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“ come strumento strategico decisionale ”
IL BILANCIO AZIENDALE “ come strumento strategico decisionale ” Per individuare quelle che possono essere le misure e le condotte più idonee che gli operatori del settore possono adottare per affrontare questo periodo di trasformazioni che sta caratterizzando l’agricoltura italiana, occorre innanzitutto comprendere quali strumenti sono storicamente stati messi a disposizione dell’imprenditore agricolo, e domandarsi poi se gli stessi risultano sufficienti e soddisfacenti per agire nel contesto odierno. La trattazione, che pone principalmente l’attenzione sul bilancio, vuole dapprima mettere in luce le potenzialità e le esternalità positive che tradizionalmente vengono riconosciute all’impiego di tale strumento nell’esercizio delle attività economiche, evidenziando al contempo le caratteristiche peculiari che nel corso degli anni hanno accompagnato l’impiego del bilancio nel settore agricolo. 2 BILANCI: CONTABILE: ne più ne meno è quello che deriva direttamente dalla contabilità (per le banche…) ECONOMICO: redditività, previsioni, supporto al momento decisionale (uso principalmente interno) Per la remunerazione dei fattori di produzione (molti degli aspetti conoscitivi possono essere messi in luce attraverso la diffusione della contabilità agraria, ma certo un salto di qualità si può avere solo attraverso il bilancio ECONOMICO…. MA ENORMI DIFFICOLTA’ Matteo Legnani
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Il bilancio… “Strumento di comunicazione interna e esterna”
Possibili destinatari: Imprenditore Economista Politico Estimatore Funzionario di banca Fisco Tra le figure interessate alla predisposizione di un bilancio si possono includere, oltre all’imprenditore, l’economista che intende effettuare indagini a livello settoriale; il politico che deve definire interventi di politica economica a livello regionale, nazionale o comunitario; l’estimatore che deve ricercare parametri per effettuare la stima di un bene; il funzionario di banca che deve stabilire se concedere o meno un finanziamento; il fisco per finalità di tipo tributario, etc. - RICLASSIFICAZIONI
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…il bilancio… è strumento di comunicazione, interna ed esterna, dell’attività d’impresa e delle sue performance fornisce un quadro della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell'azienda è la sintesi delle risultanze della gestione aziendale posta in essere durante un determinato periodo di riferimento certamente più attendibile della mente dell’imprenditore Interna: sempre / esterna: sicuramente per le grandi imprese, cmq per il mondo del credito (platea degli stakeholder)
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…il bilancio economico…
consente una organizzazione efficiente di tutte le attività legate alla vita dell'azienda è uno strumento fondamentale per i processi di pianificazione e programmazione della gestione futura. Funzione essenziale del bilancio è, quindi, quella di accertare periodicamente la situazione del patrimonio (aspetto statico) e la redditività (aspetto dinamico) della società. Esso costituisce, inoltre, uno strumento d’informazione destinato a soddisfare le esigenze conoscitive di una molteplicità di soggetti. Innanzitutto, il soggetto economico ha bisogno di accertare periodicamente la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della sua impresa, sia per controllare la gestione passata, sia per programmare e indirizzare la gestione futura.Come già accennato per la contabilità in generale, ma è qui che si costruiscono quei margini o indicatori che segnalano il grado di efficienza della nostra attività Idem per quanto riguarda l’ accesso al FINANZIAMENTO PUBBLICO: sussidi comunitari: è chiesto obbligatoriamente, anche per coloro che non tengano la minima scrittura contabile, di presentare due bilanci CEE per valutare la situazione aziendale ante e post finanziamento ed inoltre un business plan che dimostri la redditività prospettica dell’azienda PRIVATO: istituti di credito devono presentare un piano aziendale (sp e ce) per la valutazione del profilo di solvibilità e l’esposizione debitoria RISULTATO: alcuni rinunciano, altri inventano, i più diligenti lo fanno, appoggiandosi a professionisti, ma con enormi difficoltà e questa può esser l’ occasione per impostare un discorso contabile più duraturo… es.
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… dunque… tenuto conto degli scenari attuali e futuri, il bilancio economico può diventare, in particolare per il piccolo e medio imprenditore agricolo, uno strumento di vitale importanza per misurare in modo corretto e completo la performance ottenuta, al fine di garantire la continuità dell’attività Problemi del settore: climatici… REDDITIVITA’ anche in un’annata positiva da ogni punto di vista (clima, prezzi, domanda…) PAC come ancora di salvataggio sparirà (sussidi, integrazioni…), sostituita da altri strumenti, per modernizzazione aziende etc (che già per loro natura richiedono business plan…. MA non solo obbligo è necessità per sopravvivere !!!!
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Il bilancio in Economia Agraria
BILANCIO ECONOMICO: il più tradizionale strumento d’analisi e di pianificazione dell’impresa agraria Origine: - inizio ‘900 - estimo - A. Serpieri L’Economia Agraria infatti ha conosciuto durante la sua breve storia pochissimi innovativi sviluppi dottrinali, il principale dei quali è senza dubbio quello posto in essere all’inizio del Novecento dal maestro Arrigo Serpieri. Tale contributo si sostanzia nell’introduzione del bilancio economico che è il più tradizionale strumento d’analisi e di pianificazione dell’impresa agraria[1]. Tale strumento nasce in funzione delle esigenze dell’estimo e viene impiegato in economia dal Serpieri, con alcune modifiche, per individuare alcuni indici di scelta dell’imprenditore. [1] Di Sandro, G. (1999) Come accennato il bilancio economico trova le sue origini nell’ambito dell’estimo rurale, più precisamente con la finalità di determinare il reddito permanente ritraibile dal fondo da capitalizzare a un dato saggio. Nel passaggio dall’estimo all’economia cambia la finalità del bilancio, ma rimane pressoché invariata la logica di fondo e non si esce dall’ambito delle valutazioni, non più eseguite dal perito, ma dall’imprenditore
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Da bilancio estimativo a bilancio economico
Obiettivo: determinazione dei risultati della gestione di un determinato esercizio misurazione delle capacità produttive e reddituali di una determinata azienda Sebbene il Di Cocco non abbandoni l’originario paradigma serpieriano, è il primo autore a separare in modo netto ed esplicito il bilancio estimativo da quello economico. Solo quest’ultimo permette di conoscere l’attività agricola e di giungere alla determinazione dei risultati della gestione di un determinato esercizio
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BILANCIO “ECONOMICO” La brevissima carrellata storica proposta consegna ai giorni nostri uno strumento utilizzabile dall’agricoltore che voglia determinare una misura di reddito della propria attività aziendale e che al contempo permetta di individuare le modalità in cui tale reddito è distribuito tra i vari fattori produttivi impiegati in azienda 2. Diverso dal bilancio CONTABILE….. BILANCIO ECONOMICO - evidenzia il PROFITTO - valuta la redditività complessiva dell’ azienda - valuta i singoli redditi delle figure economiche (CE: costi e ricavi) Le differenze in questione sono legate a due visioni estremamente lontane dell’attività agricola: il bilancio proposto dall’economia agraria è infatti fondato sul concetto di azienda agraria, il bilancio di natura contabile è invece un bilancio che si concentra sul concetto di impresa e cerca di considerare l’attività agricola al pari delle altre attività produttive
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BILANCIO CONTABILE e BILANCIO ECONOMICO
costi espliciti: sono i costi che generano un flusso di denaro, quali ad esempio le spese varie (acquisto di fertilizzanti, carburanti, etc.) o il salario per la manodopera dipendente costi impliciti: sono costi che non generano alcun flusso di denaro. (costo del lavoro familiare, costo del capitale proprio)
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BILANCIO CONTABILE e BILANCIO ECONOMICO
La distinzione tra costi espliciti e impliciti sottolinea una differenza sostanziale tra il punto di vista dell’economista e quello del contabile nell’analisi delle attività economiche. - I contabili si limitano a registrare tutti i movimenti monetari da e verso l’impresa; prendono in considerazione i soli costi espliciti; - Gli economisti sono interessati a studiare le modalità secondo le quali le imprese prendono le proprie decisioni di prezzo e di produzione, e perciò, nel valutare i costi, prendono in considerazione tutti i costi-opportunità.
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Impostazione RAGIONIERISTICO - CONTABILE
IMPOSTAZIONE RAGIONIERISTICA (non rigorosa): sulla base del piano dei conti che avevamo impostato, (scritture di assestamento), ricavi e costi, arriviamo a un risultato…. È già qualcosa per fare confronti, MA….. In realtà per la corretta determinazione del reddito di esercizio si considerano alcuni elementi per cui non vi è stato, nel periodo di riferimento un esplicito esborso di denaro. Si pensi ad esempio agli ammortamenti
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Il BILANCIO CONTABILE è un documento che consente di analizzare la situazione economica, (patrimoniale e finanziaria) di un’impresa alla fine di un determinato periodo di riferimento. è strumento di diretta derivazione contabile: i prospetti di sintesi sono il risultato della ordinata rilevazione di tutti gli accadimenti aziendali, sulla base di determinate regole e metodologie ampiamente condivise. le procedure contabili sono rivolte alla osservazione continuativa delle operazioni cosiddette di gestione esterna, vale a dire di quelle operazioni che pongono in contatto l’impresa con terze economie. Dal punto di vista economico il bilancio contabile consente di giungere a una misura, il reddito di esercizio, che esprime il risultato della gestione attuata in un determinato periodo di tempo
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Ulteriori aspetti da considerare:
Valore del fondo (proprietà) Lavoro imprenditore Funzione imprenditoriale (capacità e competenze) Impiego capitale (investimenti) Valore macchinari (perdite di valore) Questi elementi che rappresentano proprio le peculiarità dello strumento che l’economia agraria ha portato avanti negli anni, possono essere considerati come i punti deboli del modello stesso, che rischiamo di metterne in discussione la validità dal punto di vista teorico e l’utilità dal punto di vista pratico. D’altro canto è da sottolineare come alcuni aspetti, primo fra tutti il contributo lavorativo dell’imprenditore e dei suoi famigliari, caratterizzino in modo talmente forte e diffuso la gestione delle attività agricole sul territorio italiano, che non si può pensare di poterli trascurare completamente nemmeno laddove si cercherà di applicare alle imprese agrarie strumenti tipici di altri settori produttivi. Ci sono una serie di altri elementi di cui tenere conto per valutare effettivamente la nostra performance e in generale sono una serie di cosiddetti COSTI OPPORTUNITA’ (costo come profitto a cui rinuncio, non scegliendo la più semplice strada alternativa) FONDO: se di proprietà non ho uscite finanziarie, ma potrei affittarlo ad altri !!!!!! Lavoro imprenditore: call center, muratore…… Imprenditorialità: potrebbe offrire le sue capacità e competenze ad altre aziende…. Capitale: qui c’ è stato esborso e quantomeno rinuncia agli interessi in banca AMMORTAMENTO: considerare anche il costo dell’utilizzo dei macchinari etc….. (una rigorosa contabilità ne avrebbe già tenuto conto)
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Impostazione ECONOMICA
IMPOSTAZIONE ECONOMICA: in azzurro le ulteriori voci di cui si è tenuto conto…. Risultato: netta riduzione del risultato o profitto !!!!! Occorre tuttavia anticipare che uno strumento ereditato dall’estimo, benché in parte modificato e modificabile, difficilmente sarà in grado di svolgere in modo coerente e rigoroso le funzioni di tipo economico e soprattutto gestionale che gli vengono assegnate, e che la concorrenza e competitività odierna con prepotenza sempre crescente, rendono praticamente indispensabili
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Produzione totale = reintegrazioni + redditi
Da Serpieri a Di Cocco Produzione totale = reintegrazioni + redditi individua due componenti fondamentali della produzione totale: le reintegrazioni dei capitali distrutti durante il ciclo produttivo, e l’insieme dei redditi distribuiti tra i diversi portatori dei fattori produttivi impiegati dall’azienda REINTEGRAZIONI: quote di reintegrazione, acquisti fattori a fecondità semplice, imposte, etc… REDDITI: costo lavoro, interessi sul capitale, etc..
