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Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti

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Presentazione sul tema: "Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti"— Transcript della presentazione:

1 Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti
Lezione del 22 marzo 2011 Dispense a solo uso didattico interno  Elena Marescotti Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze dell’educazione Anno Accademico 2010/2011

2 Andragogia Geragogia

3 Il concetto di andragogia
Il termine andragogia ha avuto e ha tuttora una certa fortuna, soprattutto grazie all'uso fattone in ambito anglofono, da Malcom Knowles, ad esempio. A ben vedere, si tratta di un termine dal significato assai ambiguo. Non solo, infatti, ripropone gli stessi riduttivismi del termine pedagogia (conduzione dell'adulto), con la marcata sottolineatura del genere maschile che la parola greca da cui deriva suggerisce, ma, nell'accezione corrente, viene usato per fare riferimento soprattutto alle teorie di apprendimento in età adulta, e non all'educazione degli adulti così come la scienza dell'educazione la mette a punto. Occorre, quindi, essere molto cauti nei confronti di questa terminologia e, soprattutto, di fronte ad una sbrigativa contrapposizione e separazione tra andragogia e pedagogia, fatta sulla base di una errata concezione di quest'ultima. Laddove per pedagogia intendiamo la Scienza dell'educazione, non è infatti necessaria alcuna andragogia, almeno non dal punto di vista dell'educazione in età adulta.

4 Il concetto di andragogia
Andragogia non può essere intesa come scienza a sé dell'educazione. Non è l’adulto, né, tantomeno, l’adulto maschio – il termine Andragogia, in effetti, più che emanciparsi dai retaggi etimologici del termine Pedagogia li ripropone sotto mutate vesti, forse aggravandoli ulteriormente e, comunque, dando adito ad una frammentazione scientifica assai discutibile! – a costituire l’oggetto di studio, bensì l’educazione, sia pure considerata in quelle sfaccettature peculiari connesse allo status di adulto. Tutt’al più, il termine può essere usato per riferirsi agli aspetti pratici e tecnici dell’apprendimento in età adulta, ma sempre tenendo presente che apprendimento ed educazione NON sono la stessa cosa!

5 GERAGOGIA Negli anni in cui la Pedagogia, in Italia, manifesta tentativi tra i più incisivi di affermarsi, a pieno titolo, come disciplina scientifica – si pensi agli studi di Giovanni Maria Bertin, Lamberto Borghi, Giuseppe Flores D’Arcais, Francesco De Bartolomeis, Remo Fornaca, Raffaele Laporta, Aldo Visalberghi, per citarne alcuni tra i maggiori – nasce un neologismo che, se nei primi tempi non pare aver sollevato un dibattito, almeno nel nostro settore, particolarmente vivace, oggi costituisce, per ragioni sia contingenti sia di approfondimento epistemologico, un nodo cruciale della riflessione sull’identità e sulle prerogative della Scienza dell’educazione. In effetti, è il 1973 quando, nella letteratura medica, fa il suo ingresso il termine “geragogia”, per designare – per il momento ci limiteremo ad utilizzare una espressione piuttosto generale – l’interesse per le teorie e per le pratiche di formazione specificatamente rivolte ai soggetti anziani.

6 Fonte Questa informazione, e molte altre al riguardo su cui ci soffermeremo nel corso di queste note, è rintracciabile al sito internet attivo dal 2001 per opera del Dott. Giovanni Cristianini. Il materiale qui reperito è più che sufficiente per supportare alcune prime considerazioni e valutazioni circa la legittimità scientifica della geragogia intesa come “l’insieme degli studi che hanno per oggetto l’applicazione a fini pratici della pedagogia dell’invecchiamento”. La citazione è tratta dalla pagina di Presentazione del sito sottotitolato “Geriatria, Geragogia e Gerontologia on-line”.

