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PubblicatoFaustina Elvira Bianco Modificato 9 anni fa
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La scultura Greca La scultura è probabilmente l'aspetto più conosciuto dell'arte greca, quello che per un contemporaneo meglio esprime il bello ideale e la perfezione plastica. Tradizionalmente si distinguono nella scultura greca sei periodi: il periodo dedalico (VII secolo a.C.) il periodo arcaico (VI secolo a.C., fino al 480 a.C., distruzione persiana delle mura dell'Acropoli di Atene) Il periodo severo (fine VI secolo a.C.) il primo periodo classico (V secolo a.C.) il periodo tardo classico (IV secolo a.C., fino al 323 a.C., morte di Alessandro Magno) il periodo ellenistico (dalla morte di Alessandro Magno alla conquista romana del 146 a.C.).
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Periodo Dedalico Nel corso del VII secolo a.C. in seguito ai nuovi contatti tra la Grecia e il Vicino Oriente e l'Egitto si sviluppa, in particolare a Creta la scultura detta "dedalica", caratterizzata da sculture di materiale inizialmente calcareo e in seguito sfruttando, particolarmente nelle isole, i marmi locali. Le fonti parlano dello scultore Dedalo, che sarebbe stato il primo ad operare in questa professione. I suoi allievi si sarebbero quindi trasferiti nel Peloponneso, fondando la scuola scultorea di Sicione. Dal suo nome deriva la denominazione di "scultura dedalica", con cui si definisce lo stile uniformemente diffuso in tutta la Grecia in questo periodo. A Creta, che costituisce in quest'epoca il maggiore centro propulsore, viene progressivamente definito il canone di rappresentazione della figura umana, che a partire dalla metà del secolo, assume una forma più monumentale, definendo i tipi del kouros e della kore. Le statue erano scolpite per una visione rigidamente frontale a partire dai blocchi di pietra squadrati, come fossero rilievi da realizzare sulle quattro facce principali. I volti hanno impianto triangolare, con grandi occhi, inquadrati dai triangoli contrapposti della capigliatura. I corpi hanno vita stretta e busti triangolari e la resa anatomica è semplificata nei nudi maschili e nascosta sotto le vesti femminili decorate. Tra le sculture più antiche, alcune vengono ricordate con la denominazione di xoanon o sphyrelaton. Il primo termine dovette indicare in origine le statue di culto in legno, mentre il secondo si riferisce alla tecnica scultorea di realizzare una figura martellando una lastra metallica. Prosegue la produzione di bronzetti, tra i quali l'"Apollo di Mantiklos", dal nome del dedicante riportato su un'iscrizione, databile intorno al 700 a.C., e conservato nel Museum of fine arts di Boston, dedicato nel santuario di Apollo ismenio in Beozia. "Dama di Auxerre", di origine cretese conservata presso il Museo del Louvre di Parigi.
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Kouroi e Kouros Le caratteristiche dei kouroi sono: staticità nudità
Riguardo l’aspetto tecnico-artistico, esse presentano: piedi uniti (differentemente dai kouroi, dove uno è avanzato); un braccio lungo il corpo e l’altro, solitamente il sinistro, piegato verso il petto e l’alto (caratteristica assente nel kouros, dove ambedue le braccia sono addossate al corpo), nell’atto di offrire un’offerta alla dea o al dio; presenza di vestiti, cioè chitòne, tunica (tipico indumento greco), e himation, una specie di mantello (utilizzato sopra il chitone) Le caratteristiche dei kouroi sono: staticità nudità gamba sinistra avanzata braccia addossate al corpo pugni serrati sorriso arcaico visione frontale Kouros del Sunio, fine del VII sec. a.C., Atene, Museo Nazionale. L'Hera di Samo
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Periodo Arcaico In quest'epoca le forme e le movenze del corpo sono semplificate e ridotte: la produzione più abbondante è quella dei kouroi ("ragazzi") e delle korai ("fanciulle"), figure umane giovanili, rispettivamente maschili e femminili, stanti (in piedi), spesso a grandezza naturale o quasi naturale, con una gamba avanzata ad indicare il movimento, ma ancora irrigiditi in posa ieratica e con visi poco espressivi. Il tentativo è quello di rendere sempre meglio il volume del corpo, che man mano conquista lo spazio circostante. Si raffigura una bellezza ideale, presentando divinità poco caratterizzate o offerenti. Viene utilizzato il marmo o la pietra locale, o ancora la terracotta: le tecniche di fusione del bronzo non consentono infatti ancora la realizzazione di statue di grandi dimensioni. Le opere erano nella maggior parte dipinte, anche a colori vivaci, in contrasto con l'aspetto candido che hanno attualmente dopo la perdita dei pigmenti e che ha formato l'estetica neoclassica. Kleobi e Bitone.
