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PLATONE Idee e mondo sensibile
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La "seconda navigazione“
I filosofi "naturalisti" avevano cercato la spiegazione di tutto (la verità) in cause di tipo fisico (acqua, aria, terra, fuoco,...). Socrate, al contrario, aveva indicato che la verità è di tipo concettuale, cioè può essere colta solo dalla ragione, perché essa è universale e necessaria, mentre ogni cosa fisica è sempre particolare.
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La scoperta della metafisica
Platone porta a compimento la dottrina socratica, affermando che il "vero" non è ciò che percepiamo con i sensi, ( perché il mondo sensibile varia continuamente), ma ciò che sappiamo mediante la ragione, qualcosa di non sensibile, ma razionale, e quindi la verità è "oltre" la sensibilità e il mondo fisico: è "metafisica" ("metà ta fisicà", in greco, vuol dire appunto: "oltre il mondo fisico, sensibile"). A differenza di Socrate, però, Platone attribuisce al "concetto" socratico una esistenza reale (e non solo nella mente dell'uomo), e lo chiama Idea. La verità, dirà Platone, è "idea", cioè realtà razionale.
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La "seconda navigazione“
La scoperta del carattere sovrasensibile , metafisico, della verità, è chiamata da Platone "seconda navigazione", (egli usa l'espressione del linguaggio marinaresco per sottolineare il suo contributo personale), per distinguerla dalla "prima navigazione", cioè dalle affermazioni filosofiche dei filosofi "naturalistici".
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I due piani dell'essere Con la scoperta di Platone (seconda navigazione), nella storia della filosofia occidentale viene stabilita, una volta per tutte, la distinzione tra due piani dell'essere, cioè della realtà quale il filosofo può conoscerla: il piano che possiamo cogliere con i nostri sensi (e perciò "sensibile", o "fenomenico", cioè appartenente alle cose che appaiono ai sensi) e quello che possiamo individuare solo con la ragione (e perciò "ultra-sensibile", "metafisico","intellegibile", cioè che può essere colto dall'intelletto-ragione). Il primo è "apparenza", il secondo è "sostanza".
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Le Idee: introduzione Il mondo che ci circonda è pieno di oggetti, alcuni simili tra loro, altri molto diversi. Se noi, per esempio, incontriamo un nostro amico, riconosciamo in lui un "uomo", cioè un essere che ha alcune caratteristiche in comune con altri esseri simili a lui. Di queste caratteristiche, alcune sono mutevoli e varie (es. il colore dei capelli o degli occhi, l'altezza, ecc.) e noi non le consideriamo essenziali per stabilire che il nostro amico è un "uomo" (cioè egli può essere alto o basso, biondo o bruno, senza essere meno uomo).
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Altre caratteristiche sono invece tali che senza di esse non possiamo considerarlo "uomo";
ad es., Aristotele dirà che un uomo è un "animale razionale", intendendo con questa definizione che l'uomo appartiene al genere degli esseri animati ("animale"),- ha una serie di caratteristiche in comune con gli animali -, ma se ne differenzia per qualcosa di specifico, che è appunto la "ragione" ("razionale").
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L'Iperuranio, ovvero il mondo delle Idee
Le caratteristiche necessarie perché un essere sia quello che è sono da considerarsi "essenziali"- cioè tali da costituire l'essenza, la sostanza -, perché senza di esse l'essere in questione sarebbe diverso da quello che è. Platone dà un nome a queste sostanze, le chiama Idee, e afferma che esse si trovano in un mondo diverso da quello che cade sotto i nostri sensi: l'Iperuranio ("sopra il cosmo fisico").
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Idee e pensieri Bisogna però stare attenti: le Idee, come le intende Platone, non sono i contenuti della nostra mente, del nostro pensiero; esse hanno una realtà autonoma, sono - come Platone dirà in seguito - come dei "modelli", che stanno nell'Iperuranio, e dei quali le cose che stanno sulla terra sono delle semplici copie, più o meno simili, ma mai perfettamente identiche, all'originale.
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Idee ed esseri L'esempio fatto prima per l'uomo vale per ogni essere che sta sulla terra, e non solo per "esseri" per così dire fisici (animali, piante, uomini,...), ma anche per "esseri" apparentemente più astratti come i valori: il bello, il buono, il giusto (o, se si preferisce, la bellezza, la bontà, la giustizia); come gli enti matematici, ed altri ancora, che noi consideriamo astratti solo perché non li vediamo né li sentiamo, mentre invece essi sono più universali degli altri esseri. Anche di essi esistono, nell'Iperuranio, le Idee, ed anzi queste Idee, proprio perché più universali, occupano un posto più alto nella gerarchia delle Idee.
