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Galilei e la Divina Commedia
Marelli Francesco Puricelli Simone Vigo Gianluca 3° B Ap
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Cosmologia dantesca Cosmologia galileiana Galilei all’Inferno
Temi trattati Cosmologia dantesca Cosmologia galileiana Galilei all’Inferno
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COSMOLOGIA DANTESCA Il cosmo dantesco poggia su fondamenti scientifici tradizionali, ereditati dal pensiero classico (il sistema aristotelico-tolemaico, che disegnava la Terra immobile al centro del mondo) e su un vasto patrimonio di materiali visivi (letterari, figurativi e folclorici), a loro volta rielaborati con lucida invenzione dal poeta. Dante immagina l’universo suddiviso in: Inferno Purgatorio Paradiso
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Inferno L’Inferno è un’immensa voragine sotterranea a forma di tronco di cono rovesciato il cui vertice coincide con il centro della terra. Il primo regno oltremondano è la sede in cui sono puniti i peccatori, non pentiti, non hanno ottenuto il perdono di Dio ed è contraddistinto dall’eternità e dall’immutabilità della pena. La pena è imposta e l’imposizione sanziona lo stato di non libertà dell’anima colpevole, la sua privazione della possibilità di scelta. Le anime sono poste nel luogo di pena corrispondente al loro peccato più grave secondo un ordinamento morale delle colpe in cui l’etica antichità si unisce all’etica cristiana: è dominante la classificazione delle colpe ricavata dall’»Etica Nicomachea» di Aristotele, mediata però dal pensiero di San Tommaso
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Purgatorio Il Purgatorio sorge invece su una montagna altissima agli antipodi delle terre abitate, in mezzo all’emisfero delle acque (emisfero nord), irraggiungibile dai viventi. Il secondo regno oltremondano è la cantica che impegna l’invenzione di Dante nel dare forma fisica a un luogo che solo da poco la Chiesa (nel concilio di Lione 1274) aveva ufficialmente riconosciuto come regno ultraterreno. Prima di allora il destino delle anime poteva solo essere l’Inferno o il Paradiso. Esso è sede di espiazione delle anime peccatrici che con il pentimento hanno ottenuto il perdono di Dio e che vi sono traghettate da un angelo. Le pene sono volute non imposte, infatti le anime sono desiderose di purgare le loro colpe nelle varie cornici.
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Paradiso Il Paradiso, infine, comprende nove cieli concentrici di materia diafana, mossi dagli angeli, al centro dei quali, secondo le dottrine cosmologiche dell’antichità, sta immobile la Terra. L’universo geocentrico di Aristotele e del geografo-astronomo Tolomeo è interpretato in chiave cristiana e provvidenziale. Attorno alla Terra ruotano nove cieli. Fisico è il movimento dei cieli, ma metafisico è la sua origine. L’amore che le nove gerarchie angeliche manifestano per Dio ruotando attorno a lui si traduce nel moto circolare dei cieli.
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Cosmologia galileiana
La rivoluzione scientifica del 1500, evento di portata straordinaria, ha determinato un lento ma profondo rinnovamento delle concezioni scientifico-filosofiche e teologiche della cultura europea. Precursore di tale cambiamento, soprattutto dal punto di vista scientifico-astronomico, fu il polacco Niccolò Copernico ( ), che introdusse una nuova concezione del sistema cosmologico, passando da quello aristotelico-tolemaico geocentrico, a quello eliocentrico. Copernico si accorse che il sistema tolemaico del cosmo non rispecchiava correttamente l’evoluzione dei moti celesti. Infatti, la struttura cosmologica aristotelica-tolemaica prevedeva un sistema di sfere celesti il cui centro era costituito dal globo terrestre, attorno al quale ruotavano gli altri corpi celesti e le stelle fisse. Gli astronomi antichi non riuscirono a trovare un modello cosmologico che si adattasse ai fenomeni celesti; Copernico avanzò così un’idea innovativa e tramite alcuni calcoli matematici pose al centro del modello cosmologico il Sole e spostò la Terra ruotante (con moto di rotazione e rivoluzione) nella V sfera celeste. Difficile dire se Galilei nei primi anni di insegnamento avesse già abbracciato le teorie copernicane; nel 1609 il pisano venne a conoscenza di un oggetto che era in grado di avvicinare e ingrandire i corpi lontani: il cannocchiale. La Terra non era più fulcro di rotazione e centro dell’universo, Galilei capì quindi che, anche la Terra poteva ruotare intorno a un centro di moto quale il Sole: ebbe così la prova pratica, data dall’osservazione e dalla sperimentazione della teoria copernicana, arrivando a sgretolare il sistema aristotelico-tolemaico sostenuto oramai da diversi secoli.
