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L’ORARIO DI LAVORO nelle pubbliche amministrazioni
29 novembre 2004 L’ORARIO DI LAVORO nelle pubbliche amministrazioni Dott.ssa Loredana Zappalà
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L’orario di lavoro nella regolamentazione giuridica: le funzioni dell’istituto
come parametro per la determinazione della retribuzione L’orario di lavoro come strumento di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori L’orario di lavoro come tecnica di organizzazione degli uffici e gestione del personale
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Il tempo di lavoro 1) Orario normale di lavoro 2) Orario massimo 3) Orario “medio” (flessibile)
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In particolare, la disciplina delle pause e dei riposi:
Il tempo di non lavoro In particolare, la disciplina delle pause e dei riposi: La “pausa” giornaliera; Il riposo giornaliero; Il riposo settimanale; Le ferie annuali.
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La specificità del lavoro notturno
L’ordinamento regolamenta il lavoro notturno, sia sotto il profilo della durata, che sotto quello della tutela della salute e sicurezza del lavoratore o della lavoratrice addetta a lavori notturni (visite mediche, divieti, etc.).
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Il tempo di lavoro nella Costituzione
Art. 36 Cost., comma 2: “la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge”. Art. 36 Cost., comma 3: “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”
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40 ore settimanali riducibili dalla contrattazione collettiva
La durata normale e massima della settimana di lavoro (settore privato) R.d.l. n. 692 del 1923 8 ore giornaliere o 48 ore settimanali, elevabili in caso di utilizzo del lavoro straordinario a 10 ore giornaliere e 60 settimanali Legge n. 196 del 1997, art. 13 40 ore settimanali riducibili dalla contrattazione collettiva
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Il ruolo della contrattazione collettiva (settore privato)
Nel settore privato, la contrattazione collettiva, a partire dagli anni ’60, aveva già progressivamente ridotto il tempo di lavoro sino a 40 ore settimanali
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L’orario di lavoro nel pubblico impiego prima della riforma (1)
Il r.d.l. n. 692 del 1923 non si applicava, per espressa previsione dello stesso, “agli uffici e servizi pubblici”
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L’orario di lavoro nel pubblico impiego prima della riforma (2)
Art. 14 d.p.r. n. 3 del 1957 sull’orario di servizio. 1) “L'orario giornaliero rimane regolato dalle norme in vigore” (rinvio alla legislazione settoriale specie corporativa). 2) “Quando le esigenze dell'Amministrazione lo richiedano l'impiegato è tenuto a prestare servizio con diritto alla retribuzione per lavoro straordinario anche in ore non comprese nell'orario normale, salvo che sia esonerato per giustificati motivi”.
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L’orario di lavoro nel pubblico impiego prima della riforma (3)
L’art. 30, comma 2, l. n. 93 del 1983, stabilisce che “l’art. 14 dp.r. n. 3/1957 va interpretato nel senso che l’orario ordinario di lavoro ivi disciplinato è di trentasei ore settimanali”, rinviando a provvedimento ministeriale o del capo dell’ufficio, d’intesa con le OO.SS., la definizione delle modalità di articolazione degli orari di lavoro.
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L’orario di lavoro nel pubblico impiego riformato
Il principio che ispira la disciplina: Il rapporto fra “orario di lavoro” (come elemento del rapporto contrattuale) e “orario di servizio” (come elemento del modello organizzativo).
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La circolare della FP 24/2/1995
Per "orario di servizio" si intende il periodo di tempo giornaliero necessario per assicurare la funzionalità delle strutture degli uffici pubblici e l'erogazione dei servizi all'utenza. Per "orario di apertura al pubblico" si intende il periodo di tempo giornaliero che, nell'ambito dell'orario di servizio, costituisce la fascia oraria, ovvero le fasce orarie, di accesso ai servizi da parte dell'utenza. Per "orario di lavoro" si intende il periodo di tempo giornaliero durante il quale, in conformità all'orario d'obbligo contrattuale, ciascun dipendente assicura la prestazione lavorativa nell'ambito dell'orario di servizio.