7 Il sito è così strutturato: Presentazione; Una premessa; L’invecchiamento; Tempo libero e solitudine; Geragogia (a sua volta articolato nei seguenti settori: Educazione dell’adulto; Rivoluzione geragogica; Significato di un neologismo; Geragogia e prevenzione; Geragogia e media; Geragogia psico-sociale; Proposte di programmazione; La malnutrizione in età senile); Alimentazione (che contiene scritti denominati “L’educazione alimentare”); Alcolismo (che contiene scritti denominati “L’alcolismo tardivo nell’anziano”); Alcol e invecchiamento cerebrale; Attività fisica (che contiene scritti intitolati “Attività fisica e invecchiamento”; Links (che indica, tra gli altri, i siti intenet della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria; dell’Associazione Medici Italiani, della Federazione Italiana Operatori Geriatrici, del Centro Maderna di documentazione, formazione e ricerca sulla condizione anziana); Credits (che presenta un breve profilo dell’autore del sito, il Dott. Cristianini); Editoriale geriatria (che periodicamente ospita articoli che affrontano problemi di attualità); Meetings (che raccoglie i programmi di convegni, seminari, corsi di formazione e aggiornamento, ecc. collegati alle tematiche affrontate nel sito stesso); Notiziario (che fornisce informazioni circa l’attivazione di master universitari in ambito geriatrico e gerontologico); Pubblicazioni (che raccoglie alcuni brevi saggi relativi alle tematiche in oggetto); (che riporta l’indirizzo disponibile per i contatti). Va altresì sottolineato che il materiale presente nel sito alla data di consultazione indicata riprende pressoché totalmente quanto pubblicato nel volume di G. Cristianini, Lezioni di geragogia ( ), s. l., s. n., s. d. [stampa: Milano, CIESSEDI s. r. l., 1992, copyright dell’Autore], pp. 191.

8 Ad essere discussa, per così dire, non è certamente l’interesse o l’opportunità di formalizzare tutta una serie di conoscenze connesse al saper invecchiare nel migliore dei modi possibili, operazione, questa, da accogliere in maniera quanto mai positiva. A non trovarci d’accordo è, da un lato, l’assunzione in termini riduttivi, oltre che scorretti, del significato e del ruolo della Pedagogia e, dall’altro, l’ammissibilità di ibridazioni scientifico-disciplinari confuse sia sul piano teorico sia sul piano sperimentale, foriere di pesanti ambiguità quando non lesive della stessa autonomia del sapere pedagogico.

9 Si tratta di una concezione, del resto, di cui il sito internet menzionato non pare essere l’unico testimone e megafono: negli stessi termini si esprimono anche altri autori, e non solo appartenenti all’area medica. Stupisce, e al tempo stesso preoccupa, che anche “pedagogisti”, o sedicenti tali, suffraghino posizioni di questo tipo: “Felice connubio tra pedagogia e gerontologia, la “Geragogia” è una nuova scienza che si sta necessariamente affermando a seguito della crescita numerica della popolazione anziana e quindi dei servizi ad essa necessari. Tra questi, di primaria importanza, ci sono le Università della Terza Età cioè quelle spontanee istituzioni nelle quali si cerca di mantenere vivo l’interesse culturale, la voglia di apprendere, l’opportunità di aggiornamento, senza limiti di età. Ma insegnare ai giovani è tutt’altra cosa che farlo agli anziani: lo hanno capito i docenti di questi particolari atenei che, partiti baldanzosamente verso la nuova esperienza carica di gratificanti valenze sociali con le quali incensarsi, hanno dovuto viceversa ben presto riconoscere i limiti della loro pedagogia perché standardizzata su modelli giovanili non automaticamente proponibili e quindi fruibili dagli anziani. Si sta cercando perciò da qualche tempo la codificazione di una didattica e di una metodologia informativa efficace ed omogenea a questo fine, organizzando seminari, confronti, convegni esplorativo-sperimentali di “Geragogia”, la scienza appunto che muove i primi passi verso il modo migliore di insegnare alla Terza Età”. A. Angeloni, A. Ancona, Geragogia ludicomotoria multidisciplinare, Roma, Società Stampa Sportiva, 1990, p. 7, corsivo nostro. Dalla quarta di coperta del volume, apprendiamo che entrambi gli autori sono insegnanti di Educazione Fisica e uno dei due, Alfredo Angeloni, è presentato anche come “pedagogista”.

10 Ma torniamo al sito www. geragogia
Ma torniamo al sito e, in particolare, alle definizioni di “geragogia” che in esso vengono fornite, l’aspetto per noi più interessante, dato che tali definizioni non mancano mai di chiamare in causa la Pedagogia, sia come disciplina – della quale, comunque, non si dimostra di sapere nulla che vada oltre o al logoro senso comune o alle generiche accezioni riscontrabili in un qualsiasi dizionario della lingua italiana – sia come termine di aggettivazione per contrassegnare tutto ciò che, in qualche modo, ha a che fare con l’insegnamento, con l’attività tutoriale, finanche con l’animazione e l’intrattenimento che si colorino di intenzionalità formativa e culturale in genere.