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Galilei all’Inferno Nel 1587 un giovane erudito di belle speranze, di nome Galileo Galilei, teneva Due lezioni all’Accademia fiorentina circa la figura, sito e grandezza dell’Inferno di Dante. In queste due lezioni affrontò il problema del cambiamento delle dimensioni degli oggetti solo da un punto di vista geometrico; lo scopo era risolvere una controversia letteraria riguardo l’interpretazione dell’Inferno di Dante. Nel 1506 era stata pubblicata una descrizione, firmata dal fiorentino Antonio Manetti, della geografia e della geometria dell’Inferno così come erano state descritte da Dante. Si trattava in particolare di valutare l’attendibilità delle rappresentazioni figurative proposte da Botticelli negli anni novanta del Quattrocento in una sontuosa edizione illustrata che seguiva i primi schizzi di Giuliano da Sangallo. Le illustrazioni si basavano su dimensioni in cifre esplicite tratte dal testo di Dante attraverso calcoli complessi. Ma nel 1544 Alessandro Velutello, di Lucca, città rivale di Firenze, pubblicò una critica severa all’opera di Manetti e propose una descrizione molto diversa dell’Inferno. Galileo fu chiamato a dirimere la questione dibattuta; lo fece, in modo alquanto prevedibile, in favore del fiorentino Manetti.
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Le due tesi erano identiche per quanto riguardava l’aspetto generale dell’Inferno (che si può ricavare dalla lettura della divina commedia), ma che differiscono per le dimensioni; infatti l’Inferno di Vellutello aveva dimensioni lineari circa 10 volte più piccole del Manetti. L’Inferno di Manetti è dato da una sezione conica della terra con un angolo di apertura di 60° e l’arco sotteso ha quindi dimensioni circa uguali al raggio terrestre. Questi e la profondità dell’Inferno sono stimati in circa 3200 miglia. Segue che la profondità di ognuno degli 8 gironi dell’Inferno è di circa 400 miglia. Il Vellutello assegnava all’Inferno la stessa struttura ma con una profondità complessiva di 300 miglia invece delle 3200 del Manetti. L’obiezione principale all’Inferno del Manetti riguardava la stabilità della copertura; Galileo sosteneva la tesi di quest’ultimo e rispose a questa obiezione osservando che il rapporto tra l’arco della cupola del Duomo di Firenze e lo spessore è circa 15, mentre per l’Inferno di Manetti il rapporto vale circa 10. Il ragionamento geometrico di Galileo è perfetto ma non tiene conto dell’aspetto fisico del problema che fa si che con l’aumentare delle dimensioni le capacità di resistenza dei materiali diminuiscono.
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Lo stesso Galilei si renderà conto dell’errore e si correggerà nei Discorsi sulle Due Nuove Scienze. L’esempio portato da Galileo per illustrare il punto legato alla resistenza dei materiali è tratto dal Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze. “E per un breve esempio di questo che dico, disegnai già la figura di un osso allungato solamente tre volte, ed ingrossato in tal proporzione, che potesse nel suo animale grande far l’uffizio proporzionale a quel dell’osso minore proporzione assai più fiacca che ne gli uomini di statura mediocre; altrimenti, crescendogli a smisurata altezza, si vedrebbono dal proprio peso opprimere e nell’animal più piccolo, e le figure sono queste: dove vedete sproporzionata cadere. Dove che, all’incontro, si vede, nel diminuire i corpi non si diminuir figura che diviene quella dell’osso ingrandito. Dal che è manifesto, che con la medesima proporzione le forze, anzi ne i minimi crescer la gagliardia con chi volesse mantener in un vastissimo gigante le proporzioni che hanno le proporzion maggiore: onde io credo che un piccolo cane porterebbe addosso membra di un uomo ordinario, bisognerebbe o trovar materia molto più dura due o tre cani eguali a sé, ma non penso già che un cavallo portasse né anco un e resistente per formarne l’ossa, o vero ammettere che la robustezza sua fusse a solo cavallo, a se stesso eguale.”
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In questo brano Galileo fa una considerazione sul cambiamento di scale in fisica. Il suo interesse è cosa accada se, per esempio, si aumentano o si diminuiscono le dimensioni di un osso. La pressione che la forza peso esercita sulla sezione trasversale dell’osso è proporzionale al rapporto V/S, dove V è il volume e S la sezione trasversale e quindi la resistenza dell’osso a S/V. Vediamo che se scaliamo tutte le dimensioni di un fattore s, la pressione scala come s. Quindi aumentando le dimensioni la pressione aumenta e le capacità di resistenza diminuiscono.
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Bibliografia/Sitografia
Google immagini. «La mente innamorata» a cura di Gianluigi Tornotti, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, pagine: «Il canone letterario» a cura di Herman Grosser, Maria Cristina Grandi, Giancarlo Pontiggia, Casa editrice G.Principato S.p.A, pagina 298. «Lo spazio cosmico della Commedia: un modello culturale per tutto il Medioevo, pagine
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