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Art. 60, d. lgs. n. 29/93 : Il d. lgs. n. 29 del 1993
”l’orario di servizio si articola di norma su sei giorni, dei quali cinque anche nelle ore pomeridiane…..al fine di corrispondere alle esigenze dell’utenza” (comma 1) “l’orario di lavoro, nell’ambito dell’orario d’obbligo contrattuale, è funzionale all’orario di servizio” (comma 2)
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La legge n. 724 del 1994 L’art. 22, l. n. 724 del dispone l’abrogazione dell’art. 60, d. lgs. n. 29 del 1993. Impone l’articolazione dell’orario di servizio “su 5 giorni settimanali, anche nelle ore pomeridiane”; Ribadisce il principio della natura contrattuale dell’orario di lavoro, indicando la prospettiva della armonizzazione fra orario di lavoro e orario di servizio.
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Il d. lgs. di recepimento della direttiva comunitaria
29 novembre 2004 Il d. lgs. di recepimento della direttiva comunitaria Il decreto legislativo n. 66 del 2003 recepisce nel nostro ordinamento la direttiva CE n. 93/104/Ce (ora direttiva n. 2003/88/Ce). Il d. lgs. n. 66/2003 è stato novellato dal d. lgs. n. 213 del 2004 e, di recente, dalla l. n. 133 del 2008. Note: NEGLIGENZA COMUNITARIA Il ritardo con il quale è stata data attuazione ai principi comunitari nel nostro ordinamento ha comportato anche la condanna del nostro Paese da parte della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo, per “negligenza comunitaria”, nel marzo 2000. La necessità di evitare una nuova condanna spiega l’urgenza e per certi versi la “frettolosità” del nuovo decreto, emanato solo pochi giorni prima del termine assegnato dalla Corte di Giustizia Europea, a pena di una nuova condanna di euro per ogni giorno di ulteriore ritardo. La rincorsa finale si è resa necessaria anche a causa della infruttuosa trattativa con le parti sociali, che avrebbe dovuto ampliare e perfezionare l’avviso comune già raggiunto il 12 novembre 1997, relativo alle sole imprese industriali ed invece si è invece ben presto arenata. Dott.ssa Loredana Zappalà
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Il d. lgs. n. 66/2003: il campo di applicazione
Art. 1, comma 1, d. lgs. n. 66/2003: “Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati”
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L’effetto abrogativo del d. lgs. n. 66 del 2003
Art. 19, comma 2: “dalla data di entrata in vigore del presente d. lgs. sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia disciplinata dal d. lgs. medesimo, salve le disposizioni espressamente richiamate”
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La tecnica normativa: legge e contrattazione collettiva
29 novembre 2004 La tecnica normativa: legge e contrattazione collettiva Il decreto fa salvo il ruolo tradizionalmente svolto dalla contrattazione collettiva in materia di orario di lavoro. Molti sono i rinvii e molte le deroghe consentite alla contrattazione collettiva. Note: (Art. 3) I contratti collettivi possono (…) riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore a 1 anno (Art. 4) I contratti collettivi possono elevare il periodo di riferimento per la media della durata massima di 48 ore dell’orario di lavoro da 4 mesi a 6 o 12 (Art. 5) I contratti collettivi possono consentire il riposo compensativo non solo in aggiunta, ma anche in alternativa alle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario (Art. 9) I contratti collettivi possono stabilire eccezioni alla regola del riposo settimanale domenicale, alle condizioni di cui all’art. 17, 4° comma (Art. 13) I contratti collettivi possono elevare il periodo di riferimento sul quale calcolare, in media, il rispetto del limite di 8 ore di lavoro notturno su 24 Dott.ssa Loredana Zappalà
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L’orario di lavoro nelle p. a
L’orario di lavoro nelle p.a.: il modello regolativo attualmente vigente Si fonda sul rapporto di coordinamento fra il d. lgs. n. 66/2003 e i contratti collettivi di comparto (senza ignorare, in riferimento a taluni istituti, l’elaborazione giurisprudenziale)
