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Il fonema è un’illusione?

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Presentazione sul tema: "Il fonema è un’illusione?"— Transcript della presentazione:

1 Il fonema è un’illusione?
Mirko Grimaldi Università di Lecce

2 A chi non abbia familiarità con la ricerca linguistica, potrebbe sembrare strano che esistano due discipline similari e nello stesso tempo differenti, entrambe dedicate allo studio dei suoni delle lingue. Come si sa, questo stato di cose ha motivazioni storiche annidate negli intricati rapporti fra persone, eventi e programmi di ricerca sviluppatisi nel secolo scorso. Nell’ultimo trentennio da più parti, in modi differenti e per esigenze diverse, si sono fatti sempre più pressanti i richiami a un’integrazione naturale fra fonetica e fonologia (per un quadro generale cfr. Burton-Roberts & Docherty 2000, Durand & Laks 2002). Tuttavia, abitudini consolidate, percorsi formativi raramente e realmente interdisciplinari e (forse) diffidenze reciproche hanno fatto sì che a tutt’oggi la situazione si presenti più o meno in questo modo:

3 i fonetisti continuano la pratica di fare misurazioni di campioni di parlato (frequenze formantiche, durata vocalica, ecc.), analizzando statisticamente le medie di tali misurazioni, senza forse avere la consapevolezza che in questo modo la fonetica cerca qualche tipo di regolarità che è più astratta di ogni singola produzione vocalica. Soprattutto non si rendono conto che in questa astratta regolarità è compresa l’idea di fonema come rappresentazione mentale, entità psicologica, o unità funzionale all'interno di un sistema linguistico); i fonologi continuano a non trovare un accordo circa questioni teoriche di importanza fondamentale. In particolare:  qual è la natura del fonema?  qual è la rappresentazione ideale del fonema?  qual è l’architettura ottimale per una teoria fonologica?

4 Il paradigma teorico che più di tutti si trova coinvolto in questo stato di cose è senza dubbio quello chomskiano: La GG, a partire da SPE, ha avuto un atteggiamento contraddittorio nei confronti della fonetica (cfr. Chomsky, Halle 1968: ), ritenendola solo un mero strumento delle regole di trasformazione lessicale, per poi ritornare negli ultimi anni a sottolinearne indirettamente l’importanza all’interno del programma minimalista (cfr. Chomsky 1995a, 1995b, 2000); La GG ha sempre visto la fonologia come un sottosistema (non necessariamente modulare) della mente/cervello, ma poi ha tralasciato di sviluppare il problema sollevato da una tale posizione, oppure lo ha ritenuto epistemologicamente di secondo ordine. Ad essere privilegiata, infatti, è stata l’adeguatezza esplicativa del modello teorico, che, continuamente in progress, doveva essere in grado di fare predizioni sia sulle “operazioni” mentali che il parlante compie per generare una struttura linguistica (fonetica, sintattica, ecc.), sia sui gradi di variazione che tale struttura può presentare nelle lingue naturali.

5 Nel frattempo, a partire dagli anni ‘60, proprio l’approccio biologico di Chomsky allo studio del linguaggio favoriva – insieme a decisivi sviluppi nel campo dell’informatica e della psicologia – la nascita di settori di studio interdisciplinari che vanno sotto i nomi di scienze cognitive, neuroscienze cognitive, o più semplicemente neuroscienze (cfr. Marconi 2001, Bechtel et al. 2001, Arbib 2003); Questa dicotomia a più livelli all’interno di un paradigma teorico ha forse impedito uno sviluppo armonico, economico e coerente dei modelli di analisi e degli assunti che ne stanno alla base. La fonologia soprattutto – che ha visto il proliferare di teorie come nessun altra disciplina linguistica (Durand e Laks 2002 ne contano circa 20) – avrebbe potuto sin da subito modulare meglio il suo rapporto con la fonetica, andando a cercare nella fisiologia delle strutture cerebrali il punto di unione fra il livello mentale delle rappresentazioni fonologiche e l'essenza fonetica che le compone. Infatti, mentre fonologi e fonetisti discutevano della rappresentazione mentale dei suoni delle lingue e della natura degli elementi distintivi di un suono, neurologi, biologi, fisiologi, psicologi, ecc., grazie alle sempre più sofisticate e diversificate tecniche radiologiche, sono andati ad indagare a fondo quali aree cerebrali vengono attivate quando un parlante esplica un compito (parlare, pensare, ascoltare, ecc.), col fine ultimo di capire che tipo di processi mentali vengono coinvolti, e quali sono le basi neurali del linguaggio.