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Il BILANCIO ECONOMICO, è uno strumento che si concentra sull’analisi del processo di produzione con cui l’impresa realizza determinate produzioni e consente di individuare eventuali inefficienze tecnico-economiche cui cercare poi di porre rimedio; si fonda sulla distinzione tra reintegrazioni e redditi; l’elaborazione del bilancio economico richiede la valutazione di una serie di elementi di non agevole determinazione, che sono rappresentati dalle remunerazioni spettanti all’imprenditore per i vari fattori da questi apportati; Consente di determinare la misura del reddito netto e le modalità in cui si lo stesso è imputabile ai singoli fattori produttivi.
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PRODUZIONE LORDA VENDIBILE
PLV = rappresenta il valore della produzione lorda realizzata nell’azienda, al netto del valore dei prodotti reimpiegati nell’azienda e consumati nella produzione PLV = ricavi, fatturato, giro d’affari di una azienda agricola La figura rappresenta la composizione della produzione lorda vendibile di un’ipotetica azienda in cui si coltivano due produzioni: la parte preponderante del valore è legata alla attività di coltivazione del riso, mentre una parte di minore entità è rappresentata dalla produzione aziendale di mais
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Suddivisione della Plv
Reintegrazioni: fattori consumati nel processo produttivo è poi possibile, a partire dal valore della produzione lorda vendibile, sottrarre il valore delle cosiddette reintegrazioni, vale a dire il valore di tutti i fattori consumati nel processo di produzione.
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Suddivisione della PLV
Questo diagramma a torta riassume tutta la logica del bilancio economico (ce scalare) dato relativo alle singole poste del passivo che, espresse in termini percentuali del valore della produzione lorda vendibile, consentono di giungere a una serie di dati importanti per alimentare il processo decisionale dell’impresa (inefficienze tecniche) Partiamo dalla PLV fatta 100 e cominciamo a togliere le varie fette (costi espliciti o impliciti); ogni componente è una fetta della torta e può quindi essere espressa in % della PLV !!!!!! L’ulteriore passaggio da compiere consiste nel ripartire la fetta restante di Plv tra gli altri elementi della relazione (6), i redditi, che comprendono il valore dei salari e degli stipendi, gli interessi sul capitale, il compenso per l’utilizzo del fondo e il tornaconto oltre a evidenziare il risultato residuale rappresentato dal profitto T, che in una certa misura fornisce una prima e immediata idea dell’andamento dell’attività aziendale nel periodo considerato, evidenziano il diverso contributo che i vari fattori impiegati hanno svolto nel processo di produzione Es. profitto 16% buono (anno dopo 10% ancora buono, poi 8%……. Cominciano a nascere dubbi……) salari 9% poi 15%….. Magari perché è scesa la plv…….. Etc. etc. Il punto di arrivo è la fetta gialla del profitto !!!!!!! Bisogna cercare di massimizzarla, spesso riducendo le altre fette (es. potenza trattori)
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EQUAZIONE DEL TORNACONTO PLV – (Q+Sv+Imp+Sa+St+I+Bf) = T
Passiamo dalla forma grafica a quella analitica o formale: equazione del tornaconto che riassume tutte le componenti indispensabili Il bilancio assume forme diverse a seconda delle caratteristiche strutturali e gestionali dell'azienda e a seconda di quali variabili si vogliono mettere in evidenza. Nella sua forma più semplice ed immediata il bilancio assume la forma della equazione del tornaconto. PLV Q – Sv – Imp: costi oggettivi Sa – St – I – Bf – T: “costi di reddito” costi per l’azienda, ma redditi per le diverse figure economiche. Da qui si può formare un vero e proprio bilancio economico
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Plv – Totale spese = Tornaconto
ATTIVO % Importo PASSIVO %Plv Plv 100 Quote Spese varie Imposte e contributi Salari Stipendi Beneficio fondiario Interessi: sul capitale di scorta sul capitale di anticipazione Totale spese Plv – Totale spese = Tornaconto La compilazione del prospetto di sintesi può apparire una operazione di semplice se non banale attuazione, nella pratica tuttavia richiede la rilevazione di una grandissima mole di dati economici, patrimoniali, finanziari, strutturali e tecnico-produttivi relativi all’azienda, la cui disponibilità è tutt’altro che agevole e immediata
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Fase descrittiva Definizione dell’attività svolta (tipo di coltura etc…) Determinazione della SAU (Superficie Agricola Utilizzata) Misurazione della quota destinata alle singole colture e di quella destinata ad altre funzioni Prima di procedere all’aggregazione dei dati da inserire all’attivo e al passivo di bilancio è dunque necessario analizzare una serie di altri dati di natura quali-quantitativa. Anzitutto occorre tenere conto di aspetti generali quali l’ubicazione dell’azienda, la forma di conduzione dei terreni che possono essere di proprietà o in affitto e la natura dei terreni stessi. Elemento la cui preventiva analisi è essenziale al fine della corretta predisposizione del bilancio e di un suo completo utilizzo nel processo di pianificazione aziendale, è inoltre la superficie disponibile: partendo dai dati catastali è utile indicare la superficie agraria utilizzata (SAU) e la sua ripartizione colturale. La rilevanza di questi dati è principalmente connessa alla possibilità di ricavare indicatori e altre informazioni quantitative connesse ad aspetti tecnico-produttivi dell’attività svolta dall’azienda; questi aspetti il cui monitoraggio è indispensabile per l’imprenditore che voglia alimentare il proprio processo di pianificazione e ricerca dell’efficienza, sono per lo più di interesse dell’agricoltore, di agronomi e periti agrari mentre stimolano certamente meno la curiosità di soggetti dediti a materie prettamente economiche Bilancio CEE sp e ce e nota integrativa e relazione sulla gestione (bilanci di 200 pag gli schemi sono 5 pag.) Qui non interessa, è più a utilità dell’imprenditore, cmq una minima parte descrittiva per far capire di cosa si sta parlando (DEFINIZIONE) ed anche utile per considerazioni e raffronti (SAU): un conto è fare con 1 ettaro con 2, 10 o con 100 ettari !!!!! Inoltre come per Co.An. Individuando la sau per ogni coltura arriviamo a risultati più dettagliati (altre funzioni: Es. foraggio, consumo interno…)
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ATTIVO “coincide con la PLV”
L’attivo di bilancio è chiamato Produzione Lorda Vendibile, in quanto per alcune produzioni può porsi il problema dei reimpieghi Destinazione della produzione totale: vendita trasformazione in azienda autoconsumo integrazione di salari “reimpiego” Come ogni attività d’impresa, anche quella agricola è finalizzata all’ottenimento di una pluralità di beni e/o servizi che costituiscono la produzione totale; tali prodotti finali possono essere destinati alla vendita, essere successivamente trasformati in azienda, consumati dall’imprenditore e dai suoi famigliari, essere destinati ai lavoratori come integrazione del salario, o ancora, essere conservati in azienda per un successivo impiego quali mezzi di produzione, è questo il caso ad esempio di letame, foraggi, paglia, sementi, etc. Quest’ultima categoria di prodotti, destinati al reimpiego in azienda, rappresenta l’unica parte della produzione aziendale totale che non rientra nella nozione di produzione lorda vendibile “attivo” tutta la parte di ricavi Es. Settore vinicolo NO REIMPIEGHI
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Reimpieghi… Prodotti conservati in azienda per un successivo impiego quali mezzi di produzione (è questo il caso ad esempio di letame, foraggi, paglia, sementi) è tuttavia doveroso precisare che non tutte le produzioni realizzabili in un’azienda agraria presentano il problema dei reimpieghi. In ordinamenti colturali, quali il viticolo non si pone la necessità di conservare una parte della produzione per il successivo utilizzo quale fattore produttivo, in casi come questo risulta evidente che quantità totale e quantità vendibile coincideranno, e lo stesso si può dire per i relativi valori di Plv e Plt.
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Produzione Lorda Vendibile
colture erbacee colture arboree produzioni zootecniche servizi forniti a terzi “uso dell’abitazione” entrate accessorie le colture erbacee, quali i vari tipi di cereali colturee arboree, quali i vari tipi di frutti e agrumi Produzioni come latte, uova, lana, etc. non presentano particolari problemi in quanto merci vendibili direttamente sul mercato; per quanto riguarda poi il letame, l’entità totale della produzione ottenuta coincide praticamente sempre con quella reimpiegata in azienda come fertilizzante. uso dell’abitazione: si tratta dell’ipotetica remunerazione per l’utilizzo dei fabbricati aziendali quali abitazione propria dell’agricoltore. Il valore in questione è chiaramente rappresentato da un importo stimato, definito per analogia sulla base del canone di affitto pagato per disporre di un’abitazione simile a quella dell’azienda. Nella prassi la voce in questione entra a far parte della Plv solamente in quelle realtà aziendali in cui l’utilizzazione dei fabbricati costituisce una condizione necessaria per la realizzazione della produzione o quantomeno risulti effettivamente utile alla gestione dell’impresa. In questi casi infatti è possibile inserire il canone d’affitto tra le produzioni in quanto riferibile a un servizio fornito dai fabbricati aziendali e consumato dalla famiglia.