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Il decreto legislativo n. 66 del 2003: AMBITO DI APPLICAZIONE
29 novembre 2004 La nuova normativa sull’orario di lavoro si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati, ma con alcune eccezioni. ( ART. 2 ) Note: DIPENDENTI PUBBLICI Il decreto si applica sicuramente ai rapporti di pubblico impiego privatizzato, in quanto nessuna deroga in materia di durata della prestazione lavorativa è prevista dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n (nel quale è stato trasfuso con tutte le successive modificazioni ed integrazioni il D.Lgs. 29/1993) Presumibilmente si applica anche ai rapporti di pubblico impiego non privatizzato, data l’ampia formulazione, tranne soltanto quelli espressamente esclusi dal successivo comma 2 dell’art. 2 Dott.ssa Loredana Zappalà
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Ipotesi di non applicazione ad alcune categorie di lavoratori pubblici
Personale della scuola di cui al d. lgs. n. 297/1994 Personale delle forze di polizia, delle forze armate e addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali Servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del corpo nazionale dei vigili del fuoco; Strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello stato; “Non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato individuate con decreto ministeriale”
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La “limitata” applicazione ai lavoratori con orario di lavoro “non misurabile” (art. 17, comma 5)
Salve le disposizioni in materia di riposo settimanale, ferie annuali e durata del lavoro notturno, la restante disciplina non si applica ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata…. “non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta di: - dirigenti, personale direttivo delle aziende o altre persone aventi potere di decisione autonomo”
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Le nozioni “contrapposte” di ORARIO DI LAVORO e PERIODO DI RIPOSO
29 novembre 2004 Le nozioni “contrapposte” di ORARIO DI LAVORO e PERIODO DI RIPOSO Art. 1, comma 2, lett. a): “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Art. 1, comma 2, lett. b): “qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro” ( ART. 2, lett. a ) LAVORO EFFETTIVO – La nuova definizione dell’orario di lavoro non richiama la tradizionale nozione di “lavoro effettivo”, definito come quello “che richieda un’applicazione assidua e continuativa”, con conseguente esclusione delle “occupazioni che richiedono…un lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia” (art. 3 R.D.L. 692/1923). LAVORI DISCONTINUI – La nuova definizione si applica anche ai lavori discontinui o di semplice attesa e custodia di cui al R.D.n. 2667/23, per i quali però sono previste ampie deroghe all’art. 9 (riposo settimanale), art. 16 (orario normale di lavoro), art. 17 (deroghe consentite alla contrattazione collettiva o in mancanza mediante D.M.) REPERIBILITA’ – la definizione di orario di lavoro adottata dalla direttiva 1993/104/CE richiede la “presenza fisica” sul luogo di lavoro e pertanto non comprende le ore di mera reperibilità, durante le quali i lavoratori “pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili … possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi” (C.G.E. 3/10/2000, n. 303/98, caso Simap, recentemente confermato con sentenza del 9/12/03) – Tuttavia la reperibilità esclude il pieno godimento del riposo garantito ex art. 36 Cost. (Cass. n. 4940/1987) Dott.ssa Loredana Zappalà
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Cosa è certamente escluso dall’orario di lavoro
