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PubblicatoAchille Grossi Modificato 9 anni fa
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Infatti, da cause simili hanno tratto origine quelle nozioni che chiamano universali, come uomo, cavallo, cane ecc.; ossia, perché nel corpo umano si formano simultaneamente tante immagini, ad esempio di uomini, che superano la potenza di immaginare, non certo del tutto, ma fino al punto che la mente non possa immaginare le piccole differenze dei singoli (cioè il colore, la grandezza, ecc, di ciascuno) e il loro numero determinato, e immagini distintamente soltanto ciò in cui tutti convengono, in quanto, il corpo è affetto da essi. Da questo, infatti, e cioè da ciascun singolo, il corpo è stato massimamente affetto, e questo esprime con il nome di uomo, e questo predica di un numero infinito di singoli uomini. Infatti, come abbiamo detto, non può immaginare il numero determinato degli uomini singoli. E. II, prop. XL, schol. I, ed a cura di F. Mignini cit., p. 876.
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Tuttavia, per non omettere nulla di ciò che è necessario sapere, aggiungerò brevemente le cause dalle quali hanno tratto la propria origine i termini detti trascendentali, come ente, cosa, qualcosa. Questi termini traggono origine da ciò, che il corpo umano, essendo limitato, è capace di formare in sé distintamente soltanto un certo numero di immagini (ho spiegato cosa sia l’immagine in (2P17 S); se questo numero viene superato, tali immagini cominciano a confondersi; e se questo numero di immagini, che il corpo è capace di formare in sé distintamente, viene superato di molto, si confonderanno tutte completamente tra loro. E. II, prop XL, schol 1, Mignini, p. 875
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Per realtà e perfezione intendo la stessa cosa. E. II, def. VI, Ivi, p
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Intendo per attributo ciò che l’intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua essenza. E. I, def. IV, Ivi, p. 788.
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La distinzione in Spinoza è formale, modale, qualitativa.
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Per Dio intendo l’ente assolutamente infinito, ossia la sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna e infinita. E. I, def. VI, Ivi, p. 787
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Il pensiero è un attributo di Dio, ovvero Dio è cosa pensante. E
Il pensiero è un attributo di Dio, ovvero Dio è cosa pensante. E. II, prop. I, Ivi, p L’estensione è un attributo di Dio, ovvero Dio è cosa estesa. E. II, prop. II, Ivi, p. 837.
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Per modo intendo le affezioni di una sostanza, ossia ciò che esiste in altro, per mezzo del quale è anche concepito. E.I, def. V, Ivi, p. 787.
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Dalla necessità della natura divina devono seguire infinite cose in infiniti modi (cioè tutte le cose che possono cadere sotto un intelletto infinito). E. I, prop. XVI, Ivi, p. 805.
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Dio agisce per le sole leggi della sua natura e non costretto da nessuno. E. I, prop. XVII, Ivi, p Dio è causa immanente di tutte le cose, e non transitiva» E. I, prop. XVIII, Ivi, p «In natura non si dà nulla di contingente, ma tutto è determinato dalla necessità della natura divina a esistere e a operare in un certo modo» E. I, prop. XXIX, Ivi, p. 817.
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Dio è causa efficiente non soltanto dell’esistenza, ma anche dell’essenza delle cose. E. I, prop XXV, Ivi, p. 815.
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L’essenza delle cose prodotte da Dio non implica l’esistenza. E
L’essenza delle cose prodotte da Dio non implica l’esistenza. E. I, prop. XXIV, Ivi, p. 813.
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Qualsiasi cosa singolare, ossia qualsivoglia cosa finita e avente un’esistenza determinata, non può esistere né essere determinata a operare se non è determinata a esistere e a operare da un’altra causa, che è anch’essa finita e ha un’esistenza determinata; e di nuovo anche questa causa non può esistere né essere determinata a operare se non è determinata a esistere e a operare da un’altra causa che è anch’essa finita e ha un’esistenza determinata, e così all’infinito. E. I, prop. XXVIII, Ivi, p. 816.
