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LE ORIGINI FILOGENETICHE DELLA CULTURA

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Presentazione sul tema: "LE ORIGINI FILOGENETICHE DELLA CULTURA"— Transcript della presentazione:

1 LE ORIGINI FILOGENETICHE DELLA CULTURA

2 Per studiare le origini della cultura nell’evoluzione della specie umana si fa riferimento:
alla preistoria: studia gli aspetti culturali dell’umanità anteriori ai tempi storici alla paleoantropologia: studia la morfologia degli ominidi fossili e del loro habitat ecologico alla psicologia evoluzionista: considera fondamentali le esperienze ancestrali e i meccanismi remoti nel tempo per comprendere la configurazione e i modelli della condotta umana attuale

3 Le origini della specie umana
Si ritiene che i primati superiori abbiano fatto la loro comparsa tra le foreste africane circa quaranta milioni di anni fa Camminavano su tutti e quattro gli arti Avevano una visione binoculare stereoscopica Avevano una forte prensione manuale a uncino Avevano un’agile locomozione Comunicavano attraverso un sistema di richiami vocali

4 La formazione di una specifica linea ominide si colloca nel corso del pliocene, fra otto e sei milioni di anni fa

5 Gli ominidi si differenziano in modo radicale dalle scimmie antropomorfe per:
differente architettura della scatola cranica posizione centrale del foro occipitale testa eretta sopra la colonna vertebrale la presenza del mento arcata dentaria con forma parabolica molari e premolari allineati assenza di dismorfismo sessuale per i canini

6 Circa due milioni e mezzo fa si è verificato un bivio nella linea degli ominidi: un segmento cominciò a evolvere verso il genere Homo, l’altro condusse a specie derivate di austrolopitechi, destinate nel tempo a estinguersi

7 Albero filogenetico umano
Fonte: Ehrlich [2000] modificato

8 L’Homo Erectus, durante il pleistocene medio (fra un milione e 300
L’Homo Erectus, durante il pleistocene medio (fra un milione e di anni fa) fu il primo a migrare fuori dall’Africa, arrivando fino a Giava, Indonesia, Europa (Spagna, Italia, Ungheria) (out of Africa I)

9 L’uomo di Neanderthal comparve in Europa circa 300-250.000 anni fa
Presenta una particolare morfologia del cranio Ha una potente muscolatura corporea Vive in ambienti freddi Ha stress nutrizionali per carenza di cibo (dieta a base di carne) Si occupa dei propri simili Seppellisce i morti Ha capacità linguistiche differenti dall’uomo moderno (faringe più corta)

10 I primi reperti fossili dell’Homo Sapiens risalgono a oltre 200
I primi reperti fossili dell’Homo Sapiens risalgono a oltre anni fa e appartengono a siti africani. L’Homo Sapiens arriva in Europa più tardi, a causa delle glaciazioni (circa anni fa)

11 Per spiegare il passaggio da una varietà di ominidi nel Vecchio Continente (fra 200 e anni fa) alla presenza del solo Homo Sapiens, circa anni dopo, sono state elaborate due teorie:

12 1) Modello della continuità multiregionale o teoria del candelabro: l’Homo Erectus, diffusosi nelle varie regioni a partire da 2,5 milioni di anni fa, avrebbe dato origine alle diverse variazioni razziali attuali (la comparsa dell’Homo Sapiens si sarebbe verificato a livello regionale) 2) Teoria dell’eva africana o eva mitocondriale: l’Homo Sapiens sarebbe comparso in Africa per evoluzione dell’Homo Erectus e poi si sarebbe diffuso in Europa e Asia, sostituendo le popolazioni locali di ominidi (ipotesi dell’arca di Noè, Howells)

13 A sostegno della teoria dell’eva africana vanno menzionati gli studi sul DNA mitocontriale:
Gli studi indicano che esiste un livello molto alto di omogeneità con scarse variazioni genetiche e che il tasso di variazione relativamente più alto, si è registrato nelle popolazioni africane a sud del Sahara Sono stati condotti anche studi sul cromosoma Y che permettono di stimare che l’antenato comune risale a o a anni fa

14 Secondo gli studi del dna mitocondriale, si può affermare che le popolazioni africane hanno avuto più tempo per accumulare variazioni e quindi che l’uomo moderno è originato a partire dall’Africa