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Determinazione dell’attivo delle colture
Fase descrittiva abbiamo la Sau, calcoliamo la produzione totale, al netto dei reimpieghi e poi valorizziamo il tutto per ottenere un valore economico della PLV (non ci interessano solo le quantità, ma i prezzi…) Ci permette di definire la combinazione produttiva più redditizia… Per quanto riguarda le colture erbacee, quali i vari tipi di cereali, occorre determinare il valore delle quantità vendibili di ciascuna categoria di produzioni, individuando per ognuna di esse la quota accantonata e destinata al reimpiego. Affinché il bilancio economico possa svolgere pienamente le sue funzioni di informativa e di strumento guida per l’imprenditore che voglia gestire in modo più consapevole ed efficiente la propria azienda, è consigliabile indicare per ogni singola coltura la superficie coltivata, la resa unitaria, la quantità complessivamente ottenuta, l’eventuale porzione destinata al reimpiego e il prezzo unitario di vendita dei prodotti aziendali. In questo modo l’agricoltore potrà fare le sue valutazioni in merito alla combinazione produttiva sulla base di solide argomentazioni e determinare in via preventiva le conseguenze, in termini di ammontare della Plv, di eventuali modifiche negli ordinamenti colturali o nella distribuzione della SAU, o in seguito a variazioni dei prezzi di mercato, Discorso pressoché analogo può essere fatto per le colturee arboree, quali i vari tipi di frutti e agrumi, in questo caso però, non essendoci il problema dei reimpieghi vi sarà coincidenza tra produzione vendibile e produzione totale.
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Determinazione dell’Utile Lordo di Stalla
ULS = valore delle variazioni quantitative e qualitative del bestiame, nell’arco dell’annata agraria L’utile lordo di stalla è comunemente definito come l’incremento di valore del bestiame nel corso di un’annata agraria. Le variazioni che interessano il bestiame possono essere di natura quantitativa e qualitativa: l’eventuale incremento di valore può infatti essere dovuto a variazioni quantitative, come l’aumento del numero dei capi, o a variazioni qualitative legate a una diversa composizione della tipologia di bestiame.
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Servizi forniti a terzi
Il riferimento è a tutti quei proventi derivanti da prestazioni effettuate all’esterno dell’azienda di norma tramite l’utilizzo di capitali fissi aziendali Esempi - noleggio a terzi dei macchinari aziendali - servizi connessi alle cosiddette attività di ospitalità rurale: agriturismo, organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche, etc. Tra i servizi che l’impresa agraria può fornire e i cui valori monetari concorrono al valore complessivo della Plv, è bene ricordare come trovino sempre maggiore diffusione quelli connessi alle cosiddette attività di ospitalità rurale: agriturismi, organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche, etc
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Il contoterzismo È oggi frequente anche il caso in cui l’agricoltore gestisca la sua azienda e contemporaneamente presti la sua opera come terzista, ovvero non si limiti a noleggiare i macchinari e le attrezzature aziendali a soggetti terzi, ma effettui con propri mezzi e proprio personale lavori quali aratura, semina o raccolta presso fondi altrui. Tale tipologia di attività rientra tra quelle che l’art c.c. definisce connesse. Perché l’agricoltore rimanga tale e non rientri nella categoria dei contoterzisti l’attività per conto terzi non deve essere prevalente, in termini di terreno lavorato e di fatturato, rispetto alla normale attività agricola condotta sul proprio fondo.
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Entrate accessorie “proventi che non derivano da una specifica attività aziendale” (trattamento bilancistico non sempre chiaro e univocamente condiviso) Possono ragionevolmente rientrare nella definizione di entrate accessorie, e contribuire così alla determinazione della Plv: le somme riscosse dalle imprese di assicurazione quali compensazione dei danni subiti dalle produzioni per eventi accidentali verificatesi durante l’anno, gli interessi attivi sul conto corrente aziendale I vari contributi integrativi alla produzione o alla realizzazione di servizi, previsti dalla politica agraria comunitaria (Pac) . Al contrario si tende a escludere dal quadro della Plv: - i contributi destinati a investimenti aziendali, - le compensazioni dei danni relative ad assicurazioni sui mezzi e su altri capitali fissi o analogamente, i contributi a compensazione dei danni provocati da calamità naturali ai capitali fissi dell’azienda La questione relativa al trattamento dei contributi Pac è tutt’altro che scontata. È certamente sensato includere all’interno della Plv i contributi spettanti sulla base delle colture praticate, in quanto è possibile stimarne l’entità sulla base delle scelte produttive. Diverso è però il caso dei nuovi diritti Pac la cui natura contabile è assimilabile a quella di immobilizzazioni finanziarie o immateriali.
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Quadro della PLV
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PASSIVO (Q, Sv, Imp, Sa, St, I, Bf)
Costi ESPLICITI: sono costi che generano un flusso di denaro (es. costo acquisto mp) Costi IMPLICITI: sono i costi che non generano flusso di denaro (es. reddito a cui l’imprenditore rinuncia per dedicarsi alla propria attività; capitale finanziario investito nell’impresa) Costi: “reintegrazioni e remunerazioni” Integrazioni dei consumi o del logorio dei beni fisici Remunerazione degli altri fp Costi espliciti (bil. Ragionieristico) e impliciti (bil. Economico)
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Le quote (Q) quote di ammortamento quote di manutenzione
Le quote rappresentano il costo annuo necessario per mantenere costante l’entità e l’efficienza dei capitali a logorio parziale (capitali fissi dell’azienda). Le reintegrazioni relative ai capitali fissi sono riassumibili in: quote di ammortamento quote di manutenzione quote di assicurazione Perché il bilancio economico consenta di giungere alla determinazione di uno o più risultati dell’attività svolta nell’esercizio che siano significativi e corretti dal punto di vista economico, è necessario che al passivo vengano considerate tutti gli oneri, sebbene talvolta non espliciti, volti a ripagare il consumo e il logorio dei cespiti utilizzati nei processi che hanno portato alla realizzazione della Plv, le spese sostenute per mantenere i capitali fissi in efficienza, eventuali esborsi volti a cautelarsi contro accadimenti accidentali che possono causare la distruzione totale o parziale degli stessi.
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Le quote di “ammortamento”
È la stima della misura in cui il capitale perde di valore durante un periodo, a causa di: - usura per l’uso - usura dovuta al tempo - obsolescenza Nella prassi la tecnica maggiormente diffusa è rappresentata dall’utilizzo dell’ammortamento lineare: in altre parole si fa riferimento a un piano di ammortamento a quote costanti nel tempo Vo Vita utile 10 anni Quote 5.000 Oppure si applicano specifiche aliquote percentuali al valore a nuovo (ma scaturiscono da questa stessa formula) CAPITALE: macchinari, investimenti fondiari,bestiame…. (capitale fisso pluriennale). Ma “bestiame”: QUOTA DI RIMONTA: graduale sostituzione… (v. ULS) La determinazione delle quote non dovrebbe in linea teorica comportare particolari problematiche di tipo valutativo, se non altro in quanto, pur trattandosi di valori congetturati, gli stessi sono calcolati a partire da costi esplicitamente sostenuti dall’imprenditore, seppur talvolta in epoche remote. Come per molte altre poste di bilancio però, le complicazioni emergono fortemente in quei casi in cui l’azienda non è dotata di sistemi di rilevazione dei fatti aziendali che permettano di disporre dei dati relativi ai capitali, quantomeno data e valore d’acquisto. Per quanto riguarda alcuni particolari investimenti fondiari quali le piantagioni, un ammortamento a quote costanti lungo tutto il corso della vita utile può non essere la scelta ottimale ai fini della corretta imputazione in bilancio e può al contempo creare ulteriori complicazioni di tipo valutativo.
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Le quote di manutenzione
La quota di manutenzione rappresenta la spesa relativa agli interventi effettuati sugli elementi di capitale a logorio parziale affinché gli stessi conservino le migliori condizioni di funzionamento ed efficienza. (manutenzione ordinaria e straordinaria) imputazione in bilancio: costo effettivo importi medi annui Manutenzione ordinaria: valore minimo del 2% dei valori a nuovo di macchine e attrezzi in ammortamento e del 4% per quelli fuori ammortamento (anche se la spesa documentata non raggiunge tale valore) - valore almeno del 5% del costo di acquisto in caso di beni usati È possibile distinguere tra interventi di manutenzione ordinaria, effettuati di continuo per monitorare e garantire la normale efficienza del capitale, e manutenzione straordinaria eseguita solamente in particolari situazioni. È normale, specialmente in riferimento a quest’ultima fattispecie, che le spese effettive di manutenzione non siano ripartite in misura uguale nelle varie annate agrarie. MANUTENZIONE: o si sommano tutti i costi per la manutenzione del singolo cespite O si applicano dei coefficienti che esprimono tendenzialmente i costi che si sostengono per la manutenzione del bene strumentale e sono espressi in % del costo storico L’imputazione di tali oneri al bilancio economico relativo all’esercizio in cui gli stessi sono effettivamente sostenuti può sembrare l’operazione più corretta, ma in realtà così facendo il contributo di un determinato bene risulterà valutato in modo differente nei vari anni, a parità di utilizzo ed efficienza dello stesso. Per questo motivo è preferibile esprimere le quote di manutenzione per mezzo di importi medi annui, di norma tramite il ricorso ad aliquote costanti da applicare al valore del bene
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Le quote di assicurazione
La quota di assicurazione infine rappresenta la spesa sostenuta per assicurare i vari elementi del capitale dall’eventuale rischio di danneggiamento per cause accidentali. A differenza delle quote di ammortamento e manutenzione, quelle di assicurazione non interessano solo ed esclusivamente i fattori a utilizzo pluriennale, ma anche gli elementi del capitale circolante come i prodotti di scorta, e addirittura le produzioni attese: si pensi al caso delle assicurazioni contro i danni provocati dalla grandine.
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Determinazione delle quote
Altra tabella riepilogativa delle cosiddette quote Amm.to, manutenz e assicurazioni per i vari beni di capitale……. Particolarità: i costi di impianto relativi a frutteti e vigneti vengono ripartiti negli anni come costi di manutenzione… E altre Assicurazioni es. contro la grandine (di tipo più generale, non imputabili al singolo macchinario o piantagione etc..)