6 Scoprire pluralità di connessioni modulari. Tipologie di ricerche
Tecnologie innovative stanno permettendo di monitorare in modo coerente e chiaro le basi neurali del linguaggio. Gli strumenti che misurano e fotografano l’attività neurale sono divenuti sempre meno invasivi, e hanno acquisito un’elevata risoluzione nella misurazione dell’attività cerebrale a livello temporale e spaziale (per una rassegna cfr. Scott et al. 2003). La creatività sperimentale e la caratteristica interdisciplinare di questo tipo di studi ci possono offrire soluzioni nuove per vecchi problemi, come la natura fonetica del fonema. Tratto comune  le rappresentazioni astratte di elementi discreti hanno una realtà neurale. Identificare nuove aree che vengono attivate nella produzione e percezione. Scoprire pluralità di connessioni modulari. Tipologie di ricerche Evidenziare il ruolo rile-vante che svolge la cor-teccia uditiva e motoria.

7 RISULTATI PRINCIPALI Le basi neurali del linguaggio non sono localizzate esclusivamente nelle aree di Broca e di Wernicke. Il cervello appare organizzato in una rete di attività rientranti fra i livelli più profondi (cervelletto, tronco encefalico) e quelli superiori (corteccia cerebrale), che trasmettono e trasformano più informazioni contemporaneamente in relazione alle attività svolte. Ogni area contiene una ‘popolazione’ di neuroni che svolge determinate attività. Tuttavia determinate attività in un area non producono un comportamento (camminare, parlare, muovere un dito, ecc.): solo attraverso l’attività rientrante gruppi di neuroni vengono messi in contatto fra loro, formando il sistema di base neurale per svolgere attività complesse (cfr. Edelman 1991, Edelman, Tononi 2000, Lieberman 2002). Esperimenti con la magnetoencefalografia hanno dimostrato che la Corteccia Uditiva può costruire rappresentazioni astratte dal materiale acustico, elaborandolo rapidamente in elementi discreti  categorie fonologiche (Phillips et al. 2000; Kraus, Nicol 2003 ). Alcuni studi che hanno osservato il cervello durante lo svolgimento di attività fonetico/fonologiche di vario tipo (ascolto, produzione, fonemi in particolari contesti, ecc.) hanno scoperto una specifica attivazione della Fessura Perisilvana – vicino all’Area di Broca e adiacente alla Corteccia Motoria e Premotoria (Zatorre et al. 1996, Mummery et al. 1996, Démonet et al. 2002). La specializzazione linguistica dell’emisfero sinistro è avvenuta parallelamente alla specializzazione delle aree motorie – Cort. Prem., Cort. Mot., Cort. Somatos. (Kimura 1993, Rushworth 1998, Strafella, Pauss 2000, Watkins et al. 2003).

