nell’aria riduce la concentrazione del comburente fino ad impedire la combustione. La CO2 non risulta tossica per l’uomo, è un gas più pesante dell’aria perfettamente dielettrico, normalmente conservato come gas liquefatto sotto pressione. produce differentemente dall’azoto anche un’azione estinguente per raffreddamento dovuta all’assorbimento di calore generato dal passaggio dalla fase liquida alla fase gassosa. in ogni caso, i gas si sostituiscono all’aria presente in un ambiente e quindi il loro uso al chiuso deve avvenire in assenza di persone.

24 IDROCARBURI ALOGENATI
Gli idrocarburi alogenati, detti anche HALON (HALogenated - hydrocarbON), sono formati da idrocarburi saturi in cui gli atomi di idrogeno sono stati parzialmente o totalmente sostituiti con atomi di cromo, bromo o fluoro (alogeni). L’azione estinguente degli HALON avviene attraverso l’interruzione chimica della reazione di combustione. Questa proprietà di natura chimica viene definita catalisi negativa. Gli HALON sono efficaci su incendi che si verificano in ambienti chiusi scarsamente ventilati e producono un’azione estinguente che non danneggia i materiali con cui vengono a contatto. Tuttavia, alcuni HALON per effetto delle alte temperature dell’incendio si decompongono producendo gas tossici per l’uomo, già a basse concentrazioni. Inoltre il loro utilizzo è stato recentemente limitato da disposizioni legislative emanate per la protezione della fascia di ozono stratosferico.

25 Sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio

26 DINAMICA DELL’INCENDIO
Nell’evoluzione dell’incendio si possono individuare quattro fasi : Fase di ignizione Fase di propagazione Incendio generalizzato (flash over) Estinzione e raffreddamento ignizione propagazione incendio generalizzato estinzione (flash-over) TEMPERATURA TEMPO

27 DINAMICA DELL’INCENDIO
1. Fase di ignizione Dipende dai seguenti fattori: Infiammabilità del combustibile Possibilità di propagazione della fiamma Grado di partecipazione al fuoco del combustibile Geometria e volume degli ambienti Possibilità di dissipazione del calore nel combustibile Ventilazione dell’ambiente Caratteristiche superficiali del combustibile Distribuzione nel volume del combustibile, punti di contatto 2. Fase di propagazione Caratterizzata da: Produzione dei gas tossici e corrosivi Riduzione di visibilità a causa dei fumi di combustione Aumento della partecipazione alla combustione dei combustibili solidi e liquidi Aumento rapido delle temperature Aumento dell’energia di irraggiamento

28 DINAMICA DELL’INCENDIO
3. Incendio generalizzato (flash-over) Brusco incremento della temperatura Crescita esponenziale della velocità di combustione Forte aumento di emissioni di gas e di particelle incandescenti, che si espandono e vengono trasportate in senso orizzontale, e soprattutto in senso ascensionale Formazione di zone di turbolenze visibili I combustibili vicini al focolaio si autoaccendono, quelli più lontani si riscaldano e raggiungono la loro temperatura di combustione con produzione di gas di distillazione infiammabili. 4. Estinzione e raffreddamento Quando l’incendio ha terminato di interessare tutto il materiale combustibile ha inizio la fase di decremento delle temperature all’interno del locale a causa della progressiva diminuzione dell’apporto termico residuo e della dissipazione di calore attraverso i fumi ed i fenomeni di conduzione termica.

29 ESPLOSIONE Risultato di una rapida espansione di gas dovuta ad una reazione chimica di combustione. Gli effetti della esplosione sono: produzione di calore, una onda d’urto ed un picco di pressione. Quando la reazione di combustione si propaga alla miscela infiammabile non ancora bruciata con una velocità minore di quella del suono la esplosione è chiamata DEFLAGRAZIONE. Quando la reazione procede nella miscela non ancora bruciata con velocità superiore a quella del suono l’esplosione è detta DETONAZIONE. Gli effetti distruttivi delle detonazioni sono maggiori rispetto a quelli delle deflagrazioni. Una esplosione può aver luogo quando gas, vapori o polveri infiammabili, entro il loro campo di esplosività, vengono innescati da una fonte di innesco avente sufficiente energia. In particolare, in un ambiente chiuso saturo di gas, vapori o polveri l’aumento della temperatura dovuto al processo di combustione sviluppa un aumento di pressione che può arrivare fino ad 8 volte la pressione iniziale.