15 Secondo il modello Out of Africa II (seconda migrazione) l’Homo Erectus iniziò a migrare fuori dall’Africa tra 100 e anni fa: le popolazioni di Homo Sapiens diffusesi in Asia ed Europa rimasero geneticamente isolate e diedero vita all’uomo di Neanderthal in Europa e a nuove forme evolute di Sapiens in Asia l’Homo sapiens è comparso in Africa l’Homo Sapiens è migrato nel Vecchio Continente sostituendo le popolazioni locali senza forme d’ibridazione

16 Esistono le razze umane?
Con razza umana si intende un gruppo d’individui che può essere identificato come unità distinta per la presenza di caratteristiche biologiche secondarie Le variazioni tra le popolazioni sono di tipo superficiale, poiché sono indipendenti l’una dall’altra e non covariano tutte insieme

17 L’ipotesi più accreditata è che queste differenze siano la risposta degli organismi alle condizioni ambientali Es. il colore della pelle nera è connesso all’esposizione all’irraggiamento solare; il colore chiaro della pelle favorisce la produzione della vitamina D

18 Nella prospettiva della psicologia della cultura l’idea di razza sostiene la convinzione della “verità” della propria concezione del mondo e della certezza che la propria soluzione per l’esistenza sia l’unica accettabile Ne deriva l’ETNOCENTRISMO, assolutizzazione del proprio punto di vista, ritenenuto di per sé quello oggettivo e vero

19 Il processo di confronto fra le diverse “razze” e la competizione che ne scaturisce, induce a stabilire una graduatoria tra di esse. Da ciò ne discende la convinzione della superiorità della propria razza Il razzismo è inteso come l’atteggiamento globale di superiorità e di autoriferimento esclusivo, associato al sentimento di xenofobia e di rifiuto di soggetti appartenenti ad altre razze

20 L’eugenetica si pone l’obiettivo di raggiungere la “purezza di razza”, quale omogeneità genetica
La legge di sterilizzazione obbligatoria, ad esempio, si rivolgeva a tutte le persone ritenute “inadatte”, come gli schizofrenici, i ritardati mentali, gli epilettici, i perversi, i delinquenti ecc. (ad esempio, in epoca nazista si parlava di razza ariana)

21 La purezza della razza è inesistente, impossibile e indesiderabile (Cavalli, Sforza). Esiste una grande eterogeneità genetica dettata da diversi dispositivi, quali la deriva genetica, le migrazioni, le mutazioni, la selezione sessuale e naturale

22 Dalla protocultura alla cultura
Homo habilis  industria litica olduvaiana (2 milioni di anni fa). Pietre scheggiate su un solo lato (choppers). Stabile per più di 800 mila anni. Homo erectus  industria acheuleana (paleolitico inferiore). Lavorazione della pietra su due lati (chopping tools), raschiatoi, schegge. Stabile per oltre 1 milione di anni

23 Dalla protocultura alla cultura (continua)
Uomo di Neanderthal  industria musteriana (paleolitico medio). Produzione di raschiatoi, punteruoli, lance e confezionamento di indumenti con le pelli di animali Homo sapiens  cultura aurignaziana (paleolitico superiore). Invenzione di tecniche innovative per lavorare la pietra ottenendo lame sottili e leggere; uso di diversi tipi di materiali, come pietra, osso e avorio

24 Dalla protocultura alla cultura (continua)
Homo sapiens  cultura solutreana (fra 20 mila e 17 mila anni fa). Uso di arco, punte di lancia sottili, frecce e coltelli Homo sapiens  cultura magdaleniana (fra 18 mila e 10 mila anni fa). Costruzione di ami, punte arpionate, aghi di osso, collane di conchiglie e denti di animali. Realizzazione delle prime forme di opere d’arte, come graffiti e pitture rupestri (dipinti di Altamira)

25 Dalla protocultura alla cultura (continua)
Emerge la sostanziale stasi culturale dell’Homo habilis e dell’Homo erectus, che hanno continuato a utilizzare gli stessi tipi di manufatti per 1 milione circa di anni Si tratta di forme primitive di una protocultura che ha continuato a ripetere in modo fisso modelli di vita, pur facendo fronte a condizioni ambientali ed eventi geologici imponenti

26 Dalla protocultura alla cultura (continua)
Per contro, con la comparsa dell’Homo sapiens ha avuto inizio un’accelerazione dei cambiamenti e dei progressi degli esseri umani, che ha reso evidente e incommensurabile la distinzione nei confronti delle scimmie antropomorfe rispetto alle capacità cognitive Capacità degli esseri umani di inventare e produrre cultura