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Spese varie (Sv) Con il termine spese varie si è soliti indicare tutti gli acquisti di beni e servizi extraziendali a fecondità semplice, che vengono cioè impiegati nel processo produttivo e che si “distruggono” con esso. Appare dunque evidente come in questa voce di bilancio rientrino una pluralità di beni materiali, mezzi tecnici e servizi tra loro altamente eterogenei, tra cui i più comuni sono rappresentati da carburanti e lubrificanti, fertilizzanti, antiparassitari ed erbicidi, mangimi, spese di stalla, noleggi, servizi elettrici e telefonici, consulenze varie, etc Terminologia particolare: nelle aziende commerciali-industriali spese varie=spese generali Qui invece (oltre alle spese generali quali consulenze etc.) abbiamo tutte le mp produttive essenziali (GRANDE FETTA DELLA PLV !!!) “sono tutti quei materiali e mezzi tecnici acquistati e consumati durante il ciclo produttivo) Lubrificanti, carburanti…
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Determinazione delle spese varie
Trattandosi di norma di un insieme di costi di tipo esplicito, il processo di determinazione e valutazione di questa posta non dovrebbe creare particolari problematiche, anche laddove il sistema di rilevazione contabile sia poco sofisticato e funzionale ai soli fini fiscali. La diffusa pratica di rilevare tutte queste componenti eterogenee ricorrendo a un unico conto denominato ad esempio “spese varie” permette egualmente di giungere alla corretta quantificazione del complessivo valore della voce Sv e di individuarne il contributo in termini percentuali sulla produzione lorda vendibile, ma rischia tuttavia di limitare notevolmente la portata informativa del bilancio economico Affinché questo strumento possa svolgere a pieno le proprie funzioni sarebbe consigliabile non solo la separata indicazione delle varie categorie di spesa, ma addirittura l’ulteriore evidenziazione delle singole tipologie di carburanti, fertilizzanti, mangimi, etc. Solamente operando in questa maniera è possibile individuare in modo sempre più dettagliato le eventuali inefficienze tecniche ed economiche che caratterizzano il processo produttivo e programmare di conseguenza la gestione futura
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Imposte e contributi (Imp)
Imp = Irpef + ICI + Irap + IVA Irpef: Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche ICI: Imposta Comunale sugli Immobili Irap: Imposta Regionale sulle Attività Produttive IVA Imposta sul Valore Aggiunto All’interno delle cosiddette reintegrazioni extraziendali è possibile includere anche tutti i corrispettivi che l’imprenditore paga allo stato sottoforma di imposte per fruire dei servizi pubblici, nonché i contributi versati a carico dell’imprenditore e dei componenti della famiglia agli enti assistenziali e previdenziali. Le imposte che normalmente possono interessare l’imprenditore agricolo e la relativa azienda sono tipicamente: l’IRPEF, l’ICI, Imposta Comunale sugli Immobili, l’IRAP, Imposta Regionale sulle Attività Produttive, e l’IVA, Imposta sul Valore Aggiunto. . La formula indica a grandi linee tutti i tipi di imposte che possono gravare su una azienda del tipo che stiamo analizzando ( diverso il caso di società…)
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Reddito imponibile = reddito dominicale + reddito agrario
Irpef Reddito imponibile = reddito dominicale + reddito agrario reddito dominicale (RD): imputato al proprietario del fondo, sulla base dell’estensione del terreno, della zona di ubicazione e della coltura praticata; reddito agrario (RA): imputato al soggetto che esercita l’impresa agricola, a prescindere dal presupposto giuridico che lo lega al fondo. A differenza degli altri settori di attività economiche, dove il reddito sul quale si calcolano le imposte è determinato a partire dall’utile o perdita di bilancio, nel caso di azienda agricola non si fa riferimento a tali valori, considerato il fatto che non vi è alcun obbligo di tenuta di scritture contabili, ma si ricorre al reddito dei terreni. Tale reddito, rientrante nella categoria dei redditi fondiari, si distingue in due fattispecie: Insieme agli eventuali altri redditi percepiti nell’anno verranno poi tassati in base ai vari scaglioni dell’ irpef
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Imposta Comunale sugli Immobili
La disciplina in termini di ICI per gli agricoltori si differenzia fortemente da quella prevista per gli altri soggetti: numerose esenzioni (ad esempio per determinati fabbricati rurali a uso abitativo asserviti al terreno su cui è svolta l’attività agricola; per i terreni agricoli situati in particolari zone montane o di collina; per i terreni, diversi dalle aree edificabili, sui quali le attività agricole sono svolte in maniera non imprenditoriale, etc.) agevolazioni e riduzioni di imposta sui primi scaglioni di imponibile (a favore dei proprietari coltivatori diretti e di altre tipologie di agricoltori)
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Irap Agevolazioni in agricoltura:
Base imponibile: è costituita dalla differenza tra l’ammontare dei corrispettivi e l’ammontare degli acquisti inerenti l’attività agricola soggetti a registrazione ai fini IVA Aliquota: 1,9% L’IRAP colpisce la produzione netta di tutte le imprese, comprese quelle agricole, anche in questo caso sono però previste specifiche disposizioni per i produttori agricoli. La base imponibile è costituita dai corrispettivi soggetti a registrazione ai fini Iva al netto di tutti gli acquisti inerenti all’attività agricola, dei contributi versati per assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro, delle spese relative agli apprendisti e ai disabili, spese relative al personale assunto con contratto di formazione lavoro. IRAP normale colpisce il reddito prodotto AL LORDO dei costi del personale e degli oneri di natura finanziaria Aliquota 3,9% con +1 o -1
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Imposta sul Valore Aggiunto
“Regime speciale dell’agricoltura” Le aliquote compensative vengono utilizzate per quantificare l’importo dell’imposta detraibile Una delle scelte primarie in materia fiscale, per cui è bene chiedere a un consulente è la scelta del regime IVA 4 regimi: SPECIALE SEMPLIFICATO per volumi d’ affari molto bassi, non c’è obbligo di liquidazioni periodiche, ma solo annuale ESONERO per volumi ancora inferiori completo esonero ORDINARIO: iva su acquisti e iva su vendite, ogni mese o trimestre si fa la differenza e si liquida oppure si ha un credito per compensare l’ iva dei periodi successivi L’imposta più interessante in agricoltura è certamente l’Imposta sul Valore Aggiunto: la legge individua infatti principalmente due diversi regimi Iva applicabili ai produttori agricoli cui corrispondono diverse modalità di calcolo dell’imposta da versare. Il regime speciale prevede che nelle fatture emesse per la vendita delle produzioni agricole si applichi l'aliquota IVA ordinaria (4%, 10% o 20%); l'IVA è poi detratta in modo forfetario, in base alle percentuali di compensazione stabilite con decreto ministeriale per le diverse tipologie di prodotti, e la differenza è versata all’Erario; l'IVA sugli acquisti risulta dunque irrilevante, in quanto non influenza il calcolo dell'imposta da versare. Il regime speciale è quello definito naturale, si applica cioè automaticamente a tutte le imprese agricole; queste possono però decidere di scegliere il regime normale che prevede la detrazione dall'IVA sulle vendite dell'IVA sostenuta per gli acquisti. Es. sugli acquisti NON si ottiene il credito iva Convenienza ????? Di norma sì: in agricoltura acquisto mp per (no credito), ma vendo pf per !!!!! MA se in un esercizio devo fare un investimento per rinuncerei a euro di iva… quindi si decide di passare al regime ordinario (almeno per un triennio) per poi rientrare in quello speciale.
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Salari e stipendi Tra le voci, che la dottrina inserisce nella categoria dei redditi, vi sono innanzitutto i compensi per l’attività lavorativa prestata presso l’azienda agraria; Tali compensi sono riassumibili in: salario (Sa) rappresenta il compenso del lavoro manuale ovvero quello impiegato nell’esecuzione delle attività aziendali; stipendio (St) corrisponde invece al compenso del lavoro intellettuale che comprende le attività di amministrazione, direzione e sorveglianza. Comprende tutte le voci che costituiscono la remunerazione del personale dipendente, sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato: retribuzioni lorde, contributi sociali e accantonamenti per il trattamento di fine rapporto (TFR). LAVORO AGRICOLO particolare: bassa specializzazione, stagionalità, legame intimo (straordinari), pagamento in natura…
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Salari e stipendi Entrambe le tipologie di prestazioni lavorative, manuale e intellettuale, possono poi essere fornite da personale extraziendale oppure direttamente dall’imprenditore e dai suoi famigliari - Nel primo caso salario e stipendio rappresentano costi espliciti, la cui determinazione è immediata e non pone alcun problema (emolumenti fissati sulla base di un contratto collettivo nazionale). - Nel caso di apporto lavorativo proveniente dall’agricoltore e dai membri della sua famiglia la valutazione monetaria dei compensi da lavoro presenta più di una difficoltà. Bisogna domandarsi quanti lavoratori ho utilizzato, in che rapporti di tipo lavorativo, la durata del contratto, con quale qualifica, quali mansioni ??? SALARI (veri e propri non c’ è problema) per i famigliari: stimati sulla base del contratto collettivo nazionale dei lavoratori in agricoltura vigente STIPENDI in % alla PLT (es. 3%) E’ una componente molto importante di costo, finchè è lavoro diretto va bene, l’utilizzo di mdo effettivamente salariata va ben valutato e monitorato
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Determinazione dei costi impliciti (1)
Di norma si ricorre al tradizionale criterio del costo-opportunità: la remunerazione dei fattori apportati dall’imprenditore è determinata sulla base dei compensi che tali fattori riceverebbero qualora destinati ad analoghi impieghi fuori dall’azienda. (In genere il costo-opportunità viene a coincidere coi relativi prezzi di mercato, per quanto riguarda il fattore lavoro occorrerà dunque riferirsi alle tariffe sindacali vigenti per i salariati fissi o per gli avventizi). Risultati anomali !!! generale problema della determinazione dei costi impliciti, di quei costi cioè che non comportano alcun flusso di denaro, e si riferiscono di norma ai fattori produttivi aziendali apportati direttamente dall’imprenditore L’applicazione rigorosa di tale criterio al bilancio delle aziende agrarie italiane rischia però di condurre nella stragrande maggioranza dei casi a risultati per così dire anomali: una volta coperte le reintegrazioni infatti la parte restante della Plv non sarebbe nemmeno sufficiente a coprire il monte salari così determinato, di conseguenza si otterrebbero valori negativi delle grandezze Bf, I, T. Risultati come questi sarebbero evidentemente inaccettabili e non spiegherebbero in alcun modo il persistere di molte aziende agrarie
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Determinazione dei costi impliciti (2)
Il criterio più idoneo per la valutazione dei costi impliciti ai fini della compilazione del bilancio economico sembra essere quello che il Di Cocco definisce della retribuzione minima soddisfacente. Si tratta di un criterio altamente soggettivo, di non facile traduzione operativa in quanto connesso alle esigenze del singolo agricoltore, che può considerare soddisfacenti livelli di remunerazione dei fattori da lui apportati che siano inferiori rispetto ai prezzi del mercato.