8 Tecniche di analisi PET - MRI - fMRI MEG - EEG alta densità

9 …La regione temporale sinistra viene coinvolta nella fase iniziale dell’analisi fonetica (durante l’ascolto passivo), mentre la corteccia uditiva e l’area di Broca sono successivamente coinvolte quando segmenti fonetici devono essere processati e segmentati per estrarre informazioni stabili dal materiale acustico-articolatorio; cioè quando è richiesta un qualche tipo di attività fonologica (fMRI = Burton et al. 2000, Buchsbaun et al. 2001). L’acquisizione da parte di parlanti adulti di contrasti fonologici relativi a una L2 attiva le stesse aree cerebrali notate durante la classificazione di contrasti fonologici della L1 [5 h di training+fMRI] (Golestani et al. 2004): a conferma della ipotesi che i fonemi della L2 vengono costruiti partendo dalle caratteristiche acustico-articolatorio-uditive di L1 (Grimaldi, De Dominicis 2003). Nella fase di apprendimento del contrasto è stata notata l’attivazione dei gangli basali [lati sistema limbico]: conferma della attività rientranti e del coinvolgimento pieno del sistema articolatorio-motorio (Ullman et al. 1997, Pickett et al. 1998, Lieberman 2002). Rizzolati et al. (1995) hanno scoperto in un’area del cervello delle scimmie omologa all’area di Broca una popolazione di neuroni che vengono attivati non solo quando le scimmie eseguono una classe di azioni, ma anche quando vedono compiere azioni simili da altre scimmie o dall’uomo: neuroni specchio (conferma nell’uomo di Fadiga et al. 1995, Rizzolati et al. 1996). Ipotesi di Fadiga et al. 2002: i sistemi neuronali coinvolti nella percezione del linguaggio sono intimamente collegati con quelli coinvolti nella produzione (esperim. percettivo sull’eccitabilità della corteccia motoria orofaringea e facciale). I NS forse come base evoluzionistica; generare e riconoscere azioni = produrre e comprendere frasi.

10 Due sono le teorie fonologiche che in questo tipo di studi vengono frequentemente chiamate in causa:
La fonologia articolatoria o gestuale (Browman, Goldstein 1986, 1995): le rappresentazioni lessicali sono composte da primitivi gestuali che agiscono come unità combinatorie. I gesti compiuti dall’apparato fonatorio hanno due funzioni: quella d’informazione contrastiva (fonologica) e quella di azione articolatoria. Le basi dell’informazione fonologica sono contenute negli elementi primari dei movimenti compiuti dall’apparato fonatorio. Secondo una metafora recente: i gesti motori sarebbero gli atomi che, combinandosi secondo precise regolarità, formerebbero le molecole fonologiche. In quest’ottica, il macro-livello fonologico emergerebbe dal micro-livello dei primitivi gestuali (Studdert-Kennedy e Goldstein (2002; La teoria motoria della percezione elaborata da Liberman et al. (1967), Liberman e Mattingly (1985): secondo numerosi esperimenti condotti negli Haskins, il processo di decodifica del linguaggio richiede che il segnale acustico venga trasformato negli elementi articolatori stabili che hanno generato la struttura della frequenza formantica di ogni realizzazione fonetica, come [p] [a] [n] [e] nella parola pane. L’elaborazione uditiva dei suoni linguistici non sembrerebbe basarsi sull’estrazione di parametri acustici fondamentali del segnale, ma parrebbe fondata sulla capacità di prevedere quali movimenti orofacciali hanno prodotto una serie determinata di suoni, ignorando tutto il resto (vd. anche Lindblom 1996).

11 …Ma sia la fonologia articolatoria che la teoria motoria della percezione non ci spiegano come praticamente l’apparato uditivo decodifichi questi elementi motori primari in strutture invarianti, che andranno a costruire il materiale fonologico della parola, o come il segnale acustico venga trasformato in elementi articolatori stabili. Detto chomskianamente, queste teorie ci dicono ben poco circa i processi mentali sottostanti alla produzione e percezione. …D’altro canto è ormai conoscenza condivisa che parlanti diversi usano differenti schemi motori per raggiungere lo stesso obiettivo acustico, per produrre, cioè, gli stessi fonemi di una lingua (l’hanno dimostrato studi cineradiografici di Ladefoged et al. 1972, Nearey 1979). Parafrasando Ohala (1996): “i parlanti sentono suoni e non organi dell’apparato fonatorio”. …Infine, nessuna delle due teorie ha sviluppato un modello coerente per descrivere, interpretare e fare predizioni sui fenomeni fonologici delle lingue naturali. …Quindi, da un lato abbiamo due teorie che più di altre si trovano in sintonia con i risultati che provengono dal campo delle neuroscienze (senza però che ci sia stata una vera integrazione di questi risultati all’interno degli assunti teorici), dall’altro un coacervo di modelli fonologici fondati esclusivamente su speculazioni teoriche che i dati delle lingue naturali dovrebbero confermare o smentire.