27 La nascita della cultura
Capacità specie-specifica in grado di favorire un’elevata adattabilità a un’estesa gamma di condizioni Richiede la capacità di comprendere i simili come dotati di autocoscienza, intenzionalità e libero arbitrio (teoria della mente), oltre che di rappresentarsi le rappresentazioni mentali altrui (metarappresentazione)

28 La nascita della cultura (continua)
La nascita della cultura coincide con la nascita della capacità simbolica degli esseri umani Simboli = rappresentazioni mentali che in modo convenzionale consentono di “raffigurare” situazioni percettive della realtà, anche in assenza dei corrispettivi stimoli sensoriali

29 Le premesse della cultura
Il bipedismo e la stazione eretta:  è reso possibile dalla differenziazione del piede dalla mano  comporta una forte specializzazione: la mano si specializza per la presa, il piede per la marcia in stazione eretta  l’opponibilità del pollice attribuisce alla mano maggiore destrezza e plasticità  svantaggi evolutivi: difficoltà del parto, affaticamento della colonna vertebrale, peso degli intestini sull’addome con conseguente ernia inguinale…

30 Le premesse della cultura (continua)
L’aumento del quoziente di encefalizzazione:  rapporto delle dimensioni del cervello umano rispetto a quelle di una scimmia di pari peso  passa da 3,1 per i primi uomini a 5,8 per quelli contemporanei  sviluppo della superficie neocorticale (fino al 70-80% del totale), che è alla base dei processi mentali superiori e del linguaggio perché consente l’elaborazione computazionale delle informazioni ambientali e l’esecuzione accurata di compiti complessi

31 Le premesse della cultura (continua)
L’ovulazione nascosta:  si sarebbe verificata a seguito delle pressioni della selezione naturale per rendere difficile l’identificazione della paternità e impedire l’infanticidio (teoria dei molti padri)  favorisce il passaggio da un’attività sessuale periodica a una più distribuita nel tempo per avere garanzia della fecondazione  è alla base del rafforzamento del desiderio e dell’attrazione reciproca, favorisce legami stabili di coppia e il coinvolgimento del maschio nell’allevamento condiviso della prole

32 Le premesse della cultura (continua)
L’apparato vocale:  è piuttosto recente a livello evoluzionistico, poiché se ne ha evidenza solo con l’uomo di Neanderthal  nell’Homo sapiens la stazione eretta ha prodotto processi di ristrutturazione delle ossa craniche che hanno provocato anche un’estensione della cavità faringea  capacità di produrre una gamma estesa e fine di suoni vocalici  oggi l’apparato fonatorio è in grado di produrre circa 120 fonemi con cui si possono parlare tutte le lingue esistenti

33 Le premesse della cultura (continua)
La capacità di progettazione:  capacità di compiere una sequenza coordinata di azioni intenzionali per raggiungere uno scopo e di fare previsioni per anticipare a livello cognitivo il possibile svolgimento di accadimenti futuri  sviluppata a partire dall’Homo habilis  esempi: reperti monofacciali dell’industria litica olduvaiana, attività di caccia…

34 Le premesse della cultura (continua)
La cooperazione e il reciproco altruismo:  le attività di caccia, raccolta o difesa del gruppo hanno richiesto un elevato grado di cooperazione per formare coalizioni e alleanze contro gli avversari  la cooperazione pone le condizioni per lo sviluppo di aspetti simbolici fra gli individui attraverso reti di interazioni e favorisce la comparsa di categorie cognitive  emergono forme di altruismo reciproco, inteso come comportamento vantaggioso per i propri simili ma immediatamente svantaggioso per sé. Ad esempio, i richiami di allarme e i richiami per il cibo

35 L’avvento dell’agricoltura
Comparsa circa 10 mila anni fa in Medio Oriente nella regione della “mezzaluna fertile” Passaggio dalla raccolta del cibo alla sua produzione Nascita della cultura contadina Diffusione demica dell’agricoltura con spostamento geografico progressivo di agricoltori che, grazie alla loro tecnologia e cultura più avanzata avrebbero sostituito i gruppi di cacciatori e raccoglitori (ipotesi della sostituzione) L’agricoltura assicura il cibo in modo permanente e ne permette la conservazione (accumulazione di risorse)