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Determinazione di Sa e St impliciti
A prescindere dal criterio scelto occorre procedere al calcolo delle giornate, (o delle ore di lavoro) prestate dall’imprenditore e dai componenti della famiglia, distinguendo le qualifiche dei vari soggetti prima di attribuire un valore monetario ai relativi compensi. Ai fini delle successive analisi di bilancio è di estrema rilevanza arrivare a determinare il numero di unità lavorative, UL, impiegate in azienda, ovvero convertire l’ammontare delle ore effettivamente lavorate in azienda in numero di addetti a tempo pieno. Operativamente è possibile considerare un livello di salario tra il 50% e il 90% dei prezzi vigenti sul mercato del lavoro. Nella prassi si tende a quantificare il livello del compenso per il lavoro intellettuale prestato dall’imprenditore esprimendo lo stipendio direttamente in termini di percentuale, con un campo di variazione tra il 3% e il 6%, della produzione lorda vendibile. Per procedere a tale conversione si considera che un addetto a tempo pieno lavori in media ore l’anno Anche per quanto riguarda lo stipendio spettante all’agricoltore quale compenso per la sua attività direzionale l’applicazione del criterio del costo-opportunità non sembra l’opzione migliore: il riferimento a stipendi effettivamente pagati a soggetti che svolgono il ruolo di direttore in altre aziende, di norma di dimensioni rilevanti, rischierebbe di minare la significatività del bilancio intero.
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Il capitale dell’azienda agraria
Capitale fondiario Capitale agrario Capitali di scorta Capitale di anticipazione Strumenti di scorta L’individuazione del capitale impiegato nell’azienda agraria e la conseguente determinazione della remunerazione per il suo utilizzo sono senza dubbio tra gli aspetti più delicati e problematici nella trattazione del bilancio economico. In questo paragrafo ci si limiterà a presentare la tradizionale classificazione del capitale così come nota in economia agraria per poi delineare le modalità di valutazione della posta di bilancio relativa all’interesse I. Due tipi di capitale AGRARIO (o di esercizio) e FONDIARIO !!!!! Il capitale AGRARIO è l’ insieme delle scorte aziendali (di vario tipo…) e del cosiddetto capitale di anticipazione. - licenze per produrre o ricevere sussidi es. quote latte o il diritto di impianto vigneti I capitali investiti in un’azienda agraria vengono tradizionalmente suddivisi in due grandi categorie: - capitale fondiario; - capitale agrario o d’esercizio. Del capitale fondiario e del compenso relativo al suo utilizzo, il cosiddetto beneficio fondiario (Bf), si tratterà più avanti; in questa sede occorre focalizzare l’attenzione su quell’insieme di mezzi produttivi fisicamente mobili, utilizzati al fine di ottenere la produzione aziendale, in altre parole sulla nozione di capitale agrario o di esercizio. Prodotti di scorta
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Interessi sul capitale agrario (I)
“Il capitale agrario o di esercizio è costituito da tutti i mezzi produttivi fisicamente mobili necessari per ottenere la produzione”. Il capitale di esercizio comprende: - il capitale di scorta - il capitale di anticipazione La variabile I dell’Equazione del Tornaconto è determinata quale somma degli interessi calcolati sulle due componenti del capitale d’esercizio sulla base della semplice relazione: I I1 I I1 è l’interesse calcolato sul capitale di scorta; I2 è l’interesse relativo al capitale di anticipazione. Affinché l’azienda agraria sia in grado di svolgere le proprie attività e ottenere una produzione finale non è sufficiente avere a disposizione un certo capitale fondiario, ma occorre impiegare anche macchine ed attrezzi, allevare bestiame, disporre di concimi, sementi, antiparassitari ed altri prodotti e servizi extra aziendali; occorre, infine, anticipare somme di denaro - diritti di produzione (licenze…)
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Il capitale di scorta Strumenti di scorta:mezzi e fattori produttivi utilizzabili in azienda per più cicli produttivi (macchine e il bestiame) Prodotti di scorta: capitali utilizzati in un unico ciclo produttivo (foraggi, concimi, carburanti, etc.) Scorte vive (bestiame) Scorte morte Il valore del capitale di scorta sul quale devono essere calcolati gli interessi, quale compenso per l’imprenditore capitalista, è di norma individuato nel valore delle scorte presenti in azienda all’inizio dell’anno CAPITALE DI SCORTA: SCORTE MORTE FISSE (MACCHINE: CAPITALI FISSI, PERTINENZE) SCORTE MORTE CIRCOLANTI (CAPI-TALI CIRCOLANTI, PERTINENZE) SCORTE VIVE (BESTIAME: CAPITALI FISSI O CIRCOLANTI, PERTINENZE) (il valore su cui calcolare gli interessi è il valore delle scorte a inizio anno; perciò coincide con la consistenza iniziale del calcolo dell’ ULS) CAPITALE DI ANTICIPAZIONE (CAPITALI CIRCOLANTI MOBILI) Sono tutti costi opportunità di cui tenere conto !!!!!
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Es. calcolo interessi di scorta
Scelta del saggio ??? Costo opportunità o retribuzione minima soddisfacente ??? (saggio di interesse corrispondente a quello di un medio investimento bancario) Macchinari 90.000 Bestiame Prodotti di scorta 50.000 Capitale di scorta totale Interesse I1 x 0,02 5.200
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Il capitale di anticipazione
“Il capitale di anticipazione è costituito dalla somma di denaro necessaria per sostenere le spese di gestione dell’attività produttiva”. Poiché le spese di gestione si verificano durante tutto il processo della produzione, mentre i ricavi sono di norma concentrati alla fine del processo stesso, il capitale di anticipazione è visto come la somma di denaro necessaria per affrontare tali spese in attesa della produzione Il capitale di anticipazione può essere definito come la somma di denaro necessaria per sostenere le spese di gestione dell’attività produttiva. Tale nozione è tipica dell’economia agraria e, come l’intero bilancio economico, ha origini chiaramente estimative e dunque la sua comprensione può risultare non immediata per chi ragioni secondo le normali logiche economiche. Il capitale di anticipazione rappresenta dunque la somma di denaro necessaria per affrontare le spese necessarie all’attività aziendale in attesa della produzione. A questo punto è possibile fare un primo accenno a una nozione più vicina al lessico economico, quella di capitale circolante o di circolazione[1], costituito dalla seguenti componenti: spese per l’acquisto di mezzi tecnici, spese per noleggi, spese per imposte, tasse e contributi vari, spese per la manodopera aziendale e extraziendale, spese di manutenzione e assicurazione dei capitali fissi. Mentre una frazione variabile di questo insieme di spese è coperta col ricavato della vendita dei prodotti durante l'annata agraria; la parte rimanente forma il capitale di anticipazione che deve essere appunto anticipato per consentire lo svolgimento dell’attività aziendale, essendo la gran parte dei prodotti agricoli ottenuta a fine ciclo.
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Es. calcolo interessi di anticipazione (1)
calcolare gli interessi passivi sulle uscite di cassa e gli interessi attivi sulle entrate capitalizzare successivamente la differenza La prima e più corretta opzione consiste nel calcolare gli interessi passivi sulle uscite di cassa e gli interessi attivi sulle entrate, capitalizzando successivamente la differenza; la più rigorosa definizione attribuita al capitale di anticipazione è infatti quella che lo considera quale importo che produce interessi attivi in grado di annullare quelli passivi derivanti dalla gestione dell’attività.[1] Per chiarire meglio la metodologia in questione dal punto di vista prettamente operativo, può risultare utile ricorre ancora una volta a una semplice esemplificazione numerica. Si consideri una distribuzione temporale delle entrate e delle uscite di cassa così come sintetizzata dal prospetto esposto nella tabella 8; si ipotizzi per semplicità che ogni incasso e pagamento sia effettuato a fine mese e che la banca consideri uguali i saggi di interesse attivo e passivo (i1 i2 2%). Sulla base di questi dati è possibile determinare l’interesse I2 capitalizzando la differenza tra gli interessi passivi e quelli attivi derivanti dalla gestione aziendale L’importo così calcolato, pari a 445 euro, può essere interpretato come il costo-opportunità del capitale di anticipazione, ovvero la remunerazione a cui l’imprenditore ha dovuto rinunciare decidendo di impiegare il proprio capitale nell’esercizio dell’attività agricola. Questa prima modalità di calcolo, sebbene non particolarmente complessa dal punto di vista della logica operativa, presenta una serie di criticità connesse anzitutto alla necessaria disponibilità di dettagliate informazioni sui movimenti di cassa durante l’esercizio
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Calcolo interessi di anticipazione (2)
determinazione del cosiddetto periodo medio di anticipazione, che rappresenta la frazione di anno in cui si stima che il capitale debba essere anticipato. applicando tale frazione al capitale circolante si ottiene l’ammontare del capitale di anticipazione su cui saranno calcolati gli interessi. I risultati ottenuti applicando le due differenti metodologie di calcolo non dovrebbero discostarsi in modo eccessivamente importante, tuttavia la bontà della seconda modalità di determinazione dell’interesse sul capitale di anticipazione è connessa a un certo grado di soggettività in virtù della necessità di stimare il periodo di anticipazione.
