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A spasso tra le parole L’infinito di G. Leopardi.

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Presentazione sul tema: "A spasso tra le parole L’infinito di G. Leopardi."— Transcript della presentazione:

1 A spasso tra le parole L’infinito di G. Leopardi

2 Secondo autografo de « L'infinito » ( Visso, Archivio Comunale )
Leopardi e il suo tempo

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4 Leopardi e l'immaginario paesaggistico della poesia contemporanea
Il più autorevole rappresentante della nuova coscienza fu Leopardi, il teorizzatore del concetto della natura matrigna, ovvero dell'avvenuto e irreversibile divorzio tra l'uomo e l'entità creatrice. La natura intesa come ambiente circostante, non cessa di interessare il poeta, ma è inesorabilmente messa in discussione la naturalità della vita umana, la conseguenzialità tra i bisogni dell'uomo e la possibilità che essi siano soddisfatti dalla natura. Egli rinnovò completamente il senso della definizione bucolica di “idillio”: se, infatti, conserva lo sfondo paesaggistico e gli elementi della natura, propri del genere idillico, non li impiega in funzione descrittiva, ma li fonde agli altri aspetti della propria ispirazione poetica. Ed è proprio al Leopardi, e al suo Infinito, che affidiamo il compito di introdurre il discorso sulla rappresentazione del paesaggio nella poesia contemporanea. Sembra, infatti, di poter rilevare che la famosa "siepe" leopardiana, assuma un valore emblematico informatore anche di esperienze poetiche molto più recenti. Manoscritto L’infinito Leopardi e il suo tempo Vita di Leopardi Opere di Leopardi

5 Testi GIOVANNI PASCOLI, Nebbia, da I canti di Castelvecchio
Nascondi le cose lontane, tu nebbia impalpabile e scialba, tu fumo che ancora rampolli, su l'alba, da' lampi notturni e da' crolli d'aeree frane! Nascondi le cose lontane, nascondimi ch'è morto! ch'io veda soltanto la siepe dell'orto, le mura ch'ha piene le crepe di valeriane. Nascondi le cose lontane : le cose son ebbre di pianto! ch'io veda i due peschi, i due meli, soltanto , che danno i soavi lor mieli pel nero mio pane. Nascondi le cose lontane che vogliono ch'ami e che vada! ch'io veda là solo quel bianco di strada, che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane... Nascondi le cose lontane, nascondile, involale al volo del cuore! Ch'io veda il cipresso là, solo, qui, solo quest'otto, cui presso sonnecchia il mio cane. EUGENIO MONTALE, da Ossi di Seppia Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d'orto ascoltare tra i pruni e gli sterpi scricchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch'ora si rompono ed ora si intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com'è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

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7 L’infinito Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo; ove per poco il cor non mi spaura. E come il vento odo stormir fra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio; e il naufragar m'è dolce in questo mare. Analisi del testo Leopardi e il suo tempo Vita di Leopardi Opere di Leopardi Conclusioni

8 Realtà e Nulla mondo della realtà mondo dell’ultrarealtà: il Nulla
Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati Spazi di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo; ove per poco Il cor non si spaura. Il poeta è legato alla realtà contingente, che rappresenta la sua esistenza quotidiana, ma immagin una realtà diversa col pensiero, nel quale si allargano a dismisura gli orizzonti tanto che il il cuore per poco non resta impaurito di fornte all’infinito che si spalanca davanti alla mente mondo dell’ultrarealtà: il Nulla E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e il suon di lei. Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio: E il naufragar m'è dolce in questo mare Scambio tra le due realtà: il mondo reale diventa lontano e quello ultrareale e immenso diventa vicino, e in questa immensità la mente si può serenamente perdersi ritrovando quel piacere e quella felicità negata nel mondo reale ed esistenziale che si trova al di qua della siepe. In entrambi i mondi l’uomo è il centro di se stesso: potremmo parlare di solitudine, intendendo con questo il semplice senso di esclusione di Leopardi dal mondo sociale vissuto insieme ad altri uomini; ma potremmo parlare anche di fusione con un mondo divino in cui l’individuo si realizza indipendentemente dall’esistenza di un mondo sociale: il "paesaggio" interminato ed eterno potrebbe rappresentare nell’immaginario poetico la divinità universale che è madre benigna della immensità nella quale ogni elemento vivente naufraga in modo dolce.

9 ELEMENTI REALI Gli unici elementi del reale sono il colle, la siepe e lo stormire delle foglie (la voce del vento), ed è da questi elementi che nasce la contemplazione dell'infinito che porta agli infiniti silenzi e alla profondissima quiete; di fronte all'immensità non esiste più limite e gli ostacoli come la siepe sono superati dal pensiero. Come dalla siepe nasce l'infinito dello spazio, così dalla voce del tempo nasce quello del tempo, che lo spirito cerca di raccogliere

10 Analisi del testo Creazione: Composto a Recanati forse nella primavera del 1820. Metro: endecasillabi sciolti. È un idillio che nasce "dalla rinuncia a pensare e a riflettere", che con poche immagini esprime da un lato la solitudine mista a una infelicità ancora inconsapevole, e dall’altro il superamento della stessa attraverso un lasciarsi andare alla contemplazione della natura e della sua bellezza. Dividiamo la poesia in quattro segmenti, facilmente individuabili attraverso gli elementi: 1) Sempre, 2) 3) E come, 4) Così. Già attarverso la successione di queste quattro parole possiamo individuare la struttura globale della poesia formata da un’idea di partenza (Sempre) che trova subito un’idea oppositiva (Ma), seguita da una similitudine (E come) che conserva le sue opposizioni precedenti (Così).