36 L’avvento dell’agricoltura (continua)
Rivoluzione del neolitico: insieme dei cambiamenti culturali provocati dall’avvento dell’agricoltura  Formazione di insediamenti stanziali che implicano la suddivisione dei compiti e delle attività lavorative (specializzazione del lavoro)  Sviluppo di nuove tecniche di lavorazione della pietra e comparsa della lavorazione della ceramica  Sviluppo di un’organizzazione sociale più differenziata e gerarchica (stratificazione sociale), premessa per la nascita dello stato

37 Le origini del linguaggio
Fattore principale per la comparsa e lo sviluppo della cultura nella specie umana. Probabile comparsa circa 150 mila anni fa Teorie sulle origini del linguaggio: teoria della discontinuità (Chomsky, 1988) ipotesi del protolinguaggio (Bickerton, 1990) ipotesi dell’istinto linguistico (Pinker, 1994) teoria della continuità (Jackendoff, 2002) teoria del linguaggio come grooming e pettegolezzo (Dunbar, 1993) teoria motoria (Corballis, 2002)

38 La teoria della discontinuità
Esistenza di una dotazione biologica innata (organo del linguaggio) e di una grammatica universale che spiega l’apprendimento rapido della lingua materna da parte del bambino L’origine del linguaggio risiede nei processi fisici e chimici dell’organismo e non nell’evoluzione, poiché il linguaggio è differente da qualsiasi caratteristica degli altri primati non umani (rifiuto di una spiegazione evoluzionista del linguaggio) Ipotesi del salto linguistico: la comparsa del linguaggio sarebbe avvenuta all’improvviso, attraverso una mutazione genica unica (evoluzione cladogenetica o ipotesi dell’evoluzione unica)

39 L’ipotesi del protolinguaggio
Protolinguaggio parlato dall’Homo erectus: linguaggio telegrafico, composto solo da parole, privo di una grammatica sistematica, la cui comprensione era basata sugli aspetti pragmatici del contesto Presenza di “fossili del linguaggio” nel linguaggio contemporaneo (pidgin, bambini selvatici, afasici grammaticali, linguaggio dei bambini, insegnamento del linguaggio alle scimmie) Ipotesi del grande salto in avanti: il passaggio dal protolinguaggio al linguaggio sarebbe avvenuto all’improvviso, in concomitanza con la comparsa dell’Homo sapiens (ipotesi catastrofica)

40 L’ipotesi dell’istinto linguistico
Il linguaggio è un istinto specie-specifico e universale che ha una sede identificabile nel cervello e probabilmente nel genoma La base biologica del linguaggio spiega il rapido apprendimento da parte dei bambini Concezione gradualistica dell’evoluzione del linguaggio: il linguaggio sarebbe comparso come forma di adattamento evolutivo sotto la spinta della selezione naturale, attraverso una graduale accumulazione di mutazioni genetiche casuali

41 La teoria della continuità
Il linguaggio è articolato in sottosistemi parzialmente indipendenti, ciascuno dei quali ha seguito una propria linea evolutiva in modo progressivo Il linguaggio è un insieme di sistemi più semplici e, in quanto tale, esistono progressi in grado di affinare le singole componenti (ipotesi incrementalista) Teoria gradualistica del linguaggio

42 La teoria del linguaggio come grooming e pettegolezzo
Origine sociale del linguaggio come sostituto del grooming a causa dell’aumento della numerosità dei gruppi sociali Vantaggi del linguaggio rispetto al grooming: permette di svolgere parallelamente altre attività e si può esercitare con diversi interlocutori contemporaneamente La maggior parte della comunicazione è destinata al pettegolezzo Il pettegolezzo contribuisce a definire le appartenenze, a rinsaldare le alleanze, a ravvivare sentimenti di amicizia, a ribadire una gamma di valori e norme…

43 La teoria motoria Origine sociale del linguaggio come evoluzione dei sistemi gestuali e mimici di comunicazione impiegati dagli ominidi Tali sistemi andrebbero considerati come forme di protolinguaggio attraverso l’impiego di segni comunicativi convenzionali sotto forma iconica e spaziale Il linguaggio si innesterebbe in modo graduale e incrementale su moduli cognitivi preesistenti, rispetto ai quali costituirebbe un’integrazione e un avanzamento

44 Col linguaggio la specie umana è diventata una specie simbolica
Nell’ambito della psicologia della cultura, nessuna delle ipotesi precedenti appare soddisfacente, in quanto le origini del linguaggio non sono riconducibili a una verifica sperimentale Ipotesi di una possibile lingua-madre (nostratico), all’origine di tutti i linguaggi, nata circa 15 mila anni fa nella “mezzaluna fertile”, in concomitanza con l’avvento dell’agricoltura Col linguaggio la specie umana è diventata una specie simbolica