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Problematiche Criticità metodo (1): necessaria disponibilità di dettagliate informazioni sui movimenti di cassa durante l’esercizio Criticità metodo (2): soggettività nella stima del periodo medio di anticipazione Quale che sia la modalità concretamente prescelta l’entità di tale interesse dipende da alcuni elementi quali: il capitale d’esercizio messo a disposizione; il tempo per il quale il capitale è messo a disposizione; il saggio al quale si vuole remunerare il capitale. Mentre i primi due termini sono noti e possono essere ricavati in modo più o meno agevole a seconda del sistema informativo contabile della specifica azienda, la determinazione del saggio richiede alcune considerazioni In linea teorica non sarebbe sufficiente individuare un unico saggio da applicare all’intero capitale di esercizio, in quanto si è più volte detto come quest’ultimo sia composto da elementi fortemente eterogenei, non solo in termini di forma, ma anche per quanto riguarda il tempo di utilizzazione. Alcuni capitali vengono investiti nell’azienda per una pluralità di anni, è il caso di quelli destinati all’acquisto di un macchinario agricolo; altri capitali sono invece investiti per un solo anno o solamente per alcuni mesi. Non è un mistero che la durata del prestito influenzi direttamente l’entità del relativo saggio. A livello complessivo poi, il soggetto economico che presta il proprio capitale dovrebbe ricevere una remunerazione analoga a quella che gli potrebbe derivare tramite investimenti alternativi con caratteristiche analoghe a quelle dell’attività agricola, tanto in termini di rischio, quanto in termini di durata. Questa enunciazione del concetto di costo-opportunità in ambito agricolo, non trova però alcuna concreta applicazione: non è infatti ancora stato individuato alcun tipo di investimento alternativo che presenti caratteristiche analoghe a quelle riscontrabili nell’esercizio di un’attività agricola. Molto probabilmente un investimento di questo tipo non esiste oppure ne dovrebbero esistere tanti quanti sono i possibili ordinamenti colturali, ognuno con caratteristiche peculiari; ad ogni modo non trovando ad oggi risposte soddisfacenti, tali problematiche di tipo dottrinale vengono risolte lasciando alla discrezionalità dell’estensore del bilancio la definizione del saggio.
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Beneficio fondiario (Bf)
Con la locuzione beneficio fondiario l’economia agraria è solita indicare la remunerazione spettante alla figura economica che concede all’attività aziendale l’uso del capitale fondiario di sua proprietà Capitale fondiario = capitale fisso (utilizzabile infatti per più annate agrarie), costituito dalla terra nuda e dai capitali stabilmente investiti su di essa, i cosiddetti miglioramenti fondiari. “ è la remunerazione del capitale fondiario “ La loro valutazione economica è basata sui dati catastali che determinano il reddito agrario e il reddito dominicale…. Miglioramenti fondiari: Questi ultimi possono essere così classificati: - sistemazioni della superficie, ad esempio scoline, sistemazioni idrauliche, canali irrigui e opere per la viabilità interna; - piantagioni arboree, quali vigneti, frutteti di vario tipo, boschi, etc.; fabbricati rurali, tra cui rientrano case coloniche, stalle, fienili, tettoie, concimaie,silos, fabbricati nel caso di industrie di trasformazione dei prodotti aziendali
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Determinazione del Beneficio fondiario
Facendo riferimento al canone d’affitto per fondi simili, al netto di tutte le spese che colpiscono il capitale fondiario (es. imposte, manutenzione straordinaria etc.) Applicando un tasso d’interesse, generalmente pari al 2%, al valore di mercato del fondo comprensivo dei miglioramenti fondiari Come si valuta il relativo beneficio ???
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Il tornaconto (T) Il bilancio economico nella sua tradizionale impostazione individua innanzitutto la misura del tornaconto, quale risultato reddituale di sintesi spettante alla figura imprenditore puro o astratto: questo si limita a reperire e organizzare i fattori produttivi e per tale compito ottiene come compenso il profitto. L’imprenditore considerato nella costruzione di un bilancio economico è dunque un soggetto che non apporta direttamente alcun fattore produttivo, non è proprietario del fondo, non è proprietario del capitale agrario, non svolge lavoro manuale e intellettuale all’interno dell’azienda.
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Il risultato finale Bilancio economico: remunerazione del soggetto economico che ha portato mezzi di produzione Sicuramente il profitto residuale (eventuale) spetta all’ imprenditore…
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Reddito Netto Differenza tra quanto viene ricavato e quanto effettivamente speso dall’imprenditore; “è il complesso delle retribuzioni spettanti a figure concrete di imprenditori agricoli” assume configurazioni differenti in base all’apporto dei fattori produttivi da parte dell’agricoltore. Questo indice di immediata comprensione e utilità è l’unico che interessi veramente all’imprenditore, in quanto fornisce la chiara idea della differenza tra quanto viene ricavato e quanto effettivamente speso. Il reddito netto rappresenta il complesso delle retribuzioni spettanti alle diverse figure di imprenditore agricolo concreto, è l’unica misura che consente di valutare l’effettiva situazione reddituale di chi gestisce una determinata impresa; è facile comprendere che tale grandezza assumerà dunque diverse configurazioni a seconda del diverso apporto di fattori produttivi da parte dell’agricoltore in questione. reddito netto che rappresenta il compenso di quel soggetto, l’imprenditore concreto, che riunisce in sé una pluralità di persone economiche.
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REDDITO NETTO (Rn Pna – compensi a terzi)
PRODUZIONE LORDA VENDIBILE (Plv) Quote (Q) Sv’ (valore dei mezzi circolanti e servizi reali) PRODOTTO NETTO SOCIALE (Pns Plv – Q – Sv’) Imposte e contributi (Imp) Sv’’ (valore servizi personali) PRODOTTO NETTO AZIENDALE (Pna Pns – Imp – Sv’’) Sat (salari pagati a terzi) Stt (stipendi pagati a terzi) It (interessi passivi per finanziamenti di terzi) Bft (canoni di affitto dei terreni) REDDITO NETTO (Rn Pna – compensi a terzi)
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Altri indici Prodotto netto sociale: esprime la ricchezza spettante alle varie categorie di soggetti che a vario titolo hanno preso parte alla produzione Plv – (Q + Sv’) = PNs (Sv’ parte delle spese varie con esclusione dei servizi personali) Prodotto netto aziendale Plv – (Q + Sv + Imp) = PNa Indici molto utili a fini di studi a carattere generale, ma poco significativi e troppo complessi per l’agricoltore. Il prodotto netto aziendale, dato dalla differenza tra produzione totale e reintegrazioni, individua l’ammontare del reddito costituito dalle varie remunerazioni: beneficio fondiario, salari e stipendi, interessi, profitto; può essere sintetizzato dalla relazione: (3) Pna Plv – Q – Sv – Imp Tale grandezza rappresenta dunque il valore globale che spetterebbe all’imprenditore proprietario di tutti i fattori produttivi dell’azienda. Il prodotto netto sociale può invece essere definito come la quantificazione del reddito prodotto in seguito all’utilizzo di tutti gli input immessi nel processo produttivo, e calcolato sulla base della formula: (4) Pns Plv – Q – Sv’ dove : Secondo Di Sandro solamente quest’ultima può essere considerata una misura concettualmente corretta dal punto di vista economico, mentre il prodotto netto aziendale ha scarso valore conoscitivo in quanto rappresenta un reddito attribuito al complesso aziendale, sebbene parte di esso sia percepito da soggetti esterni, ad esempio lavoratori salariati, finanziatori terzi, etc. Il prodotto netto sociale, detto anche valore aggiunto netto, definisce la nuova ricchezza prodotta dall’impresa; diviene questo il punto cruciale di tutto il ragionamento che permetterà di analizzare le modalità con cui avvengono la formazione e la distribuzione del reddito
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Determinazione del Reddito Netto
consiste semplicemente nel detrarre dalla produzione lorda vendibile tutti i costi esplicitamente sostenuti dall’azienda, cosicché nel reddito netto residuino solamente i costi impliciti. Rn è dunque l’unica grandezza il cui valore può essere considerato attendibile: essendo dato dalla differenza tra quanto ricavato e quanto effettivamente speso, la sua determinazione prescinde da tutte quelle valutazioni poco ortodosse o altamente soggettive conseguenti all’applicazione del criterio del costo-opportunità piuttosto che della retribuzione minima soddisfacente.
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I soggetti dell’attività agricola e i redditi netti
Imprenditore Compensi pagati a terzi Reddito netto Puro Sa, St, I, Bf T Affittuario capitalista Sa, St, Bf I, T Affittuario capitalista, direttore Sa, Bf I, St, T Proprietario capitalista Sa, St I, Bf, T Proprietario capitalista, direttore Sa I, Bf, St, T Affittuario coltivatore Bf I, Sa, St, T Proprietario coltivatore I, Bf, Sa, St, T
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Reddito fondiario Reddito netto che spetta al proprietario fondiario che è anche imprenditore Plv – (Q + Sv + Imp + Sa + St + I) = Rf È dato dalla somma del Bf e del T; esprime l’interesse sul capitale terra ed il compenso per l’attività imprenditoriale. Indice tradizionalmente più noto, in quanto è la situazione più frequente quella in cui il proprietario del fondo è anche imprenditore Ma di norma al Rf si aggiunge poi un salario e uno stipendio e gli interessi sul capitale
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Indici TECNICI SAU/UL, il rapporto tra superficie agraria utilizzata e unità di lavoro, fornisce una misura dell’intensità del fattore lavoro, esprimendo gli ettari di superficie agraria utilizzata dalla singola unità di lavoro; KF/UL, esprime il valore del capitale fondiario per unità di lavoro; KA/UL, capitale agrario per unità di lavoro, è simile al parametro precedente, ma include al numeratore il valore del bestiame, delle scorte e delle anticipazioni colturali, offrendo una misura degli investimenti aziendali non legati al possesso dei terreni; KF/SAU, esprime il valore del capitale fondiario per ettaro di SAU; KA/SAU, esprime il valore del capitale agrario investito per ettaro di SAU. Tra gli indici tecnici che permettono di descrivere in modo sintetico le caratteristiche tecniche dell’impresa è possibile determinare in modo agevole Si sottolinea nuovamente come l’attendibilità dei valori determinati ricorrendo a tali indici è strettamente connessa all’attendibilità dei dati aziendali rilevati; la logica di funzionamento del bilancio economico che prescinde dalla individuazione dei conferimenti effettuati dall’imprenditore e la scarsa rigorosità dei sistemi contabili delle aziende agricole rende spesso problematica una precisa quantificazione dell’entità del capitale agrario e fondiario, rendendo spesso necessarie stime e approssimazioni che rischiano di inficiare la bontà della maggior parte degli indicatori di tipo tecnico
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Indici ECONOMICI Con la costruzione degli indici economici si mettono in relazione i risultati economici con le principali risorse usate per ottenerli, in questo modo è possibile ottenere indicazioni sintetiche sulla produttività economica e la redditività dei fattori impiegati: PLV/UL, esprime la produttività del lavoro impiegato per unità lavorativa; PLV/SAU, misura la produttività per ettaro di terreno; RN/UL, esprime il valore del reddito netto, calcolato nel bilancio economico e al lordo dei costi del lavoro familiare, che rimane a disposizione di ogni unità lavorativa; RN/SAU, analogamente al precedente indice e esprime il valore del reddito netto per ettaro di superficie agraria utilizzata.