29 novembre 2004 Cosa è certamente escluso dall’orario di lavoro Il tempo impiegato per recarsi nel posto di lavoro (anche se i CCNL di comparto prevedono una diversa disciplina per il caso della “trasferta”) ( ART. 2, lett. a ) LAVORO EFFETTIVO – La nuova definizione dell’orario di lavoro non richiama la tradizionale nozione di “lavoro effettivo”, definito come quello “che richieda un’applicazione assidua e continuativa”, con conseguente esclusione delle “occupazioni che richiedono…un lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia” (art. 3 R.D.L. 692/1923). LAVORI DISCONTINUI – La nuova definizione si applica anche ai lavori discontinui o di semplice attesa e custodia di cui al R.D.n. 2667/23, per i quali però sono previste ampie deroghe all’art. 9 (riposo settimanale), art. 16 (orario normale di lavoro), art. 17 (deroghe consentite alla contrattazione collettiva o in mancanza mediante D.M.) REPERIBILITA’ – la definizione di orario di lavoro adottata dalla direttiva 1993/104/CE richiede la “presenza fisica” sul luogo di lavoro e pertanto non comprende le ore di mera reperibilità, durante le quali i lavoratori “pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili … possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi” (C.G.E. 3/10/2000, n. 303/98, caso Simap, recentemente confermato con sentenza del 9/12/03) – Tuttavia la reperibilità esclude il pieno godimento del riposo garantito ex art. 36 Cost. (Cass. n. 4940/1987) Dott.ssa Loredana Zappalà
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29 novembre 2004 Altri tempi “esclusi” dall’orario di lavoro: il caso della “reperibilità” Cass. 19 novembre 2008, n (in materia di rapporto di lavoro negli enti locali): “la reperibilità del dipendente è una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e consiste nell’obbligo del lavoratore di porsi nella condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una eventuale prestazione lavorativa, comportando il diritto a fruire di un particolare trattamento economico aggiuntivo” ( ART. 2, lett. a ) LAVORO EFFETTIVO – La nuova definizione dell’orario di lavoro non richiama la tradizionale nozione di “lavoro effettivo”, definito come quello “che richieda un’applicazione assidua e continuativa”, con conseguente esclusione delle “occupazioni che richiedono…un lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia” (art. 3 R.D.L. 692/1923). LAVORI DISCONTINUI – La nuova definizione si applica anche ai lavori discontinui o di semplice attesa e custodia di cui al R.D.n. 2667/23, per i quali però sono previste ampie deroghe all’art. 9 (riposo settimanale), art. 16 (orario normale di lavoro), art. 17 (deroghe consentite alla contrattazione collettiva o in mancanza mediante D.M.) REPERIBILITA’ – la definizione di orario di lavoro adottata dalla direttiva 1993/104/CE richiede la “presenza fisica” sul luogo di lavoro e pertanto non comprende le ore di mera reperibilità, durante le quali i lavoratori “pur essendo a disposizione del loro datore di lavoro, in quanto devono poter essere raggiungibili … possono gestire il loro tempo in modo più libero e dedicarsi ai propri interessi” (C.G.E. 3/10/2000, n. 303/98, caso Simap, recentemente confermato con sentenza del 9/12/03) – Tuttavia la reperibilità esclude il pieno godimento del riposo garantito ex art. 36 Cost. (Cass. n. 4940/1987) Dott.ssa Loredana Zappalà
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ORARIO NORMALE DI LAVORO (art. 3, d. lgs. 66/03)
29 novembre 2004 L’orario normale di lavoro non può superare le 40 ORE SETTIMANALI La contrattazione collettiva potrà stabilire una durata minore e riferire l’orario normale alla media in un periodo non superiore ad un anno. ( ART. 3) Nota : AGGIORNAMENTO ed ARMONIZZAZIONE – con D.M. del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, sentite le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative, le attività e le prestazioni esentate dal limite dell’orario normale di lavoro di 40 ore settimanali, verranno aggiornate ed armonizzate con i principi contenuti nel decreto legislativo sull’orario di lavoro (art. 16, 2° comma) LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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IL LAVORO STRAORDINARIO (art. 5, d. lgs. 66/03)
