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La modernizzazione del Lavoro

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Presentazione sul tema: "La modernizzazione del Lavoro"— Transcript della presentazione:

1 La modernizzazione del Lavoro

2 La classe lavoratrice Nelle società moderne scompare il lavoro servile e la maggior parte della popolazione svolge lavoro dipendente: presta continuativamente la propria opera in cambio di un compenso salariale Fig 12 pag. 296 Con la modernità nasce il proletariato o classe lavoratrice, ovvero tutti coloro che per vivere possono contare solo sul proprio lavoro Nella fase di secondarizzazione (industria) la classe lavoratrice è stata piuttosto omogenea, costituita in prevalenza da operai. Con la terziarizzazione (servizi) è divenuta eterogenea: la componente operaia si è assottigliata e sono passati in maggioranza i lavoratori intellettuali e qualificati addetti a un gran numero di mansioni diverse

3 Il mercato del lavoro Mercato del lavoro: individui offrono la loro forza-lavoro a datori di lavoro, che l’acquistano pagando un salario (un prezzo convenuto a ora, a giornata, a settimana, a mese) Il mercato del lavoro è atipico perché in un mercato tipico le parti sono su un piano di parità, nel mercato del lavoro c’è sproporzione tra forza contrattuale del datore di lavoro e del lavoratore; inoltre, nel mercato del lavoro domanda e offerta sono largamente indipendenti dai prezzi: i datori di lavoro reclutano forza lavoro sulla base delle esigenze produttive delle imprese, non del livello dei salari; un’azienda non assumerà più personale solo perché i salari del settore sono scesi, quindi la domanda di lavoro può restare bassa anche in presenza di un’offerta altra (disoccupazione)

4 La disoccupazione Aumento della disoccupazione nel periodo della Grande depressione La disoccupazione è un fenomeno moderno La proletarizzazione inizialmente produce masse di ex-contadini che solo in parte trovano lavoro nell’industria Nella storia del lavoro moderno la disoccupazione è una presenza costante, un problema endemico che si aggrava nei periodi di crisi economica Pagina per visualizzare i Tassi di disoccupazione dagli anni ‘80

5 Le teorie di Keynes Durante il periodo della Grande depressione milioni di persone (13 milioni in USA, 30 nel complesso dei paesi occidentali) si trovarono improvvisamente in una condizione in cui non avrebbero mai immaginato di vivere, data dalla perdita del lavoro e del potere di acquisto Nel 1936 Keynes, nella sua opera fondamentale Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, mostra che nel mercato del lavoro la domanda è largamente indipendente dall’offerta, pertanto, quando necessario, deve essere lo stato a stimolare l’economia. In talune circostanze la domanda aggregata è insufficiente a garantire la piena occupazione. Di qui la necessità di un intervento pubblico di sostegno alla domanda, nella consapevolezza che altrimenti il prezzo da pagare è un'eccessiva disoccupazione e che nei periodi di crisi, quando la domanda diminuisce, è assai probabile che le reazioni degli operatori economici al calo della domanda producano le condizioni per ulteriori diminuzioni della domanda aggregata. Questa teoria si oppone alle conclusioni della cosiddetta economia neoclassica, sostenitrice della capacità del mercato di riequilibrare domanda e offerta grazie alla legge di Say. Le teorie di Keynes hanno influenzato l’impegno dei governi per la piena occupazione, destinato a dare buoni frutti fino agli anni ‘70, quando la disoccupazione ha ripreso a crescere dappertutto e lo scenario socio-economico è mutato.

6 Taylorismo e fordismo Nella prima metà del XX secolo si affermano forme di organizzazione del lavoro che per accrescere la produttività riducevano l’autonomia dei lavoratori Agli inizi del secolo negli Stati Uniti, ad opera di F.W. Taylor, un ingegnere di Filadelfia, nasce l’organizzazione scientifica del lavoro (scientific management), nota come taylorismo. Il lavoro degli operai viene programmato nel dettaglio e giorno per giorno da un ufficio di pianificazione (planning departement), con una netta divisione tra lavoro manuale e intellettuale. Per ogni mansione si fa un’analisi delle operazioni da compiere (job analysis) e si arriva a stabilire la procedura ideale. Il personale viene addestrato a svolgere i compiti secondo la procedura stabilita e si creano specialisti in ogni mansione.

7 Taylorismo e fordismo Il taylorismo si diffonde in Europa e in Unione Sovietica, paese che ha adottato un regime di economia pianificata (abolizione delle imprese private, ma non della produzione industriale e della moderna divisione del lavoro). Il taylorismo in Unione Sovietica, promosso dalla propaganda di stato, assume una forma particolare che fa leva sull’autodisciplina e sull’emulazione collettiva e prende il nome di stakanovismo, da Stakanov, eroico minatore che era riuscito a produrre in un turno lavorativo una quantità di carbone 14 volte superiore alla media

8 Taylorismo e fordismo Quasi contemporaneamente al taylorismo, sempre negli Stati Uniti, nacque il fordismo, da Henry Ford, l’industriale del settore automobilistico, che cominciò a sperimentare il sistema nel 1913, con la produzione della famosa Ford modello T

9 Taylorismo e fordismo A differenza dello scientific management, che era semplice razionalizzazioni delle attività usuali, il fordismo modifica radicalmente i processi lavorativi, perché introduce la catena di montaggio. Il ciclo produttivo veniva scomposto in una serie di operazioni in sequenza, come montare gli sportelli, montare le maniglie, verniciare la carrozzeria, ecc. L’automobile in costruzione si spostava trasportata da un nastro e arrivava di volta in volta nell’area di un operaio specializzato che svolgeva il lavoro di sua competenza. La struttura della catena di montaggio era possibile perché si producevano merci standardizzate: le Ford T erano tutte uguali o presentavano minime variazioni prestabilite.

10 Taylorismo e fordismo Tutto ciò però aveva un costo nella percezione del lavoratore di svolgere un’attività automatica, routinaria, senza possibilità di un intervento autonomo e creativo, e in definitiva sperimentando quella condizione di alienazione di cui aveva già parlato Marx. L’applicazione del taylorismo ha scatenato la dura reazione dei sindacati e l’introduzione della catena di montaggio alla Ford ha elevato enormemente l’assenteismo e il turnover dovuto ai licenziamenti Nella seconda metà del XX secolo, tuttavia lo scenario è in parte mutato e il rapporto dei lavoratori con il lavoro nel complesso è migliorato, grazie alle relazioni industriali, ovvero negoziati istituzionalizzati tra attori collettivi (tra sindacati e associazioni di imprenditori) che, col concorso dello Stato, portano ad accordi sulla base dei quali vengono elaborate norme che disciplinano il lavoro (contratti collettivi)


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