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Petrarca umanista
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Petrarca umanista Petrarca è considerato il primo umanista della letteratura italiana. Questo status gli deriva dalla sua personalità di studioso, di ‘intellettuale’ di un’epoca nuova, un intellettuale che amò la classicità e la lingua latina al punto da fondare gran parte della sua produzione sull’eco dell’antico e del ‘classico’, con una singolare combinazione tra il sentimento letterario e l’anelito religioso.
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Petrarca e gli autori latini
Ricerca e scoperta di codici, analisi filologiche, imitazioni dei classici fecero del Petrarca il primo umanista, quasi rinascimentale: e a lui si devono scoperte clamorose, come il De gloria di Cicerone, l’orazione Pro Archia dello stesso, le lettere Ad Atticum sempre dello stesso, alcune commedie di Terenzio e parte delle Institutiones di Quintiliano. Praticamente il Petrarca fu l’inventore della filologia come noi oggi la intendiamo.
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Rapporto col passato Petrarca dimostra così di avere un rapporto nuovo con il passato: egli è ormai cosciente che tra la sua epoca contemporanea e il mondo antico ci sia una frattura. Mentre Dante non è ancora consapevole di questo distacco (in quanto egli mescola ingenuamente i due mondi nella Divina Commedia)…
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Rapporto col passato … Petrarca invece ha contestualizzato e storicizzato il passato, essendo consapevole del fatto che egli non può “fondere” passato e presente, tuttavia deve studiare il passato nel modo più preciso possibile.
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La figura dell’intellettuale
Il Petrarca intese lo studio e la letteratura non solo come ornamento intellettuale, ma come misura della propria vita e di quella degli altri: per conformare ad essa la sua vita e valutare l’altrui. In tale visione rientra la scelta della solitudine, che, al di là d’influenze ascetiche, risultava la condizione esistenziale più idonea all’attività letteraria.
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Una biblioteca pubblica
Ricordiamo poi l’idea di fondare coi suoi libri, fra cui centinaia di codici poi in realtà andati dispersi, una “biblioteca pubblica” (da lui così definita) presso la basilica di S. Marco di Venezia (l’attuale biblioteca Marciana) e l’affettuosa amicizia per il Boccaccio, si può dire da padre-maestro a figlio-allievo.
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Epistulae Tra le opere umanistiche dobbiamo citare l’Epistolario: Petrarca, sul modello di Cicerone, scrive un corpus di 500 epistole, poi organizzate in cinque raccolte: Familiares Sine nomine Metricae (in esametri) Seniles Variae Le epistole sono importanti in quanto Petrarca ricostruisce un ritratto ideale di se stesso (e anche del letterato ideale, che deve essere aperto, studioso, che sa alternare otium ed negotium); non si tratta però di sfoghi (essendo il Petrarca consapevole che sta producendo un’opera letteraria che sarà pubblicata).
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Epistulae Nel riordinare in un corpus organico il suo vasto epistolario, l’autore seguì il criterio tematico- cronologico. Alcune lettere sono indirizzate a destinatari fittizi, come gli autori latini Seneca e Cicerone. Ne consegue che l’epistolario è un’opera letteraria e che il suo fine è lasciare ai posteri un’immagine ideale dell’autore.
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L’autobiografia letteraria: Lettera ai posteri
Petrarca nell’Epistula ad posteros affida ai lettori delle epoche future un autoritratto umano e letterario, fisico e spirituale, reale e ideale insieme, dell’uomo che avrebbe voluto essere. Nella prima parte, il poeta delinea un profilo di sé conforme all’ideale dell’aurea mediocritas propugnato dal poeta Orazio. Nel complesso, l’intero percorso esistenziale intende apparire come esemplare, con il passaggio dalle illusioni adolescenziali (l’adolescenza mi illuse) e dagli ardori giovanili (la gioventù mi traviò), alla saggezza della vecchiaia e al dominio delle passioni (l’esperienza mi ha messo bene in testa che… i godimenti dell’adolescenza sono vanità).
