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Salvatore Quasimodo
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LA BIOGRAFIA Quasimodo nasce a Modica (Ragusa) il 20 agosto del 1901 e trascorre gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale (Gela, Cumitini, Licata, ecc.), seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato.
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Subito dopo il terremoto del va vivere a Messina, dove il padre era stato chiamato per riorganizzare la stazione locale. Prima dimora della famiglia, come per tanti altri superstiti, furono i vagoni ferroviari. Esperienza questa di dolore che avrebbe lasciato un segno profondo nell'animo del poeta. Nella città compie gli studi superiori
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Nel 1919, appena diciottenne, Quasimodo lascia la Sicilia, con cui però mantiene un legame fortissimo, e si stabilisce a Roma Scrive versi, trova il modo di studiare il latino e il greco
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Nel 1926 si impiega nel genio civile a Reggio, si trasferisce verso il a Firenze dove il cognato Elio Vittorini lo introduce negli ambienti letterari. Sono questi gli anni delle prime raccolte poetiche (Acque e terre 1930)
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Nel 1932 vinse il premio dell'Antico Fattore e uscì Oboe sommerso
Nel 1932 vinse il premio dell'Antico Fattore e uscì Oboe sommerso. Nel 1934 si trasferì a Milano, che segnò una svolta particolarmente significativa nella sua vita e non solo artistica. Accolto nel gruppo di "corrente" si ritrovò al centro di una sorta di società letteraria, di cui facevano parte poeti, musicisti, pittori, scultori.
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Dal 1941 assume l’incarico di professore universitario di Letteratura Italiana (per chiara fama) presso il Conservatorio di Musica di Milano.
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Nel 1959 riceve il premio Nobel per la letteratura ma poi anche tantissimi altri riconoscimenti (laurea honoris causa) Muore a Napoli nel 1968.
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Bice Donetti (1893 - 1946) che Quasimodo sposa nel 1926
Gli amori di Quasimodo Bice Donetti ( ) che Quasimodo sposa nel 1926
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1935: dalla relazione con Amelia Spezialetti nasce Orietta Quasimodo Nel 1936: inizia la relazione con la danzatrice Maria Clementina Cumani che sposerà nel Figlio Alessandro
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1960: si separa da Maria Cumani
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La concezione della vita
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Anche Quasimodo, come Ungaretti e Montale, ha un sentimento tragico e desolato della vita del nostro tempo. Egli passa dallo sconforto e dal disimpegno alla denuncia della responsabilità degli uomini per il dolore del mondo e all'impegno per la costruzione di un mondo migliore, in nome della fraternità e solidarietà umana, che spetta soprattutto ai poeti.
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Egli infatti afferma nel Discorso sulla poesia: "La posizione del poeta non può essere passiva nella società: egli modifica il mondo. Le sue immagini forti... battono sul cuore dell'uomo più della filosofia e della storia". A queste posizioni corrisponde lo svolgimento della sua poesia, che presenta due momenti distinti.
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TEMATICHE E STILE Due fasi ben distinte:
La stretta osservanza ai canoni dell’ermetismo , la sua scrittura è caratterizzata dall’influenza simbolista nell’uso frequente dell’analogia, da un verso breve e frammentato. La ricerca della comunicazione in una dimensione più narrativa e distesa.
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L’Ermetismo Quasimodo è uno dei poeti più noti e rappresentativi della cosiddetta «poesia ermetica" che, a cavallo tra anni Trenta e Quaranta danno vita ad un modo di far poesia oscuro e non esplicitamente comunicativo.
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Lo stile è infatti caratterizzato dall'insistita ricerca formale (in particolar modo, su un lessico raro e ricercato) che diventa lo specchio di un’inquieta condizione esistenziale, cui certo contribuisce il clima della dittatura fascista.
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I TEMI La sua terra Un ruolo determinante nella produzione poetica dell'autore assume la sua terra natia, la Sicilia, cui Quasimodo guarda come culla della pace e della serenità interiore, nonché custode della cultura greca. Il ricordo della Sicilia, contrapposto all'insofferenza dell'esilio, è presente nelle prime poesie dell'autore con tratti fortemente ermetici.
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Acque e terra ( ) Questa raccolta è composta da 25 poesie. La prima poesia è “ED E’ SUBITO SERA”. Hanno un carattere autobiografico e personale, si può dire che il libro è un soliloquio detto a voce bassa. I temi sono vari. Il primo tema è sicuramente la nostalgia della Sicilia e dei suoi paesaggi, come nelle poesie: VENTO A TINDARI, ARIETE, TERRA, SPAZIO, SPECCHIO, VICOLI, I RITORNI.