29 novembre 2004 a) Il lavoro straordinario è quello prestato oltre l’orario normale (le 40 ore settimanali) b) In difetto di regole definite dalla contrattazione collettiva, è ammesso previo accordo e per un numero di ore non superiore a 250 ORE annuali c) Il lavoro straordinario è compensato con le maggiorazioni previste dalla contrattazione collettiva. ( ART. 5) Nota : IL LAVORO SUPPLEMENTARE – Scompare assieme alla distinzione fra orario legale ed orario contrattuale; la nuova disciplina accoglie nella definizione legale di orario normale di lavoro l’eventuale minore durata prevista dalla contrattazione collettiva e, di conseguenza, il lavoro prestato oltre l’orario contrattuale è comunque straordinario, anche se non supera le 40 ore settimanali. IL LIMITE TRIMESTRALE – Scompare anche il vecchio limite di 80 ore trimestrali previsto dal previgente art. 5–bis del R.D.n. 692/1923. IL CONSENSO DEL LAVORATORE – Sembra un requisito derogabile da parte della contrattazione collettiva, così come il limite di 250 ore annue LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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Orario massimo di lavoro (art. 4, d. lgs. 66/03)
29 novembre 2004 Orario massimo di lavoro (art. 4, d. lgs. 66/03) La durata massima dell’orario di lavoro è stabilita dai contratti collettivi di lavoro La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario. La durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi (elevabile sino a 12 dalla contrattazione collettiva). Dott.ssa Loredana Zappalà
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L’orario di lavoro settimanale nel CCNL Ministeri
“L’orario ordinario di lavoro è di 36 ore settimanali. L’orario di lavoro, previo esame con le OO.SS., è articolato su 5 giorni, fatte salve le esigenze dei servizi da erogarsi con carattere di continuità, che richiedono orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana, o che presentino particolari esigenze di collegamento con le strutture di altri uffici pubblici”.
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(segue) l’eventuale riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali
Può essere introdotto, in presenza di determinati requisiti, ove ciò sia previsto dal contratto collettivo integrativo.
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Il lavoro straordinario nel CCNL Ministeri
La finalità dello straordinario (fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e non come fattore ordinario di programmazione dell’orario di lavoro) La necessaria autorizzazione del dirigente, da effettuarsi di volta in volta, escludendo dunque forme generalizzate I meccanismi di maggiorazione economica e la possibilità per il dipendenti di optare per il riposo compensativo
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Le possibili tipologie di orario (anche coesistenti)
CCNL Ministeri: Orario articolato su 5 giorni con la prosecuzione della prestazione lavorativa nelle ore pomeridiane (con durata e collocazione diversificata) Orario articolato su 6 giornate, in genere per sei ore continuative antimeridiane Orario flessibile, turnazioni, orario plurisettimanale
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La turnazione “La turnazione serve a garantire la copertura massima dell’orario di servizio giornaliero e dell’orario di servizio settimanale su cinque, sei o sette giorni per ben definiti tipi di funzioni ed uffici. A tale tipologia si fa ricorso qualora le altre tipologie di orario ordinario non siano sufficienti a coprire le esigenze di servizio”.
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L’orario plurisettimanale
La programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro ordinario viene effettuata in relazione a prevedibili esigenze di servizio di determinati uffici e servizi. 2. Ai fini dell’ adozione dell’orario di lavoro plurisettimanale devono essere osservati i seguenti criteri: - il limite massimo dell’orario di lavoro ordinario settimanale è di 44 ore; - al fine di garantire il rispetto delle 36 ore medie settimanali, i periodi di maggiore e di minore concentrazione dell’orario devono essere individuati contestualmente di anno in anno e di norma, rispettivamente, non possono superare le 13 settimane .
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L’orario “flessibile”
E’ possibile adottare l’orario flessibile di lavoro giornaliero, con l’ individuazione di fasce temporali di flessibilità in entrata ed in uscita. Occorre tener conto sia delle esigenze di servizio sia delle esigenze del personale, anche in relazione alle dimensioni del centro urbano ove è ubicata la sede di servizio.
