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PubblicatoMarilena Porta Modificato 9 anni fa
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Il furto in caso di estrema necessità
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Pietro di Blois, Canon episcopalis [PL 207, 1108] Un uomo molto povero è torturato dalla fame e dalla nudità. Sotto i suoi occhi sua moglie e i suoi figli stanno per morire: a meno che egli non rubi qualcosa, moriranno certamente in breve tempo. Egli si decide a rubare una cosa da poco, scegliendo di rischiare la sua vita piuttosto che subire l’insopportabile tortura della fame e vedere i suoi andare incontro a morte certa. Ma egli è preso sul fatto e, di conseguenza, è condannato a morte. »Couveur, p. 51
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Vale più una bestia o un uomo? Pietro di Blois non nasconde il suo sdegno: I giudici non hanno preso in considerazione né la miseria del povero, né l’urgenza e la necessità che lo hanno spinto al furto. Si credono più giusti di Dio? La legge di Mosé infatti prevede la punizione del furto con un’ammenda, mentre la stessa legge civile sa distinguere la gravità dei diversi tipi di furto. In Inghilterra si mette molta cura nel difendere le bestie: i cervi, i daini, le lepri, mentre non ci si preoccupa di difendere gli indigenti. Le bestie possono devastare i campi e gli orti dei poveretti, nessuno si muove per impedirlo. Ma se un povero è colpevole o anche solo sospettato di catturare una di queste bestie, subito viene condannato. Un poveretto che non ha di che nutrire sua moglie e i suoi figli, se penetra in una foresta o partecipa ad una caccia con il falco, lo si punisce, anzi di più: non gli si dà alcuna possibilità di difendere la sua innocenza: le parole dei poveri hanno meno peso del vento.
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