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Periodo Severo L’Efebo
Verso la fine del VI secolo a.C., nel Peloponneso, si diffonde uno stile che anticipa quello del periodo detto classico, e che viene definito severo perché contempla il definitivo superamento della tradizione arcaica secondo la quale il volto era costantemente atteggiato in un sorriso. La testa diventa tendenzialmente sferica, il volto tondeggiante e, di conseguenza, gli occhi e la bocca trovano le giuste proporzioni e collocazioni. La massa muscolare non è più massiccia, ma distribuita armoniosamente nella struttura corporea. Le spalle si allargano e si arrotondano e il largo busto esprime una grande potenza. L'arcata epigastrica è rilevata ad arco di cerchio. Si assottigliano le ginocchia e le proporzioni complessive sono slanciate. Il materiale più usato dall'arte "severa" fu il bronzo: le figure venivano prima modellate con argilla e poi rivestite con uno strato di cera, che veniva nuovamente ricoperto di argilla per creare lo stampo dove poi andava colato il bronzo fuso (tecnica di fusione a cera persa). L’Efebo
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Periodo classico e tardo classico
La conoscenza dell'anatomia del corpo e la competenza tecnica permettono agli scultori, che conosciamo quasi tutti per nome, di raffigurare dei ed eroi in pose più naturali e variate, con il rialzamento dell'anca in corrispondenza della gamba di appoggio. La maestria tecnica fa della scultura del V secolo la vetta più alta dell'estetica classica. Policleto tenta di fissare un canone per le proporzioni armoniose delle varie parti del corpo (Doriforo, Diadumeno), mentre Mirone (Discobolo) sperimenta il movimento nello spazio. Inizia la costruzione delle grandi sculture in bronzo (auriga di Delfi, bronzi di Riace) e delle statue di culto monumentali e crisoelefantine, ossia rivestite di oro ed avorio, come la statua di Zeus (una delle sette meraviglie del mondo) nell'omonimo tempio a Olimpia o quella di Atena Parthenos nel Partenone, entrambe eseguite da Fidia. Nelle celebri sculture del Partenone le divinità raffigurate sul frontone hanno vesti con fitto e ricco panneggio reso in modo estremamente naturalistico ("panneggio bagnato"). Nel tardo-classicismo le proporzioni dei corpi si allungano e affinano e la naturalezza delle posizioni si accentua. L'uso del marmo bianco di Paro consente raffinatezze nella resa delle superfici con effetti di luminosità che addolcisce le curve e modula i volumi. Uno dei migliori esempi del periodo è l'Hermes di Prassitele. I bronzi hanno aggiunte di smalto per gli occhi e altri metalli per le labbra e le ciglia, proseguendo la tradizione di policromia.
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Il Discobolo di Mirone
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Il Doriforo di Policleto
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I bronzi di Riace
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L'Hermes di Prassitele
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Periodo Ellenestico L'abilità tecnica raggiunta viene sfruttata fino alle estreme conseguenze, con pose tormentate e complesse e composizioni virtuosistiche, quali il celebre Laocoonte dei Musei Vaticani. Anche le espressioni dei volti si fanno passionali e tormentate e si hanno con quelli dei sovrani ellenistici, i primi ritratti. La scultura non è più riservata a templi e santuari o a celebrazioni pubbliche, ma entra anche in ambito privato, come ricca e prestigiosa decorazione. Viene ricercata la novità nei soggetti e si attinge a raffigurazioni realistiche o di vita quotidiana (la vecchia ubriaca, il fanciullo che gioca con l'oca), trattate con abilità tecnica consumata e rese virtuosistiche dei panneggi. Il gruppo del Laocoonte
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Realizzato, dopo na cifra di tempo da:
Federico Sergi E Dalila Italiano
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