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R I P O S O GIORNALIERO (art. 7, d. lgs. 66/03)
29 novembre 2004 R I P O S O GIORNALIERO (art. 7, d. lgs. 66/03) Al lavoratore spettano ogni 24 ore 11 ORE DI RIPOSO CONSECUTIVO Il riposo deve essere fruito in modo consecutivo , fatte salve la attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità ( ART. 7 ) DEROGABILITA’ – Ai sensi dell’art. 17, la contrattazione collettiva ed in Mancanza il Ministero, per le particolari attività ivi elencate, possono derogare anche al principio del riposo quotidiano di almeno 11 ore consecutive Dott.ssa Loredana Zappalà
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Il limite indiretto di ORARIO GIORNALIERO
29 novembre 2004 Benché la legge non faccia espresso riferimento alla “durata giornaliera della prestazione di lavoro”, dalla disposizione sul riposo giornaliero si ricava una durata massima giornaliera dell’orario di lavoro, salve le pause obbligatorie per legge, pari ad un massimo di 13 ORE Nota : ORARIO NORMALE GIORNALIERO Non è previsto un limite giornaliero all’orario normale di lavoro, ma soltanto un limite massimo desumibile dalle regole sul riposo quotidiano, peraltro comunque derogabili ex art. 17 dalla contrattazione collettiva o dall’intervento suppletivo del Ministero del Lavoro. Del resto già con l’entrata in vigore dell’art. 13 della Legge n.196/1997, che riduceva l’orario normale di lavoro da 48 a 40 ore settimanali, si era ritenuto abrogato implicitamente, anche se non esplicitamente, il limite giornaliero stabilito dall’art. 1 R.D.n. 692/1923, di 8 ore giornaliere. Peraltro già quella norma aveva sollevato un notevole dibattito interpretativo, dovuto alla previsione di un limite di 8 ore giornaliere o 48 settimanali, che letteralmente già sembrava consentire il superamento del limite giornaliero, purché entro il limite settimanale. Dott.ssa Loredana Zappalà
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L’orario di lavoro giornaliero
CCNL Ministeri: “l’orario di lavoro massimo giornaliero è di nove ore”.
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Il diritto alla pausa (art. 8, d. lgs. 66/03)
Se l’orario di lavoro eccede il limite delle sei ore giornaliere, il lavoratore ha diritto ad un intervallo per la pausa. Se la durata della pausa non è stabilita dalla contrattazione collettiva, essa è non inferiore a dieci minuti
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Il diritto alla pausa CCNL Ministeri: “dopo massimo sei ore consecutive di lavoro deve essere prevista una pausa che comunque non può essere inferiore ai 30 minuti”
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RIPOSO SETTIMANALE (art. 9, d. lgs. 66/03)
29 novembre 2004 Il lavoratore ha diritto ad almeno 24 ORE consecutive di riposo ogni sette giorni, di regola in coincidenza con la DOMENICA; vanno cumulate alle ore di riposo giornaliero; Il riposo settimanale può essere calcolato come “media” in un periodo non superiore a 14 giorni (riposo su base multiperiodale) deroghe ed eccezioni ( ART. 9 ) LE DEROGHE – Il D.M. 22–6–1935 elencava le deroghe al principio della coincidenza del riposo settimanale con la domenica già consentite dall’art. 5 della previgente L. 370/1934. Pertanto sotto questo profilo il nuovo decreto non innova nulla, ma semmai prevede soltanto un futuro aggiornamento del vecchio elenco ministeriale, sentite le parti sociali. Apre però alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare in toto al principio del riposo settimanale, anche se con i limiti previsti dall’art. 17, 4°comma, vale a dire: riposo compensativo o se impossibile, a condizione che ai lavoratori sia accordata una protezione adeguata LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello, tanto è vero che non è citato solo l’art. 17, 4° comma e non anche il 2° comma, che invece fa riferimento alla contrattazione nazionale o integrativa di secondo livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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Il diritto alle FERIE ANNUALI