30 Effetti dell’incendio sull’uomo
ANOSSIA (a causa della riduzione del tenore di ossigeno nell’aria) AZIONE TOSSICA DEI FUMI RIDUZIONE DELLA VISIBILITÀ AZIONE TERMICA Sono determinati dai prodotti della combustione: Gas di combustione: ossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2), idrogeno solforato (H2S), anidride solforosa (SO2), ammoniaca (NH3), acido cianidrico(HCN), acido cloridrico (HCl), perossido d’azoto (NO2), aldeide acrilica(CH2CHCHO), fosgene (COCl2) Calore: il calore è dannoso per l’uomo potendo causare, oltre a direttamente bruciature, la disidratazione dei tessuti, difficoltà o blocco della respirazione. Fumo Fiamma

31 PRINCIPALI CAUSE E PERICOLI DI INCENDIO
Deposito o manipolazione non idonea di sostanze infiammabili o combustibili Accumulo di rifiuti, carta o altro materiale combustibile che può essere facilmente incendiato (accidentalmente o deliberatamente) Negligenza nell'uso di fiamme libere e di apparecchi generatori di calore; Inadeguata pulizia delle aree di lavoro e scarsa manutenzione delle apparecchiature Impianti elettrici o utilizzatori difettosi, sovraccaricati e non adeguatamente protetti Riparazioni o modifiche di impianti elettrici effettuate da persone non qualificate Apparecchiature elettriche lasciate sotto tensione anche quando inutilizzate Utilizzo non corretto di impianti di riscaldamento portatili Ostruzione dei canali di ventilazione, con conseguente surriscaldamento, di apparecchi di riscaldamento, macchinari, apparecchiature elettriche e di ufficio

32 Prevenzione e Protezione
PREVENZIONE INCENDI Prevenzione propriamente detta Protezione Misure precauzionali d’esercizio Protezione attiva Protezione passiva

33 PREVENZIONE INCENDI La sicurezza antincendio è orientata alla salvaguardia dell’incolumità delle persone ed alla tutela dei beni e dell’ambiente, mediante il conseguimento dei seguenti obiettivi primari: Riduzione al minimo delle occasioni di incendio. Stabilità delle strutture portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso agli occupanti. Limitata produzione di fuoco e fumi all'interno delle opere e limitata propagazione del fuoco alle opere vicine. Possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo. Possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.

34 Protezione passiva L’insieme delle misure di protezione che non richiedono azioni umane o azionamenti, anche automatici, di impianti (sono quindi misure insite nelle strutture) Possono essere realizzate da: barriere antincendio; isolamento dell’edificio; distanze di sicurezza esterne ed interne; muri tagliafuoco, schermi etc.; strutture aventi caratteristiche di resistenza al fuoco commisurate ai carichi d’incendio; materiali classificati per la reazione al fuoco; sistemi di ventilazione; sistema di vie d’uscita dimensionate in base al massimo affollamento ipotizzabile dell’ambiente di lavoro e alla pericolosità delle lavorazioni.

35 Protezione attiva Possono essere realizzate con:
L’insieme delle misure di protezione che richiedono l’azione di un uomo o l’azionamento di un impianto finalizzate alla precoce rilevazione dell’incendio, alla segnalazione e all’azione di spegnimento dello stesso. Possono essere realizzate con: impianti di rivelazione automatica d’incendio dispositivi di segnalazione e d’allarme estintori rete idrica antincendio impianti di spegnimento automatici

36 Misure specifiche di prevenzione incendi
Le principali misure di prevenzione incendi, finalizzate alla riduzione della probabilità di accadimento di un incendio, possono essere riassunte in alcune semplici regole: Realizzazione di impianti elettrici a regola d'arte (Norme CEI). Collegamento elettrico a terra di impianti, strutture, serbatoi etc. Installazione di impianti parafulmine Dispositivi di sicurezza degli impianti di distribuzione e di utilizzazione delle sostanze infiammabili. Ventilazione dei locali. Utilizzazione di materiali incombustibili Adozione di pavimenti ed attrezzi antiscintilla Segnaletica di Sicurezza, riferita in particolare ai rischi presenti nell’ambiente di lavoro.

37 Il rischio incendio - Parte II
Quadro normativo Carico di incendio Resistenza al fuoco Compartimentazione e vie di esodo Sistemi di ventilazione Presidi antincendio

38 Principali riferimenti legislativi
L. 27 dicembre 1941 n. 1570, affidamento ai VV.F. del servizio di prevenzione ed estinzione incendi D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 13 (uscite di emergenza), art. 14 (porte e portoni), Capo VI (DIFESA CONTRO GLI INCENDI E LE SCARICHE ATMOSFERICHE) con misure generiche su prevenzione ed estinzione degli incendi L. 26 luglio 1965, n. 966, “Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i servizi a pagamento”  Art. 4. Certificato Prevenzione Incendi (C.P.I.) D.M. 16 febbraio 1982, “… determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi.”  periodicità dei controlli (validità del C.P.I.) D.P.R. 12 gennaio 1998, “Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi” D. M. 4 maggio 1998, “Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l’avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonché all’uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei Vigili del Fuoco” L. n. 46 / 1990,, “Norme per la sicurezza degli impianti”  Art.1 - c.1 g) impianti di protezione antincendio …. norme specifiche riguardanti le attività a rischio di incidente rilevante