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Quasimodo si concentra sulla solitudine che affligge l'essere umano, e sullo stato d'incertezza esistenziale che ne caratterizza la condizione. L’inizio della sua opera è caratterizzato dai temi quali l’amore, appunto, per la Sicilia, il ricordo dell’infanzia.
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L’esperienza della secondo conflitto mondiale, invece, orientò il poeta verso una poesia nella quale il verso si fa più ampio, la parola riprende il suo valore concreto e immediato. Temi predominanti di questa fase più vicina al neorealismo sono problemi di ordine sociale e civile
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Dopo la seconda guerra mondiale si convince che la poesia non deve essere rivolta solo ad una piccola cerchia di persone e i temi devono affrontare problemi sociali e civili Queste idee sosterranno le sue ultime raccolte poetiche.
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Tra i temi costanti della poesia di Quasimodo:
La Sicilia e l’infanzia L’esilio come realtà biografica La violenza e la guerra La contrapposizione quasi leopardiana fra natura e storia Il passaggio, anch’esso influenzato dal pensiero di Leopardi, dall’individualismo alla dimensione sociale della sofferenza, da riscattarsi attraverso la solidarietà dell’uomo con l’uomo
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OPERE “Ed è subito sera” (1942). Include: “Acque e terre”, “Oboe sommerso”, “Erato e Apollion”, “Nuove poesie” “Giorno dopo giorno” (1947) “La vita non è un sogno” (1949) “Il falso e vero verde” (1956) “La terra impareggiabile” (1958) “Dare e avere” (1966) Il poeta svolse anche un intenso lavoro di traduttore e di critico letterario (cfr. traduzioni dei lirici greci e scritti raccolti ne “Il poeta, il politico e altri saggi”).
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ED E’ SUBITO SERA Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.
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La parabola della vita umana viene descritta nel giro di tre versi: si viene al mondo, si sperimenta la solitudine, si è toccati da una gioia passeggera come un raggio di sole, che trafigge il cuore per la sua stessa fugacità; e poi, senza quasi accorgersi del tempo che passa, si muore
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Commento Il tema della poesia è la solitudine che è all’interno di ogni uomo. Ogni uomo è sempre solo con se stesso, anche se molte volte può essere vicino agli altri. Ogni uomo si illude di poter capire la vita e si inganna quando pensa di afferrare la felicità perché arriva subito la morte che porta via ogni cosa
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La poesia appare chiara e semplice, ma estremamente raffinata nella sua brevità. Si osservi solo l’uso del linguaggio figurato: la prima metafora ( sul cuor della terra), l’allitterazione ( sta solo sul ), l’analogia (trafitto da un raggio di sole), l’assonanza (terra- sera, solo – sole) e la metafora finale dove la sera è il simbolo della morte. La struttura del testo presenta un raffinato gioco di contrapposizioni e di rimandi lessicali
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Vento a Tindari (letta da Vittorio Gassman)
Cliccare sul simbolo per ascoltare la poesia
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Il tema della poesia. Il tema della poesia è il rimpianto della sua Sicilia e la nostalgia per la fanciullezza ormai trascorsa, a cui viene contrapposta la vita piena di tristezza che il poeta conduce in un’altra città
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Quasimodo vuole mostrare il divario che vive tra la vita lontana dalla Sicilia e i sogni e le speranze di quando era in quel luogo. La vita attuale, afferma il poeta, è ben lontana dai sogni fatti durante la fanciullezza. La vita reale è molto più dura e il lavoro impone scelte e partenze dolorose
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Molto bella la poesia Lamento per il Sud, che è stata pubblicata nel 1949 nella raccolta “La vita non è un sogno”
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Il secondo periodo Il passaggio dal primo al secondo periodo che è quello dell'impegno ed è determinato dalle tragiche vicende della seconda guerra mondiale, che con la sua follia omicida apre il cuore di Quasimodo alla realtà storica e alla cronaca del proprio tempo.
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Si scorge il desiderio al colloquio con gli altri, che soffrono la sua stessa pena e ai quali dona infine la speranza di un mondo migliore.