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Idee = cause Le Idee sono le vere cause di tutte le cose sensibili (che mutano), ed esse non mutano, sono incorruttibili, perché altrimenti dovrebbero, a loro volta, dipendere da cause ancora più generali. L'Iperuranio non è però un luogo "fisico", visto che è abitato da "essenze non fisiche"; dobbiamo immaginarlo come luogo "metafisico", come una specie di altra dimensione, fatta di realtà puramente "razionali" ed "intellegibili": le Idee.
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La gerarchia delle Idee
Come abbiamo detto sopra, nell'Iperuranio le Idee sono molteplici: Idee di valori estetici, Idee di valori morali, Idee delle varie realtà fisiche, Idee di enti matematici, ecc.; esse però non si trovano alla rinfusa, ma sono ordinate secondo una scala gerarchica, che va dalla Idee meno universali (in basso) a quella più universale (in alto), che, secondo Platone, è l'Idea del Bene. Tale Idea è come un Sole, che, illuminando tutte le altre, ce le fa intendere.
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L’Idea del Bene Platone non ha scritto nulla su questa Idea (Idea del Bene), dalla quale derivano tutte le altre, ma ne parlava ai suoi discepoli nelle sue lezioni "Intorno al Bene", perché - come scrive nella Lettera VII - "La conoscenza di queste cose non è affatto comunicabile come le altre conoscenze, ma dopo molte discussioni fatte su queste cose, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende da una scintilla che si sprigiona, così nasce nell'anima, e da se stessa si alimenta".
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Principi primi : Uno (Bene) e Diade indefinita
Il principio supremo, come abbiamo visto, è l'Idea del Bene, che è detta anche "Uno", perché tutto deriva da lei. All'Uno era contrapposto un secondo principio, generalissimo, ma meno universale: la Diade, o principio della molteplicità. Dalla cooperazione di questi due principi - il primo (Uno) "determinante", il secondo (Diade) "indeterminato" - nasce la totalità delle Idee "determinate", ovvero le singole Idee, ciascuna con le determinazioni (caratteristiche) proprie, che la fanno diversa dalle altre.
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Gli enti matematici Al livello più basso della gerarchia del mondo intelligibile, si trovano gli "enti matematici" (numeri e figure geometriche), i quali si trovano più in basso delle altre Idee, perché sono molteplici (molti uno, molti due, molte linee,...), ma si trovano più in alto delle cose sensibili, perché sono enti intelligibili e non fisici Platone li chiama enti "intermedi" tra le Idee e le cose sensibili.
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Genesi e struttura del cosmo sensibile
Il problema che si pone a questo punto è il seguente: come è possibile che dal mondo delle Idee (intellegibili) nasca il mondo delle cose (sensibili), che è quello nel quale noi viviamo? La risposta di Platone è la seguente: esiste un Demiurgo (un Dio artefice, ma non creatore, come il Dio cristiano, perché il Dio cristiano ha creato il mondo "dal nulla", e quindi ha creato anche la materia, mentre invece il Demiurgo trova già esistenti sia le Idee che la materia), il quale, prendendo a modello le Idee, che sono delle "forme", plasma la materia sensibile (chora).
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Il mondo come copia Dunque, il mondo che cade sotto i nostri sensi, e che noi consideriamo spesso come l'unica realtà, è invece nient'altro che una "copia", ovvero un insieme di copie molteplici e mutevoli, dell'unico vero mondo, quello delle Idee (modelli ideali). Perché il Demiurgo ha voluto generare il mondo sensibile? Platone risponde: per "bontà" e amore di bene. Perciò, per farlo più perfetto possibile (anche se sempre imperfetto, rispetto alle Idee), lo ha dotato anche di un'anima (l'anima del mondo),una sorta di principio vivificatore, a somiglianza dell'anima umana.
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La conoscenza L'uomo vive nel mondo sensibile, a contatto con gli oggetti. Come può dunque "conoscerli", visto che conoscerli significa scoprire in essi, al di là delle apparenze mutevoli, il sostrato razionale (Idea), di cui essi non sono che semplici copie? La risposta di Platone è la seguente: conoscere significa "ricordare". La conoscenza è "anamnesi" (ricordo). Platone spiega questa concezione del conoscere in due modi: uno mitico ed uno dialettico.
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Mito orfico Secondo il mito orfico, l'anima umana, immortale, si incarna più volte (in corpi diversi), ma, fra un'incarnazione e l'altra, dimora presso le Idee e le conosce. Quando si unisce al corpo (che è una sorta di prigione), l'anima dimentica ciò che conosce (le Idee). Poi, a contatto col mondo, viene stimolata a ricordare ciò che già sa.