39 Principali riferimenti legislativi
D.Lgs. 81/2008, come modificato e integrato dal D.Lgs 106/2009. D.M. 30/11/1983, “Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi.” Circolare Min. dell’Interno, Servizi Antincendio (M.I.S.A.) n. 91/1961, “Norme per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile”  caratteristiche dei rivestimenti per la protezione antincendio D.M. 9 marzo 2007, “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attivita' soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” D.M. 10 marzo 1998, “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro” D.Lgs. n. 493/ Allegato IV, Prescrizioni per la segnaletica destinata ad identificare e ad indicare l'ubicazione delle attrezzature antincendio

40 Nuovo approccio Vecchio approccio Nuovo approccio Norme di Modelli di
tipo prescrittivo Nuovo approccio Modelli di tipo prestazionale Obiettivi non esplicitati dalla normativa Progettare secondo una regola tecnica Indicazione dei requisiti minimi (resistenza al fuoco, altezze, distanze, ecc.) Prescrizioni espresse in termini di obiettivi Progettare in funzione degli scenari possibili Considerare le reazioni fra sistemi e soluzioni Valutazione dell’intero sistema in condizioni reali

41 D.M. 9 marzo Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco Obiettivi Al fine di limitare i rischi derivanti dagli incendi, le costruzioni devono essere progettate, realizzate e gestite in modo da garantire la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso agli occupanti; la limitata propagazione del fuoco e dei fumi, anche riguardo alle opere vicine; la possibilità che gli occupanti lascino l'opera indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.

42 Responsabilità L’INDIVIDUAZIONE DEI VALORI CHE ASSUMONO I PARAMETRI POSTI ALLA BASE DELLA DETERMINAZIONE DELLE AZIONI DI PROGETTO È A CARICO DEL PROGETTISTA IL MANTENIMENTO DELLE CONDIZIONI CHE DETERMINANO L’INDIVIDUAZIONE DELLE AZIONI DI PROGETTO È A CARICO DEL TITOLARE DELL’ATTIVITÀ

43 Norme abrogate Circ. Min. dell'interno 14 settembre 1961, n. 91, recante norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile D.M. del Ministro dell'interno 6 marzo 1986, recante «Calcolo del carico di incendio per locali aventi strutture portanti in legno» All'allegato A al D.M. dell'interno 30 novembre 1983, recante «Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi» sono modificate le definizioni di «carico di incendio» «compartimento antincendio» «resistenza al fuoco»

44 Reazione al fuoco D.M. 26 giugno “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi.” Grado di partecipazione di un materiale combustibile al fuoco al quale è sottoposto. Individua l'attitudine di un materiale ad accendersi quando è innescato (da una piccola fiamma o a propagare l'incendio quando è in presenza di un forte calore radiante). I materiali sono assegnati alle classi definite tra [0-5], con l'aumentare della loro partecipazione alla combustione; quelli di classe "0" sono non combustibili. La reazione al fuoco è determinata con prove di laboratorio. La classe di reazione al fuoco viene accertata mediante certificazione. L'omologazione ha validità di 5 anni ed è rinnovabile alla scadenza su domanda del produttore.

45 Capacità portante in caso di incendio
Carico di incendio (D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) Potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali Il carico di incendio è espresso in [MJ]; convenzionalmente 1 [MJ] è assunto pari a 0,054 [chilogrammi di legna equivalente] Capacità portante in caso di incendio Attitudine della struttura, di una parte della struttura o di un elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco con riferimento alle altre azioni agenti

46 Capacità di compartimentazione in caso d’incendio
Attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi e ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se richieste Capacità portante (R) attitudine di un elemento da costruzione a conservare la resistenza meccanica sotto l'azione del fuoco Tenuta (E) attitudine di un elemento da costruzione a non lasciar passare né produrre se sottoposto all'azione del fuoco su un lato fiamme, vapori o gas caldi sul lato non esposto. Isolamento termico (I) attitudine di un elemento da costruzione a ridurre, entro un dato limite, la trasmissione del calore