45 I primati non umani hanno cultura?
 Nel 1953, Imo, una femmina macaco giapponese, fu osservata a pulire le patate dalla sabbia prima di mangiarle: dopo 3 anni il 40% del gruppo aveva lo stesso comportamento  Gli scimpanzé hanno una serie di comportamenti condivisi che includono l’uso di strumenti: sono stati individuati 39 comportamenti che possono essere classificati come “culturali” per la loro flessibilità, variabilità, apprendimento Come devono essere interpretati questi comportamenti?

46 Secondo una prospettiva conservativa, i suddetti comportamenti sono esempi di un apprendimento individuale per emulazione, in assenza di comprensione della distinzione tra mezzi e fini Secondo una prospettiva più permissiva, i suddetti comportamenti indicano la presenza di forme incipienti di cultura anche nei primati non umani, che sarebbero in grado di scambiarsi informazioni tra loro e di riconoscere le intenzioni comunicative e relazionali dei consimili

47 I sistemi di comunicazione dei primati non umani
La comunicazione referenziale - È la capacità di riferirsi a un oggetto o a un evento esterno in modo da identificarlo con precisione rispetto a possibili alternative - Il segnale “sta per” l’oggetto o l’evento dell’ambiente e ha un valore funzionalmente referenziale

48 I sistemi di comunicazione dei primati non umani (continua)
- Esempio di comunicazione referenziale: il sistema di richiami di allarme dei cercopitechi Essi manifestano richiami di allarme distinti e discreti in riferimento al tipo di predatore che li minaccia in quel dato momento I segnali vengono appresi durante il primo anno e mostrano un’elevata flessibilità Uso sociale di questi segnali che vengono emessi solo in presenza di compagni (effetto audience)

49 I sistemi di comunicazione dei primati non umani (continua)
La comunicazione intenzionale Il segnale inviato dall’emittente implica uno scopo e un certo grado di flessibilità nei mezzi espressivi per raggiungerlo  I gesti: gli scimpanzé presentano una dozzina di gesti di natura diadica, prodotti con l’intenzione di ottenere qualcosa (natura richiestiva) e secondo un’organizzazione schematica e ricorrente (processo di convenzionalizzazione) Esempio: il gesto delle “braccia in alto” da parte di un piccolo per iniziare un’attività di gioco con l’adulto

50 I sistemi di comunicazione dei primati non umani (continua)
 Le vocalizzazioni: Gli scimpanzé hanno tre distinti richiami in caso di scoperta di cibo: il pant-hoot, il grugnito per il cibo (food grunt) e il “cibo-aaa” Sia la comunicazione referenziale che quella intenzionale non sono in grado di generare da sole la produzione di simboli tipica del linguaggio, che è alla base della comparsa della cultura

51 I primati non umani sono capaci d’imparare il linguaggio?
La comunicazione gestuale con gli esseri umani Gli scimpanzé allevati in ambiente umano apprendono il gesto deittico di indicare, che eseguono estendendo il braccio intero e la mano L’apprendimento di simboli linguistici Un esemplare di bonobo nato in cattività ha appreso il sistema dei simboli linguistici osservando l’addestramento di sua madre Tuttavia, nell’apprendimento della sintassi, i primati non sono in grado di imparare e usare marcatori e connettivi sintattici di secondo ordine  La comunicazione dei primati è di natura richiestiva e non dichiarativa

52 I primati non umani hanno una teoria della mente?
Teoria della mente (theory of mind, ToM): capacità di “leggere” la mente dei consimili (mindreading) e di interpretare, spiegare e prevedere le loro azioni, attribuendo a essi stati mentali non direttamente osservabili come desideri, intenzioni e credenze Ipotesi della reinterpretazione: scimpanzé e umani condividono numerosi modelli di condotta, ma impiegano percorsi mentali differenti per comprenderli e interpretarli I primati non umani non posseggono le rappresentazioni secondarie (metarappresentazioni) dei comportamenti degli altri, ossia non sono in grado di rappresentarsi mentalmente le rappresentazioni mentali altrui

53 I primati non umani hanno a loro disposizione solo una forma rudimentale e incompleta di teoria della mente Prototeoria della mente La cultura come attività simbolica resta una realtà esclusiva della specie umana


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