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Il testo: Alle fronde dei salici
La poesia si apre con una lunga domanda, accorata e angosciosa, sul significato della poesia in un mondo sconvolto e distrutto dalla guerra, oppresso e soffocato. La risposta (peraltro già implicita nella prima parte) suona negativamente negli ultimi tre versi, in cui il silenzio del poeta traduce lo strazio dell'uomo e la protesta contro le atrocità commesse.
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Alle fronde dei salici, da Giorno dopo giorno (1947)
E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, tra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese: oscillavano lievi al triste vento. La poesia è costruita sulla rivisitazione di un passo biblico, il Salmo 137, in cui gli israeliti, deportati a Babilonia nel VI sec. a.C., si rifiutano di cantare perché lontani dalla patria.
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Il testo Come potevamo noi comporre poesie con l’occupazione straniera che faceva male al nostro animo, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba indurita dal ghiaccio, sentendo il pianto dei bambini, innocenti come agnelli, lo straziante grido della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Per voto anche le nostre cetre, simboli della poesia, stavano appese sui rami dei salici e oscillavano un po’ al vento foriero di dolore.
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A differenza della fase precedente, in cui la poesia mirava a cogliere l'essenza delle cose o si proponeva come esperienza puramente individuale, Quasimodo utilizza qui la prima persona plurale ("noi", ripreso al v.9 dalle "nostre cetre"), a conferma di una nuova direzione della sua poesia, che riscopre i valori della solidarietà collettiva e si apre verso la storia.
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Egli ora non è più il nostalgico ricercatore di età e terre lontane, ma il giudice severo della sua epoca, perciò denuncia e condanna le atrocità della guerra, e la ferocia degli uomini moderni ed esorta i figli a dimenticare l'opera cruenta dei padri. Anche in questo secondo periodo della poesia di Quasimodo ritorna il motivo della Sicilia, essa non è più vista però come una terra favolosa di sogno ma come una terra di dolore che attende l'ora del riscatto.
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Quando poi nel dopoguerra si accorge che alla ricostruzione materiale non si accompagna quella morale degli spiriti, perchè vede gli uomini nuovamente divisi da ideologie, disposti ad azzuffarsi ancora, dimentichi degli orrori recenti, Quasimodo ammonisce gli uomini sui rischi apocalittici di un nuovo conflitto.
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Nelle ultime due raccolte di poesie, La terra impareggiabile (1958) e Dare e avere (1966) ritroviamo ancora insieme tanto i motivi nostalgici quanto quelli umanitari e sociali, volti ad ispirare la fraternità e la solidarietà tra gli uomini.
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Ora che sale il giorno “Nuove poesie” 1936-1942.
Un’altra notte è passata, ai primi albori del giorno la pallida luna tramonta nei canali d’acqua che attraversano Milano. I prati della Lombardia sono tutti verdi, il mese di settembre è ancora vivo: vola così la nostalgia alla sua terra, il sud, e ricorda la stessa vivacità di quelle valli a primavera.
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Un amore lontano riaffiora alla sua memoria, un volto di donna per la quale ha lasciato la lieta compagnia e ha nascosto il suo cuore tra le mura di casa, perché la solitudine alimenta e aiuta i ricordi. È solo un attimo, il ricordo urta contro la realtà, quel tempo è lontano, come lontana è la sua terra. La donna amata in gioventù è ora più lontana della luna che si è come dileguata alle prime luci del giorno, in quell’ora quand’egli sentiva i piedi dei cavalli battere sulle dure pietre della vita. È questa la sua considerazione definitiva: un varco che s’era appena aperto, ora con amarezza si chiude nella sua triste condizione di esiliato
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Ora che sale il giorno, Arnoldo Foà
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Uomo del mio tempo, da Giorno dopo giorno
È la constatazione della crudeltà dell’uomo che a distanza di tanti secoli è rimasto uguale a se stesso: primitivo, ferino, bestiale, crudele, istintivo, spietato, al pari di quando per uccidere si serviva di strumenti approssimativi. Il progresso della civiltà non è servito a farne un uomo migliore e oggi si costruiscono armi sempre più intelligenti, destinate alla distruzioni di interi popoli. L’uomo del nostro tempo ha perduto l’amore, la solidarietà verso gli altri uomini
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Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta.
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E questo sangue odora come nel giorno Quando il fratello disse all’altro fratello: «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue Salite dalla terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
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Uomo del mio tempo
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Intervista a Quasimodo – La Madre
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GRAZIE
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