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Equilibrio finanziario
Il ricorso a capitali di terzi impone quantomeno di effettuare valutazioni in merito all’equilibrio finanziario aziendale nel breve e nel lungo periodo, di monitorare il livello di disponibilità e liquidità, le esposizioni. I tradizionali strumenti forniti dall’economia agraria non sembrano in questo senso fornire all’imprenditore l’adeguato supporto informativo che consenta di implementare un processo di pianificazione che tenga conto non solo del profilo economico, ma anche di quello patrimoniale e finanziario. risulta sempre più una necessità per l’imprenditore quella di effettuare un’analisi degli aspetti finanziari che caratterizzano la gestione di un’azienda agraria. La sempre maggiore apertura dell’attività delle aziende agricole al mercato e l’aumento degli scambi con terze economie, i processi di meccanizzazione che richiedono investimenti sempre più rilevanti per dotare l’azienda di un parco immobilizzazioni adeguato, rendono impensabile che il ricorso al capitale proprio dell’imprenditore possa risolvere il problema del totale investimento necessario per il continuo operare dell’azienda. La scarsa attenzione prestata al patrimonio aziendale è legata alle origini stesse del bilancio economico il quale viene adattato alle esigenze proprie di in un periodo in cui l’uso del capitale è relativamente scarso e prevalentemente di provenienza interna all’impresa. Un così forte mutamento delle dinamiche del settore agricolo e delle condizioni dei soggetti che vi operano sembra richiedere un altrettanto forte mutamento degli strumenti e dei criteri a supporto di un’attività, quella di pianificazione, che diventa sempre più una sfida cui l’imprenditore non può sottrarsi Esposizioni a breve / PLV Interessi / PLV
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Per l’imprenditore agricolo conoscere con precisione la misura effettiva della redditività dell’attività svolta diventa un aspetto sempre più cruciale; il bilancio economico fornisce, in tal senso, informazioni indispensabili e costituisce al contempo la base informativa da cui partire per pianificare e programmare l’attività futura.
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Criticità Origini del bilancio economico
Classificazione del capitale (e calcolo dei relativi interessi) Soggettività di stime e valutazioni Difficoltà nel reperimento dei dati Risultati intermedi non rigorosi Assenza di analisi patrimoniale/finanziaria Difficoltà nei confronti La figura dell’imprenditore puro e l’impostazione di un’analisi completamente slegata dai soggetti che hanno conferito il capitale porta con sè una serie di problematiche assai rilevanti in relazione all’attendibilità delle valutazioni e delle remunerazioni dei fattori produttivi aziendali, lasciando più di un dubbio in merito alla bontà dello strumento bilancio economico
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IL BILANCIO DELL’IMPRESA AGRARIA
“ come strumento strategico decisionale ” Strumenti di certa utilità, ma scarso rigore metodologico come il bilancio economico, sembrano ormai risultare obsoleti per interpretare gli odierni mutamenti e guidare le imprese verso una adeguata pianificazione del loro futuro. Una soluzione piuttosto ragionevole per affrontare le nuove sfide che l’evoluzione del settore primario porta con sé può essere l’impiego in campo agricolo di alcune di quelle tecniche di analisi già utilizzate e validate negli altri settori produttivi; il passaggio non è per niente immediato e privo di insidie, tuttavia appare coerente con le trasformazioni che sempre più portano a ragionare in termini di impresa agraria e non più di azienda agraria.
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CAPITALE NETTO = CL - CT nelle imprese di tipo individuale corrisponde al capitale proprio dell’imprenditore Capitale lordo Capitale di terzi Capitale circolante Debiti a breve Il capitale circolante comprende innanzitutto le liquidità immediate ovvero le disponibilità di cassa e i saldi dei conti correnti bancari. Le cosiddette liquidità differite coincidono essenzialmente con i crediti a breve, la cui riscossione si prevede cioè che avvenga entro l’arco di 12 mesi; in particolare i crediti verso clienti e le cambiali attive con scadenza entro l’anno e eventuali altri crediti ad esempio verso erario o enti previdenziali. L’ultima e certamente più interessante classe di elementi del capitale circolante è quella relativa alle rimanenze. In questa categoria rientrano in primis i fattori a logorio totale acquistati, ma non ancora utilizzati nei processi produttivi, tipicamente le materie prime e gli altri mezzi tecnici, quali sementi, concimi, mangimi, carburanti e lubrificanti che dovranno essere valutati separatamente. Analogamente verranno trattati i fattori a logorio totale non acquisiti da terzi, ma prodotti dall’impresa: foraggi, sementi di produzione interna, paglia, letame, etc, la loro quantificazione potrebbe comportare alcune complessità vista l’assenza di un esplicito costo di acquisto. Simili considerazioni possono essere estese ai prodotti destinati alla vendita e ancora giacenti in magazzino. Tra le rimanenze rientrano infine i prodotti in corso di lavorazione che nell’attività agricola prendono il nome di anticipazioni colturali, vale a dire tutti quei costi sostenuti per la lavorazione del terreno, per sementi, per concimazioni, etc, la cui utilità si manifesterà nei raccolti dell’esercizio successivo. Il capitale fisso è invece costituito dall’insieme delle immobilizzazioni; quelle immateriali sono rappresentate di norma dalle spese sostenute per la costituzione e l’avvio dell’impresa, a cui si aggiungono le eventuali spese per la ricerca e lo sviluppo, quelle per la pubblicità, nonché i marchi e i brevetti depositati dall’impresa o i certificati verdi ottenuti dalla stessa. Questi immobilizzi comprendono inoltre alcuni particolari diritti acquistati dall’impresa a titolo oneroso: è il caso dei diritti di reimpianto dei vigneti, delle quote latte e dei diritti di pagamento disciplinati dalla riforma Fischler[1]. Le immobilizzazioni finanziarie sono quei particolari investimenti in partecipazioni e altri titoli che non possono essere trasformati in disponibilità liquide entro l’esercizio successivo; il loro peso nelle imprese individuali è pressoché nullo, mentre può essere più rilevante nelle imprese collettive. La gran parte del capitale fisso è però legata alle immobilizzazioni materiali. Tra queste un ruolo non secondario è rivestito dai terreni i quali devono essere analizzati non solo in termini di valore, ma ponendo attenzione anche sulle dimensioni, l’ubicazione e la natura, individuando la SAU e gli ordinamenti produttivi in essere. In questa categoria di immobilizzazioni rientrano poi tutti i miglioramenti fondiari connessi ai terreni stessi e alle piantagioni, oltre ai diversi fabbricati destinati ad abitazioni, magazzini, stalle, fienili,etc. Completano il quadro delle immobilizzazioni materiali il bestiame da allevamento e il parco macchine comprensivo di trattrici e altri macchinari agricoli, attrezzature varie, eventuali mobili e macchine d’ufficio. Ai fini di un successivo tentativo di implementare un sistema di analisi dei costi di produzione è indispensabile che per le singole componenti sopra citate siano indicati quantomeno l’anno di acquisizione e le singole caratteristiche in termini di potenza, capacità di lavoro, peso, etc. Capitale fisso Debiti a m/l termine
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Criteri di valutazione del capitale d’impresa
VOCE CRITERIO DI VALUTAZIONE Terreni Valore di acquisto (costo) Miglioramenti fondiari Valore attuale Bestiame in allevamento Impianti, macchinari, etc. Materie prime acquistate Materie prime di produzione aziendale Valore di costo Prodotti finiti Valore presumibile di vendita Prodotti in corso di lavorazione
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Il capitale dell’impresa agraria
IMPIEGHI FONTI Liquidità immediate Debiti a breve Liquidità differite Rimanenze Debiti a m/l periodo Immobilizzazioni materiale Immobilizzazioni immateriali Capitale netto Immobilizzazioni finanziarie
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MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL)
PRODUZIONE VENDIBILE Integrazioni RICAVI Costi variabili Stipendi MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL) Costi fissi REDDITO OPERATIVO (RO) Imposte su attività produttiva REDDITO OPERATIVO CORRETTO Gestione finanziaria Gestione extracaratteristica RISULTATO GESTIONE ORDINARIA RISULTATO GESTIONE STRAORDINARIA REDDITO NETTO ANTE-IMPOSTE Imposte sul reddito REDDITO NETTO (Rn) La Tabella che rappresenta una delle possibili modalità di esposizione del prospetto di conto economico a struttura scalare, pone in chiara evidenza quelle che sono le differenze dal bilancio economico È tuttavia da sottolineare come la misura finale di sintesi sia ancora una volta il reddito netto, il quale rappresenta la ricchezza prodotta dall’impresa al netto di tutti i costi sostenuti nel corso dell’esercizio. Il contenuto di maggior interesse è senza dubbio la modalità di esposizione degli elementi negativi di reddito; da questa infatti dipende sostanzialmente il contributo informativo del conto economico che rappresenta un primo e significativo momento di analisi dei costi, operazione che diviene sempre più una necessità per sopravvivere e competere nell’odierno panorama dell’agricoltura italiana. separazione tra costi variabili e costi fissi distinzione tra aree di gestione Con la determinazione del reddito operativo si conclude innanzitutto l’analisi della cosiddetta gestione tipica o caratteristica che nel settore agricolo comprende la coltivazione dei terreni e l’allevamento del bestiame. Occorre a tal proposito sottolineare che i ricavi relativi alle vendite di trasformati agricoli di produzione aziendale non rientrano nella definizione di attività tipica e saranno quindi esposti in una sezione separata in modo da evidenziare a parte il contributo apportato in termini reddituali. Successivamente il prospetto accoglie i costi e i ricavi relativi alla cosiddetta gestione finanziaria, ovvero gli oneri finanziari per l’indebitamento da un lato e gli interessi attivi maturati dall’altro. Un’ulteriore area della gestione d’impresa è quella denominata extracaratteristica che accoglie i valori positivi e negativi di reddito derivanti da una serie di attività sempre più diffuse in ambito agricolo, ma non assimilabili a coltivazione e allevamento: si ricordano in particolare le attività di ristorazione, quelle di tipo agrituristico e le prestazioni di contoterzismo. Infine si segnala come non sia di secondaria importanza la distinzione tra la gestione ordinaria che include tutte i valori connessi alle attività programmate o quantomeno prevedibili dall’impresa, e la gestione straordinaria che al contrario rileva ricavi e costi di natura eccezionale o occasionale
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Le aree di gestione Gestione Risultato Reddito netto CARATTERISTICA
Reddito operativo + EXTRA-CARATTERISTICA Risultato della gestione extra-caratteristica = ORDINARIA Reddito della gestione ordinaria + STRAORDINARIA Risultato della gestione straordinaria = COMPLESSIVA Reddito netto Un’ulteriore area della gestione d’impresa è quella denominata extracaratteristica che accoglie i valori positivi e negativi di reddito derivanti da una serie di attività sempre più diffuse in ambito agricolo, ma non assimilabili a coltivazione e allevamento: si ricordano in particolare le attività di ristorazione, quelle di tipo agrituristico e le prestazioni di contoterzismo.