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I modo di ciascun attributo hanno come causa Dio in quanto è considerato soltanto sotto l’attributo di cui sono modi e non sotto un altro attributo. E. II, prop. VI, Ivi, p L’ordine e la connessione delle idee sono identici all’ordine e alla connessione delle cose E. II, prop. VII, Ibidem
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Per corpo intendo il modo che esprime in maniera certa e determinata l’essenza di Dio in quanto è considerato come cosa estesa; vedi 1P25 C. E. II, def. 1, Ivi, p Per idea intendo un concetto della mente che la mente forma perché è cosa pensante. E. II, def. 3, Ivi, p. 835.
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La prima realtà che costituisce l’essere attuale della mente umana non è altro che l’idea di una cosa singola esistente in atto. E. II, prop. XI, Ivi, p Vedi anche Corollario a questa proposizione.
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L’oggetto dell’idea che costituisce la mente umana è il corpo, ossia un certo modo dell’estensione esistente in atto, e nient’altro. E. II, prop. XIII, Ivi, p. 849.
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Tutti i corpi o si muovono o sono in quiete» E. II, prop
Tutti i corpi o si muovono o sono in quiete» E. II, prop. XIII, assioma I, Ivi, p I corpi si distinguono rispettivamente in ragione del movimento e della quiete, della velocità e della lentezza; e non in ragione della sostanza. E. II, prop. XIII, lem. I, Ivi, p. 850.
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Definizione di individuo Se alcuni corpi di uguale o diversa grandezza sono premuti dai restanti corpi in modo tale da aderire l’uno all’altro, oppure se si muovono con lo stesso o con diversi gradi di velocità in modo da comunicarsi reciprocamente i propri movimenti secondo un certo rapporto, diremo che quei corpi sono uniti tra loro e che tutti insieme compongono un solo corpo o individuo, che si distingue dagli altri per questa unione di corpi. E. II, prop. XIII, def., Ivi, p.852
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Se le parti che compongono un individuo diventano maggiori o minori, ma in una proporzione tale da conservare tutte, come prima, lo stesso reciproco rapporto di movimento e di quiete, l’individuo conserverà parimenti la sua natura come prima, senza alcun mutamento di forma. E. II, prop. XI, Lemma V, Ivi, p. 853
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Ciascuna cosa, per quanto è ad essa possibile, è spinta a perseverare nel suo essere. E. III, prop. VI, Ivi, p. 905.
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Non si dà cosa in natura, della quale non se ne dia un’altra più potente e più forte; ma qualunque sia data, se ne dà un’altra più potente dalla quale quella può essere distrutta. E. IV, ax., Ivi, p. 976
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Tutto ciò che accade nell’oggetto dell’idea costituente la mente umana deve essere percepito dalla mente umana, ossia se ne darà necessariamente un’idea nella mente: se l’oggetto dell’idea che costituisce la mente umana è il corpo, nulla potrà accadere in quel corpo che non sia percepito dalla mente. E. II, prop. XII, Ivi, p. 847.
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La mente umana non conosce lo stesso corpo umano né sa che esiste, se non mediante le idee delle affezioni dalle quali il corpo è affetto. E.II, prop. XIX, Ivi, p.861.
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«L’idea di qualsiasi modo in cui il corpo umano è affetto dai corpi esterni deve implicare la natura del corpo umano e, simultaneamente, la natura del corpo esterno». E. II, prop. XVI, Ivi, p. 856
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«Ne segue anzitutto che la mente umana percepisce la natura di moltissimi corpi insieme alla natura del suo corpo». E. II, prop. XVI, coroll I, Ivi, p «Segue in secondo luogo che le idee che abbiamo dei corpi esterni indicano più la costituzione del nostro corpo che la natura dei corpi esterni; cosa che ho spiegato con molti esempio nell’Appendice della Prima parte». E. II, prop. XVI, Corollario II, Ibidem
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Se il corpo umano è stato affetto una volta da due o più corpi simultaneamente, quando la mente in seguito ne immaginerà uno, subito si ricorderà anche degli altri. E. II, Prop. XVIII, Ivi, p. 860.