12 Da dove (ri)partire…? Sicuramente dal fatto che nel cervello qualcosa di fonologico c’è: ma cosa? Sicuramente dal fatto che, qualsiasi teoria o modello si voglia sviluppare, un ruolo centrale deve essere assegnato ai processi uditivo-percettivi: ma come collegarli alla competenza linguistica? Sicuramente dal fatto che l’aspetto motorio-articolatorio, contenuto nella forma acustica, ha a che fare con il livello cognitivo generale (bisognerebbe invertire il modello classico produzionepercezione in quello percezioneproduzione): ma come inglobarlo all’interno di un modello fonologico? Ipotesi… Le informazioni che vengono processate a livello subcorticale e corticale devono contenere materiale invariante. Cioè, l’attività rientrante deve poter trasmettere la stessa informazione a popolazioni di neuroni diverse, che verrà coerentemente interpretata a seconda del processo mentale svolto: dalla decodifica del segnale vocale da parte dell’apparato uditivo, alla individuazione sinaptica degli elementi discreti, e infine alla composizione dei segmenti che formeranno la parola; e, viceversa, dalla sinapsi neurale ai diversi livelli di articolazione dell’apparato fonatorio. Tutti gli indizi sinora raccolti all’interno della letteratura passata in rassegna ci portano a pensare che questo materiale invariante sia composto da immagini motorie. Ma è possibile che le immagini motorie siano contenute nel segnale vocale?

13 Cosa sono le immagini motorie…
I primitivi gestuali che agiscono come unità combinatorie di Browman e Goldstein e gli elementi articolatori stabili di Liberman sono quelli che io definirei immagini motorie. Da quanto detto prima è chiaro che il segnale vocale deve contenere traccia delle immagini motorie, altrimenti, essendo l’aria l’unico mezzo che trasporta l’informazione acustica, non ci sarebbe linguaggio. Che cosa si intende? Che probabilmente l’attività di decodifica dell’apparato uditivo (il nervo uditivo è collegato alla corteccia uditiva) è in grado di estrarre informazioni acustico-articolatorie che i processi sinaptici rientranti convertono in quelle che chiamiamo immagini motorie (le stesse aree si attivano sia quando si parla sia quando si sente parlare). Allo stesso modo, i processi sinaptici rientranti trasmettono all’apparato fonatorio le informazioni per attivare le azioni motorio-articolatorie necessarie per realizzare una determinta catena sonora. Quindi, le frequenze formantiche devono contenere delle informazioni salienti di natura articolatorio-percettiva che andranno indagate meglio. In questo modo si può tentare di fondere coerentemente la teoria articolatoria e la teoria motoria della percezione. Da questo punto di vista non c’è più un continuum fonetico e un gradatum fonologico, ma una stessa materia che assume forme e funzioni diverse a seconda del livello psico-fisiologico coinvolto nel processo di percezione e produzione.

14 Naturalmente non è tutto, perché…
Come fanno i bambini a sviluppare questo tipo di competenza? Nascono con delle predisposizioni innate a decodificare e processare il segnale secondo il principio delle immagini motorie? Sappiamo che il feto già dal 4 mese può percepire distintamente l’universo sonoro esterno, ma soprattutto quello interno della madre (il sistema osseo-scheletrico fa da trasduttore dei suoni, cfr. Tomatis 1993, 1996, 1998, 2000, ma cfr. Leoni 2001 per una rassegna critica): è possibile che il sistema nervoso-neuronale e quello uditivo, partedo da basi geneticamente determinate, sviluppino abilità a processare il segnale vocale nei termini precedentemente descritti? Quale teoria fonologica sarebbe in grado di sviluppare un modello in grado di descrivere i fenomeni propri delle lingue naturali partendo da questi presupposti? Forse la Fonologia del governamento (o Teoria degli elementi; cfr. Kaye, Lowenstman, Vergnaud 1985; Harris 1990, 1992), soprattutto sulla base delle ultime proposte di Harris, Lindsey (2000) e Ingleby, Brockhaus (2002).

15 alla bibliografia completa
Chi fosse interessato alla bibliografia completa può scrivere a:

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