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Metodo dialettico La dimostrazione dialettica Platone la fa con uno schiavo ignorante. Interrogandolo, Socrate dimostra che lo schiavo è in grado di risolvere un problema geometrico (il che implica conoscenze matematiche, che nessuno ha insegnato allo schiavo). Donde ha tratto lo schiavo le conoscenze necessarie a risolvere il problema? Non da "fuori di sé" (insegnamento, esperienza,...); quindi non può che averle tratte "da sé". Ciò dimostra che esistono nell'uomo delle conoscenze di cui egli non ha coscienza, se non opportunamente guidato a riconoscerle.
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Conoscere = ricordare Conoscere è quindi un ricordare, che procede per tappe: perciò diversi saranno i gradini di questa salita verso la conoscenza più perfetta: quella delle Idee. Platone, dopo aver distinto tra una conoscenza più fallace (doxa o opinione) ed una più vera (episteme o scienza), divide ciascuna della due in due gradi diversi. Avremo così, in ordine di salita, quattro tappe: eikasia (immaginazione), pistis (credenza), dianoia (conoscenza mediana), noesis (pura intellezione).
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Tappe del conoscere
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Teoria della Conoscenza
PENSIERO OGGETTI Ragione (Dialettica) Idee supreme Conoscenza (Episteme) Mondo Intelligibile Idee della Scienza e della Matematica Comprensione (Scienza e Matematica) Credenza (Percezione) Cose, Oggetti Opinione (Doxa) Mondo Visible Congetture (Immaginazione) Ombre, Immagini, Riflessi
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Il "mito della caverna " Nella "Repubblica" si trova uno dei miti platonici più famosi: il "mito della caverna". Immaginiamo che alcuni schiavi vivano incatenati in una caverna, con le spalle all'uscita e con la faccia rivolta verso la parete di fondo. Immaginiamo poi che ci sia un muro, oltre il quale passano degli uomini, che portano sulle spalle delle statue raffiguranti tutti i generi di cose e che dietro di loro arda un fuoco, mentre in alto splende il sole.
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Gli schiavi Gli schiavi nella caverna, vedendo proiettate sul fondo della stessa le "ombre" delle statue e udendo - per effetto dell'eco - le voci di chi passa di fuori, crederanno - non avendo mai visto altro - che questa sia la vera realtà. Ma se uno di loro riuscisse a "liberarsi" dalle catene, cambierebbe la sua opinione. Prima, vedendo le statue, crederebbe che esse - e non le ombre - siano la vera realtà; poi, procedendo verso l'esterno, attribuirebbe agli "uomini" che portano le statue il carattere di vera realtà, e infine, abituatosi alla luce del sole, capirebbe che esso, con la sua luce, è la causa di tutte le cose visibili.
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I quattro significati del mito della caverna
1. Innanzitutto rappresenta i vari livelli della realtà: le ombre sono le pure apparenze; le statue sono le cose sensibili; gli uomini e gli oggetti al di là del muro sono le idee e il Sole simboleggia l'Idea del Bene.
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2 In secondo luogo, rappresenta i gradi della conoscenza: la visione delle ombre è l'eikasia (immaginazione); quella delle statue, la pistis (credenza); quella degli oggetti e degli uomini la dialettica nei vari gradi.
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3 In terzo luogo, rappresenta l'aspetto mistico-religioso del platonismo: durante la vita umana, l'anima è come incatenata in una caverna, dalla quale aspira ad uscire per raggiungere la sua vera patria, a contatto con le realtà intellegibili.
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4 Infine, il mito della caverna rappresenta la concezione politica di Platone: egli parla di un "ritorno nella caverna", da parte dello schiavo liberatosi, per aiutare anche i suoi compagni di una volta a liberarsi dalle catene. In tal modo Platone sottolinea l'impegno del filosofo a non ritenersi pago, una volta raggiunta la visione della verità, ma anzi ad impegnarsi (politicamente) per indicare anche agli altri uomini la via della verità e del Bene.
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La dialettica Gli uomini comuni si fermano ai primi due livelli (eikasia e pistis), quindi all'opinione; i matematici arrivano al terzo livello (dianoia); solo il filosofo raggiunge la vetta: la noesis o intellezione pura delle Idee. Il procedimento conoscitivo del filosofo, mediante il quale egli passa da un'Idea all'altra, fino al raggiungimento dell'Idea suprema, è detto "dialettica" (dal greco: dià e leghein, dire tra). Esistono due tipi di dialettica: una "ascensiva" (dal mondo sensibile, alle Idee, fino a quella suprema) ed una "discensiva" (partendo dall'Idea suprema, e procedendo per divisione, si scende verso il basso).
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