11 Un approccio, questo, che se può essere compreso – ma comunque mai giustificato – laddove provenga dall’“uomo della strada”, per via di un immaginario collettivo duro ad estinguersi, riteniamo non possa essere in alcun modo perdonato ad un intellettuale, ad un ricercatore e docente universitario quale è, appunto, Giovanni Cristianini, “già primario internista ospedaliero, da oltre vent’anni professore a contratto di “Geragogia e Terapia Occupazionale” presso la Scuola di Geriatria dell’Università di Padova”. Così, espressioni come “pedagogia dell’invecchiamento”, “orientamenti inediti di taglio psico-pedagogico”, “intromissioni pedagogiche”, “momento pedagogico di una profilassi dell’invecchiamento”, solo per riportare qualche esempio, ricorrono per tutto il testo senza essere accompagnate da alcuna spiegazione argomentata, quasi si desse per assodato, e per scontato, il loro senso.

12 Seppure, come denuncia l’Autore, il materiale pubblicato sul sito derivi dalle considerazioni emerse in aula durante le sue lezioni agli specializzandi della Scuola di Geriatria, dalle migliori tesi di specializzazione degli studenti medesimi e dagli appunti del docente stesso “che, nella preparazione delle lezioni, cerca generalmente di sviluppare i principali argomenti di interesse educazionale, correlati al processo dell’invecchiamento umano, senza fini trattatistici, ovviamente, e con risultanze di semplice interesse antologico e didattico”, ovvero non vi sia la manifesta volontà di presentare uno studio sistematico e rigoroso nel settore della Scienza dell’educazione, l’Autore, di fatto, si addentra, talora indirettamente talora esplicitamente, nel merito di che cosa siano la Pedagogia e l’educazione o, meglio, nel merito del “a che cosa” esse servano.

13 È la stessa sorte, del resto, che subiscono anche espressioni come “educazione degli adulti” e “educazione permanente”, per le quali non si è ritenuto opportuno nessun ricorso agli specialisti del settore e ai numerosi studi che, soprattutto negli ultimi trent’anni – da Lorenzetto a Demetrio, da Mencarelli a Alberici a Tramma – ne hanno sondato l’impianto storico-teorico, le connotazioni politico-sociali, le possibilità operative. Emblematico, al riguardo, è il seguente passo: “La geragogia, che è la pedagogia della terza età e si colloca nell’ambito dell’educazione dell’adulto, attende ancora oggi una completa sistemazione metodologica che le consenta di inserire proficuamente l’anziano (e chi si accinge a diventarlo) in attività di tipo educazionale e formativo, grazie alle quali l’adulto presenile possa imparare a vivere la sua vita in un modo diverso da quello ereditato, con prospettive inedite ed una nuova creatività”

14 L’educazione degli adulti, in questa prospettiva, viene a configurarsi non come una necessità logica della Scienza dell’educazione bensì come una opportunità dettata dalle contingenze della nostra temperie storica, ove “la maggior parte delle persone mature abbisogna di un riciclaggio continuo nei settori più svariati”. Pertanto, e in conseguenza del prolungarsi della vita media degli individui, non si può non avvertire l’esigenza di “una pedagogia quanto più attiva possibile, al punto che questa deve trapassare direttamente nell’azione che, in campo gerontologico, significa soprattutto prevenzione”. Anche se ci si imbatte nell’espressione “scienza pedagogica”, è evidente come, in realtà, al sapere sull’educazione non si riconosca alcuna valenza speculativa sull’essenza e sulle finalità del suo oggetto di studio, bensì una funzione meramente utilitaristica, da spendersi immediatamente nella prassi per assolvere i compiti individuati o suggeriti dalla gerontologia.

15 Forse perché per Pedagogia si intende il metodo di insegnamento o, più specificatamente, un insieme di tattiche, più o meno stimolanti, per trasmettere agli anziani quei precetti volti a rendere il processo di invecchiamento una fase serena della vita dell’individuo e per far sì che essi se ne approprino in maniera consapevole e motivata. Si tratta, in definitiva, di veicolare, di far circolare in maniera pervasiva e proficua, tutte quelle informazioni e attività che possono giovare alla salute e alla longevità: assumere le corrette abitudini alimentari; svolgere gli esercizi fisici adeguati; evitare i fattori di rischio; conoscere la biologia dell’invecchiamento e le malattie che possono accelerarne il processo, ecc. Non a caso, Cristianini introduce ad hoc sia l’“educazione sanitaria” sia l’“educazione alimentare” come momenti fondamentali della formazione geragogica, affidando in particolar modo alla seconda il compito di “diffondere… alla massa della popolazione… i temi fondamentali di una nuova dietetica antisenile che sgomberi il campo dai molti pregiudizi e segua lo stesso rigore scientifico con cui sono affrontati gli altri aspetti della prevenzione medica”