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Petrarca nella lettera ai posteri:
rivendica ribadisce presenta non nasconde il rispetto della morale cristiana i valori della classicità un autoritratto il rapporto con i potenti costruito seguendo l’ideale dell’aurea mediocritas di non essersi macchiato dei sette peccati capitali (ma non parla dell’accidia, sostituita con il lusso) che non ha compromesso l’autonomia e la libertà di pensiero
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Un ritratto ideale L’epistola si conclude con una dichiarazione di poetica. La qualità dell’arte consiste nell’eleganza dello stile. Ma l’arte non è fine a se stessa, la parola letteraria deve comunicare con chiarezza e onestà la verità dell’animo dello scrittore: per mio conto, purchè abbia vissuto rettamente, poco mi curo di come abbia parlato: gloria vana è cercare la fama unicamente nel luccicare delle parole.
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De viris illustribus Un’altra opera latina è il De viris illustribus, ripresa dalle vite di Svetonio: si tratta di una biografia di personaggi illustri romani (è pertanto un’opera storica). Il progetto originario contemplava una serie di biografie di antichi eroi romani, a partire da Romolo, fino a includere i primi imperatori romani. Petrarca compose le prime 23 biografie, fino a Catone il Censore, poi interruppe. Le biografie sono di lunghezza diseguale, alcune piuttosto brevi, altre più lunghe; quella di Scipione l'Africano, personaggio caro a Petrarca, era considerevolmente ampia. Petrarca ricominciò a scrivere nell'estate del 1351, a Valchiusa, ma ampliò il piano dell'opera includendo figure anteriori a Romolo: perciò ripartì scrivendo dodici nuove biografie, da Adamo ad Ercole.
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De vita solitaria Alla confusione della vita cittadina, con le sue distrazioni mondane, il poeta contrappone la solitudine e la bellezza consolatoria del paesaggio naturale, il colloquio interiore con gli uomini illustri del passato, lo studio dei classici latini e greci e dei Padri della Chiesa, la scrittura, tramite gli antichi e le generazioni future, perché non siano dimenticati. Un ideale preumanista Petrarca riprende il suo ideale di otium dagli scrittori latini, ma la concilia con una prospettiva cristiana. Per lui l’”ozio” coincide con la vita solitaria, che favorisce la libertà, l’equilibrio interiore, la meditazione sul senso dell’esistenza. Lo studio e l’attività letteraria, lontani dai beni illusori del mondo, inducono l’animo a riflettere sui valori eterni.
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Le altre opere in latino
Sono tante le opere in latino: l’agostiniano Secretum, un poema epico in esametri, Africa, incentrato sulla seconda guerra punica i Rerum memorandarum libri, il De ocio religioso, i Psalmi penitentiales, il De remediis utriusque fortunae, l’Itinerarium Syriacum, un carmen bucolico, il De sui ipsius et multorum ignorantia.
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Le opere in latino Dai titoli delle opere del Petrarca si capisce, infatti, che c’è in lui una commistione fra elementi classici, diciamo pure paganeggianti, ed elementi religiosi, tipicamente cristiani. In effetti il Petrarca è l’uomo dei contrasti: da un lato esalta la classicità, dall’altro attinge al cristianesimo. In lui c’è l’aspirazione al cielo, ma è forte anche l’attrazione della terra.