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«Da qui intendiamo con chiarezza che cosa sia la memoria: non è altro che una certa concatenazione di idee che implicano la natura delle cose che sono fuori del corpo umano, concatenazione che nella mente avviene secondo l’ordine e la concatenazione che nella mente avviene secondo l’ordine e la concatenazione delle affezioni del corpo umano». E. II, prop. XVIII, Scol., Ivi, p. 860.
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La nostra mente agisce in certe cose, patisce in altre; in quanto ha idee adeguate, necessariamente agisce in certe cose e, in quanto ha idee inadeguate, necessariamente patisce certe cose. E. III, Prop. I, Ivi, pp
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Siamo passivi in quanto siamo una parte della natura che non po’ essere concepita per sé senza le altre. E. IV, prop. II, Ivi, p. 977.
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La forza per la quale l’uomo persevera nell’esistenza è limitata ed è superata infinitamente dalla potenza delle cause esterne. E. IV, prop. III, Ivi, p. 978.
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E’ impossibile che l’uomo non sia parte della natura, e che non subisca mutamenti diversi da quelli conoscibili mediante la sua sola natura e dei quali è causa adeguata. E. IV, prop. IV, Ivi, p. 978.
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Per gioia d’ora in poi intenderò la passione per la quale la mente passa a una perfezione maggiore. Per tristezza, invece, la passione per la quale la stessa passa a una perfezione minore. E. III, schol. prop. XI. Spinoza, Ivi, p. 908.
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L’amore non è altro che una gioia accompagnata dall’idea di una causa esterna; l’odio nient’altro che una tristezza accompagnata dall’idea di una causa esterna. Vediamo inoltre che chi ama è spinto di necessità ad aver presente e a conservare la cosa che ama; al contrario, chi odia è spinto ad allontanare e distruggere la cosa che odia. E. III, prop. XIII,schol., ivi, p. 911.
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Dunque, la natura di ciascuna passione si deve necessariamente esplicare in modo che sia espressa la natura dell’oggetto dal quale siamo affetti. […] Così anche un affetto di tristezza, che nasce da un oggetto, è diverso per natura dalla tristezza, che nasce da un’altra causa; questo si deve anche intendere dell’amore, dell’odio, della speranza, della paura, della fluttuazione d’animo ecc. Perciò si danno necessariamente tante specie di gioia, tristezza, amore, odio, ecc, quante sono le specie degli oggetti dai quali siamo affetti. E. III, prop. LVI, dem., ivi, p. 949.
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I. Chiamo causa adeguata quella il cui effetto può essere percepito chiaramente e distintamente per mezzo di essa. Inadeguata, invece, o parziale, chiamo quella causa il cui effetto non può essere inteso per mezzo di essa soltanto. E. III, def., I ,Ivi, p
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II. Dico che agiamo quando in noi o fuori di noi avviene qualcosa di cui siamo causa adeguata, cioè (per la precedente definizione) quando dalla nostra natura segue in noi o fuori di noi qualcosa che può essere compreso chiaramente e distintamente per mezzo di essa soltanto. Al contrario, dio che siamo passivi quando in noi accade qualcosa, o dalla nostra natura segue qualcosa di cui non siamo se non una causa parziale. E. III, def. II, Ivi, p
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IV. Per idea adeguata intendo l’idea che, in quanto venga considerata in sé senza relazione all’oggetto, ha tutte le proprietà o denominazione intrinseche dell’idea vera. Spiegazione Dico intrinseca per escludere quella che è estrinsecamente, ossia la convenienza dell’idea con l’ideato. E. II, def. IV, Ivi, pp
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La mente umana, sia in quanto ha idee chiare e distinte sia in quanto ha idee confuse, è spinta a perseverare nel suo essere per una certa durata indefinita ed è consapevole di questa sua pulsione. E. III, prop. IX, Ivi, p. 906.
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L’idea di tutto ciò che accresce o diminuisce, favorisce o inibisce la potenza di agire del nostro corpo accresce o diminuisce, favorisce o inibisce la potenza di pensare della nostra mente. E. III, Prop. XI, Ivi, p. 908.