16 Gli esempi potrebbero continuare numerosi a supportare l’idea di fondo che anima questo genere di considerazioni: l’idea, cioè, che l’educazione sia semplicemente un qualcosa che può essere preso a prestito per divulgare quanto si ritiene di più valido ci possa essere per migliorare la qualità della vita degli individui, qualcosa che consenta la sensibilizzazione della pubblica opinione, avvalendosi di tutti i mezzi di comunicazione, che possono essere impiegati per “una pedagogia di indirizzo collettivo” ???

17 Se, per un verso, preme chiarire che non è la condivisione di tale finalità ultima a suscitare disappunto – come potremmo non essere d’accordo? – per altro verso le modalità con cui tale obiettivo intende essere perseguito paiono non solo scorrette, ma anche, al tempo stesso, contraddittorie. All’educazione, infatti, svilita a mera strumentalità divulgativa, non è garantita alcuna autonomia. E, di qui, la contraddittorietà: In una prospettiva di più ampio respiro, com’è possibile perorare la causa di un autentico miglioramento della qualità della vita laddove si depaupera la possibilità della Pedagogia di essere scienza? Come si può pretendere di incrementare le capacità degli individui di gestire al meglio la propria esistenza laddove si va a colpire o, addirittura, ad annientare, quella disciplina – la Pedagogia, appunto – che in maniera più esplicita, rispetto a tutte le altre discipline, ravvisa nella trasformazione miglioristica della realtà, cioè nel processo educativo, il perno della propria ricerca?

18 Forse questo accade perché si ritiene che per questi aspetti sia sufficiente la medicina e che, dove la medicina non è in grado di arrivare, non resti che affidarsi a princìpi di carattere ontologico-trascendentale. È quanto emerge in questo passaggio, teso a delineare le linee direttrici della natura umana che la geragogia è chiamata a seguire: “L’uomo è di per sé pervaso da un’incommensurabile energia vitale che lo spinge ad una continua ricerca della felicità, di cui la vita, e non la morte, è il metro di misura; ogni uomo è irripetibile, nel senso che Qualcuno (sic) lo ha pensato diverso da ogni altro essere umano. La diversità è dunque la sua naturale espressione, mentre socialità ed organizzazione agiscono soltanto come complemento della sua personalità”

19 Geragogia, geragoghi e geragogisti… questi sconosciuti
Il linguaggio riguarda non solo la comunicazione di un sapere scientifico, ma anche e soprattutto la sua fondazione. Quindi, non pare possibile impiantare seriamente la disciplina geragogica, anche solo come materia di insegnamento e di studio, sulla base di una terminologia estremamente farraginosa come quella che si evince dal sito Vediamo alcune definizioni, allora, di questa sedicente disciplina, cercando di sottolinearne gli aspetti di maggiore criticità.

20 Alcune definizioni “La geragogia, oggi, può essere riguardata come l’insieme degli studi che hanno per oggetto l’applicazione a fini pratici della pedagogia dell’invecchiamento o, tutt’al più, può considerarsi una disciplina ancora in formazione che si propone d’insegnare le strategie per mantenere un invecchiamento fisiologico il più a lungo possibile” annota Cristianini, rifacendosi a quanto sostenuto da Angiolo Sordi nel 1973 introducendo per la prima volta tale neologismo nella trattatistica, per indicare “quella branca gerontologica interdisciplinare che, in analogia alla scienza pedagogica, presiede a quell’insieme d’insegnamenti, il cui apprendimento e la cui attuazione dovrebbe condurre al fine ultimo di una vecchiaia vitale e attiva”. E, ancora, egli sostiene che “l’espressione “geragogia” dev’essere intesa come vera e propria educazione ad invecchiare, e rappresenta quindi il momento pedagogico di una profilassi dell’invecchiamento che richiede, innanzi tutto, la ricerca di uno stile di vita idoneo alla vecchiaia… in senso più generale, la geragogia dev’essere intesa, oggi, quale educazione all’invecchiamento, anche e soprattutto, sul piano igienico e della prevenzione primaria”