47 Resistenza al fuoco (D. M
Resistenza al fuoco (D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) “…riguarda la capacità portante in caso di incendio, per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi” Classi di Resistenza al fuoco (D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione”) R - Capacità portante P o PH - Continuità di corrente o capacità di segnalazione E - Tenuta G - Resistenza all’incendio della fuliggine I - Isolamento K - Capacità di protezione al fuoco W - Irraggiamento D - Durata della stabilità a temperatura costante M - Azione meccanica DH - Durata della stabiltà lungo la curva standard tempo-temp C - Disp aut di chiusura F - Funzionalità degli evacuatori motorizzati di fumo e calore S - Tenuta al fumo B - Funzionalità degli evacuatori naturali di fumo e calore

48 Classe di resistenza al fuoco
Intervallo di tempo espresso in minuti, definito in base al carico di incendio specifico di progetto, durante il quale il compartimento antincendio garantisce la capacità di compartimentazione Classi di resistenza al fuoco stabilite dalla D.M. 9/3/2007: 15, 20, 30, 45, 60, 90, 120, 180, 240, 360. Sono di volta in volta precedute dai simboli indicanti i requisiti che devono essere garantiti (R, E, I, W, M, S, …), per l'intervallo di tempo descritto, dagli elementi costruttivi portanti e/o separanti che compongono la costruzione

49 Carico d'incendio specifico
carico di incendio riferito all'unità di superficie lorda gi massa dell’i-esimo materiale combustibile [kg] Hi potere calorifico inferiore dell’i-esimo materiale combustibile [MJ/kg] I valori di Hi dei materiali combustibili possono essere determinati per via sperimentale in accordo con UNI EN ISO 1716:2002 ovvero essere mutuati dalla letteratura tecnica mi fattore di partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari a 0,80 per il legno e altri materiali di natura cellulosica e 1,00 per tutti gli altri materiali combustibili ψi fattore di limitazione della partecipazione alla combustione dell’i-esimo materiale combustibile pari a 0 per i materiali contenuti in contenitori appositamente progettati per resistere al fuoco; 0,85 per i materiali contenuti in contenitori non combustibili e non appositamente progettati per resistere al fuoco; 1 in tutti gli altri casi A superficie in pianta lorda del compartimento [m2]

50 Carico d'incendio specifico di progetto
carico d'incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti costituisce la grandezza di riferimento per le valutazioni della resistenza al fuoco delle costruzioni

51 Superficie in pianta lorda del compartimento (m2)
I fattori di correzione δq1 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione alla dimensione del compartimento Superficie in pianta lorda del compartimento (m2) dq1 A < 500 1,00 2.500 < A < 5.000 1,60 500 < A < 1.000 1,20 5.000 < A < 1,80 1.000 < A < 2.500 1,40 A > 2,00 δq2 è il fattore che tiene conto del rischio di incendio in relazione al tipo di attività svolta nel compartimento Classi di rischio Descrizione dq2 I Aree che presentano un basso rischio di incendio in termini di probabilità di innesco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio da parte delle squadre di emergenza 0,80 II Aree che presentano un moderato rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco, velocità di propagazione di un incendio e possibilità di controllo dell'incendio stesso da parte delle squadre di emergenza 1,00 III Aree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilità d'innesco, velocità di propagazione delle fiamme e possibilità di controllo dell'incendio da parte delle squadre di emergenza 1,20

52 I fattori di correzione
δn = Piδni è il fattore che tiene conto delle differenti misure di protezione

53 Richieste di prestazione
Le prestazioni da richiedere ad una costruzione, in funzione degli obiettivi di sicurezza, sono individuate nei seguenti Livelli Livello I Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze della perdita dei requisiti stessi siano accettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile Livello II Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all'evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all'esterno della costruzione Livello III Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell'emergenza Livello IV Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, un limitato danneggiamento della costruzione Livello V Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell'incendio, il mantenimento della totale funzionalità della costruzione stessa IMPORTANTE: I livelli di prestazione comportano l'adozione di differenti classi di resistenza al fuoco

54 Livelli I e II di prestazione
Il livello I di prestazione non è ammesso per le costruzioni che ricadono nel campo di applicazione del decreto Il livello II di prestazione può ritenersi adeguato per costruzioni (e ai relativi impianti tecnologici di servizio e depositi) fino a due piani fuori terra ed un piano interrato isolate (eventualmente adiacenti ad altre purché strutturalmente e funzionalmente separate) destinate ad un’unica attività non aperta al pubblico Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello II di prestazione sono le seguenti, indipendentemente dal valore assunto dal carico di incendio specifico di progetto: 30 per costruzioni ad un piano fuori terra, senza interrati 60 per costruzioni fino a due piani fuori terra e un piano interrato Sono consentite classi inferiori a quelle precedentemente indicate se compatibili con il livello III di prestazione

