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La crisi dei regimi comunisti dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica 1989-1991.

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Presentazione sul tema: "La crisi dei regimi comunisti dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica 1989-1991."— Transcript della presentazione:

1 La crisi dei regimi comunisti dell’Europa orientale e dell’Unione Sovietica

2 La formazione di due blocchi
Dopo la seconda guerra mondiale si vengono a creare due blocchi politici contrapposti sotto l’influenza di due superpotenze: Stati Uniti e Unione Sovietica. Gli Stati Uniti erano un paese democratico mentre l’Unione Sovietica era un paese comunista, sottoposta alla dittatura di Stalin, con un’economia socialista basata sul collettivismo, in cui tutte le proprietà erano sottoposte al controllo statale.

3 I due blocchi

4 Piano Marshall Gli Usa erano preoccupati per la rapidità con cui il comunismo si diffondeva e per l’aggressività con cui Stalin lo imponeva. Organizzarono dunque un grande programma di aiuti economici dal 1948 al 1952 per quasi 14 miliardi di dollari, in modo da facilitare la ricostruzione dopo la guerra e aiutare i partiti anticomunisti. In questo modo si rafforzarono i legami con il mondo occidentale. Nel 1949 Usa, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Canada, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo, Italia firmarono il patto atlantico (NATO = North Atlantic Treaty Organization).

5 Stati satelliti dell’URSS
Sull’altro fronte, Stalin voleva che l’Unione Sovietica fosse circondata da Paesi “amici” perché temeva un’aggressione da parte dei Paesi capitalisti. Tra il 1945 e il 1948 impose dunque il sistema comunista in tutti i Paesi dell’Europa orientale. Ben presto questi Paesi divennero STATI SATELLITI dell’URSS, cioè politicamente dipendenti dall’Unione Sovietica la quale chiese il pagamento dei danni di guerra a quelle nazioni (Germania, Ungheria, Bulgaria) contro le quali aveva combattuto. Nel 1955 si uniscono nell’alleanza militare detta PATTO DI VARSAVIA.

6 La crisi degli anni 80 Nel corso degli anni Ottanta il blocco comunista entra progressivamente in una grave crisi anzitutto economica. Nel 1985 alla guida dell’URSS arriva Michail Gorbaciov che, rendendosi conto degli immensi problemi del suo Paese, cercò di rendere meno rigido il controllo sull’economia e di concedere libertà civili e religiose. Egli propose ai Sovietici la PERESTROJKA (= ristrutturazione), cioè un vasto programma di riforme per combattere la corruzione e le inefficienze e preparare il Paese alla democrazia. La politica di Gorbaciov ridiede fiato a tutte le forze che negli stati satelliti da anni combattevano il sistema comunista, ormai vicino al collasso.

7 I numeri della crisi

8 Il crollo dei regimi comunisti: Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia
Il primo Paese in cui si fecero forti le proteste e le rivolte contro il regime sovietico fu la Polonia, soprattutto dopo l’elezione di Karol Wojtyla nel 1978 a capo della Chiesa Cattolica. Nel settembre 1989 si insediò in Polonia il primo governo non comunista dell’Europa orientale (Solidarnos, guidato da Lech Walesa). La stessa cosa avvenne il mese successivo in Ungheria e poi in Cecoslovacchia (rivoluzione di velluto).

9 9 novembre 1989 Cade il muro di Berlino
Dal 1961 era il simbolo della divisione tra i due blocchi, quello occidentale e quello comunista. L’anno successivo avviene la riunificazione delle due Germanie. Caduto il muro, in pochi mesi in tutti i Paesi dell’est - Europa nascono governi non controllati dai comunisti, quasi sempre con rivoluzioni non violente, fatta eccezione per la Romania.

10 Ceausescu – 25 dicembre 1989 Analogamente ai Paesi vicini, nel 1989 la maggior parte della popolazione rumena era contraria al regime comunista. La politica di sviluppo economico di Ceauşescu (compresi grandi progetti edili e un rigido blocco delle spese interne destinato a permettere alla Romania di pagare l'intero debito pubblico) fu considerata responsabile della povertà diffusa in tutto il Paese. Parallelamente alla crescita della povertà, aumentava la morsa della polizia segreta (Securitate), che rendeva la Romania un vero e proprio Stato di polizia. A differenza degli altri capi di Stato del Patto di Varsavia, Ceauşescu non seguiva gli interessi sovietici, propendendo al contrario per una politica estera personale .Egli aveva instaurato una vera e propria dittatura, contrassegnata da megalomania e culto della personalità. Nonostante la caduta del muro di Berlino e il cambiamento in atto in altri Paesi dell’Est nel novembre 1989, Ceauşescu ignorava i segnali che minacciavano la sua posizione di capo di uno Stato comunista. Rivolta di Timisoara sedata nel sangue. Arresto e sommaria condanna a morte dei coniugi.

11 RUSSIA 1991 Il contraccolpo della caduta del muro sull’URSS fu inevitabile. Gorbaciov aveva contro sia i conservatori (che rifiutavano la perestrojka) sia i progressisti che pretendevano di procedere più rapidamente verso la democrazia. I conservatori tentano ad agosto un colpo di Stato, ma fallisce perché manca l’appoggio dell’esercito e per la reazione popolare guidata dal radicale Boris Eltsin.

12 Da URSS a CSI (Comunità Stati Indipendenti)
Nel 1990 era già cominciato il cammino di indipendenza delle repubbliche baltiche ESTONIA, LETTONIA, LITUANIA. Nel 1991 i presidenti delle repubbliche sovietiche sciolgono l’Unione Sovietica. Nasce così la Comunità di Stati Indipendenti che respinge i principi del comunismo. Il 25 dicembre 1991 la bandiera rossa del Cremlino viene sostituita con l’antica bandiera russa.

13 Paesi membri della CSI Armenia, Azerbaigian (due delle tre repubbliche caucasiche, dette anche “polveriera” del Caucaso), Bielorussia, Moldavia, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan. Ucraina, Georgia, Turkmenistan e Repubbliche baltiche non sono membri. In grassetto gli Stati europei per distinguerli dalle Repubbliche asiatiche.

14 Sulla carta

15 Alcune perplessità Il problema del controllo delle armi nucleari, non più garantito dal governo sovietico. Attualmente queste armi sono in dotazione a più Stati come l’Ucraina e alcune repubbliche asiatiche. Problemi ambientali nella Russia settentrionale e regione degli Urali per la presenza di basi militari con sommergibili nucleari e depositi di scorie radioattive provenienti dalle centrali nucleari. (vedi testo pag. 361)


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