29 novembre 2004 Il diritto alle FERIE ANNUALI La ratio secondo la consolidata interpretazione giurisprudenziale: l’esigenza di reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore, nonché di consentire la fruizione di quote di tempo da dedicare alla famiglia, alle vacanze, etc. ( ART. 10 ) FERIE ULTERIORI – Qualora la contrattazione collettiva preveda condizioni di miglior favore, le maggiori ferie concesse oltre il periodo minimo di quattro settimane possono essere sostituite dalla indennità per ferie non godute (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) FERIE RESIDUE – Le ferie già maturate e non ancora godute alla data di entrata in vigore del decreto (29 aprile 2003) potranno essere monetizzate (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) ORARIO MULTIPERIODALE – I contratti collettivi che prevedono un orario normale di lavoro come media in un periodo non superiore ad un anno, ai sensi dell’art. 3, stabiliscono anche i corrispondenti criteri e modalità per il godimento delle ferie LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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Il lavoratore ha diritto ad almeno
29 novembre 2004 F E R I E ANNUALI (Art. 10) Il lavoratore ha diritto ad almeno 4 SETTIMANE di ferie all’anno, che non possono essere sostituite da una indennità “per ferie non godute”, salvo in caso di risoluzione del rapporto di lavoro La contrattazione collettiva potrà stabilire condizioni di miglior favore (per es. la quinta settimana di ferie) ( ART. 10 ) FERIE ULTERIORI – Qualora la contrattazione collettiva preveda condizioni di miglior favore, le maggiori ferie concesse oltre il periodo minimo di quattro settimane possono essere sostituite dalla indennità per ferie non godute (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) FERIE RESIDUE – Le ferie già maturate e non ancora godute alla data di entrata in vigore del decreto (29 aprile 2003) potranno essere monetizzate (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) ORARIO MULTIPERIODALE – I contratti collettivi che prevedono un orario normale di lavoro come media in un periodo non superiore ad un anno, ai sensi dell’art. 3, stabiliscono anche i corrispondenti criteri e modalità per il godimento delle ferie LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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29 novembre 2004 F E R I E ANNUALI (Art. 10) Le modalità di fruizione delle ferie (l’art. 10, in questa parte, è stato modificato dal d. lgs. n. 213 del 2004), “salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva”: Le prime due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, vanno fruite nel corso dell’anno di maturazione; Le restanti due settimane vanno fruite nei 18 mesi successivi alla fine dell’anno di maturazione. ( ART. 10 ) FERIE ULTERIORI – Qualora la contrattazione collettiva preveda condizioni di miglior favore, le maggiori ferie concesse oltre il periodo minimo di quattro settimane possono essere sostituite dalla indennità per ferie non godute (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) FERIE RESIDUE – Le ferie già maturate e non ancora godute alla data di entrata in vigore del decreto (29 aprile 2003) potranno essere monetizzate (Messaggio INPS 27–06–03, n. 79) ORARIO MULTIPERIODALE – I contratti collettivi che prevedono un orario normale di lavoro come media in un periodo non superiore ad un anno, ai sensi dell’art. 3, stabiliscono anche i corrispondenti criteri e modalità per il godimento delle ferie LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA – In mancanza di ulteriori specificazioni, deve intendersi di qualsiasi livello Dott.ssa Loredana Zappalà
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Il diritto alle ferie annuali
CCNL Ministeri: Il dipendente ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. La durata è di 32/30 giorni, che si riducono a 28/26, in caso di sabato non lavorativo. Le ferie “sono un diritto irrinunciabile e non sono monetizzabili. Sono fruite nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le esigenze di servizio”.
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Le modalità di godimento delle ferie
L’amministrazione assicura al dipendente il frazionamento delle ferie in più periodi. Al dipendente che ne fa richiesta spettano almeno 2 settimane continuative nel periodo 1° giugno – 30 settembre In caso di indifferibili esigenze di servizio che abbiano reso impossibile il godimento nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo (o entro il mese di aprile dell’anno successivo qualora la mancata fruizione dipenda da motivate esigenze di carattere personale)
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