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In Dio si dà anche un’idea o conoscenza della mente umana, che segue in Dio e si riferisce a Dio come l’idea o conoscenza del corpo umano. E. II, prop. XX, Ivi, p Questa idea della mente è unita alla mente come la stessa mente è unita al corpo. E. II, prop. XXI, Ibidem.
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Le cose che sono comuni a tutti (i corpi) e che sono in modo uguale nella parte e nel tutto non possono essere concepite se non adeguatamente. E. II, Prop, XXXVIII, Ivi, p Nella mente sarà adeguata anche l’idea di ciò che è comune e proprio al corpo umano e a certi corpi esterno dai quali il corpo umano suole essere affetto, e che dà ugualmente nella parte e nel tutto di ciascuno di questi. E. II, prop. XXXIX, Ivi, p. 874
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Le azioni della mente hanno origine dalle sole idee adeguate; le passioni invece dipendono dalle sole idee inadeguate. E. III, prop. III, ivi, p. 903.
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Quante più cose la mente intende mediante il secondo e il terzo genere di conoscenza, tanto meno patisce gli affetti che sono cattivi e tanto meno teme la morte. E V, prop. XXVIII, ivi, p
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L’affetto – passione cessa di essere passione appena ne formiamo un’idea chiara e distinte. E. V, prop. III, Ivi, p Non c’è alcuna affezione del corpo della quale non possiamo formare un concetto chiaro e distinto. E. V, prop. IV, Ivi, p
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Per virtù e potenza intendo la stessa cosa
Per virtù e potenza intendo la stessa cosa. Cioè (3P7) la virtù, riferita all’uomo, è la stessa essenza o natura dell’uomo, in quanto ha il potere di fare certe cose che si possono intendere mediante le sole leggi della sua natura. E IV, def. VII, ivi, p. 976.
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Nessuna cosa può essere cattiva per ciò che ha in comune con la nostra natura; ma in quanto è per noi cattiva, in tanto ci è contraria. E. IV, prop. XXX, ivi, p. 997.
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E’ proprio della natura della ragione contemplare le cose non come contingenti, ma come necessarie. E. II, prop. XLIV, Ivi, p. 880.
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La cupidità che nasce dalla ragione non può avere eccesso. E. IV, prop
La cupidità che nasce dalla ragione non può avere eccesso. E. IV, prop. LXI, Ivi, p. 1028
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La mente, in quanto concepisce le cose secondo il dettame della ragione, viene affetta allo stesso modo sia che l’idea concerna una cosa futura o passata, sia una cosa presente. E. IV, prop. LXII, Ivi, p. 1029
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La mente umana ha una conoscenza adeguata dell’essenza eterna ed infinita di Dio. E. II, prop. XLVII, Ivi, p. 884.
52
La nostra mente, in quanto conosce sé e il corpo sotto l’aspetto dell’eternità, ha necessariamente la conoscenza di Dio, e sa di essere in Dio e di concepire per mezzo di Dio. E. V, prop. XXX, Ivi, p
53
Quanto più conosciamo le cose singole, tanto più conosciamo Dio. E
Quanto più conosciamo le cose singole, tanto più conosciamo Dio. E. V, prop. XXIV, Ivi, p
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Intendere le cose mediante il terzo genere di conosce costituisce la suprema pulsione della mente e la sua prima virtù. E. V, prop. XXV, Ivi, p
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La nostra mente, in quanto conosce sé e il corpo sotto l’aspetto dell’eternità, ha necessariamente la conoscenza di Dio, sa di essere in Dio e di essere concepita per mezzo di Dio. E. V, prop. XXX, Ivi, p
56
Da questo terzo genere di conoscenza nasce il supremo acquietamento possibile della mente. E. V, prop. XXVII, Ivi, p
57
L’amore intellettuale della mente verso Dio è lo stesso amore di Dio, con il quale Dio ama sé stesso, non in quanto è infinito, ma in quanto può essere esplicato mediante l’essenza della mente umana considerata sotto l’aspetto dell’eternità; cioè, l’amore intellettuale della mente verso Dio è parte dell’amore infinito con il quale Dio ama se stesso. E. V, prop. XXXVI, Ivi, p. 1079
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