11 CONCLUSIONI Quanto c'entra il fallimento della fuga orchestrata nel 1819 e miseramente fallita con il tema dell’Infinito? Sta di fatto che dal settembre 1819 Leopardi esce sempre meno di casa e dirada sempre più le sue già scarse visite, mentre la salute in generale non migliora; anzi, sul piano della vista e della respirazione si verificano leggeri peggioramenti. In questo clima di smarrimento e sotto il peso del fallimento della fuga da un mondo chiuso e per lui portatore di morte verso un mondo aperto e portatore di vita nasce il bisogno di chiudersi in se stesso per cercare e trovare quegli spazi nei quali liberare lo spirito. È il senso dell'infinito contrapposto allo spazio materiale e spirituale limitato e chiuso. E se questo senso dell'infinito non può essere trovato fuggendo da Recanati, allora viene trovato richiudendosi in se stesso.

12 Vita di Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi nacque a Recanati il 29 giugno 1798, primogenito della più illustre casata del piccolo centro marchigiano. Il padre, austero e politicamente reazionario, fu, insieme con i precettori ecclesiastici, il suo primo insegnante.Ma l'ingegno precocissimo del giovane Giacomo e la sua estrema sensibilità, frustrati dalla freddezza parentale, lo indussero ben presto a riversare tutta la sua passione sui libri della biblioteca paterna (sette anni di studio "matto e disperatissimo") e ne fecero un fenomenale autodidatta, esperto in lingue classiche, ebraico, lingue moderne, storia, filosofia e filologia (nonché scienze naturali e astronomia).Divenne saggista e traduttore, specialmente di classici. Del 1816 fu il suo passaggio 'dall'erudizione al bello', ossia dallo studio alla produzione poetica, e nello stesso anno è da datare la sua missiva alla 'Biblioteca Italiana', con la quale il Leopardi difendeva le posizioni dei classicisti in risposta alla de Stäel. L'anno dopo avviò una fitta corrispondenza con Pietro Giordani ed iniziò la stesura dello Zibaldone; sempre in questo periodo si innamorò di Geltrude Cassi, alla quale dedicò la poesia Il primo amore.Il suo corpo, ormai minato dai molti anni di studio e di semi-volontaria reclusione, aveva già cominciato a mostrare i segni di quella deformazione alla colonna vertebrale che farà così soffrire il poeta, anche se la malattia, per il Leopardi, non rimase mai un motivo di lamento individuale ma si trasformò in uno straordinario mezzo di conoscenza. Del '18 sono le canzoni All'Italia e Sopra il monumento di Dante, nonché lo scritto Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica.L'anno seguente, il 1819, segnò un periodo di profonda crisi per il poeta: esasperato dall'ambiente familiare e dalla chiusura, soprattutto culturale, delle Marche, governate dal retrivo Stato Pontificio, il Leopardi tentò di fuggire da casa, ma il progetto venne sventato dal padre. A questo stesso periodo appartengono la composizione degli idilli L'infinito, Alla luna ed altri e la sua conversione 'dal bello al vero', con il conseguente intensificarsi delle sue elaborazioni filosofiche, tra cui la teoria del piacere.Nel 1822 il padre gli concesse un soggiorno al di fuori di Recanati e fu così che il poeta poté andare a Roma, ospite di uno zio. La città si rivelò estremamente deludente e, dopo aver invano tentato di trovarvi una sistemazione, il Leopardi nel 1823 fece ritorno nelle Marche, dove iniziò a comporre le Operette morali. Proprio le Operette segnarono la piena formulazione del 'pessimismo storico', che vedeva nell'uomo e nella ragione le vere cause dell'infelicità, e del 'pessimismo cosmico', che al contrario accusava la Natura di essere la fonte delle sventure umane, in quanto instilla nelle persone un continuo desiderio di felicità destinato ad essere sistematicamente frustrato.Nel 1825 riuscì a lasciare Recanati grazie all'avvio di una collaborazione con l'editore Stella che gli garantì una certa indipendenza economica: fu a Milano, Bologna (dove conobbe il conte Carlo Pepoli e pubblicò un'edizione di Versi), Firenze (dove incontrò il Manzoni e scrisse altre due operette morali) e Pisa (dove compose Il Risorgimento e A Silvia). Costretto a tornare a Recanati nel 1828, proseguì nella produzione lirica che aveva iniziata a Pisa con l'approfondimento delle tematiche della 'natura matrigna' e della caduta delle illusioni.Nel '30 uno stipendio mensile messogli a disposizione da alcuni amici gli permise di lasciare nuovamente Recanati e di stabilirsi a Firenze. Qui s'innamorò di Fanny Targioni Tozzetti (la delusione scaturita dall'amore per lei gli ispirerà il ciclo di Aspasia) e strinse amicizia col Ranieri. Del '36 sono La Ginestra, Il tramonto della luna e probabilmente I nuovi credenti.Morì a Napoli il 14 giugno del 1837. L’Infinito Opere di Leopardi Conclusioni

13 Opere di Leopardi Epistolario (1810 - 37)
Storia dell’astronomia (1813) Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815) Saggio di traduzione dell’Odissea (1816) Traduzione del libro secondo della Eneide (1817) Zibaldone ( ) Operette morali (1827, prima ed.) Paralipòmeni della Batracomiomachia (dal 1830) Canti (1831, ed. Piatti, Firenze; molte poesie erano già state pubblicate anteriormente a partire del 1818) Operette morali (1834, seconda ed.; 1835, terza ed.) Canti (1835, ed. Starita, Napoli; edizione accresciuta) Canti (ed. postuma curata da Antonio Ranieri a Firenze 1845) Pensieri (postumi, 1845) L’Infinito Vita di Leopardi Conclusioni

14 Composizione poetica multimediale a cura di: Alberta Achilli (parte grafica) Silvia Dallavalle (reperimento e inserimento testi)


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