55 Livello III di prestazione
Il livello III di prestazione può ritenersi adeguato per tutte le costruzioni rientranti nel campo di applicazione del decreto fatte salve quelle per le quali sono richiesti i livelli IV o V (specifiche esigenze del committente o costruzioni destinate ad attività di particolare importanza) Le classi di resistenza al fuoco necessarie per garantire il livello III sono indicate nella tabella, in funzione del carico d'incendio specifico di progetto (qf,d) Carichi d'incendio specifici di progetto (qf,d) Classe Non superiore a 100 MJ/m2 Non superiore a 200 MJ/m2 15 Non superiore a 300 MJ/m2 20 Non superiore a 450 MJ/m2 30 Non superiore a 600 MJ/m2 45 Non superiore a 900 MJ/m2 60 Non superiore a 1200 MJ/m2 90 Non superiore a 1800 MJ/m2 120 Non superiore a 2400 MJ/m2 180 Superiore a 2400 MJ/m2 240

56 Livelli IV e V di prestazione
I livelli IV o V possono essere oggetto di specifiche richieste del committente o essere previsti dai capitolati tecnici di progetto. I livelli IV o V di prestazione possono altresì essere richiesti dalla autorità competente per costruzioni destinate ad attività di particolare importanza.

57 Livelli IV e V di prestazione
Per garantire i livelli di prestazione IV e V le costruzioni devono essere oggetto delle seguenti verifiche: Capacità portante mantenuta per tutta la durata dell’incendio Regime deformativo contenuto Capacità portante residua che consenta interventi di ripristino (livello IV) Capacità portante residua adeguata alla funzionalità immediata della costruzione (livello V)

58 Scenari e incendi convenzionali di progetto
Per definire le azioni del fuoco, devono essere determinati i principali scenari d'incendio e i relativi incendi convenzionali di progetto, sulla base di una valutazione del rischio d'incendio INCENDIO CONVENZIONALE DI PROGETTO incendio definito attraverso una curva di incendio che rappresenta l’andamento, in funzione del tempo, della temperatura media dei gas di combustione nell’intorno della superficie degli elementi costruttivi gli incendi convenzionali di progetto devono essere applicati ad un compartimento dell’edificio alla volta, salvo che non sia diversamente indicato nello scenario d’incendio (in un edificio multipiano sarà possibile considerare separatamente il carico di inc. dei singoli piani) Curva naturale (determinata in base a modelli di incendio ed a parametri fisici che definiscono le variabili di stato del compartimento) In riferimento all’intera durata dell’incendio Incendio convenzionale di progetto L’andamento delle temperature negli elementi sarà valutato in riferimento Curva nominale (adottata per la classificazione delle costruzioni e per le verifiche di resistenza al fuoco di tipo convenzionale) Per un tempo pari alla classe di resistenza

59 Curve nominali di incendio
Curva nominale standard dove: qg temperatura media dei gas di combustione [C°] t tempo [min] Curva nominale degli idrocarburi (per la capacità portante) Curva nominale esterna

60 Curve naturali di incendio
Nel caso in cui il progetto sia condotto con un approccio prestazionale, la capacità portante e/o la capacità di compartimentazione, in alternativa al metodo che fa riferimento alle classi, può essere verificata rispetto all'azione termica della curva naturale di incendio, applicata per l'intervallo di tempo necessario al ritorno alla temperatura ordinaria, da determinarsi attraverso: - modelli di incendio sperimentali; - modelli di incendio numerici semplificati; - modelli di incendio numerici avanzati. Le curve di incendio naturale dovranno essere determinate per lo specifico compartimento, con riferimento a metodi di riconosciuta affidabilità e facendo riferimento al carico di incendio specifico di progetto ponendo pari ad 1 i coefficienti dni relativi alle misure di protezione che si intende modellare TEMPERATURA TEMPO

61 Curve naturali di incendio
Deve essere eseguita anche la verifica della capacità portante e/o della capacità di compartimentazione degli elementi costruttivi rispetto all'azione termica della curva di incendio nominale standard con riferimento alle classi in funzione del carico d'incendio specifico di progetto Carichi d'incendio specifici di progetto (qf,d) Classe Non superiore a 300 MJ/m2 Non superiore a 450 MJ/m2 15 Non superiore a 600 MJ/m2 20 Non superiore a 900 MJ/m2 30 Non superiore a 1200 MJ/m2 45 Non superiore a 1800 MJ/m2 60 Non superiore a 2400 MJ/m2 90 Superiore a 2400 MJ/m2 120 I valori del carico d'incendio e delle caratteristiche del compartimento, adottati nel progetto per l'applicazione dei metodi suddetti, costituiscono un vincolo d'esercizio per le attività da svolgere all'interno della costruzione SEMPRE!