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Un poema allegorico in volgare
I trionfi Un poema allegorico in volgare
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I trionfi I Trionfi sono un poema in terzine di endecasillabi a rima incatenata, a contenuto in parte allegorico e in parte autobiografico, iniziato da Francesco Petrarca in Provenza, a Valchiusa, nella primavera del 1351 e terminato ad Arquà nel L’opera è divisa in sei parti latinamente denominate: TRIUMPHUS PUDICITIAE TRIUMPHUS FAMAE TRIUMPHUS CUPIDINIS TRIUMPHUS TEMPORIS TRIUMPHUS MORTIS TRIUMPHUS ETERNITATIS
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L’opera, infarcita di riferimenti e di personaggi storici, allegorici, biblici, mitologici e letterari, narra una visione avuta da Petrarca un 6 aprile, giorno anniversario del suo primo incontro con Laura. Nell’antica Roma, il trionfo era il massimo onore tributato a un generale vittorioso; nel Medioevo e nel rinascimento il termine “trionfo” fu usato in un’accezione simbolica, per indicare un componimento solenne di contenuto filosofico.
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In una specie di galleria composta da sei quadri allegorici, il poeta descrive, in successione:
il trionfo di Amore-Cupido (ai cui prigionieri a un certo punto viene ad aggiungersi lo stesso Petrarca, "catturato" dall’amore per Laura), figure di amanti, schiavi della passione
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il trionfo della Pudicizia
(impersonata dalla stessa Laura, refrattaria alle lusinghe di Amore), Laura libera i prigionieri della passione
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il trionfo della Morte su Laura (che nel secondo dei due capitoli compare in sogno al poeta ed intreccia con lui un lungo dialogo) la morte uccide Laura
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la vittoria della Fama sulla Morte (che si svolge attraverso una ricca rassegna di illustri uomini d’azione) Sfilano i grandi capitani, guerrieri e poeti di un’epoca remota
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la vittoria del Tempo sulla Fama (che contiene una serie di considerazioni sulla caducità della gloria) Il tempo cancella la fama
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e il trionfo dell’Eternità sul Tempo (che in una dimensione profetica post-apocalittica descrive la fine dei tempi e della Storia). Laura si trova in Paradiso
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STRUTTURA ASCENSIONALE
INFLUENZA DELLA DIVINA COMMEDIA G. Vasari, Sei poeti toscani: Dante, Petrarca, Boccaccio, Cavalcanti, Cino da Pistoia e Guittone d’Arezzo
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Tema centrale del componimento è la dolorosa consapevolezza della caducità delle cose terrene: tutto ciò che è materiale è destinato ineluttabilmente a finire è per questo anche l'uomo non può sottrarsi al destino della morte che pende come una condanna sulla sua esistenza. Questa concezione, già tipicamente umanistica, è evidenziata ad esempio nel verso "tutti tornate alla gran madre antica" , intesa come la terra alla quale il corpo materiale è destinato ad essere ricondotto dopo la morte, e soprattutto dal ripetuto ricorso all'aggettivo "vano" riferito ai pensieri e ai progetti dell'uomo perché su di essi pende continuamente la minaccia della morte.
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Petrarca dice "O ciechi, e 'l tanto affaticar che giova
Petrarca dice "O ciechi, e 'l tanto affaticar che giova?", "O umane speranze cieche e false", "Pur delle mille è un'inutile fatica, Che non sian tutte vanità palesi?": egli sottolinea quindi come l'esistenza umana sia caratterizzata da un grande senso di inutilità dovuto proprio al fatto che tutto sia destinato inesorabilmente a finire insieme alla vita stessa. … ciò che piace al mondo è breve sogno …
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Benedetto sia 'l giorno e'l mese e l'anno
Benedetto sia 'l giorno e'l mese e l'anno e la stagione e'l tempo e l'ora e'l punto e'l bel paese e'l loco ov 'io fui giunto da'duo begli occhi che legato m‘ ànno; E benedetto il primo dolce affanno ch'ì ebbi ad esser con Amor congiunto, e l'arco e le saette ond‘ ì fui punto, e le piaghe che'nfin al cor mi vanno. Benedette le voci tante ch'io chiamando il nome de mia donna ò sparte, e i sospiri e le lagrime e'l desio; e benedette sian tutte le carte ov 'io fama l'acquisto, e'l pensier mio, ch'è sol di lei; si ch'altra non v'à parte.
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