21 Non si vede bene in cosa consista l’analogia con la “scienza pedagogica” (dizione, del resto, assai infelice), né se pensiamo alla Pedagogia italiana degli anni Settanta del Novecento né, tantomeno, ai prodotti della comunità scientifica pedagogica negli anni a noi più recenti. Per trovare una somiglianza tra la geragogia così intesa e la Pedagogia, occorre risalire a quando la Pedagogia ancora non esisteva neppure di nome, ovvero occorre ritornare al significato e al ruolo del pedagogo della Grecia classica, e rilevare, comunque, che si tratta solo di una somiglianza, peraltro un po’ forzata, giacché è noto a tutti, ormai, che la funzione primigenia del pedagogo era una funzione, così come ci insegna l’etimologia del termine, più di mero “accompagnamento” che non di “guida” nel senso più pieno, e plurisfaccettato, che oggi potremmo attribuire a questo termine. Si tratta di un passaggio essenziale per gli studiosi dei problemi educativi, un passaggio che Cristianini salta del tutto, arrivando a sostenere che “se il pedagogo è colui che educa il fanciullo, il geragogo per analogia dovrebbe essere quel tale che educa il vecchio o, in qualche modo, si propone di insegnargli qualcosa”

22 Evidentemente, nonostante si faccia sfoggio di sapere cosa sia l’educazione permanente[1] e si includa la geragogia al suo interno, non si ritiene valido il termine educatore per designare colui che educa, e neppure il termine docente per indicare colui che insegna! Il vero compito della geragogia, si commenta nel corso della trattazione, è quello “d’insegnare anzitutto all’anziano un nuovo orientamento interiore nel modo di gestire l’esistenza”, un compito che “spetta alla società, che non può limitarsi all’assistenza degli anziani, ma deve pedagogizzare (sic!) in via preventiva se stessa”. Ci sembra difficile, anzi, impossibile, a questo punto, anche solo sperare di poter realizzare il proposito formulato da Cristianini: “se vogliamo porre le prime basi di una gerontologia adeguata all’uomo è necessario che il linguaggio geragogico diventi universale e miri, attraverso un vasto programma educazionale, a ridare autentiticità e valore alla vecchiaia”. [1]. È, questa, in realtà, una presunzione del tutto infondata, poiché si afferma che l’educazione permanente sia “la concezione… di educare anche i vecchi, superando l’antica didattica puerocentrica, sulla base di una nuova pedagogia sperimentale, intesa come teoria interdisciplinare e ideata in funzione applicativa di una molteplicità di scienze educazionali” (Ibidem). In poche righe, tra le più ingarbugliate e insensate che possa capitare di leggere, Cristianini butta a gambe all’aria un secolo di ricerca in educazione, misconoscendo gli apporti maturati in seno ad alcuni tra i suoi principali versanti di indagine (la storiografia dell’educazione, la didattica, la pedagogia sperimentale, l’educazione degli adulti).

23 In definitiva, non solo non appaiono chiari i rapporti tra geragogia e Pedagogia – e laddove lo sono, si rivelano del tutto insoddisfacenti – ma neppure quelli tra geragogia, geriatria e gerontologia: un ulteriore problema, questo, tutt’altro che secondario, ma sul quale non ci soffermeremo, poiché richiederebbe l’esercizio di competenze che non abbiamo[1]. Così come non risulta chiaro il ruolo della Psicologia e, a tale proposito, ci limiteremo a rimarcare la fallacia di un’altra definizione di geragogia, che si aggiunge a quelle già fornite infittendone la nebulosità: “come può definirsi dunque la geragogia? Può essere indicata come la psicopedagogia dell’invecchiamento e, sul piano pratico, delineata come la prevenzione del decadimento psichico, fisico e sociale nell’età anziana” Psicopedagogia ??? [1]. Un esempio per tutti: non è dato comprendere se l’espressione “geragogia educazionale” (ibidem, sezione “Geragogia e mezzi di comunicazione”) sia da intendersi come sinonimo di geragogia.