62 Poteri calorifici (1) Poteri calorifici

63 Poteri calorifici (2)

64 Classificazione di resistenza al fuoco (D. M
Classificazione di resistenza al fuoco (D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione”) Le prestazioni di resistenza al fuoco dei prodotti e degli elementi costruttivi possono essere determinate in base ai risultati di: a) prove (all. B) b) calcoli (all. C) c) confronti con tabelle (all. D) L’uso delle tabelle è strettamente limitato alla classificazione di elementi costruttivi per i quali è richiesta la resistenza al fuoco nei confronti della curva temperatura-tempo standard e delle altre azioni meccaniche previste in caso di incendio

65 Classificazione di resistenza al fuoco (D. M
Classificazione di resistenza al fuoco (D.M. 16 febbraio 2007 – “Classificazioni di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione”) Esempio: Murature non portanti di blocchi Valori minimi (mm) dello spessore s di murature di blocchi di laterizio (escluso l’intonaco) sufficienti a garantire i requisiti EI per le classi indicate esposte su un lato che rispettano le seguenti limitazioni: altezza della parete fra i due solai o distanza fra due elementi di irrigidimento con equivalente funzione di vincolo dei solai non superiore a 4 m presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero 20 mm sulla sola faccia esposta al fuoco

66 Compartimentazione (D. M
Compartimentazione (D.M. 9 marzo 2007 – “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”) E’ una delle protezioni passive più diffuse. COMPARTIMENTO ANTINCENDIO parte della costruzione organizzata per rispondere alle esigenze della sicurezza in caso di incendio e delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione Superficie lorda di un compartimento Superficie in pianta compresa entro il perimetro interno delle pareti delimitanti il compartimento Gli obiettivi della compartimentazione sono: Garantire la resistenza meccanica delle strutture Impedire la propagazione di fuoco, fumo e calore Tra le tecniche di compartimentazione, la migliore è quella che prevede la separazione fisica dei locali mediante aria (caratterizzata da bassa impedenza chimica)

67 Compartimentazione dell’edificio

68 FILTRO A PROVA DI FUMO (D.M. 30/11/1983)
Vano delimitato da strutture con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60‘, dotato di due o più porte munite di congegni di autochiusura, con resistenza al fuoco REI predeterminata, e comunque non inferiore a 60‘ + una delle 3 seguenti possibilità realizzative: a. dotato di camino di ventilazione di sezione adeguata e comunque non inferiore a 0,10 m2 sfociante al di sopra della copertura dell'edificio mantenuto in sovrappressione ad almeno 0,3 mbar, anche in condizioni di emergenza aerato direttamente verso l'esterno con aperture libere di superficie non inferiore ad 1 m2 con esclusione di condotti.

69 a. Filtro a prova di fumo con camino di ventilazione

70 b. Filtro a prova di fumo mantenuto in sovrapressione

71 c. Filtro a prova di fumo aerato direttamente verso l’esterno con apertura libera di 1 m2

72 Scala a prova di fumo (D.M. 30/11/1983)
Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso per ogni piano - mediante porte di resistenza al fuoco almeno RE predeterminata e dotate di congegno di autochiusura - da spazio scoperto o da disimpegno aperto per almeno un lato su spazio scoperto dotato di parapetto a giorno.

73 Scala a prova di fumo interna (D.M. 30/11/1983)
"Scala in vano costituente compartimento antincendio avente accesso, per ogni piano, da filtro a prova di fumo".

74 INTERCAPEDINE ANTINCENDIO (D.M. 30/11/1983)
Vano di distacco con funzione di aerazione e/o scarico di prodotti della combustione di larghezza trasversale non inferiore a 0,60 m con funzione di passaggio di persone di larghezza trasversale non inferiore a 0,90 m Longitudinalmente è delimitata dai muri perimetrali (con o senza aperture) appartenenti al fabbricato servito e da terrapieno e/o da muri di altro fabbricato, aventi pari resistenza al fuoco. Per la funzione di passaggio di persone, la profondità della intercapedine deve essere tale da assicurare il passaggio nei locali serviti attraverso varchi aventi altezza libera di almeno 2 m. Superiormente è delimitata da "spazio scoperto".

75 INTERCAPEDINE ANTINCENDIO

76 Altezza antincendio degli edifici (D.M. 30/11/1983)
Altezza massima misurata dal livello inferiore dell'apertura più alta dell'ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso. In base all’altezza antincendio risultano definiti: valori delle superfici massime di compartimentazione valori della resistenza al fuoco delle strutture portanti e separanti caratteristiche delle scale di sicurezza Altezza antincendio degli edifici

77 Spazio scoperto (D.M. 30/11/1983)
Spazio a cielo libero o superiormente grigliato avente, anche se delimitato su tutti i lati, superficie minima in pianta (mq) non inferiore a … 3h1 ecc.