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L’analisi di bilancio Se il bilancio economico di stampo serpieriano consentiva di ricavare sostanzialmente indicatori di tipo economico e tecnico, la platea di strumenti disponibili per una vera e propria analisi di bilancio comprende almeno: indici economici o di redditività; indici patrimoniali; indici finanziari; indici di produttività.
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Margini di redditività
Valore aggiunto VA = Ricavi – Costi per materie e servizi Margine operativo lordo MOL = VA – Costo OTD – Costo OTI Reddito operativo RO = MOL – Costi per consumo fattori pluriennali valore aggiunto (VA), che in senso economico-aziendale è definibile come l’eccedenza del valore della produzione rispetto alla somma dei beni e servizi consumati nel processo produttivo, con l’esclusione però del costo del personale e degli oneri finanziari (valore che l’attività d’impresa aggiunge ai fattori esterni impiegati ) Il margine operativo lordo invece si ottiene dopo aver coperto tutti i costi variabili e aver remunerato il fattore lavoro, inteso ovviamente come manodopera dipendente, ma comprensiva di lavoratori assunti a tempo indeterminato (consente di determinare il reddito prodotto dalla sola gestione caratteristica al lordo delle risultanze della gestione finanziaria, di quella fiscale e di ammortamenti ed eventuali perdite di valore dei beni) È importante sottolineare come tutti questi risultati siano ottenuti sottraendo dal valore dei ricavi[1] solo ed esclusivamente voci di costo esplicito, questa circostanza consente di analizzare le performance aziendali sulla base di un sistema di valori omogenei e non condizionabili in alcun modo dalla discrezionalità del soggetto che esegue l’analisi del bilancio Per giungere al risultato complessivo della gestione caratteristica è necessario sottrarre al MOL l’insieme dei costi fissi dell’impresa, esclusi quelli relativi al personale che sono già stati considerati nei passaggi precedenti, e giungere in questo modo alla quantificazione del reddito operativo (RO) Il RO esprime le capacità dell’impresa di generare reddito per mezzo della sola attività caratteristica, che ricordiamo essere costituita dalla coltivazione dei terreni e dall’allevamento di bestiame Per giungere al risultato finale del reddito netto (Rn) occorre poi individuare gli elementi della gestione extra-caratteristica, i costi e i ricavi di natura finanziaria e le eventuali perdite o proventi di natura straordinaria. Il Rn o utile di esercizio sintetizza la ricchezza prodotta dall’impresa al netto dei costi, di qualsivoglia natura, complessivamente sostenuti durante tutto il corso dell’esercizio
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Indici di redditività Gli indici di redditività hanno lo scopo di mettere in luce la capacità dell’impresa di remunerare i capitali in essa investiti; sono anche detti indici economici in quanto calcolati a partire da un valore desunto dal prospetto di conto economico ROI (Return on Investment), generalmente definibile come rapporto tra il risultato operativo e il capitale investito, esprime il livello di redditività della gestione tipica dell’impresa ROE (Return on equity), esprime la redditività del capitale proprio dell’impresa ROD (Return on debts) esprime il tasso medio di interesse corrisposto ai finanziatori esterni
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Indici patrimoniali Gli indici di natura patrimoniale sono funzionali all’analisi delle caratteristiche strutturali dell’impresa e sono costruiti a partire da grandezze esposte nello schema di stato patrimoniale Grado di autonomia finanziaria = CN / CT misura il livello di dipendenza dell’impresa rispetto ai finanziatori esterni Grado di indebitamento corrente = debiti a breve / CT individuando la parte del capitale di terzi relativo all’indebitamento a breve , sulla base del rapporto tra capitale netto e capitale di terzi: Il valore assunto da tale grandezza indica le modalità con cui l’impresa finanzia i propri impieghi: valori elevati del rapporto tra mezzi e propri e mezzi di terzi sono sinonimo di capacità di autofinanziamento, al contrario a valori bassi del rapporto corrisponde un forte ricorso a fonti di finanziamento esterne
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Equilibrio finanziario
Margine di tesoreria MT = (Liquidità immediate + Liquidità differite) – Debiti a breve Margine di disponibilità MD = (Liquidità immediate + Liquidità differite + Rimanenze) – Debiti a breve Margine di struttura MS = Capitale Netto – Attività immobilizzate Il margine di tesoreria (MT) ottenuto come differenza tra le disponibilità liquide e i debiti a breve, esprime le capacità dell’azienda di finanziare l’attività facendo ricorso alle disponibilità liquide, una volta regolati i debiti a breve scadenza Il margine di disponibilità (MD), spesso denominato capitale circolante netto, è invece ricavato sottraendo le passività correnti all’intero capitale disponibile, comprensivo di liquidità immediate, differite e rimanenze Il margine di struttura (MS) infine calcolato come differenza tra il capitale netto e le immobilizzazioni, indica quanta parte degli investimenti durevoli è finanziata con la parte di capitale di proprietà dell’impresa
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Indici di produttività
Un aspetto mai sottovalutato dall’economia agraria è invece quello dell’analisi della produttività dell’attività aziendale che si sostanzia nella costruzione di rapporti tra l’entità delle produzioni o dei risultati economici da un lato, e l’ammontare di fattori produttivi impiegati dall’altra A titolo esemplificativo si ricordano i seguenti rapporti: - ricavi / UL che esprime i ricavi mediamente prodotti dal singolo addetto; - RO / UL che evidenzia la parte di risultato operativo mediamente generata dal singolo lavoratore. Mentre al numeratore compaiono grandezze ricavabili in modo preciso e rigoroso seguendo l’impostazione ragionieristica di rilevazione ed elaborazione del bilancio, al denominatore si è preferito riproporre la nozione di unità lavorativa già vista che include al suo interno non solo i lavoratori dipendenti, ma anche quelli avventizi e il lavoro apportato direttamente dall’imprenditore e dai suoi famigliari, il tutto parametrato sulla base delle ore lavorative effettivamente prestate all’interno dell’impresa
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L’attuale sfida della competitività nel settore agricolo sembra richiedere un ulteriore sforzo agli imprenditori, che sono chiamati, oltre che a monitorare l’andamento dell’attività d’impresa in tutti i suoi profili e aree di gestione, ad analizzare dal punto di vista economico quelli che sono gli aspetti cruciali dei processi produttivi Può dunque essere utile affiancare allo strumento della contabilità generale un ulteriore tipo di rilevazioni, quelle di contabilità analitica, maggiormente vocate a un più dettagliato monitoraggio dei processi interni di gestione, in modo da determinarne il grado di efficienza ed economicità sulla base dello studio delle modalità di utilizzo dei fattori produttivi
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La contabilità analitica
può essere intesa come un insieme di determinazioni economico-quantitative con le quali è possibile calcolare costi, ricavi e risultati economici di particolari oggetti, tipicamente rappresentati dai prodotti, ma che possono coincidere anche con altri elementi come i processi gestionali, i tipi di clienti, i cosiddetti centri di costo, etc. Dettaglio delle informazioni Maggiore articolazione e flessibilità (Classificazioni di costo) Utilizzo a fini previsionali ………………………… L’oggetto di rilevazione della contabilità generale è infatti rappresentato dai fenomeni aventi una manifestazione numeraria, in particolare dagli scambi di mercato con terze economie; le rilevazioni di tipo analitico sono invece focalizzate sulle modalità di impiego delle risorse nei processi produttivi dell’impresa
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Le classificazioni di costi
costi della gestione operativa e costi extra-operativi; costi speciali e costi comuni; costi diretti e costi indiretti; costi variabili e costi fissi; costi controllabili e costi non controllabili; costi parametrici, discrezionali e vincolati; costi effettivi e ipotetici
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Per imputare in modo razionale anche i costi di tipo indiretto ai prodotti occorre fare riferimento alle concrete modalità di svolgimento dei processi produttivi che rappresentano il punto di partenza indispensabile per definire le modalità e i livelli di consumo delle risorse impiegate per ottenere le diverse produzioni. Il modo più diffuso nella prassi aziendale per raggiungere il suddetto scopo è quello di suddividere la struttura organizzativa aziendale in un insieme di cosiddetti centri di costo, che rappresentano delle aggregazioni di costi finalizzate proprio a un più corretto calcolo dei costi di produzione. La contabilità analitica per centri di costo prevede che l’attribuzione dei costi indiretti alle singole produzioni si articoli in due fasi fondamentali: localizzazione dei costi nei rispettivi centri di costo; imputazione dei costi ai prodotti
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Analisi di un caso azienda a indirizzo zootecnico e cerealicolo, che da alcuni anni si affida a un professionista per la tenuta della contabilità e la conseguente elaborazione di un prospetto di bilancio di fine esercizio funzionale alle esigenze conoscitive dell’imprenditore, particolarmente interessato alla analisi dei costi di produzione da un lato, e al monitoraggio della sostenibilità della gestione finanziaria dall’altro, visto il forte ricorso al capitale di terzi.
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La Tabella riassume le macrovoci di conto economico e il loro peso in termini di Plv, evidenziando con estrema chiarezza come la somma dei costi di produzione previsti è superiore all’ammontare della produzione lorda vendibile
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…integrando il dato relativo alla produzione lorda vendibile, tenuto conto dell’ammontare dei contributi di origine comunitaria (che si prevede aumenteranno il reddito aziendale di euro ,00), viene ribaltato il risultato economico previsto (che esprime ora un utile di euro ,20).
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Sintesi dei risultati di gestione previsti
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CONCLUSIONE “Per l’impresa agricola pare ormai indispensabile l’adozione di un efficiente sistema di contabilità generale, possibilmente integrato da un buon sistema di monitoraggio dei processi produttivi, in modo tale da fornire all’imprenditore prospetti chiari e attendibili sulle performance della propria attività ”
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