24 Un medico? Una guida spirituale? Un personal trainer?
Di fronte a tutto ciò, non stupisce più di tanto il fatto che il geragogo si presenti come un personaggio assai misterioso. Talvolta indicato come geragogo tout court, talvolta come medico geragogo, talvolta come geragogista – è lecito domandarsi: tre denominazioni diverse per indicare la stessa figura, oppure rispondenti ad altrettante, e distinte, figure? – “dovrà occuparsi non soltanto di igiene, di fattori di rischio, di alimentazione, di attività fisica e di farmaci… ma principalmente ed anzitutto di fornire all’anziano nuovi scopi esistenziali che gli consentano ancora di vivere da protagonista e di non essere relegato fuori ruolo come uno spettatore triste ed umiliato della vita”, alla luce del fatto che “il pianeta senile è fatto di uomini che attendono una seconda redenzione”. Un medico? Una guida spirituale? Un personal trainer?

25 Di certo, stando così le cose, di sicuro non un educatore, a meno che non si preveda una formazione specifica – vale a dire pedagogica – in tal senso. Il possesso di un “sufficiente bagaglio geragogico”– visto che non si sa in cosa debba consistere – e la “vocazione per affrontare un impegno tanto gravoso” non paiono né congrui né bastevoli requisiti.

26 4. Per concludere: una proposta
Quest’ultimo aspetto mette in risalto, in maniera macroscopica, che non si può contare su una solida impalcatura teorica che giustifichi e regga il peso di una geragogia come scienza o, comunque, come disciplina organica e razionalmente strutturata. Tanti sono i dubbi e le domande che la lettura di questo sito internet ingenera, soprattutto nella mente di chi si occupa dei problemi della Pedagogia e dell’educazione: ad alcune di questi abbiamo dato voce, altri si possono facilmente rintracciare tra le righe. Il quesito in grado di racchiuderli, emblematicamente, nel loro insieme, potrebbe suonare grossomodo così: ferma restando l’intenzione di fondare la geragogia in analogia alla Pedagogia, perché mai al pedagogista o all’educatore o al docente di scuola non si richiede di essere pediatra, mentre al geragogo-geragogista si richiede di essere un medico o un operatore sanitario?

27 È, ovviamente, un quesito retorico, la cui risposta non farebbe altro che ripercorrere le difficoltose vicissitudini del cammino della Pedagogia verso il suo farsi Scienza dell’educazione e, al contempo, additare gli atavici fraintendimenti cui ancora è sottoposta. Tralasciando per un momento le singolari asserzioni di Cristianini e concentrandoci, piuttosto, sulle riflessioni di più vasto raggio che hanno sollecitato, anche in ottica costruttiva e non solo di denuncia, crediamo di poter sintetizzare le nostre posizioni in merito in tre punti fondamentali

28 1) Il rifiuto della geragogia come scienza analoga alla Pedagogia

29 2) La necessità di un proficuo raccordo fra Medicina e Scienza dell’educazione, condotto mediante una seria attività divulgativa, ad evitare indebite incursioni disciplinari e deprecabili ibridazioni

30 3) L’esclusività della voce della Scienza dell’educazione per ciò che concerne la concettualizzazione dell’educazione e, pertanto, la corretta utilizzazione del suo lessico scientifico.

31 La proposta che ne deriva – in merito alla cosiddetta formazione “geragogica” dei medici e degli operatori sanitari – quale logica conseguenza, è quella di introdurre, nei curricula universitari di tutti i corsi di laurea con velleità di formare anche degli educatori, l’insegnamento della Scienza dell’educazione, in primis, e della disciplina ad essa facente capo di “Educazione degli adulti”, affinché un simile proposito assuma le vesti di un progetto formativo rigoroso. Ci sembra questa l’unica strada da percorrere per promuovere responsabilmente un piano di ricerca quanto mai importante – quello dell’educazione in età senile – per il quale la Pedagogia, ossia la Scienza dell’educazione, non necessita di doppioni né, tantomeno, di equivoci innesti. Vale la pena ribadirlo: l’educazione, come oggetto di conoscenza scientifica da parte della Pedagogia, si configura in maniera unitaria e permanente, il che ne postula la validità in qualunque contesto culturale e per qualunque “categoria” di individui. Cambiano, naturalmente, le modalità, gli strumenti e i problemi specifici del suo perseguimento e, a questo proposito, gli apporti degli altri saperi possono rivelarsi senza alcun dubbio preziosi. Quando tali saperi, poi, si strutturano come scienze, l’apporto che possono dare alla Pedagogia investe a pieno titolo anche il settore teoretico. È questa la vera, grande sfida del rapporto con la Medicina, da condursi su un piano dialettico che postuli e, pertanto, che rispetti l’autonomia di entrambe.


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