78 Spazio scoperto

79 Luogo sicuro D.M. 10/3/1998: D.M. 30/11/1983:
Spazio scoperto ovvero compartimento antincendio, separato da altri compartimenti mediante spazio scoperto o filtri a prova di fumo avente caratteristiche idonee a ricevere e contenere un predeterminato numero di persone (luogo sicuro statico) ovvero a consentirne il movimento ordinato (luogo sicuro dinamico) D.M. 10/3/1998: luogo dove le persone possono ritenersi al sicuro dagli effetti di un incendio

80 Luogo sicuro

81 Sistema di vie di uscita (D.M. 30/11/1983)
Percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro. Uscita: Apertura atta a consentire il deflusso di persone verso un luogo sicuro avente altezza non inferiore a 2,00 m. Modulo di uscita: Unità di misura della larghezza delle uscite. Il "modulo uno", che si assume uguale a 0,60 m, esprime la larghezza media occupata da una persona.

82 Altre definizioni contenute nel D.M. 10/3/98
Uscita di piano uscita che consente alle persone di non essere ulteriormente esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configurarsi come segue: a) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta l'uscita che immette in un luogo sicuro; c) uscita che immette su di una scala esterna. PERCORSO PROTETTO: percorso caratterizzato da una adeguata protezione contro gli effetti di un incendio che può svilupparsi nella restante parte dell'edificio. Esso può essere costituito da un corridoio protetto, da una scala protetta o da una scala esterna.

83 Lunghezza del percorso d’esodo
Criteri di dimensionamento (D.M. 10/3/1998) Lunghezza del percorso d’esodo Dove è prevista più di una via di uscita, la lunghezza del percorso per raggiungere la più vicina uscita di piano non dovrebbe essere superiore ai valori sottoriportati: 15  30 metri (tempo max di evacuazione 1 min.) per aree a rischio di incendio elevato 30  45 metri (tempo max di evacuazione 3 min.) per aree a rischio di incendio medio 45  60 metri (tempo max di evacuazione 5 min.) per aree a rischio di incendio basso. i percorsi di uscita in un'unica direzione devono essere evitati per quanto possibile ed i relativi limiti di lunghezza sono 6  15 metri (tempo di percorrenza 30 secondi) per aree a rischio elevato 9  30 metri (tempo di percorrenza 1 minuto) per aree a rischio medio 12  45 metri (tempo di percorrenza 3 minuti) per aree a rischio basso.

84 Affollamento e esodo Capacità di deflusso o di sfollamento: "Numero massimo di persone che, in un sistema di vie d'uscita, si assume possano defluire attraverso una uscita di "modulo uno". Tale dato, stabilito dalla norma, tiene conto del tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di un compartimento. (D.M. 30/11/1983)

85 Affollamenti caratteristici
Massimo affollamento Densità di affollamento (D.M. 30/11/1983) "Numero massimo di persone assunto per unità di superficie lorda di pavimento ". Massimo affollamento ipotizzabile (D.M. 30/11/1983) "Numero di persone ammesso in un compartimento. E' determinato dal prodotto della densità di affollamento per la superficie lorda del pavimento.” Affollamenti caratteristici locali di riunione 0,7 [p/m2] mense, aule e simili 0,7 [p/m2] uffici e locali di lavoro 0,1 [p/m2] autorimesse non sorvegliate 0,1 [p/m2] autorimesse sorvegliate 0,01 [p/m2] locali di deposito 0,04 [p/m2] aree adibite a vendita in 0,2 [p/m2] centri commerciali

86 Criteri di dimensionamento (D.M. 10/3/1998)
Uscite di piano Per luoghi a rischio di incendio medio e basso la larghezza complessiva delle uscite di piano ( numero complessivo di moduli di uscita necessari allo sfollamento totale del compartimento) deve essere non inferiore a: A = affollamento (numero di persone presenti al piano) 50 = numero massimo di persone che possono defluire attraverso un modulo unitario di passaggio, tenendo conto del tempo di evacuazione. La larghezza L deve essere un multiplo di 0.6 [m] ( ± 5 %) La larghezza minima di una uscita non può essere inferiore a 0,80 metri (con tolleranza del 2%)

87 Esempi applicativi Esempio 1 Affollamento di piano = 75 persone.
Larghezza complessiva delle uscite = 75/50*0.6 =  2 moduli da 0,60 m Numero delle uscite di piano = 2 da 0,80 m cadauna raggiungibili con percorsi di lunghezza non superiore a quella fissata al punto 3.3, lettera c del DM Esempio 2 Affollamento di piano = 120 persone. Larghezza complessiva delle uscite = 120/50*0.6 = 1.44  3 moduli da 0,60 m Numero delle uscite di piano = 1 da 1,20 m + 1 da 0,80 m raggiungibili con percorsi di lunghezza non superiore a quella fissata al punto 3.3, lettera c del DM

88 Sistemi di ventilazione di locali industriali
Sono sistemi di protezione attiva dall’incendio. sfoghi di fumo e di calore: funzionamento generalmente automatico a mezzo di fusibili od altri azionamenti l’apertura può essere anche manuale è preferibile avere il maggior numero possibile di sfoghi aperture a shed si possono prestare ad ottenere dei risultati soddisfacenti, se vengono predisposti degli sportelli di adeguate dimensioni ad apertura automatica o manuale superfici vetrate normali l’installazione di vetri semplici che si rompano sotto l’effetto del calore può essere adottata a condizione che sia evitata la caduta dei pezzi di vetro per rottura accidentale mediante rete metallica di protezione

89 Aree delle aperture di sfogo nelle coperture dei fabbricati industriali
Grado di rischio Carico di incendio % area fabbricato [MJ/m2] [Mcal/m2] Basso 630÷1130 150÷270 0.65÷1.20 Medio 1130÷2390 270÷570 1.20÷1.70 Alto 2390÷4520 570÷1080 1.70÷2.50

90 Esempi di aperture di sfogo

91 Evacuatori di fumo e di calore (EFC)
Sono sistemi di protezione attiva dall’incendio. Generalmente utilizzati in combinazione con impianti di rivelazione Sono basati sullo sfruttamento del movimento verso l’alto delle masse di gas caldi generate dall’incendio che, a mezzo di aperture sulla copertura, vengono evacuate all’esterno. Gli EFC devono essere installati, per quanto possibile, in modo omogeneo nei singoli compartimenti, a soffitto in ragione, ad esempio, di uno ogni 200 m2 (su coperture piane o con pendenza minore del 20 %) come previsto dalla regola tecnica di progettazione (UNI - VVF 9494)

92 Evacuatori di fumo e di calore (EFC)
Consentono di: Agevolare lo sfollamento delle persone presenti e l’azione dei soccorritori (meno fumo almeno fino ad un’altezza da terra tale da non compromettere la possibilità di movimento) Agevolare l’intervento dei soccorritori rendendone più rapida ed efficace l’opera Proteggere le strutture e le merci contro l’azione del fumo e dei gas caldi, riducendo in particolare il rischio e di collasso delle strutture portanti Ritardare o evitare l’incendio a pieno sviluppo - “flash over”

93 Senza EFC Con EFC

94 Estintore portatile a polvere
Presidi antincendio Estintore carrellato Estintore portatile a polvere

95 Idrante antincendio a muro
Presidi antincendio Idrante antincendio a muro

96 Presidi antincendio Naspi a parete

97 Idrante a colonna soprasuolo UNI 9485 – 9486 - 9487
Presidi antincendio Idrante a colonna soprasuolo UNI 9485 –

98 Idrante antincendio sottosuolo
Presidi antincendio Idrante antincendio sottosuolo

99 Presidi antincendio Rete antincendio

100 Simbologia nei disegni tecnici e nella piante informative (D. M

101 Simbologia secondo D.M. 30/11/1983
IDRANTE UNI 45 NASPO UNI 25 DN (nella UNI 10779) DN 25 Idrante Lancia AI Simbologia secondo D.M. 30/11/1983

102 Simbologia secondo D.M. 30/11/1983
IDRANTE UNI 70 DN 70 (nella UNI 10779) Simbologia secondo D.M. 30/11/1983

103 Verifica Area protetta - UNI 45
R  20 [m]

104 Verifica Distanze UNI 70 R  30 [m]

105 Ubicazione delle attrezzature di spegnimento (D.M. 10/3/1998)
“Gli estintori portatili devono essere ubicati preferibilmente lungo le vie di uscita, in prossimità delle uscite e fissati a muro. Gli idranti ed i naspi antincendio devono essere ubicati in punti visibili ed accessibili lungo le vie di uscita, con esclusione delle scale. La loro distribuzione deve consentire di raggiungere ogni punto della superficie protetta almeno con il getto di una lancia. In ogni caso, l'installazione di mezzi di spegnimento di tipo manuale deve essere evidenziato con apposita segnaletica.

106 Pulsante di allarme antincendio
Segnaletica di sicurezza Attrezzature antincendio Pulsante di allarme antincendio

107 Segnaletica di sicurezza Salvataggio
Punto di raccolta


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